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Diritti dei detenuti: no a farina e lievito in carcere

La Corte di Cassazione ha stabilito che il divieto imposto a un detenuto in regime speciale di acquistare farina e lievito non viola i suoi diritti fondamentali. La decisione, basata su ragioni di sicurezza come l’infiammabilità dei prodotti, rientra nella discrezionalità dell’amministrazione penitenziaria. La Corte ha chiarito che tale limitazione non lede il diritto a un’alimentazione sana, già garantito dal vitto fornito, e non costituisce una discriminazione ingiustificata, annullando così la precedente decisione del Tribunale di sorveglianza.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritti dei detenuti: La Cassazione nega farina e lievito in carcere

La recente sentenza della Corte di Cassazione ha riacceso il dibattito sui diritti dei detenuti, in particolare per coloro che si trovano in regime speciale. La Corte ha stabilito che il divieto di acquistare farina e lievito non costituisce una violazione dei diritti fondamentali, se motivato da esigenze di sicurezza. Questa decisione delinea i confini tra la discrezionalità dell’amministrazione penitenziaria e i diritti inviolabili della persona reclusa.

I Fatti del Caso: La Richiesta del Detenuto

Un detenuto, sottoposto al regime carcerario speciale previsto dall’art. 41-bis, aveva presentato un’istanza per essere autorizzato ad acquistare, tramite il servizio di sopravvitto, farina e lievito. L’amministrazione penitenziaria aveva negato il permesso, adducendo ragioni di sicurezza.

Contro tale diniego, il detenuto aveva proposto reclamo al Magistrato di sorveglianza, che lo aveva respinto. Successivamente, il Tribunale di sorveglianza aveva accolto le ragioni del recluso, ritenendo la limitazione illegittima, priva di giustificazione funzionale alla sicurezza e fonte di un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai detenuti comuni.

Il Ricorso in Cassazione dell’Amministrazione Penitenziaria

Il Ministero della Giustizia e l’amministrazione penitenziaria hanno impugnato l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo tre motivi principali:
1. Difetto di giurisdizione: La questione riguarderebbe mere lamentele organizzative e non la lesione di un diritto soggettivo.
2. Errata applicazione del principio di non discriminazione: Il confronto andrebbe fatto tra detenuti dello stesso istituto e non su scala nazionale.
3. Violazione di legge: Il Tribunale avrebbe illogicamente ignorato la ratio del divieto, legata alla potenziale pericolosità e infiammabilità di farina e lievito.

Le Motivazioni della Suprema Corte sui diritti dei detenuti

La Corte di Cassazione ha accolto i ricorsi dell’amministrazione, annullando senza rinvio l’ordinanza impugnata. Le motivazioni della Corte si fondano su un attento bilanciamento tra le esigenze di sicurezza e i diritti della persona detenuta.

Discrezionalità Amministrativa e Sicurezza

La Corte ha affermato che il divieto di acquistare farina e lievito rientra nell’ambito delle valutazioni organizzative riservate all’amministrazione penitenziaria. La motivazione addotta, ovvero la facile infiammabilità di tali sostanze, è stata giudicata plausibile, non irragionevole né sproporzionata. Le misure organizzative, se adottate nel rispetto dei canoni di ragionevolezza e proporzionalità, possono legittimamente limitare la sfera dei diritti soggettivi dei ristretti, degradandoli a meri interessi legittimi.

Bilanciamento con il Diritto alla Salute e all’Alimentazione

Un punto cruciale della sentenza riguarda il presunto pregiudizio al diritto a un’alimentazione sana ed equilibrata. La Cassazione ha escluso tale violazione, sottolineando che il detenuto può usufruire del vitto distribuito dall’amministrazione, conforme alle tabelle nutrizionali ministeriali e idoneo a garantire una dieta completa. La non essenzialità di farina e lievito, unita alla disponibilità di un’alimentazione adeguata, esclude che il divieto si traduca in un’ingiustificata afflittività aggiuntiva, contraria al senso di umanità.

La Corretta Applicazione del Principio di Non Discriminazione

La Corte ha censurato l’interpretazione del Tribunale di sorveglianza riguardo al principio di non discriminazione. I giudici supremi hanno chiarito che il confronto sul trattamento non deve avvenire su base nazionale, confrontando la situazione del detenuto in regime speciale con quella di qualsiasi detenuto comune in Italia. Al contrario, il raffronto deve essere condotto nell’ambito dello stesso istituto o territorio. Consentire a un detenuto in 41-bis di acquistare beni disponibili in una qualsiasi delle carceri nazionali creerebbe, paradossalmente, una posizione di privilegio rispetto agli stessi detenuti comuni del suo istituto.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale nell’esecuzione penale: l’ordine e la sicurezza interni sono valori primari che possono giustificare limitazioni ai diritti dei detenuti, a condizione che tali restrizioni siano ragionevoli, proporzionate e non vadano a intaccare il nucleo essenziale dei diritti fondamentali, come quello alla salute. La decisione di vietare l’acquisto di specifici beni, se basata su plausibili ragioni organizzative e di sicurezza, rientra nella piena discrezionalità dell’amministrazione penitenziaria e non può essere sindacata dal giudice, a meno che non si traduca in un trattamento inumano o degradante.

Un detenuto può acquistare qualsiasi alimento al sopravvitto?
No. L’amministrazione penitenziaria può vietare l’acquisto di determinati beni, come farina e lievito, per ragioni organizzative e di sicurezza, come la loro potenziale infiammabilità. Tale decisione rientra nella sua discrezionalità.

La negazione di acquistare farina e lievito viola i diritti dei detenuti?
Secondo la Corte di Cassazione, no. Tale divieto non viola il diritto fondamentale a un’alimentazione sana ed equilibrata, poiché l’amministrazione già fornisce un vitto completo conforme alle tabelle ministeriali. La limitazione non è considerata sproporzionata o irragionevole.

Come si applica il principio di non discriminazione tra detenuti?
Il confronto sul trattamento deve essere effettuato tra i detenuti all’interno dello stesso istituto penitenziario o dello stesso territorio. Non è corretto confrontare la situazione di un detenuto con quella di tutti i detenuti sul territorio nazionale, poiché ciò potrebbe portare a creare posizioni di ingiustificato privilegio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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