Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26588 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26588 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME9> nato a om issis
avverso l’ordinanza del 17/10/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. NOME COGNOME per il rigetto del ricorso;
letti i motivi nuovi con i quali l’avv. NOME COGNOME approfonditi gli argomenti illustrati nel ricorso, insiste per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Sorveglianza di Bologna, con ordinanza in data 17/10/2023, ha rigettato l’istanza di differimento dell’esecuzione della pena anche con le forme della detenzione domiciliare per motivi di salute richiesta da
F. E.
Il ricorrente stato è condannato per reati di associazione a delinquere di tipo mafioso, omicidio aggravato, reati in materi di armi, ricettazione e altro ed è in esecuzione pena con decorrenza 26/6/2016 e fine pena 25/6/2046.
L’attuale procedimento è stato attivato d’ufficio dal Magistrato di sorveglianza a seguito di segnalazione circa le precarie condizioni di salute del condannato.
Il Magistrato, comunque, ha poi stabilito non farsi luogo al differimento della pena.
Nel provvedimento impugnato il Tribunale fa riferimento alle relazioni sanitarie più recenti, alla perizia disposta e alla consulenza tecnica della difesa.
Dagli atti emerge che il condannato è affetto da un adenocarcinoma della testa del pancreas con prognosi infausta al più, secondo la migliore previsione, ad aprile 2024, per cui dopo avere praticato dei cicli di chemioterapia vorrebbe sottoporsi alla “Terapia di Bella”.
Il Tribunale, comunque, preso atto anche delle conclusioni del perito, ha ritenuto che allo stato, anche facendo un bilanciamento con la pericolosità sociale (il condannato è figura di riferimento del clan COGNOMECOGNOME ed è stato latitante per 20 anni), non ci siano i presupposti per accogliere l’istanza in quanto il condannato ha ancora un’autonomia funzionale e all’interno del carcere è adeguatamente seguito.
Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 666, comma 3, cod. proc. pen. e 146 e 147 cod. pen. e 47 ter, comma 1 ter, ord. pen. In un unico articolato motivo la difesa rileva che il Tribunale non si sarebbe adeguatamente confrontato con gli elementi e le relazioni mediche acquisite in atti e con i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità sul punto. Da una parte, infatti, non si sarebbe tenuto nel dovuto conto dell’effettiva gravità della situazione del ricorrente -per il quale la prognos è comunque infausta (lo stesso perito fa riferimento a un tempo quantificabile in mesi)- e alla scarsissima autonomia che lo stesso ha di gestire la propria quotidianità in carcere e, dall’altro, che non è ipotizzabile fare riferimento all finalità rieducativa della pena rispetto a un soggetto per il quale non vi è alcuna aspettativa di vita per il quale piuttosto, si dovrebbe considerare prevalente la necessità di consentire una “umanizzazione” del trattamento. Con riferimento alla pericolosità sociale, poi, la difesa evidenzia che questa non risulterebbe attuale, ciò anche in conseguenza dell’effettiva condizione di salute nella quale versa il condannato.
In data 21 febbraio 2024 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte con le quali il Sost. Proc. Gen. NOME COGNOMEevidenziato che la motivazione del provvedimento impugnato è adeguata e congrua, ciò anche con
riferimento alla pericolosità considerati i gravi reati commessi, il ruolo apicale e il periodo di latitanza- chiede che il ricorso sia rigettato.
In data 3 marzo 2024 sono pervenuti in cancelleria i motivi nuovi, con allegata copiosa documentazione, con i quali l’avv. NOME COGNOME ha dedotto quanto segue.
5.1. Omessa motivazione e inosservanza dalla legge processuale in ordine alla totale mancanza di considerazione dell’istanza proposta dalla difesa in data 23 maggio 2023 di provvedere al differimento obbligatorio di cui all’art. 146, comma primo n. 3, cod. pen. ovvero la “detenzione domiciliare umanitaria” o “in deroga” ai sensi dell’art. 47 ter, comma 1 ter, ord. pen. in relazione all’art. 146, comma primo n. 3, cod. pen. Nel primo dei motivi aggiunti la difesa rileva che il Tribunale avrebbe del tutto omesso di confrontarsi con l’istanza depositata il 23 maggio 2023. Tale richiesta, così come gli atti a questa allegati, infatti non sono neanche menzionati del provvedimento impugnato né risulta che vi sia stato un accorpamento dei due procedimenti. Nell’istanza, tra l’altro, erano evidenziati gli errori diagnostici commessi e i travisamenti nei quali erano incorsi sino a tale data alcuni dei sanitari intervenuti, elementi e circostanze anche queste delle quali non vi sarebbe traccia nell’ordinanza emessa dal Tribunale.
5.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 666, comma 3, cod. proc. pen., 146 e 147 cod. pen. e 47 ter, comma 1 ter, ord. pen. con riferimento alla valutazione della perizia, anche quanto al travisamento del contenuto della stessa. Nel secondo motivo la difesa evidenzia che il Tribunale non avrebbe adeguatamente valutato quanto emerso dalla stessa perizia che, comunque, avrebbe dato atto di una situazione di incompatibilità con il regime carcerario e, soprattutto, del parere dei sanitari del carcere che, preso atto anche delle ultime emergenze (ampiamente illustrate nell’atto) e di un probabile fine vita nell’anno 2024, hanno dato parere favorevole alla concessione della detenzione domiciliare, considerazione che sarebbe peraltro condivisa dallo stesso perito che ha espressamente riconosciuto che “una situazione personale caratterizzata da tali eventi negativi possa essere affrontata in maniera migliore in ambiente domiciliare” In generale, d’altro canto, tale soluzione, stigmatizza la difesa, sarebbe l’unica ragionevole e coerente all’art. 2 Cedu e con l’art. 32 cost. nel rispetto della dignità del condannato e anche delle proprie scelte terapeutiche visto che il ricorrente ha manifestato la volontà di essere sottoposto alla Terapia Di Bella.
La difesa, infine, evidenzia ulteriori elementi di censura quanto alla ritenuta pericolosità sociale del condannato che non sarebbe più stato attinto in periodo recente da elementi a proprio carico.
I motivi nuovi si concludono con considerazioni finali di sintesi che fanno riferimento a ulteriori relazioni mediche, sempre nel senso che le condizioni di salute del condannato sono nella sostanza a una fase terminale tanto che vi sarebbe una violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità di cui agli artt. 25 e 27 cost. in relazione alle finalità della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
In un unico articolato motivo, ulteriormente illustrato con i motivi nuovi, la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alle condizioni di salute del condannato e alla ritenuta compatibilità delle stesse con il regime carcerario.
La doglianza è fondata.
2.1. Come anche di recente ribadito (Sez. 1, n. 53166 del 17/10/2018, COGNOME, Rv. 274879 – 01), la concessione della detenzione domiciliare, del differimento facoltativo dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica ai sensi dell’art. 147 cod. pen. e del differimento obbligatorio ai sensi dell’art. 146 dello stesso codice, sono istituti che si fondano sul principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge senza distinzione dì condizioni personali (art. 3 Cost.), su quello secondo cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato (art. 27 Cost.) e, infine, su quello secondo il quale la salute è un diritto fondamentale dell’individuo (art. 32 Cost.).
A fronte di una richiesta di differimento dell’esecuzione della pena per ragioni di salute o di detenzione domiciliare per grave infermità fisica, quindi, il giudice deve valutare se le condizioni di salute del condannato, oggetto di specifico e rigoroso esame, possano essere adeguatamente assicurate all’interno dell’istituto penitenziario o, comunque, in centri clinici penitenziari e se esse siano o meno compatibili con le finalità rieducative della pena, con un trattamento rispettoso del senso di umanità, tenuto conto anche della durata del trattamento e dell’età del detenuto, a loro volta soggette ad un’analisi comparativa con la pericolosità sociale del condannato (Sez. 1, n. 49621 del 11/10/2023, G., Rv. 285458 – 01; Sez. 1, n. 37086 del 08/06/2023, G., Rv. 285760 – 01).
In una corretta prospettiva applicativa, pertanto, il giudice, al fine di individuare la situazione cui dare la prevalenza, deve operare un bilanciamento di interessi tra le esigenze di certezza e indefettibilità della pena, da una parte, e
la salvaguardia del diritto alla salute e a un’esecuzione penale rispettosa dei criteri di umanità, dall’altra.
Ciò in quanto l’istanza di differimento facoltativo dell’esecuzione della pena detentiva per gravi motivi di salute può essere accolta anche se, pur non sussistendo un’incompatibilità assoluta tra la patologia e lo stato di detenzione, ricorra una situazione nella quale l’infermità o la malattia siano tali da comportare un serio pericolo di vita, ovvero non assicurino la prestazione di adeguate cure mediche in ambito carcerario, o, ancora, causino al detenuto sofferenze aggiuntive ed eccessive, in spregio del diritto alla salute e del senso di umanità al quale deve essere improntato il trattamento penitenziario (Sez. 1, n. 27352 del 17/05/2019, Nobile, Rv. 276413 – 01).
Sotto tale profilo, quindi, allorché il condannato è affetto da grave infermità fisica per malattia la cui prognosi può essere infausta, l’istanza di differimento, e così anche la domanda di detenzione domiciliare, deve essere considerata previa valutazione dell’aspettativa di vita del condannato stesso, poiché, quando questa è ridotta, è frustrato lo scopo del reinserimento sociale, impossibile per motivi estranei al trattamento o al comportamento del soggetto, e la sanzione diviene sofferenza inutile e contraria al senso di umanità (Sez. 1, n. 27352 del 17/05/2019, Nobile, Rv. 276413 – 01; da ultimo Sez. 1, n. 37086 del 08/06/2023, G., Rv. 285760 – 01; Sez. 1, n. 542 del 30/01/1995, COGNOME, Rv. 200789 – 01; Sez. 1, n. 27 del 10/01/1994, COGNOME, Rv. 197127 – 01).
In tale caso, infatti, qualora, tenuto conto della natura dell’infermità e di un’eventuale prognosi infausta “quoad vitam” a breve scadenza, l’espiazione della pena appaia contraria al senso d’umanità per le eccessive sofferenze da essa derivanti, ovvero appaia priva di significato rieducativo in conseguenza dell’impossibilità di proiettare in un futuro gli effetti della sanzione s condannato, deve trovare applicazione l’istituto del differimento previsto dal codice penale, mentre nel caso in cui le condizioni di salute, pur particolarmente gravi, non presentino le suddette caratteristiche di sofferenza o di prognosi infausta e richiedano i contatti con i presidi sanitari territoriali indicati dall’art ter, comma primo, lett. c), L. 26 luglio 1975 n. 354, può essere disposta la detenzione domiciliare ai sensi dell’art. 47 ter cit. (Sez. 1, n. 28555 del 18/06/2008, COGNOME, Rv. 240602 – 01; Sez. 1, n. 4283 del 14/07/1998. Valz, Rv. 211410 – 01 Sez. 1, n. 542 del 30/01/1995, COGNOME, Rv. 200789 – 01).
2.2. Nel caso di specie il Tribunale non si è conformato ai principi indicati.
Il Tribunale ha fondato la propria conclusione sull’affermazione per cui “allo stato attuale non sussiste una incompatibilità con il regime detentivo” e sulla ritenuta pericolosità sociale del condannato.
La motivazione, anche a prescindere dalla mancata valutazione dell’istanza proposta dalla difesa in data 23 maggio 2023 e della documentazione a questa
allegata, è carente.
Dalla lettura del provvedimento impugnato, nel quale vi è pure ampio riferimento alle relazioni sanitarie e agli accertamenti medici svolti, infatti
emerge che il Tribunale ha omesso di considerare che i sanitari hanno formulato una prognosi infausta quanto al decorso della malattia (plasticamente descritto
negli “scenari alternativi a breve medio termine” formulati dal perito, cfr. pag. 10
dell’ordinanza impugnata).
La motivazione circa il giudizio di bilanciamento, pertanto, nella quale non si dà atto e conto di avere verificato alla luce di tale elemento l’incidenza
dell’effettiva gravità della malattia sulle concrete modalità di esecuzione della pena e se queste siano o meno compatibili con le finalità rieducative della pena
nonché con la salvaguardia della loro adeguatezza e umanità, è inesistente.
3. Le ragioni esposte impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Bologna affinché, applicati i principi in
precedenza enunciati, libero nel merito, proceda a un nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Sorveglianza di Bologna. In caso di diffusione del presente provvedimento · omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d. 196/03 in quanto disposto d’ufficio e/o imposto dalla legge.
Così deciso a Roma il 19 marzo 2024.