Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23376 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23376 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
Casa circondariale di Sassari;
Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria;
Ministero della Giustizia;
avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Sassari del 31/01/2025;
nell’ambito del procedimento relativo a:
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata.
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RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Sassari ha accolto il reclamo di NOME COGNOME (detenuto presso il carcere di Bancali in regime ex art. 41-bis Ord. pen.) avverso il provvedimento del magistrato di sorveglianza di Nuoro, con il quale era stata respinte l’istanza del detenuto diretta ad ottenere l’autorizzazione ad acquistare al sopravvitto il lievito e la farina, non consentito per ragioni di sicurezza da parte della Amministrazione penitenziaria.
Il Tribunale ha accolto il reclamo ritenendo che una tale limitazione fosse illegittima, non trovando alcuna giustificazione funzionale al perseguimento di esigenze di sicurezza (non era dimostrato che l’uso e la cottura dei citati alimenti potessero dar luogo ad una situazione di pericolo) e risolvendosi, sostanzialmente, in un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla regolamentazione stabilita per i detenuti comuni delle carceri continentali.
Avverso detta ordinanza la Casa circondariale di Sassari, il D.A.P. ed il Ministero della Giustizia, per mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Sassari, hanno proposto ricorsi per cassazione insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.
2.1.Con il primo motivo i ricorrenti assumono che il Tribunale di sorveglianza avrebbe esercitato potestà non spettanti alla giurisdizione, non essendo stata fatta valere alcuna lesione attuale e grave di diritti soggettivi (non sarebbe in contestazione, infatti, il diritto alla salute o ad una sana alimentazione) e avendo il detenuto avanzato mere lamentele attinenti alla regolamentazione dell’istituto di pena dettata dalla Direzione.
2.2. Con il secondo motivo deducono la falsa applicazione del principio di non discriminazione, che presupporrebbe l’omogeneità delle situazioni a raffronto, predicabile solo per la popolazione detenuta all’interno del medesimo istituto di pena, nella specie assoggettata alla medesima disciplina.
2.3. Con il terzo motivo i ricorrenti censurano la decisione impugnata, per violazione dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. a) e c), Ord. pen., per avere illogicamente disconosciuto la ratio sottesa al divieto di introduzione in istituto del lievito e della farina, sostanze pericolose perché potenzialmente infiammabili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi (i cui motivi possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione) vanno accolti, intendendo il Collegio dare continuità alle pronunce in fattispecie assimilabili alla presente (Sez. 1, n. 17489 del 29/03/2024,
Rv. 286328 – 01; Sez. 1, n. 24711/2023; Sez. 1, n. 50731/2023; Sez. n. 50732/2023).
Invero, questa Corte ha ripetutamente affermato che il rimedio giurisdizionale previsto dagli artt. 35-bis e 69, comma 6, lett. b), Ord. pen. consente la tutela davanti alla magistratura di sorveglianza delle posizioni giuridiche soggettive qualificabili in termini di «diritto», che siano state vulnerate da condotte dell’Amministrazione violative di disposizioni previste dalla legge penitenziaria e dal relativo regolamento, dalle quali «derivi al detenuto o all’internato un attuale e grave pregiudizio».
2.1. Il primo presupposto per l’attivazione del rimedio risarcitorio è, dunque, costituito dall’esistenza, in capo al detenuto, di una posizione giuridica soggettiva qualificabile come «diritto», configurabile, in via astratta, in relazione alle questioni che attengono alla pretesa di alimentarsi in modo sano ed equilibrato, che, come tale, ha immediata influenza anche sul diritto alla salute (Sez. 1, n. 33917 del 15/07/2021, Ministero della giustizia, Rv. 281794- 01, § 1 del Considerato in diritto); con l’ulteriore precisazione che eventuali, irragionevoli limitazioni al riguardo, risolvendosi in un supplemento di ingiustificata afflittività sarebbero comunque destinate a connotarsi in termini di contrarietà al senso di umanità, come riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2018.
2.2. Tuttavia, è stato anche precisato che dalla condizione detentiva possano derivare limitazioni, anche significative, alla sfera dei diritti soggettivi dei ristre conseguenti all’adozione, da parte dell’Amministrazione penitenziaria, di provvedimenti organizzativi volti a disciplinare la vita degli istituti, garantendo l’ordine e di sicurezza interna e, in uno, la migliore attuazione del trattamento rieducativo; misure che, ove adottate nel rispetto dei fondamentali canoni di ragionevolezza e proporzionalità, incidono legittimamente sulla originaria posizione soggettiva, degradandola a mero interesse legittimo (Sez. 1, n. 24711 del 15/02/2023, Pesce).
Nel caso di specie, la Direzione ha vietato l’acquisto, al sopravvitto, di farina e lievito in forza di una valutazione di tipo organizzativo che all’evidenza rientra negli ambiti di regolamentazione ad essa esclusivamente riservati, non apparendo né irragionevole e neppure sproporzionata avuto riguardo alle ragioni plausibilmente addotte: da un canto, la facile infiammabilità di tali sostanze, e, dall’altro, la loro non essenzialità, potendo il detenuto usufruire del vitto distribuito dall’Amministrazione, conforme alle tabelle nutrizionali ministeriali (e, quindi, tale da garantire una dieta completa ed equilibrata), con la conseguente esclusione della prospettata violazione del diritto fondamentale all’alimentazione.
Né sussiste, al riguardo, alcuna ingiusta e vessatoria discriminazione. L’evocata disparità di trattamento palesemente non sussiste tra i soggetti ristretti all’interno
del carcere di Nuoro, rispettivamente al regime ordinario ed a quello differenziato, in quanto la stessa ordinanza impugnata dà atto che, nell’istituto, l’acquisto di
farina e lievito non sono consentiti neppure ai detenuti comuni.
Una volta acclarato, poi, che il divieto di acquisto di farina e lievito al sopravvitto non è, di per sé, illegittimo, in quanto posto a tutela di obiettive
esigenze di ordine e sicurezza e non incidente sul diritto all’alimentazione e alla salute, il fatto che all’interno delle diverse realtà carcerarie vigano, in proposito,
regole diverse, ammettendosi in alcune ciò che in altre è inibito, non integra, di per sé, una intollerabile penalizzazione e costituisce, piuttosto, il portato
dell’adattamento delle regole al contesto concreto nel quale esse sono destinate ad operare (in termini, altresì, Sez. 1, n. 16496 del 23/03/2023, COGNOME; Sez.
7, n. 38643 del 12/05/2022).
4. Del resto l’Amministrazione penitenziaria, come ricordano i ricorrenti, ha ormai riconosciuto ai detenuti in regime speciale la possibilità di acquistare, in
linea di principio, gli stessi prodotti inseriti nel modello 72 in vigore per i detenut comuni del medesimo istituto (in conformità agli indirizzi giurisprudenziali di questa Corte: v., per tutte, Sez. 1, n. 26274 del 21/04/2021, Ministero della giustizia, Rv. 281618-01). È stato così necessariamente superata l’opzione, secondo cui il circuito detentivo di cui all’art. 41-bis Ord. pen. dovesse adeguarsi, in materia, ad uno standard nazionale uniforme, posto che le tabelle vittuarie dei detenuti comuni sono diverse da carcere a carcere, a seconda anche delle peculiarità geografiche del territorio. Pertanto, le valutazioni sul carattere non discriminatorio del trattamento devono essere condotte operando gli opportuni raffronti nell’ambito dello stesso istituto e/o territorio, salvo consentire, come sarebbe del tutto irragionevole, che i detenuti in regime differenziato siano gli unici a poter acquistare i beni alimentari contemplati da una qualunque delle tabelle esistenti nelle carceri del territorio nazionale, godendo di una posizione privilegiata rispetto agli stessi detenuti comuni.
Per tali ragioni, quindi, l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata. Così deciso in Roma, il 29 maggio 2025.