Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5147 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5147 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Locri il 6/9/1979
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria del 21/3/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 21.3.2024, la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha parzialmente riformato la sentenza del g iudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Locri di condanna di COGNOME NOME per i reati di cui agli artt. 23, comma 3, L. n. 110 del 1975, 648, 697 cod. pen., rideterminando la pena in anni uno e mesi dieci di reclusione ed euro 1.900 di multa.
Con l’atto di appello era stata co ntestata, non la sussistenza dei reati, bensì la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, la misura
dell’aumento per la continuazione e il rigetto della richiesta di sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità.
La sentenza qui impugnata ha accolto il solo motivo relativo alla determinazione della pena, riducendo l’aumento per la continuazione sulla pena base del reato di ricettazione, quest’ultima quantificata nella medesima misura stabilita dal giudice di primo grado.
Quanto, invece, alle attenuanti generiche, la Corte d’Appello ne ha confermato il diniego, richiamando la gravità del fatto (indicativa della possibilità per l’imputato di accedere a circuiti criminali di un certo rilievo) e valutando inattendibile l a versione dell’imputato (secondo cui si sarebbe procurato l’arma con matricola abrasa dopo aver subito un furto) che nella prospettazione difensiva sarebbe stata suscettibile di conferire al fatto minore rilievo criminale.
Quanto, poi, alla sostituzione della pena, i giudici di secondo grado tra gli argomenti impiegati dal giudice di primo grado, hanno valorizzato: 1) la tipologia dei reati contestati, di particolare allarme sociale; 2) la circostanza che l’arma sia stata rinvenuta nel corso di una perqui sizione disposta a carico dell’imputato nell’ambito di altro procedimento nel quale era indagato per reati aggravati dall’art. 416 -bis .1 cod. pen.; 3) il contrasto fra tenore di vita apparente e tenore di vita dichiarato, in quanto l’imputato aveva denunci ato nel 2020 il furto di beni per un valore di circa 50.000 euro (anche le foto effettuate in occasione della perquisizione ritraevano nella sua abitazione mobilia ed oggetti di un certo valore) mentre nell’interrogatorio di garanzia aveva dichiarato di no n avere beni patrimoniali e di non essere in possesso di particolari disponibilità. Questi elementi, globalmente valutati, sono stati ritenuti sintomatici della vicinanza dell’imputato ad ambienti criminali, sì da non consentire una prognosi positiva circa l’osservanza delle prescrizioni eventualmente imposte con la pena sostitutiva.
Avverso la predetta sentenza, ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, articolando due motivi.
2.1 Con il primo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la erronea applicazione dell’art. 62 -bis cod. pen. in relazione all’art. 133 cod. pen. e la mancanza o manifesta illogicità della motivazione sul punto.
Censura che l ‘affermazione della Corte d’Appello secondo cui la disponibilità di un’arma clandestina sia indicativa dell’accessibilità a circuiti criminali di un certo rilievo sia congetturale ed apodittica e non consenta di valutare l’iter logico seguito dal giudice.
Anche la affermazione di inattendibilità della versione difensiva è un’illazione e non risponde alle circostanze oggettive che erano state evidenziate dalla difesa,
ovvero la ‘sostanziale’ incensuratezza dell’imputato, la immediata ammissione del possesso dell’arma e la indicazione del motivo per cui se l’era procurata.
La sentenza impugnata, in definitiva, non ha indicato quali degli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen. abbia ritenuto preponderanti per giungere al diniego delle generiche.
2.2 Con il s econdo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione ed erronea applicazione dell’art. 58 L. n. 689 del 1981 e la mancanza e illogicità della motivazione.
Gli elementi indicati dalla Corte d’Appello per rigettare la richiesta di pena sostitutiva sono inconferenti, in quanto relativi a fatti di altro procedimento sub iudice e alla valutazione solo apparente di mobilia e oggetti, che peraltro non può avere alcuna incidenza sulla prognosi negativa di adempimento delle prescrizioni della pena sostitutiva.
Il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale, deve utilizzare i parametri di cui all’art. 133 cod. pen., ma la sentenza di secondo grado non ha dato conto di quelli che ha valutato e ha omesso ogni apprezzamento della capacità a delinquere del ricorrente, peraltro contraddicendosi con la valutazione svolta in sede di dosimetria della pena, applicata al ricorrente in misura prossima al minimo editta le; inoltre, la Corte d’Appello ha omesso ogni motivazione in ordine alla maggiore idoneità rieducativa della detenzione rispetto alla pena sostitutiva invocata.
Con requisitoria scritta in data 18.10.2024, il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, osservando che la motivazione della sentenza impugnata è congrua e, quindi, insindacabile in sede di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere disatteso.
Quanto al primo motivo, la motivazione del diniego delle circostanze attenuanti generiche, incentrata sulla particolare gravità del fatto, è congrua e nient’affatto illogica.
L’unico elemento di segno contrario, tra quelli indicati nel ricorso, è la pretesa incensuratezza dell’imputato, che lo stesso ricorso, peraltro, definisce solo ‘sostanziale’ , evidentemente sul presupposto che le precedenti condanne a suo carico riguardassero fatti di nessun rilievo: in ogni caso, l’assenza di precedenti condanne, per espress o disposto del comma 3 dell’art. 62 -bis cod. pen., non può
essere da sola posta a fondamento della concessione delle circostanze attenaunti generiche.
Per il resto, l’ammissione del possesso dell’arma da parte dell’imputato è del tutto irrilevante, in quanto intervenuta dopo il sequestro della pistola nella sua abitazione, mentre la versione difensiva circa i motivi per cui se l’era procurata è stata espressamente ritenuta inattendibile dalla C orte d’Appello con motivazione persuasiva ed era stata già contraddetta dal giudice di primo grado proprio ai fini del diniego delle circostanze di cui all’art. 62 -bis cod. pen. Si tratta di elementi di cui, perciò, non si può tenere conto ai fini della eventuale mitigazione della pena.
E’ da ritenersi , quindi, che la sentenza impugnata abbia fatto buon governo del principio secondo cui il giudice, al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche, può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, Rv. 279549 -02).
La Corte d’Appello, cioè, ha dato conto dell’elemento che ha ritenuto preponderante per l’esclusione del beneficio, esprimendo un giudizio di fatto rimesso alla sua discrezionalità -corredato da una motivazione non contraddittoria e, quindi, insindacabile in sede di legittimità (Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, Rv. 271269 -01).
Quanto al secondo motivo, la C orte d’Appello ha ancorato la sua decisione di rigetto della sostituzione della pena detentiva ai parametri previsti dall’art. 133 cod. pen.
Da un lato, la gravità del fatto, ritenuto di particolare allarme sociale, a maggior ragione se valutato in relazione al motivo della perquisizione domiciliare, che rimandava alla pendenza di un procedimento penale a carico di Temi per reati aggravati ex art. 416bis .1 cod. pen.
Dall’altro, la capacità a delinquere dell’imputato, sotto il profilo della sua condotta anteatta e delle sue condizioni di vita, con particolare riferimento all’elevato tenore di vita constatato in occasione della perquisizione, incompatibile con le condizioni patrimoniali da lui dichiarate.
In questo modo, la sentenza impugnata ha innanzitutto rispettato il disposto dell’art. 58 L. n. 689 del 1981, secondo cui il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale in tema di applicazione delle pene sostitutive, tiene conto dei criteri indic ati nell’art. 133 cod. pen.
Si tratta, tuttavia, di adempimento non ancora bastevole, in quanto, come condivisibilmente affermato, in tema di sostituzione di pene detentive brevi è necessario, ai fini della prognosi negativa di cui all’art. 58 L. n. 689 del 1981, che il giudice di merito non si limiti ad indicare il fattore cui ha attribuito valenza ostativa alla sostituzione, ma correli tale elemento al contenuto della specifica sanzione sostitutiva invocata, fornendo adeguata motivazione in ordine alla sua negativa incidenza sull’adempimento delle prescrizioni che ad essa ineriscono (Sez. 6, n. 40433 del 19/9/2023, Rv. 285295 -01).
In questa peculiare prospettiva, deve tenersi conto che la valutazione dei giudici di merito ha avuto specificamente ad oggetto la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, che era l’unica per la quale l’imputato aveva prestato il suo consenso.
Ebbene, la motivazione della Corte d’Appello articola la propria prognosi negativa -rispetto all’osservanza delle prescrizioni c he, ex art. 56ter L. n. 689 del 1981, comporta in ogni caso il lavoro di pubblica utilità -intorno alla considerazione che la natura dei reati oggetto di condanna e il contrasto tra tenore di vita dichiarato e tenore di vita apparente siano sintomatici della vicinanza dell’imputato a contesti criminali di spessore.
Tale apprezzamento può essere opportunamente integrato con la motivazione del giudice di primo grado (si è in presenza di una c.d. doppia conforme), secondo cui la condanna di Temi in questo processo per reati in materia di armi fornisca fondati motivi per ritenere che l’obbligatorio divieto, di cui al n. 1) dell’art. 56 -ter L. n. 689 del 1981, di non detenere e portare armi non sia osservato.
Così come è da stimarsi ragionevole la prognosi del g.u.p. di inosservanza delle prescrizioni, formulata anche sulla base della precedente condanna dell’imputato per inosservanza dei provvedimenti dell’autorità e sulla base della circostanza che egli abbia reiterato condotte delittuose nonostante avesse fruito per due volte del beneficio della sospensione condizionale della pena. Si tratta di elementi che possono effettivamente considerarsi quali ulteriori indici della scarsa propensione del ricorrente alla spontanea osservanza dei provvedimenti dell’autori tà costituita e che, come tali, sono idonei a supportare ulteriormente la prognosi negativa circa la specifica funzionalità della pena sostitutiva rispetto alla rieducazione e al reinserimento sociale del condannato.
Si deve ritenere, pertanto, che nelle ragioni complessive delle decisioni di merito sia possibile rinvenire una motivazione del rigetto della sostituzione conforme a logica, che il giudice ha adeguatamente collegato, nell’esercizio del suo potere discrezionale, alla valutazione dei criteri di c ui all’art. 133 cod. pen. (cfr. Sez. 3, n. 9708 del 16/2/2024, Rv. 286031 -01).
Ala luce di quanto fin qui osservato, dunque, consegue il rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 6/11/2024