Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 44813 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44813 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME nato in Marocco il 5.1.1979, contro la sentenza della Corte d’appello di Bologna del 23.11.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per la riqualificazione del fatto, la rideterminazione della pena e l’inammissibilità del ricorso nel resto.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Bologna ha confermato la sentenza con cui, in data 10.9.2021, il GUP del Tribunale di Forlì, procedendo con rito abbreviato, aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile del delitto di estorsione, a lui ascritto e
pertanto, esclusa la pur contestata recidiva, ritenuta l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. stimata prevalente rispetto alla aggravante, l’aveva condannato alla pena, così ridotta per il rito, di anni 2 e mesi 4 di reclusione ed euro 1.600 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali ei di custodia cautelare in carcere;
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore che deduce:
2.1 inosservanza di norme processuali e violazione di legge in relazione al DL 149 del 2020 ed agli artt. 23 e 23-bis del DL 137 del 2020 convertito con legge 176 del 2020: rileva, infatti che, nelle conclusioni scritte trasmesse dalla Procura Generale della Corte d’appello di Bologna, mancava l’indicazione degli anni di reclusione richiesti per l’imputato, con conseguente violazione del diritto di difesa e nullità del giudizio;
2.2 erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 628 e 629 cod. pen.: richiamata la differenza tra il delitto di estorsione e quello di rapina rileva che, nel caso di specie, i giudici di merito hanno ricondotto l’episodio alla prima ipotesi valorizzando erroneamente, con una valutazione ex post, la possibilità della vittima di allontanarsi e, pertanto, non sussistendo, a loro dire, una situazione di coartazione assoluta;
la Procura Generale ha trasmesso le proprie conclusioni scritte insistendo per la riqualificazione del fatto e la conseguente rideterminazione della pena; per l’inammissibilità del ricorso nel resto.
la difesa, in data 8.10.2024, ha trasmesso una memoria con cui insiste su entrambi i motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va respinto.
Il primo motivo è, infatti, manifestamente infondato.
La difesa, infatti, eccepisce la nullità del giudizio per violazione delle disposizioni disciplinanti il processo d’appello svoltosi in forma “cartolare” ai sensi della legge 176 del 2020 in quanto le conclusioni scritte trasmesse dalla Procura Generale della Corte d’appello di Bologna mancavano dell’indicazione degli anni di reclusione richiesti per l’imputato.
Questa Corte ha affermato che, in tema di disciplina emergenziale per il contrasto della pandemia da Covid-19, anche la mancata formulazione, nel giudizio di appello, delle conclusioni scritte previste dall’art. 23-bis, comma 2, DL 28 ottobre 2020 n. 137 da parte del pubblico ministero, al quale sia stato dato rituale avviso, non integra alcuna nullità, trattandosi di procedimento camerale con contradditorio cartolare in cui la partecipazione del procuratore generale è solo eventuale (cfr., Sez. 1 , n. 14766 del 16/03/2022 COGNOME, Rv. 283307 – 01); in altra occasione, invero, si è invece sostenuto tale evenienza integra un’ipotesi di nullità generale a regime intermedio precisandosi, nel contempo, che il vizio non può essere dedotto dalla difesa per carenza di interesse all’osservanza della disposizione violata Sez. 2 , Sentenza n. 44017 del 19/09/2023, Sharaf, Rv. 285346 – 01).
La prima soluzione risulta, invero, coerente con il principio affermato in ordine al procedimento camerale disciplinato dall’art. 611 cod. proc. pen. per il quale si è chiarito che l’omessa formulazione, in tutto o in parte, delle conclusioni da parte del procuratore generale, non impedisce la decisione del collegio, atteso che ricorre la nullità ex art. 178, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. unicamente nel caso in cui il pubblico ministero non sia stato messo nelle condizioni di concludere (cfr., Sez. 2, n. 24629 del 02/07/2020, COGNOME, Rv. 279552 – 01).
Tanto meno, perciò, rileva la circostanza che nelle conclusioni pur formulate non fosse indicata la pena detentiva sollecitata e ritenuta congrua dalla pubblica accusa.
2. Il secondo motivo è infondato.
NOME COGNOME era stato tratto a giudizio e riconosciuto responsabile, nei due gradi di merito, del delitto di estorsione perché “… con violenza e minaccia, costringeva COGNOME NOME a consegnargli la somma di euro 10,00 in tal modo procurandosi un ingiusto profitto con lari danno per la persona offesa”; la condotta era stata descritta nel senso che l’imputato “… dopo essersi interposto tra lo COGNOME e l’ingresso della farmacia … in modo da impedirgli l’accesso, richiedeva insistentemente alla p.o. di consegnargli un euro e, a fronte del diniego opposto gli mostrava, a fini intimidatori, il calcio di una pistola sì da costringerlo ad estrarre il portafogli ed a consegnargli la somma in contanti di euro 10,00 …”.
La questione della qualificazione della condotta dell’imputato in termini di rapina o di estorsione era stata oggetto del quarto motivo d’appello su cui la Corte territoriale ha motivato in termini piuttosto sintetici sostenendo che “… la minaccia posta in essere dall’imputato, il quale ha aperto la giacca e mostrato la pistola,
rappresenta una coartazione della volontà della persona offesa la quale, a séguito di ciò, ha deciso di consegnare la somma di euro 10″.
Se non ché, nel caso di specie, si è in presenza di una “doppia conforme” di merito, ovvero di decisioni che, nei due gradi, giungono a conclusioni analoghe sulla scorta di una conforme valutazione delle medesime emergenze istruttorie, potendosi perciò legittimamente invocare il principio per cui la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia quando operi attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia quando, per l’appunto, adotti gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette in maniera congiunta e complessiva ben potendo integrarsi reciprocamente dando luogo ad un unico complessivo corpo decisionale (cfr., Sez. 2 – , n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, NOME, 252615; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595).
È pertanto possibile far ricorso alla sentenza di primo grado che, sul punto, nel ricostruire l’episodio, aveva confermato la correttezza della contestazione “… non essendo innanzitutto scaturita, dalla minaccia, una coartazione assoluta ed ineludibile della vittima (…) bensì una coartazione che non ne ha determinato il totale annullamento della capacità di determinarsi diversamente, attesa la sussistenza, nel caso di specie, di possibili vie di fuga” (cfr., pagg. 2-3 della sentenza di primo grado).
In tal modo, dunque, i giudici hanno formulato un apprezzamento di merito ed operato una valutazione del caso concreto nella dimensione fattuale emersa dall’istruttoria dibattimentale che non è frutto di travisamento e perciò, in quanto fondata su una motivazione non manifestamente illogica, insuscettibile di rivalutazione in questa sede di legittimità.
3. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 15.10.2024