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Differimento pena: la delega alla sanità non basta

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un Tribunale di Sorveglianza che aveva negato il differimento pena a un detenuto malato, delegando alla direzione sanitaria carceraria la verifica sull’idoneità delle cure. La Suprema Corte ha stabilito che il giudice ha il dovere di verificare concretamente l’adeguatezza del trattamento sanitario, senza poter delegare tale compito, in linea con i principi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Differimento Pena: il Giudice non Può Delegare la Verifica sulla Salute del Detenuto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5810/2025) ha riaffermato un principio cruciale in materia di esecuzione penale e tutela della salute: il Tribunale di Sorveglianza non può rigettare una richiesta di differimento pena per motivi di salute delegando semplicemente all’amministrazione carceraria il compito di verificare l’adeguatezza delle cure. Il giudice ha il dovere di condurre una valutazione concreta e diretta. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un detenuto, affetto da una patologia cronica che richiedeva approfondimenti diagnostici e terapie specialistiche esterne, presentava un’istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere il differimento pena o, in subordine, la detenzione domiciliare. Il Tribunale, pur riconoscendo la necessità di accertamenti medici non ancora eseguiti, respingeva la domanda.

La decisione, tuttavia, appariva contraddittoria: da un lato negava la misura, ritenendo adeguato il trattamento in atto, dall’altro invitava la direzione sanitaria del carcere a “verificare, con urgenza, (…) se le cure specialistiche idonee siano praticabili anche in altri ambiti territoriali”, di fatto delegando la valutazione e sollecitando un eventuale trasferimento del detenuto. Contro questa ordinanza, il condannato proponeva ricorso per cassazione, lamentando l’erronea applicazione della legge e il vizio di motivazione.

Il Principio sul Differimento Pena Affermato dalla Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza e rinviando il caso per un nuovo giudizio. Gli Ermellini hanno ribadito un orientamento consolidato: il Tribunale di Sorveglianza non può sottrarsi al suo dovere di valutare nel merito l’effettiva adeguatezza delle terapie sanitarie disponibili per il detenuto.

Respingere un’istanza e, contemporaneamente, delegare all’autorità penitenziaria la verifica sull’idoneità delle cure costituisce un’abdicazione della funzione giurisdizionale. Se il giudice ritiene che le cure necessarie possano essere praticate in ambiente carcerario, ha l’obbligo di indicare con precisione la struttura idonea e di monitorare che tali cure siano concretamente realizzabili. Non può limitarsi a una valutazione astratta o a una mera delega in bianco.

Le Motivazioni

La Corte fonda la sua decisione sul principio secondo cui la tutela della salute del detenuto è un diritto fondamentale che non può essere compresso oltre i limiti imposti dalla detenzione. La verifica sulla compatibilità tra lo stato di salute e il regime carcerario è un accertamento di fatto e di diritto che spetta esclusivamente al giudice.

A rafforzare questa posizione, la sentenza richiama esplicitamente l’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), che vieta i trattamenti inumani e degradanti. Viene citata anche una recente pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Libri contro Italia, gennaio 2024), la quale ha sottolineato che l’aspetto della «qualità delle cure fornite» deve essere oggetto di una verifica in concreto e non in astratto. Ignorare questo obbligo rischia di violare i parametri imposti dalla Convenzione.

Le Conclusioni

Questa sentenza è un monito importante per l’autorità giudiziaria di sorveglianza. La valutazione delle condizioni di salute di un detenuto non può essere un atto formale o burocratico. Il giudice deve entrare nel merito della questione, accertando con precisione non solo se le cure siano teoricamente disponibili, ma se siano effettivamente e tempestivamente praticabili nella specifica situazione. Delegare tale compito significa svuotare di contenuto il diritto alla salute e il ruolo stesso della magistratura di sorveglianza, che è posta a garanzia dei diritti fondamentali anche durante l’esecuzione della pena.

Può il Tribunale di Sorveglianza delegare alla direzione sanitaria la verifica sull’adeguatezza delle cure per un detenuto?
No. Secondo la sentenza, il Tribunale di Sorveglianza non può evitare di confrontarsi con l’effettiva adeguatezza delle terapie e delegare tale verifica all’autorità penitenziaria. Deve invece effettuare una verifica in concreto.

Cosa deve fare il Tribunale di Sorveglianza se rigetta un’istanza di differimento pena per motivi di salute?
Se rigetta l’istanza ritenendo possibili le cure in ambiente detentivo, deve indicare con precisione la struttura in cui la pena può essere espiata e monitorare la concreta fattibilità delle cure e dei ricoveri che l’autorità sanitaria indichi come necessari.

Quale principio europeo è stato richiamato dalla Corte di Cassazione in questa decisione?
La Corte ha richiamato l’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), che vieta trattamenti inumani o degradanti, rafforzando la sua decisione con i principi espressi dalla Corte EDU nella sentenza “Libri contro Italia”, che impone una verifica concreta e non astratta della qualità delle cure fornite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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