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Difformità permesso costruire: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un direttore dei lavori condannato per abusi edilizi. Il caso riguarda la realizzazione di opere in difformità dal permesso di costruire, tra cui una terrazza al posto di un porticato e il mancato rispetto di vincoli paesaggistici. La Corte ha confermato la condanna, respingendo la tesi della non ultimazione dei lavori e della tenuità del fatto, data la pluralità delle violazioni commesse (edilizie, paesaggistiche e antisismiche).

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Difformità Permesso di Costruire: Quando Scatta il Reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30060 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale in materia edilizia: la responsabilità penale per la difformità dal permesso di costruire. Questa decisione offre importanti chiarimenti su quando un’opera possa considerarsi abusiva, anche se non completamente ultimata, e sui limiti di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

I Fatti del Caso: Dal Progetto all’Abuso

Il caso ha origine dalla condanna, confermata in appello, di un progettista e direttore dei lavori per una serie di reati edilizi, paesaggistici e relativi alle normative antisismiche. Nello specifico, durante la costruzione di un immobile, erano state riscontrate diverse irregolarità rispetto al progetto approvato con il permesso di costruire n. 32 del 2016.

Le principali contestazioni includevano:

1. La realizzazione di una terrazza al posto di un porticato con falde inclinate. Questa modifica non solo alterava l’estetica del progetto, ma comportava anche un aumento della superficie calpestabile non consentita.
2. La costruzione di fondamenta per un muro di recinzione in un’area soggetta a vincolo di rispetto fluviale, senza la necessaria autorizzazione paesaggistica.
3. Il mancato rispetto della destinazione d’uso di una parte dell’immobile, poiché solo il 10% della superficie, anziché il 20% previsto, era stato adibito a deposito agricolo.

A queste si aggiungevano violazioni delle norme tecniche per le costruzioni in cemento armato e antisismiche.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:

* Violazione della legge penale (art. 44 d.P.R. 380/2001): La difesa sosteneva che, non essendo le opere ancora ultimate, non fosse possibile accertare una difformità definitiva rispetto al progetto. La condanna si sarebbe quindi basata su una mera “intenzione delittuosa”, non punibile per le contravvenzioni.
* Vizio di motivazione: Il ricorrente lamentava una motivazione contraddittoria e un travisamento delle prove da parte della Corte d’Appello, che non avrebbe adeguatamente considerato le argomentazioni difensive.
* Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Si contestava il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, nonostante lo scarso allarme sociale e la non abitualità del comportamento.

Le Motivazioni della Cassazione sulla difformità dal permesso di costruire

La Suprema Corte ha respinto tutti i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. La decisione si fonda su argomentazioni chiare e consolidate.

Innanzitutto, i giudici hanno sottolineato come i fatti fossero stati accertati in modo concorde nei due gradi di giudizio (c.d. doppia conforme). L’ispezione dei luoghi aveva inequivocabilmente rilevato l’avvenuta ultimazione della terrazza, completa di ringhiera, in sostituzione del porticato. Tale opera, per sua natura, non poteva essere ricondotta a conformità con il permesso. La sua esistenza era una prova concreta e non una mera intenzione.

La Corte ha smontato la tesi difensiva sulla “non ultimazione dei lavori”, affermando che per integrare il reato di abuso edilizio non è necessaria la completa finitura dell’intero fabbricato. È sufficiente che sia realizzata un’opera con caratteristiche tali da evidenziare in modo inequivocabile la difformità dal permesso di costruire. La terrazza, essendo già completata, rappresentava una violazione palese e attuale.

Per quanto riguarda la pluralità di reati, la Cassazione ha ribadito che la violazione della normativa paesaggistica (art. 181 d.lgs. 42/2004) si integra con qualsiasi intervento non autorizzato in area vincolata, indipendentemente dal fatto che la difformità sia totale o parziale. Inoltre, il ricorrente non aveva contestato le violazioni antisismiche e in materia di cemento armato, rendendo definitiva la sua responsabilità anche per tali illeciti.

Infine, il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) è stato ritenuto corretto. La giurisprudenza costante afferma che, in presenza di una pluralità di violazioni (edilizie, paesaggistiche, antisismiche), l’offensività complessiva della condotta non può essere considerata tenue. La violazione simultanea di norme poste a tutela di beni giuridici diversi (l’ordinato sviluppo del territorio, il paesaggio e la sicurezza pubblica) delinea un quadro di gravità incompatibile con il beneficio.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce principi fondamentali in materia di reati edilizi. In primo luogo, la responsabilità penale per difformità dal permesso di costruire sorge nel momento in cui l’opera realizzata è oggettivamente diversa da quella autorizzata, anche se altre parti del cantiere non sono ultimate. Non è necessario attendere la fine dei lavori per contestare un abuso evidente. In secondo luogo, la compresenza di violazioni edilizie, paesaggistiche e strutturali aggrava la condotta, escludendo quasi automaticamente la possibilità di invocare la particolare tenuità del fatto. Questa pronuncia serve da monito per progettisti e direttori dei lavori, sottolineando il loro ruolo di garanzia e la severità con cui l’ordinamento sanziona le condotte che compromettono l’integrità del territorio e la sicurezza pubblica.

È possibile essere condannati per un abuso edilizio se l’intero cantiere non è ancora finito?
Sì. La Cassazione chiarisce che per configurare il reato è sufficiente che l’opera realizzata presenti già caratteristiche che dimostrino in modo inequivocabile la sua difformità dal progetto autorizzato. Non è necessario attendere la completa ultimazione di tutto l’edificio.

Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La non punibilità è stata esclusa perché l’imputato aveva commesso una pluralità di violazioni: edilizie (terrazza abusiva), paesaggistiche (muro in area vincolata) e strutturali (antisismiche). Secondo la Corte, l’offensività complessiva di più reati, anche se derivanti da un’unica azione, non può essere considerata di lieve entità.

Quale è la differenza tra una violazione urbanistica e una paesaggistica secondo la Corte?
La Corte ricorda che, mentre nella disciplina urbanistica si distingue tra difformità totale o parziale, nella normativa paesaggistica (art. 181 d.lgs. 42/2004) la violazione è integrata da qualsiasi tipo di lavoro eseguito in assenza o in difformità dall’autorizzazione, senza distinzioni di grado. Ogni intervento non autorizzato in area vincolata costituisce reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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