Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 159 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 159 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME NOME COGNOME nato il 12/07/1988
avverso la sentenza del 10/01/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
letto il ricorso proposto nell’interesse di .NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all’affermazione di responsabilità per il reato di rapina ascritto all’odierno ricorrente e alla mancata riqualificazione del fatto ascrittogli nella fattispecie di furto, è formulato in termini non consentiti sede di legittimità oltre che manifestamente infondato;
ritenuto che la suddetta doglianza finisce, infatti, per riprodurre le censure già prospettate con i motivi di appello adeguatamente vagliate e congruamente disattese con argomenti puntuali in fatto e corretti in diritto (cfr., pagg. 4 e 5 dell sentenza impugnata), con i quali, invero, la difesa non si confronta sottraendosi alla tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
rilevato che, ad ogni modo, la censura si risolve nella sollecitare una rilettura delle emergenze fattuali avendo i giudici di appello fatto leva sulle dichiarazioni della persona offesa e sugli altri elementi acquisiti per inquadrare la vicenda alla luce dei principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte e, pertanto, per qualificare l’episodio de qua nei termini di cui all’art. 628 cod. pen., sottolineando come la violenza perpetrata dall’odierno ricorrente si fosse rivolta proprio nei confronti della persona offesa al fine di impossessarsi del suo cellulare, (e non solamente sulla res), non essendo, dunque, ravvisabili i presupposti per la sussunzione del medesimo fatto nella fattispecie del furto (con destrezza o con strappo);
d’altra parte, è pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio per cui la violenza necessaria ad integrare il reato di cui all’art. 628 cod. pen. è costituita da ogni energia fisica adoperata dall’agente verso la persona offesa al fine di annullarne o limitarne la capacità di autodeterminazione, potendo consistere in una “vis corporis corpori data”, ossia in una condotta posta in essere esclusivamente con la forza fisica dell’agente e senza l’aiuto di strumenti materiali, o in una energia esercitata con qualsiasi utensile adatto allo scopo (cfr., in tal senso, ad esempio, Sez. 2, n. 14901 del 19/03/2015, COGNOME, Rv. 263307 01; conf., Sez. 2, n. 3366 del 18/12/2012, dep. 23/01/2013, Rv. 255199 – 01, in cui la Corte ha ribadito che la violenza necessaria per l’integrazione dell’elemento materiale della rapina può consistere anche in una spinta o in un semplice urto in danno della vittima, finalizzati a realizzare l’impossessamento della cosa); né è consentito al giudice di legittimità procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata ovvero l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, anche qualora
indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., Sez. 6 – , n. 5465 del 04/11/2020, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507; cfr., ancora, Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148);
ritenuto che anche il secondo motivo di ricorso, con cui si censura l’omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, risulta manifestamente infondato, a fronte di una motivazione sul punto esente da vizi logici (cfr., pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata), essendosi i giudici di appello conformati all’indirizzo consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui ben può essere giustificato il diniego delle suddette circostanze attenuanti con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, dovendosi tenere conto che, sul punto, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché, come nel caso di specie, non presenti profili di contraddittorietà e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (cfr Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017 , COGNOME, Rv. 271269 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma, il 3 dicembre 2024.