Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7469 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7469 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a MONZA il 30/10/1959
avverso l’ordinanza del 17/10/2024 del GIP TRIBUNALE di LECCO
visti gli atti e letto il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto P.G. COGNOME il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
ricorso trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 610, comma 5, e 611, comma 1-bis e s. cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del 17/10/2024 con cui il Gip del Tribunale di Lecco, ai sensi dell’art. 263, comma 5, cod. proc. pen., ha rigettato l’opposizione contro il decreto del pubblico ministero che ha respinto la richiesta di restituzione di beni sequestrati.
Il sequestro ha ad oggetto dvd e blu ray riproducenti opere cinematografiche, nonché beni strumentali ed è stato disposto sul rilievo che trattasi di corpo del reato, procedendosi nei confronti della ricorrente in ordine ai reati di cui agli artt. 640, comma 2, 517 cod. pen. e 171-ter I. n. 633/1941.
Con un unico motivo, la difesa lamenta l’inosservanza o l’erronea applicazione degli artt. 78-ter e 32 legge n. 633/1941.
Secondo la difesa la condotta dell’indagata sarebbe lecita poiché la riproduzione e commercializzazione atterrebbe ad opere cinematografiche la cui prima visione sarebbe da collocarsi in epoca ben antecedente al termine di cinquant’anni posto dal comma 2 dell’art. 78 legge n. 633/1941 a tutela del diritto esclusivo di cui è titolare il relativo produttore.
Né, al riguardo, si ritiene confacente il richiamo, operato dall’ordinanza impugnata a fondamento del rigetto dell’istanza di dissequestro, all’art. 32 della già menzionata legge, in quanto si tratta di disposizione che pertiene a fattispecie differente, in quanto ne sono diversi i presupposti. In particolare, l’art. 32 si riferisce alla cessazione dell’esclusiva in capo al titolare, a favore di altri soggetti, per nulla riguardando il diritto d’uso delle opere cinematografiche.
Il Pubblico ministero, nella persona del sostituto P.G. NOME COGNOME con requisitoria del 15 dicembre 2024, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Preliminarmente va affermata l’ammissibilità del ricorso per cassazione, per tutti i motivi previsti dall’art. 606 cod. proc. pen., avverso l’ordinanza con cui il giudice, ai sensi dell’art. 263, comma 5, cod. proc. pen., rigetta l’opposizione contro il decreto del pubblico ministero che respinge la richiesta di restituzione dei beni sequestrati.
Per come riaffermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 32938 del
19/01/2023, L., Rv. 284993 – 01 (in motivazione a pagg. 10 e ss.), si è al cospetto di un modello processuale in cui l’opposizione contro il decreto del pubblico ministero che respinge la richiesta di restituzione delle cose sequestrate, sollecitando un controllo postumo sulla decisione, ha natura di mezzo di impugnazione (in termini, Sez. U, n. 7946 del 31/01/2008, Eboli, Rv. 238507 01). Per come, peraltro, è confermato dalla forma con cui il giudice decide sull’opposizione, seguendosi, a norma del comma 5 dell’art. 263 cod. proc. pen., il rito camerale (non necessariamente partecipato) di cui all’art. 127 codice di rito che, come noto, al settimo comma prevede che la decisione venga adottata con ordinanza avverso cui è proponibile ricorso per cassazione.
3. Ciò premesso, venendo all’esame dei motivi di ricorso, sostiene la difesa una volta che l’opera cinematografica cade nel pubblico dominio, dopo cinquant’anni – che è legittimo l’aver reso disponibile al pubblico i film in questione. Inoltre, afferma che il produttore non è soggetto al termine di protezione più lungo di settant’anni previsto per gli autori.
Si tratta di una prospettazione che si pone in contrasto sia col dato normativo che con gli orientamenti della giurisprudenza della Corte di cassazione civile.
L’art. 78-ter legge n. 633/1941, nel disciplinare il diritto esclusivo del produttore e la durata di tale diritto, costituisce una specificazione degli artt. 45 e 46, comma 1, con la conseguenza che la prima norma prevale sulle seconde. L’esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell’opera cinematografica è disciplinato dall’art. 45 della legge sul diritto d’autore che prevede che tale esercizio spetti a chi ha organizzato la produzione stessa. Scopo della norma è quello di adattare alle opere cinematografiche i principi generali applicabili a qualsiasi altra opera protetta dal diritto d’autore realizzata entro organizzazioni imprenditoriali. La Corte di cassazione civile, richiamando precedenti giurisprudenziali, afferma che sussistano in capo al produttore cinematografico due ordini di diritti, ovvero il diritto primario, attribuito espressamente dagli articol 45 e seguenti della legge del diritto d’autore e al quale si applica l’art. 32 avente quindi una durata di settant’anni dalla morte dell’ultimo dei coautori, nonché il diritto secondario che è connesso su tutti i supporti da esso realizzati su cui è stata impressa l’opera che gli dà titolo alla riproduzione, duplicazione dei supporti e alla loro distribuzione e commercializzazione (Cass. civ., ordinanza n. 14117 del 23/05/2023, Rv. 667921 – 01, 02; conforme Cass. civ., ordinanza n. 14596 del 23/05/2023, non mass.).
Pertanto, la legge attribuisce al produttore non il semplice esercizio di un diritto altrui, ma la titolarità di un diritto proprio, avente ad oggetto l’utilizzazio
economica dell’opera, mentre ai coautori spettano oltre i c.d. diritti morali, i diritti patrimoniali che sono a essi espressamente riservati dalla stessa legge.
Dalla lettura degli artt. 45 e 46 emerge che la legge attribuisce la contitolarità dell’opera cinematografica all’autore del soggetto, all’autore della sceneggiatura, all’autore della musica, al direttore artistico, con la conseguenza che agli autori sono stati attribuiti i diritti di utilizzazione economica. Al produttore viene riconosciuto invece solo l’esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell’opera cinematografica, nei limiti indicati dai successivi articoli.
La legge, quindi, non ha direttamente attribuito al produttore la titolarità dei diritti di utilizzazione dell’opera cinematografica. Il diritto del produttore d sfruttare l’opera cinematografica è un diritto proprio che però non viene riconosciuto ex lege, ma come conseguenza dell’acquisto che deve presumersi, salvo prova contraria di tale diritto, a titolo derivativo.
In tema di proprietà industriale, l’art. 45 nel prevedere che al produttore spetta l’esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell’opera cinematografica vale a dire di sfruttamento cinematografico dell’opera, i quali comprendono non solo la proiezione nelle sale cinematografiche o la sua diffusione televisiva, ma qualsiasi mezzo di comunicazione al pubblico nella sua forma originaria, qualunque sia il supporto tecnico ovvero in eventuali nuove forme di comunicazione al pubblico e messa in circolazione introdotte dal progresso tecnico – detta una presunzione che vale fino a prova contraria prevedendo che il produttore si assicuri preventivamente dagli autori i diritti di sfruttamento cinematografico dell’opera per tutta la durata del diritto di utilizzazione economica spettante all’autore, onde prevenire, in radice ogni possibile controversia giuridica relativa a futuri diritti.
Ne consegue che chi contesta al produttore cinematografico l’intervenuta acquisizione a titolo derivativo della titolarità dei diritti di utilizzazione dell’opera anche solo l’estensione o l’ambito temporale di tali diritti è tenuto a fornire la prova alla luce delle concrete pattuizioni contrattuali.
Pertanto, sebbene l’art. 78-ter legge n. 633/1941 si riferisca alla durata dell’esclusiva da riconoscersi a chi è titolare del diritto alla riproduzione dell’opera cinematografica (da intendersi quale diritto secondario o connesso su tutti i supporti da esso realizzati su cui è impressa l’opera che gli dà titolo alla riproduzione e duplicazione dei supporti e alla loro distribuzione e commercializzazione), la ricorrente non ha fornito alcuna prova a superare la presunzione di cui all’art. 45 della legge sul diritto di autore, ossia che gli autori avessero ceduto al produttore anche i diritti di utilizzazione economica dell’opera facenti loro capo, né ha allegato circostanze idonee a rappresentare una realtà
differente.
Non potendosi, quindi, affatto escludere che sussista in capo ai produttori cinematografici delle opere in oggetto anche il diritto primario attribuito dall’art. 45 e ss. legge n. 633/1941 e al quale si applica l’art. 32 (avente, quindi, una durata di settanta anni dalla morte dell’ultimo dei coautori), resta valido, nelle conclusioni di rigetto, il provvedimento impugnato, non avendo, peraltro, la ricorrente lamentato la presenza in sequestro di opere che riguardano film per cui sia stato superato il suddetto termine
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 23 gennaio 2025.