Differenza Truffa Insolvenza: la Cassazione Fa Chiarezza
Comprendere la differenza tra truffa e insolvenza fraudolenta è fondamentale nel diritto penale commerciale. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (n. 5727/2024) ha fornito un’occasione preziosa per ribadire i criteri distintivi tra queste due figure di reato, spesso oggetto di confusione. La decisione chiarisce come l’elemento chiave risieda nella modalità con cui viene perpetrato l’inganno: una creazione attiva di una falsa realtà (truffa) contro il semplice occultamento di una condizione preesistente (insolvenza fraudolenta).
Il Fatto Giuridico
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per il reato di truffa, previsto dall’art. 640 del codice penale. La difesa del ricorrente, in sede di legittimità, ha tentato di ottenere una diversa qualificazione giuridica del fatto, sostenendo che la condotta dovesse essere inquadrata nel reato di insolvenza fraudolenta.
La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso, dichiarandolo inammissibile per due ordini di ragioni: una di carattere procedurale e una di merito, che ha permesso di approfondire la distinzione tra i due reati.
L’Analisi della Cassazione sulla Differenza Truffa Insolvenza
Il cuore della pronuncia risiede nella spiegazione chiara e netta dei confini tra le due fattispecie criminose. La Suprema Corte, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale, ha evidenziato che:
*   Nel delitto di truffa, la frode si concretizza attraverso una condotta attiva e ingannatoria. L’agente mette in scena una realtà fittizia, simulando circostanze e condizioni non vere, create artificiosamente con lo scopo di indurre la vittima in errore e procurarsi un ingiusto profitto.
*   Nel delitto di insolvenza fraudolenta, la frode consiste invece in una condotta passiva o omissiva. L’agente non crea una falsa realtà, ma si limita a dissimulare, ovvero a nascondere, il proprio reale stato di insolvenza al momento di contrarre un’obbligazione, con il proposito di non adempierla.
La differenza tra truffa e insolvenza fraudolenta sta, quindi, nel meccanismo dell’inganno: nella truffa c’è una positiva azione di raggiro, mentre nell’insolvenza fraudolenta c’è un ingannevole silenzio sulla propria incapacità economica.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione di inammissibilità su due pilastri. In primo luogo, dal punto di vista procedurale, ha rilevato che la questione della diversa qualificazione giuridica del reato non era stata sollevata come motivo di appello. L’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale, infatti, preclude la possibilità di presentare in Cassazione motivi che non siano già stati dedotti nel giudizio di secondo grado. Questo vizio formale, da solo, era sufficiente a rendere il ricorso inammissibile.
In secondo luogo, e scendendo nel merito, i giudici hanno ritenuto le doglianze difensive manifestamente infondate. Dall’analisi dei fatti, così come ricostruiti dai giudici di merito, era emersa la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato di truffa. Al contrario, non vi era alcuna prova di un reale e preesistente stato di insolvenza che l’imputato avesse fraudolentemente nascosto. La sua condotta era stata correttamente inquadrata come una simulazione attiva di circostanze finalizzata a ingannare la controparte.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame rafforza un principio giuridico di notevole importanza pratica. La corretta qualificazione del fatto come truffa o insolvenza fraudolenta ha conseguenze significative sia sul piano sanzionatorio che su quello probatorio. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia ribadisce l’importanza di analizzare attentamente la condotta dell’agente: è necessario accertare se egli abbia attivamente costruito un inganno (truffa) o se si sia limitato a celare una preesistente incapacità a pagare (insolvenza fraudolenta). Inoltre, la decisione sottolinea un aspetto procedurale cruciale: l’onere per la difesa di articolare compiutamente tutti i motivi di doglianza già nel giudizio d’appello, pena l’impossibilità di farli valere davanti alla Corte di Cassazione.
 
Qual è la differenza sostanziale tra truffa e insolvenza fraudolenta?
La differenza risiede nel modo in cui si realizza la frode. Nella truffa, l’agente crea attivamente una falsa realtà, simulando circostanze inesistenti per indurre la vittima in errore. Nell’insolvenza fraudolenta, invece, l’agente si limita a nascondere (dissimulare) il proprio stato di incapacità economica già esistente quando contrae un’obbligazione.
Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per una ragione procedurale: la questione della diversa qualificazione giuridica del reato non era stata sollevata come motivo di appello, come invece richiesto dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, a pena di inammissibilità.
Cosa ha stabilito la Corte riguardo ai fatti del caso specifico?
La Corte ha stabilito che i giudici di merito avevano correttamente inquadrato i fatti nel reato di truffa, poiché erano presenti tutti gli elementi costitutivi di tale delitto e, al contempo, non era emersa la prova di un reale stato di insolvenza che l’imputato avrebbe potuto nascondere.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5727 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5727  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
LA NOTTE NOME nato a BISCEGLIE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/01/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
•
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME Notte;
considerato che l’unico motivo di ricorso, in punto di qualificazione giuridica, non è consentito in sede di legittimità perché la relativa c:ensura non risulta previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.;
che, inoltre, le doglianze difensive sono manifestamente infondate alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità (Sez. 5, n. 44659 del 21/10/2021, Cavanna, Rv. 282174), secondo cui il delitto di truffa si distingue da quello di insolvenza fraudolenta perché nella truffa la frode è attuata mediante la simulazione di circostanze e di condizioni non vere, artificiosamente create per indurre altri in errore, mentre nell’insolvenza fraudolenta la frode è attuata con la dissimulazione del reale stato di insolvenza dell’agente;
che, nella specie, i giudici del merito hanno correttamente sussunto i fatti, per come storicamente ricostruiti (si vedano, in particolare, pagg. 3 e 4), nella fattispecie di cui all’art. 640 cod. pen. in quanto, a fronte della sussistenza d tutti gli elementi costitutivi del reato di truffa, non emerge agli atti la prova di reale stato di insolvenza che il reo avrebbe fraudolentemente nascosto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.MI.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 5 dicembre 2023.