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Diritti dei detenuti: no alle pinzette in metallo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto in regime speciale (41-bis) che richiedeva l’uso di pinzette in metallo anziché in plastica. La Corte ha stabilito che il divieto è una legittima misura di sicurezza che non lede i diritti dei detenuti, in quanto non configura un pregiudizio attuale e grave al diritto alla salute o all’igiene, ma riguarda un mero interesse estetico.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritti dei Detenuti: Il Caso delle Pinzette in Metallo in Regime di 41-bis

L’equilibrio tra le esigenze di sicurezza all’interno degli istituti penitenziari e i diritti dei detenuti è un tema centrale e costantemente dibattuto nel diritto penitenziario. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 22967/2024) offre un’interessante prospettiva su questo bilanciamento, affrontando un caso apparentemente minore ma dalle implicazioni significative: il divieto per un detenuto di possedere una pinzetta per ciglia in metallo.

I Fatti del Caso

Un detenuto, sottoposto al regime di sorveglianza speciale previsto dall’art. 41-bis dell’ordinamento penitenziario, presentava un reclamo contro la decisione dell’Amministrazione Penitenziaria (D.A.P.) di negargli l’acquisto di una pinzetta in metallo. Al suo posto, gli era consentito l’uso di un modello in plastica. La richiesta del detenuto era stata respinta per ragioni di sicurezza.

Sia il magistrato di sorveglianza prima, sia il Tribunale di Sorveglianza poi, avevano confermato la decisione, ritenendo che:
1. Una circolare del D.A.P. autorizzava l’uso esclusivo di pinzette in plastica.
2. Le pinzette in metallo erano considerate potenzialmente pericolose.
3. Non sussisteva un concreto pregiudizio per il diritto alla salute del detenuto, né una disparità di trattamento, dato che il divieto era esteso a tutti i reclusi.

Il Ricorso in Cassazione e l’analisi sui diritti dei detenuti

Il difensore del detenuto ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e una carenza di motivazione. Secondo la difesa, la pinzetta in plastica era inefficiente per le esigenze di igiene personale. Inoltre, si sottolineava la presunta assenza di pericolosità dello strumento in metallo, soprattutto se confrontato con altri oggetti consentiti ai detenuti, come rasoi e forbicine. Infine, si richiamava una giurisprudenza di merito che in passato aveva valutato positivamente la possibilità di consegnare pinzette in metallo a soggetti in regime di 41-bis.

Il ricorso mirava a dimostrare che il divieto imposto non era una misura di sicurezza proporzionata, ma una limitazione ingiustificata che ledeva i diritti dei detenuti alla cura della propria persona, assimilabile al diritto alla salute.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. Le motivazioni della decisione si basano su principi chiari e consolidati.

In primo luogo, la Corte ha ribadito la legittimità della circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che prevede espressamente la consegna di pinzette esclusivamente in plastica. L’amministrazione ha il potere e il dovere di limitare l’uso di strumenti potenzialmente pericolosi per garantire la sicurezza interna degli istituti.

Il punto centrale della sentenza è la distinzione tra un ‘diritto soggettivo’ tutelabile e un ‘mero interesse di fatto’. Secondo i giudici, il diritto alla salute non era in discussione. La questione riguardava, piuttosto, un ‘presunto diritto all’estetica della persona’, che non gode della stessa tutela. La scelta di vietare strumenti in metallo per ragioni di sicurezza è una misura precauzionale legittima, che non causa alcuna lesione di diritti soggettivi.

Perché un reclamo di un detenuto possa essere accolto, è necessario che l’atto dell’amministrazione provochi un ‘attuale e grave pregiudizio all’esercizio dei diritti’. Nel caso di specie, tale pregiudizio non è stato ravvisato. La disponibilità di pinzette in plastica, sebbene forse meno efficaci, è stata considerata un’alternativa sufficiente a escludere una lesione concreta di un diritto fondamentale.

Le Conclusioni

La sentenza rafforza il principio secondo cui l’Amministrazione Penitenziaria gode di un’ampia discrezionalità nel determinare le misure necessarie a mantenere l’ordine e la sicurezza. L’intervento del giudice è giustificato solo quando tali misure si traducono in una compressione grave e concreta dei diritti fondamentali dei detenuti, come il diritto alla salute. La semplice scomodità o la preferenza per un oggetto diverso da quello fornito non è sufficiente a integrare i presupposti per un reclamo fondato. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Un detenuto in regime di 41-bis ha diritto a possedere oggetti personali in metallo come le pinzette?
No. Secondo la Cassazione, l’Amministrazione Penitenziaria può legittimamente vietare l’uso di pinzette in metallo per ragioni di sicurezza, basandosi su apposite circolari, e consentire solo alternative in plastica senza che ciò costituisca una violazione dei diritti del detenuto.

Il divieto di usare pinzette in metallo viola il diritto alla salute o all’igiene personale?
No. La Corte ha chiarito che non si tratta di una lesione del diritto alla salute, ma di un interesse legato all’estetica della persona, che è un mero interesse di fatto. Poiché viene fornita un’alternativa (pinzette in plastica), non sussiste un pregiudizio grave e attuale a un diritto tutelabile.

Quando un detenuto può presentare un reclamo efficace contro una decisione dell’amministrazione penitenziaria?
Un reclamo può essere accolto solo quando la decisione dell’amministrazione causa un ‘attuale e grave pregiudizio all’esercizio dei diritti’ del detenuto. Un semplice disagio o la preferenza per un oggetto diverso da quello consentito non è sufficiente per fondare un reclamo, in quanto non integra una lesione di un diritto soggettivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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