Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37752 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37752 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME
CC – 29/10/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMENOME nato a NOMENOMEXXXX
avverso l’ordinanza del 27/03/2025 del TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA di Bologna Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
dato avviso al difensore;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha rigettato la richiesta di differimento dell’esecuzione della pena ex artt. 146 e 147 cod. pen., anche nelle forme della detenzione domiciliare ex art. 47ter , comma 1ter , legge n. 354 del 1975, avanzata nell’interesse di NOMENOME, giudicando le condizioni di salute non incompatibili con il regime detentivo ed evidenziando la pericolosità sociale del condannato, con conseguente concreto e attuale pericolo di recidiva.
Ricorre NOMENOME,a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, denunciando:
il vizio della motivazione con riguardo al mancato riconoscimento dell’ipotesi di estrema necessità per gravi motivi di salute, dandosi corso a trattamenti inumani. Il ricorso ricorda la lunga storia detentiva, costellata da gravissimi problemi di salute, del detenuto
NOME, già collaboratore di giustizia, che era già stato avviato negli anni passati alla detenzione domiciliare, mentre, con l’ordinanza impugnata, si Ł affermata in maniera apodittica la compatibilità con la detenzione nonostante i principi affermati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, recentemente pronunciatasi con riferimento a un caso simile nel quale il detenuto non aveva ricevuto adeguate cure durante la detenzione (Corte EDU 3 ottobre 2024). In particolare, la difesa si duole che il Tribunale non abbia adeguatamente considerato il fatto che NOME ha subìto il trapianto del fegato e che Ł affetto da malattie renali, condizioni per le quali Ł necessario che lo stesso segua un regime dietetico specifico, e abbia omesso di valutare il rischio concreto per la sua salute derivante dall’impossibilità di garantirgli un’alimentazione consona alle sue necessità;
la violazione della legge processuale e il vizio della motivazione con riguardo alla mancata assunzione di una prova sopravvenuta relativa alle condizioni cardiologiche del detenuto. Durante la detenzione Ł stata diagnosticata una patologia cardiaca congenita che
comporta alto rischio di angine e di infarto e la necessità di un intervento cardiochirurgico, al quale si Ł soprasseduto perchØ il detenuto era in attesa di essere sottoposto a trapianto di fegato: tale necessità di cura cardiologica non Ł stata tenuta in considerazione, nØ approfondita.
la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo alla sussistenza del pericolo concreto di commissioni di reati, desunto da un asserito reato risalente al maggio 2024 per il quale non Ł stato effettuato alcun accertamento giudiziale.
Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore ha depositato una memoria che illustra ulteriormente i temi sviluppati nel ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł nel complesso infondato.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (si veda per tutte Sez. 1, n. 21355 del 01/04/2021, COGNOME, Rv. 281225), l’istituto del differimento facoltativo della pena, previsto dall’art. 147, n. 2, cod. pen. Ł applicabile, in ossequio ai principi affermati dagli artt. 27, terzo comma, e 32 Cost., quando ricorra almeno una delle seguenti condizioni: – stato patologico del detenuto che configuri una prognosi infausta quoad vitam ravvicinata; – affezione che determini la probabilità di rilevanti conseguenze dannose, eliminabili o procrastinabili con cure o trattamenti non praticabili in regime inframurario, neppure mediante ricovero in luoghi esterni di cura ai sensi dell’art. 11 ord. pen. (così Sez. 1, n. 37216 del 05/03/2014, COGNOME, Rv. 260780; Sez. 1, n. 30945 del 05/07/2011, COGNOME, Rv. 251478; Sez. 1, n. 8936 del 22/11/2000, dep. 2001, COGNOME, Rv. 218229); – condizioni di salute talmente gravi da porre la espiazione della pena in contrasto con il senso di umanità o comunque da non consentire al condannato di partecipare consapevolmente al processo rieducativo (Sez. 1, n. 16681 del 24/01/2011, COGNOME, Rv. 249966; Sez. 1, n. 22373 del 08/05/2009, Aquino, Rv. 244132), tenuto conto della durata della pena e dell’età del condannato comparativamente con la sua pericolosità sociale (Sez. 1, n. 53166 del 17/10/2018, Cinà, Rv. 274879).
L’istituto della detenzione domiciliare “a tempo”, prevista dall’art. 47ter , comma 1ter , ord. pen. risponde alle medesime finalità (tanto che la norma che ne prevede l’applicazione si riferisce ai casi nei quali «potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione») e la scelta tra il rinvio tout court e l’applicazione della detenzione domiciliare viene ancorata, dalla giurisprudenza, alla sussistenza o meno di una specifica esigenza di contenimento della residua pericolosità attraverso un contesto comunque detentivo e un controllo costante.
La Corte costituzionale, del resto, ha chiarito che la cd. detenzione domiciliare umanitaria o in deroga ha la finalità di salvaguardare contemporaneamente il fondamentale diritto alla salute del detenuto, qualora esso sia incompatibile con la sua permanenza in carcere, e le esigenze di difesa della collettività, la quale va protetta dalla potenziale pericolosità che sia residuata in capo al soggetto (sentenza n. 99 del 2019).
In ogni caso, comunque, alla base della decisione su un’istanza di rinvio facoltativo dell’esecuzione ai sensi dell’art. 147 cod. pen. o di applicazione della già menzionata forma di detenzione domiciliare ai sensi dell’art. 47ter , comma 1ter , ord. pen. vi Ł la verifica preliminare delle prevalenti condizioni (ostative alla prosecuzione della detenzione in carcere, che altrimenti assumerebbe connotazioni di disumanità) di salute del condannato, cioŁ del soggetto da rieducare ex art. 27 Cost.
Le condizioni di salute del condannato sono state attentamente e correttamente
vagliate sotto il profilo della compatibilità e dell’incidenza delle stesse sulla gravosità dell’espiazione intramuraria.
3.1. Il Tribunale ha compiuto un dettagliato esame delle condizioni cliniche per l’accertamento delle quali ha, tra l’altro, disposto un approfondimento medico, l’esito del quale, unitamente a quanto emerso dalle certificazioni in atti, ha consentito di affermare l’insussistenza dei presupposti per l’ammissibilità del differimento della pena e per la concessione della misura della detenzione domiciliare.
Come il ricorso neppure contesta, quanto al differimento obbligatorio previsto dall’art. 146, n. 3 cod. pen., non risulta che il detenuto sia in condizioni cliniche tali da non rispondere piø ai trattamenti sanitari o alle terapie in atto.
In ordine al differimento facoltativo ex art. 147 n. 2 cod. pen., non sono emersi i presupposti per una prognosi infausta quoad vitam ; inoltre, non sussiste il pericolo di contrarre patologie non curabili all’interno del carcere o con ricoveri esterni ai sensi dell’art. 11 ord. pen. Anche sul punto il ricorso Ł assertivo.
Infine, non risulta che le condizioni di salute siano esposte a un rischio di peggioramento connesso al protrarsi dello stato detentivo o che quest’ultimo comporti, per il nominato, una sofferenza aggiuntiva in conseguenza della quale si configuri una violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti. In merito, il ricorso reitera le argomentazioni già ampiamente esaminate dal Tribunale.
Nel corpo della motivazione, il Tribunale esamina, altresì, il profilo concernente gli standards convenzionali di trattamento del detenuto citati dalla difesa, evidenziandone il rispetto – quanto alla posizione del ricorrente – in considerazione delle plurime valutazioni medico legali svolte a distanza di mesi, talvolta con la presenza un medico esterno rispetto alla amministrazione penitenziaria, che hanno confermato l’assenza di un pericolo per la vita, la stabilità delle condizioni cliniche, la somministrazione di terapie adeguate all’interno della struttura carceraria e la possibilità di usufruire di visite ed esami all’esterno, nonchØ l’assenza di patologie invalidanti che precludano al nominato di comprendere il significato della detenzione e partecipare alle attività trattamentali.
Il ricorso si limita a non convenire con tali motivate conclusioni.
3.2. Quanto al secondo motivo, già in parte esaminato nel paragrafo precedente, dall’analisi della cartella clinica emerge, secondo la coerente valutazione del Tribunale, che sono state effettuate numerose visite per le problematiche cardiologiche lamentate dal detenuto che non hanno rivelato l’esistenza di patologie.
Ciò determina la infondatezza anche di tale censura.
3.3. Quanto all’omessa somministrazione, all’interno del carcere, di un regime alimentare adeguato alla patologia epatica e renale che affligge il condannato, il Tribunale ha coerentemente evidenziato che non risulta che quest’ultimo non possa essere garantito e che, comunque, il detenuto non ha fatto una specifica istanza di usufruirne, limitandosi, a partire dal 7 giugno 2024, a richiedere vitto in bianco (riso) che gli Ł stato puntualmente somministrato.
Il Tribunale sottolinea, senza ricevere alcuna specifica critica, che il detenuto non ha manifestato cali ponderali o il peggioramento delle condizioni di salute quantomeno a partire dal giugno 2024 e che, in mancanza di un riscontro dell’eventuale incidenza negativa dell’alimentazione somministrata nella casa di reclusione su queste ultime, non ricorrono i presupposti per giustificare il differimento della pena.
3.4. Piuttosto, il ricorso non si confronta con il rifiuto di terapie e visite reiteratamente opposto dal condannato; tale evenienza Ł, invece, assai rilevante nel caso di specie. Si Ł da
tempo chiarito che «i trattamenti sanitari nei confronti del detenuto sono incoercibili ma, se potenzialmente risolutivi di condizioni di salute deteriori, in forza delle quali il detenuto medesimo chiede il differimento della pena, o una misura alternativa alla detenzione, la loro accettazione si pone come condizione giuridica necessaria alla positiva valutazione della relativa richiesta» (Sez. 1, n. 5447 del 15/11/2019 – dep. 2020, Bellanca, Rv. 278472; in precedenza Sez. 1, n. 46730 del 18/10/2011, COGNOME, Rv. 251414).
3.5. Infine, del tutto generico appare il riferimento al rischio di contagio che Ł prospettato senza addurre elementi che chiariscano in cosa quest’ultimo si concretizzi e indicare eventuali carenze della struttura di restrizione che la rendano inidonea a garantire l’incolumità del ricorrente.
Il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto sussistente il concreto pericolo di commissione di delitti, condizione che di per sØ non consente il differimento della pena ex art. 147, quarto comma, cod. pen.
4.1. Il provvedimento impugnato ha ravvisato il suddetto pericolo facendo riferimento: alle condanne in esecuzione; all’esito dell’inchiesta della Commissione parlamentare sul fenomeno della mafia che ha stigmatizzato l’articolato curriculum delinquenziale di
NOME e il ruolo di rilievo assoluto che questi, pur essendo collaboratore di giustizia dal 1994, ha rivestito nell’ambito della criminalità organizzata, essendo ‘anello di congiunzione’ tra i latitanti che si trovavano all’estero ed esponenti delle forze dell’ordine corrotti; alle reiterate evasioni commesse dal detenuto proprio mentre era sottoposto alla misura della detenzione domiciliare. Inoltre, il Tribunale ha valorizzato i recentissimi comportamenti che hanno portato al fermo per una rapina, circostanza che, i ndipendentemente dall’esito del giudizio, non viene negata dal ricorso.
Si tratta, in effetti, di specifici elementi di fatto che il Tribunale, nell’ambito della complessiva valutazione che gli spetta, ha coerentemente valutato in termini ostativi.
4.2. Risulta, in sintesi, correttamente applicato il principio di diritto in forza del quale: «In tema di differimento facoltativo della pena detentiva o di concessione della detenzione domiciliare per grave infermità fisica, Ł necessario che la malattia da cui Ł affetto il condannato sia grave, cioŁ tale da porre in pericolo la vita o da provocare rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere un trattamento che non si possa facilmente attuare nello stato di detenzione, operando un bilanciamento tra l’interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività» (Sez. 1, n. 2337 del 13/11/2020 – dep. 2021, Furnari, Rv. 280352 – 01).
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 29/10/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.