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Diritti d’autore film: quando scadono realmente?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un’imputata accusata di violazione dei diritti d’autore per la vendita di film su DVD. La Corte ha chiarito che i diritti d’autore su un film non scadono dopo i 50 anni previsti per il produttore (diritto connesso), ma è necessario attendere la scadenza dei diritti degli autori (sceneggiatore, regista, etc.), che durano 70 anni dalla morte dell’ultimo coautore. L’imputata non ha fornito la prova della scadenza di questi diritti primari, rendendo legittimo il sequestro dei beni.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritti d’autore film: 50 anni bastano per il pubblico dominio? La Cassazione fa chiarezza

La questione della durata dei diritti d’autore film è un tema complesso che spesso genera confusione. Molti credono che, una volta trascorsi 50 anni dalla prima pubblicazione, un’opera cinematografica diventi di pubblico dominio e possa essere liberamente riprodotta e commercializzata. Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale (n. 7469/2025) interviene per dissipare questo dubbio, stabilendo un principio fondamentale sulla coesistenza dei diritti del produttore e quelli degli autori.

I fatti del caso

Il caso nasce dal sequestro di DVD e Blu-ray contenenti opere cinematografiche, detenuti da una commerciante. Quest’ultima, attraverso il suo difensore, ha presentato ricorso sostenendo la piena liceità della sua condotta. La sua tesi si basava sull’idea che i film in questione fossero ormai di pubblico dominio, essendo trascorsi più di cinquant’anni dalla loro prima visione. Di conseguenza, a suo avviso, la riproduzione e la vendita dei supporti erano legittime e il sequestro ingiustificato.

La difesa si appellava in particolare all’art. 78-ter della legge sul diritto d’autore (L. n. 633/1941), che stabilisce una durata di 50 anni per i diritti del produttore cinematografico. Tuttavia, sia il Pubblico Ministero che il Giudice per le Indagini Preliminari avevano respinto questa interpretazione, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La distinzione tra diritti del produttore e diritti degli autori di un film

Il fulcro della controversia legale risiede nella corretta interpretazione delle norme che regolano i diritti d’autore film. La ricorrente basava la sua difesa su una lettura parziale della legge, concentrandosi unicamente sul diritto del produttore. La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso, ha offerto una spiegazione dettagliata e chiarificatrice della normativa, evidenziando la necessità di distinguere tra due categorie di diritti che coesistono nell’opera cinematografica.

1. Diritto Primario degli Autori: Questo diritto appartiene ai coautori dell’opera, ovvero l’autore del soggetto, della sceneggiatura, della musica e il direttore artistico. La loro tutela è regolata dall’art. 32 della legge sul diritto d’autore, che prevede una durata di settanta anni dopo la morte dell’ultimo coautore superstite. Questo è il diritto principale di sfruttamento economico dell’opera.

2. Diritto Connesso del Produttore: Questo è un diritto secondario, disciplinato dall’art. 78-ter. Riguarda specificamente la riproduzione, duplicazione e distribuzione dei supporti (come i DVD) su cui l’opera è impressa. Questo diritto ha una durata di cinquanta anni dalla prima fissazione o pubblicazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha stabilito che i due diritti non si escludono a vicenda, ma si sovrappongono. Il diritto del produttore è considerato un diritto proprio, ma che deriva da un’acquisizione, presunta per legge, dei diritti degli autori. L’art. 45 della legge sul diritto d’autore, infatti, presume che gli autori abbiano ceduto al produttore i diritti di sfruttamento cinematografico, salvo patto contrario. Tuttavia, questa cessione non estingue i diritti originari degli autori.

Di conseguenza, per poter affermare che un film sia caduto in pubblico dominio, non è sufficiente che siano trascorsi i 50 anni relativi ai diritti del produttore. È indispensabile che siano scaduti anche i diritti primari degli autori, ovvero che siano passati 70 anni dalla morte dell’ultimo coautore.

Nel caso specifico, la ricorrente non ha fornito alcuna prova che dimostrasse l’avvenuta estinzione dei diritti degli autori. Si è limitata a invocare il termine di 50 anni, senza considerare la tutela, ben più lunga, accordata ai creatori dell’opera. Pertanto, la Corte ha concluso che il provvedimento di sequestro era pienamente legittimo, in quanto non si poteva escludere la sussistenza dei diritti primari in capo ai produttori (in quanto cessionari degli autori), la cui violazione costituisce reato.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cruciale per chiunque operi nel settore audiovisivo e per gli appassionati di cinema. La caduta in pubblico dominio di un’opera cinematografica è un evento molto meno frequente di quanto si possa pensare. Non basta contare 50 anni dalla data di uscita del film. È necessario verificare la data di morte di tutti i suoi coautori (regista, sceneggiatore, compositore, etc.) e da lì calcolare i 70 anni previsti dalla legge. Solo al termine di questo lungo periodo, l’opera potrà essere considerata libera da diritti e riproducibile da chiunque. La decisione della Cassazione serve da monito: la commercializzazione di film datati, senza una verifica approfondita sulla scadenza di tutti i diritti d’autore, espone al rischio di gravi conseguenze penali e civili.

Dopo quanti anni un film cade nel pubblico dominio?
Un film cade nel pubblico dominio solo quando sono scaduti sia i diritti connessi del produttore (50 anni dalla pubblicazione) sia, e soprattutto, i diritti primari dei suoi autori (70 anni dalla morte dell’ultimo coautore superstite).

Qual è la differenza tra i diritti del produttore e quelli degli autori di un film?
Gli autori (regista, sceneggiatore, etc.) detengono i diritti primari di sfruttamento economico dell’opera, che durano 70 anni post-mortem. Il produttore detiene un diritto ‘connesso’ o ‘secondario’, che riguarda la riproduzione e distribuzione dei supporti fisici (DVD, Blu-ray) e dura 50 anni. Il diritto del produttore è derivato da quello degli autori.

Chi deve provare che i diritti d’autore su un film sono scaduti?
Secondo la sentenza, chi contesta la titolarità dei diritti di sfruttamento del produttore (e quindi la legittimità della loro tutela) ha l’onere di fornire la prova che tali diritti, inclusi quelli originari degli autori, siano effettivamente scaduti. Non è sufficiente affermare genericamente il superamento del termine di 50 anni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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