Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30060 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30060 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NOCERA INFERIORE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/10/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il difensore
Viene dato che, fermo restando il relatore assegnatario del fascicolo, la relazione nell’udienza viene effettuata dal Presidente.
Il Procuratore Generale conclude per l’inammissibilità del ricorso.
AVV_NOTAIO al termine del proprio intervento si riporta ai motivi d ricorso e ne chiede l’accoglimento.
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RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Salerno, con sentenza emessa in data 3 ottobre 2023, ha confermato la sentenza di condanna del Tribunale di Nocera Inferiore, con la quale COGNOME NOME, quale progettista e direttore dei lavori, in concorso con i proprietari committenti ed esecutore materiale RAGIONE_SOCIALE opere, era stato ritenuto responsabile del reato di cui al capo 1), limitatamente alle opere di cui al punto e; capo 2) limitatamente alle opere di cui ai punti a, c ed e; capo 3) limitatamente alle opere di cui ai punti a e c; capo 4) limitatamente alle opere a, c ed e; capo 5) limitatamente alle opere di cui ai punti a ed e; alla pena sospesa di un mese di arresto e € 13.000,00 di ammenda.
Segnatamente l’imputato è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 44 lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001 per avere realizzato, in difformità dal permesso a costruire n. 32 del 2016, una fondazione in c.a. per la realizzazione di un muro di recinzione; del reato di cui all’art. 181 comma 1 del d.lvo n. 42 del 2004 per avere realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico opere edilizie, in difformità del permesso a costruire n. 32/2016, segnatamente una terrazza posta sul lato Nord dell’immobile in costruzione, per non avere destinato il 20% della superficie a deposito agricolo e una fondazione in c.a. per la realizzazione di un muro di recinzione; dei reati di cui agli artt. 64-71, 65-72 e 93-95 d.P.R. n. 280 del 2001, in relazione alle opere sopra indicate.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore di fiducia e ne ha chiesto l’annullamento deducendo i seguenti motivi.
Violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’art. 44 lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001 e vizio di motivazione.
La Corte territoriale avrebbe confermato la responsabilità penale per il reato edilizio pur a fronte dell’esistenza di un permesso costruire e della mancanza di ultimazione RAGIONE_SOCIALE opere. In materia di contravvenzione urbanistiche occorre distinguere tra le ipotesi in cui le opere siano realizzate in assenza di permesso a costruire e quella in cui le stesse siano realizzate in difformità rispetto ad un permesso a costruire valido ed efficace. In tale ultimo caso, ai fini dell’affermazione del responsabilità, non sarebbe indifferente l’avvenuta ultimazione dei lavori.
Infatti, solo con l’ultimazione dei lavori è possibile verificare un’eventuale difformità RAGIONE_SOCIALE opere realizzate rispetto alle opere assentite col permesso costruire. Ciò vale in particolare per l’ipotesi in cui, come nel caso in esame, i giudici del merit avrebbero fondato l’affermazione di responsabilità su una mera intenzione illecita , immaginando che le opere o parte di esse, pur assentite sul piano f
strutturale, potessero avere in futuro una destinazione diversa da quelle conformi al permesso a costruire. Nel caso in esame la difformità RAGIONE_SOCIALE opere realizzate rispetto al permesso di costruire sarebbe stata ritenuta dal giudice del merito nonostante le opere non fossero ultimate. La responsabilità penale sarebbe stata pertanto affermata in relazione ad una mera intenzione delittuosa, la quale come noto si pone al di fuori del perimetro della punibilità.
Violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. in relazione alla contraddittorietà della motivazione e travisamento della prova.
La corte territoriale avrebbe reso una motivazione contraddittoria nella risposta alle doglianze difensive, avendo omesso di fornire un’idonea motivazione alle censure con anche travisamento della prova affermando: che la Scia datata 14 ottobre 2019 fosse stata depositata per sostenere che già a quell’epoca il Comune avrebbe autorizzato la terrazza, che con riguardo al mancato rispetto del 20% della superficie da destinare a deposita agricolo, la corte territoriale avrebbe completamente ignorato la doglianza difensiva limitandosi ad affermare che sarebbe stato lo stesso geometra COGNOME ad ammettere, in sede di esame che, a fronte di un’area residenziale complessivamente di 160 m.q., a deposito agricolo era stata dedicata un’area del 10% e non del 20% come richiesto; anche per quanto riguarda la statuizione di responsabilità in riferimento al muro di recinzione, la Corte d’appello non avrebbe fornito alcuna motivazione circa le plurime osservazioni difensive travisando le emergenze processuali e affermando genericameni:e che l’edificazione del muro di recinzione non sarebbe neppure stata contestata dalla difesa.
-Violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. in relazione al diniego di riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod.pen. tenuto conto dello scarso allarme sociale e della non abitualità del comportamento.
Il Procuratore generale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza, genericità, risultando anche in parte diretto a richiedere un diverso accertamento di fatto.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato ed è anche privo di confronto con la decisione impugnata.
Sull’accertamento di fatto consacrato nelle conformi sentenze di merito che, in presenza di c.d. doppia conforme, si saldano per costituire un unico corpo argomentativo sicché è possibile, sulla base della motivazione della sentenza di primo
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grado colmare eventuali lacune della sentenza di appello (Sez. 4, n. 15227 del 14/02/2008, Rv. 239735), risulta che a seguito di sopralluogo dei V.V.U.U., in data 02/12/2019, era stata accertata l’esecuzione di lavori sull’immobile in costruzione dei coniugi COGNOME NOME–COGNOME NOME, in difformità dal permesso a costruire n. 32 del 2016. In particolare, per quanto qui di rilievo in correlazione con la pronuncia di condanna, era stato accertata: i) l’avvenuta ultimazione di una terrazza comprensiva anche di ringhiera di protezione in luogo di un porticato con falde inclinate, unica opera assentita dal permesso a costruire che aveva determinato anche un aumento di superficie tenuto conto che il permesso a costruire un porticato con falde inclinate non avrebbe consentito il calpestio, ii) la realizzazione di fondamenta di un muro in c.a. di recinzione ricadente in parte in area di rispetto fluviale e senza autorizzazione paesaggistica, iii) il mancato rispetto della destinazione del 20% della superficie a deposito agricolo.
Quanto alla realizzazione del terrazzo, rilevano i giudici del merito, che, sulla scorta anche della consulenza della difesa, il terrazzo non avrebbe potuto essere ricondotto a conformità al permesso a costruire, come diversamente per le altre opere indicate nel capo 1) per le quali è intervenuta sentenza di non doversi procedere ai sensi degli artt. 36 e 43 d.P.R. n. 380 del 2001, sicchè era integrata la violazione dell’art. 44 lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001; mentre con riguardo al muro di recinzione e al mancato rispetto del destinazione del 20% della superficie, ricorreva la duplice abusività e l’integrazione dei reati di cui all’art. 44 d.P,R. n. 380 del 20 e 181 del d.lvo n. 42 del 2004. Infine, le opere realizzate integravano anche le contravvenzioni in materia di conglomerato cementizio e antisismica.
Ciò posto, la censura svolta nel primo motivo, al netto di una richiesta di rivalutazione del fatto accertato, è manifestamente infondata e priva di confronto specifico là dove i giudici territoriali hanno rilevato l’ultimazione del terrazzo (cfr. pag. 4), opera che non avrebbe potuto essere sanata, e la costruzione di porzione di muro di recinzione posta senza il rispetto della fascia di m. 150 dal fiume che consentiva di apprezzarne la difformità dal permesso a costruire e finanche rivelarne la duplice abusività. Del pari era risultato accertato il mancato rispetto della destinazione del 20% della superficie a deposito agricolo (cfr. pag. 5).
Peraltro, occorre evidenziare che quanto alla realizzazione del terrazzo, la sentenza impugnata ha poi rilevato l’effetto estintivo della contravvenzione di cui all’art. 44 lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001 – limitatamente al terrazzo – p conseguimento postumo della SCIA in sanatoria, escludendola per il reato paesaggistico di cui all’art. 181 comma 1 del d.lvo n. 42 del 2004.
Tirando le fila del discorso, la sentenza impugnata ha confermato l’affermazione della responsabilità dell’imputato sia in relazione alla contravvenzione urbanistica di cui all’art. 44 lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001, per la realizzazi del muro di recinzione, e in relazione al reato paesaggistico di cui all’art. 181 comma 1 del d.lvo n. 42 del 2004 con riferimento alla realizzazione del terrazzo e del muro di recinzione, del mancato rispetto della destinazione di parte della superfice a deposito agricolo, in assenza di autorizzazione paesaggistica, circostanza che non viene neppure contestata.
Va, inoltre, rammentato, per quanto qui di rilievo, che la violazione dell’art. 181 del d.lgs. n. 42 del 2004 è integrata da lavori di qualsiasi genere, eseguiti sui beni muniti di tutela paesaggistica, in assenza della prescritta autorizzazione o in difformità da essa, senza che assuma rilievo la distinzione tra le ipotesi di difformità parziale o totale, rilevante, invece, nella disciplina urbanistica (Sez. 3, n. 31287 del 11/04/2019, Maniaci, Rv. 276593 – 01).
Infine, va rilevato che il ricorrente non contesta l’affermazione di responsabilità per le violazioni antisismiche e in materia di conglomerato cementizio.
Conclusivamente la censura secondo cui l’illiceità RAGIONE_SOCIALE opere abusive sarebbe stata ritenuta sulla base di una mera intenzione delittuosa, evocando finanche il “tentativo” che non è configurabile nelle contravvenzioni, non si confronta con il decisum ed è pertanto inammissibile per manifesta infondatezza.
Per le stesse ragioni sopra esposte, risulta manifestamente infondata anche la censura, svolta nel secondo motivo, di difetto di motivazione, anche con travisamento della prova, per omessa risposta alle censure difensive, apprezzandosi dalla lettura della sentenza impugnata come il giudice dell’impugnazione abbia preso in esame le censure e le abbia disattese con motivazione congrua e non manifestamente illogica.
Il diniego di riconoscimento della speciale causa di non punibilità è stato argomentato in ragione della ritenuta non tenuità dell’offesa derivante dalla pluralità RAGIONE_SOCIALE violazioni in materia edilizia, paesaggistica e antisismica, ratio decidendi in conformità dei principi reiteratamente espressi dalla giurisprudenza di legittimità
Sul punto, questo Collegio osserva che, ai fini della applicabilità dell’art. 131bis cod. pen. nelle ipotesi di violazioni urbanistiche e paesaggistiche, nel caso in cui siano state violate più disposizioni di legge (urbanistiche, antisismiche e in materia di conglomerato c.a.), non possa ritenersi di particolare tenuità, avuto riguardo all’offensività complessiva della condotta derivante dalla violazione di più disposizioni della legge penale, pur a fronte dell’unicità naturalistica del fatto,, (Sez. 3, n. 1911 del 10/03/2016, Mancuso, Rv. 266586) e, comunque la particolare tenuità dell’offesa
era stata esclusa in ragione dell’entità RAGIONE_SOCIALE opere (pagg. 22-23 sentenza di primo grado).
5. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 12/06/2024