Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 5872 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 5872 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA a TARANTO
NOME nata DATA_NASCITA a TARANTO
avverso la sentenza in data 01/02/2023 della CORTE DI APPELLO DI LECCE – SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
letta la nota dell’AVV_NOTAIO che, nell’interesse della parte civile NOME COGNOME, ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME e COGNOME NOME, per il tramite dei rispettivi difensori e con separati ricorsi, impugnano la sentenza in data 01/02/2023 della Corte di appello di Lecce -Sezione distaccata di Taranto-, che ha rideterminato la pena loro rispettivamente inflitta per il reato di furto nei riguardi di NOME e per i reat riciclaggio, truffa e ricettazione nei confronti di NOME. Deducono:
1. NOME NOME.
1.1. Violazione di legge in relazione all’art. 648-bis cod. pen. e consequenziale erronea qualificazione giuridica del fatto contestato al capo B).
La ricorrente premette che il delitto di riciclaggio le è stato contestato in relazione a un libretto di deposito a risparmio, che deve considerarsi a tutti gli effetti
un titolo di credito, poiché può essere funzionalmente assimilato all’assegno.
Richiama, quindi, i principi di diritto fissati dalla Corte di cassazione in tema di riciclaggio di un assegno bancario e rimarca come i giudici abbiano omesso di argomentare sul requisito fondante la fattispecie astrattamente tutelata dall’art. 648-bis cod. pen., ossia la manomissione del titolo, idonea a impedire il suo riconoscimento e la sua provenienza, all’atto della sua monetizzazione.
A tale proposito segnala come il libretto appartenente a NOME fosse stato presentato allo sportello privo di alterazioni, così non potendosi ritenere configurato il reato di riciclaggio.
1.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’art. 640 cod. pen. contestato al capo C) dell’imputazione.
A questo proposito si assume che l’affermazione di responsabilità è apoditticamente fondata sul falso presupposto che il rapporto di conoscenza tra l’imputata e la NOME avesse consentito il prelievo delle somme del libretto intestato a COGNOME NOME.
A sostegno dell’assunto e a dimostrazione della contraddittorietà della motivazione vengono illustrate e compendiate le dichiarazioni rese da NOME COGNOME e di COGNOME NOME.
1.3. Vizio di motivazione per travisamento della prova in ordine alle statuizioni civili.
In questo caso si denuncia il vizio di travisamento della prova, in quanto il danno viene correlato alla sofferenza patita dalla NOME per il procedimento disciplinare subito, così apoditticamente disattendendo la censura con cui la difesa obiettava l’assenza di alcun nesso di causalità tra la condotta incriminata e il procedimento disciplinare.
1.4. Vizio di motivazione e travisamento della prova in relazione al capo e) dell’imputazione.
Secondo la ricorrente manca la prova della detenzione da parte della COGNOME dei beni costituenti l’oggetto della ricettazione, per come emerge dall’esame dei verbali di sequestro.
COGNOME NOME.
2.1. Carente e manifesta illogicità della motivazione.
Il ricorrente, con l’unico motivo d’impugnazione, sostiene che la sentenza impugnata non soddisfa l’obbligo di motivazione richiesto al giudice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di COGNOME è inammissibile perché non risulta conferita la procura speciale richiesta a pena d’inammissibilità dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, come nel caso in esame.
2 GLYPH .),,D
.,
A tale proposito va data continuità al principio secondo cui «In tema di impugnazioni, sono applicabili al ricorso per cassazione, proposto dall’imputato nei cui confronti si sia proceduto in assenza, gli specifici oneri formali previsti dall’ar 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., novellato dall’art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. (In motivazione, la Corte ha illustrato, a fondamento della propria decisione, che tale norma rientra tra le disposizioni generali relative alle impugnazioni, valevoli, in mancanza di indici normativi di segno contrario, anche per il ricorso per cassazione; che essa non può essere intesa nel senso di consentire l’impugnazione di legittimità nell’interesse dell’imputato assente secondo un regime meno rigoroso di quello vigente per l’appello; che è funzionale a garantire l’esercizio consapevole del diritto di impugnazione)», (Sez. 5 – , Sentenza n. 39166 del 04/07/2023, N., Rv. 285305 – 01).
1.1. Da ciò la declaratoria di inammissibilità del ricorso di COGNOME ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Il ricorso di NOME, nvece, è fondato nei limiti di seguito specificati, inammissibile nel resto.
2.1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
L’odierna ricorrente, con l’atto di appello, si doleva dell’insussistenza dei requisiti richiesti per ritenere configurato il delitto di riciclaggio, in quanto Da aveva presentato presso l’ufficio postale il libretto rubato senza nessuna alterazione.
La Corte di appello rinviene la condotta di riciclaggio nel fatto che la donna si era recata con una delega falsa, proprio al fine di dissimulare la provenienza illecita del libretto postale.
A tale proposito, però, va rimarcato come in ipotesi di riciclaggio di titoli di credito o di equipollenti, le manomissioni, le alterazioni o le falsificazioni del titol ovvero tutte le condotte atte a dissimulare la provenienza delittuosa- devono riguardare l’identificazione del titolo medesimo e non -invece- gli altri elementi che occorrono per portarlo all’incasso qual è, appunto, la delega necessaria per incassare le somme portate dal titolo medesimo.
La condotta di falsificazione di tali ulteriori elementi, invero, costituisce una condotta assorbita entro il delitto di ricettazione -in quanto finalizzata a porre a profitto quanto illecitamente ricevuto – anziché ascrivibile alla più grave fattispecie delittuosa del riciclaggio, di cui difetta il quid pluris qualificante, consistente nel fine di nascondere l’origine illecita del bene.
In tal senso questa Corte ha già avuto modo di spiegare che «il delitto di riciclaggio si distingue da quello di ricettazione in relazione all’elemento materiale,
che si caratterizza nel primo per l’idoneità della condotta ad ostacolare l’identificazione della provenienza del bene, e in relazione all’elemento soggettivo, che consiste nel primo nel dolo generico, mentre nella ricettazione fa riferimento al dolo specifico dello scopo di lucro. (La S.C. ha ritenuto la sussistenza del delitto di ricettazione anziché quello di riciclaggio, in una fattispecie nella quale agli imputati era contestato di avere formato ed usato documenti di identità falsi recanti le generalità dei beneficiari di assegni ricettati, poiché la condotta non era idonea ad impedire l’individuazione del reato presupposto – dal momento che la provenienza furtiva dell’assegno era comunque ricavabile del numero di serie dello stesso – ma era finalizzata soltanto alla riscossione di titoli)», (Sez. 2, Sentenza n. 35828 del 09/05/2012, COGNOME, Rv. 253890 – 01).
Alla luce di quanto esposto e in mancanza di condotte dissinnulatorie nel senso ora evidenziato, la condotta contestata al capo D) ricade -in realtà- nella fattispecie di ricettazione contestata al capo E), e in questa assorbita.
Da qui l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in relazione al riciclaggio contestato al capo D), perché il fatto non sussiste.
2.2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile, in quanto inteso a offrire una rivalutazione delle emergenze processuali alternativa a quella dei giudici di merito.
I giudici della doppia sentenza conforme hanno spiegato tutti gli elementi costitutivi della truffa, mentre la ricorrente focalizza la propria attenzione su un dato affatto marginale, quale deve considerarsi il fatto di essersi approfittata della pregressa conoscenza con l’operatore postale, rispetto all’ulteriore pregnante elemento a carico, costituito dalla predisposizione di una falsa delega occasionale, con le firme della delegante e del delegato. I giudici hanno altresì rimarcato come la somma di denaro fosse stata consegnata nelle mani della stessa COGNOME, unica rimasta sempre allo sportello, a differenza di NOME, che pur vestendo la qualità di delegato non riceveva il denaro e spesso si allontanava dallo sportello.
Analoghe considerazioni valgono anche in relazione alla ricettazione, al cui riguardo la ricorrente rispetto alla disponibilità dei beni offre una valutazione delle emergenze processuali alternativa e antagonista a quella dei giudici di merito.
Le doglianze articolate nel ricorso -in definitiva- non sono volte a evidenziare violazioni di legge o mancanze argomentative e manifeste illogicità della sentenza impugnata, ma mirano a sollecitare un improponibile sindacato sulle scelte valutative della Corte di appello e reiterano in gran parte le censure già sollevate dinanzi a quel giudice, che le ha ritenute infondate sulla base di una lineare e adeguata motivazione, strettamente ancorata a una completa e approfondita disamina delle risultanze processuali, nel rispetto dei principi di diritto vigenti i materia.
GLYPH
A
A fronte di ciò, vale ricordare che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valen probatoria del singolo elemento», (Sez. 2 – , Sentenza n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 – 01).
2.3. Risulta, infine, inammissibile perché manifestamente infondata la doglianza relativa alla quantificazione del danno subito da NOME.
Diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, invero, la Corte di appello ha dato puntuale risposta alla doglianza difensiva e ha individuato il danno subito dalla parte civile nelle conseguenze dirette del reato, correttamente individuate nella somma da ella rimborsata alla persona offesa e per la sofferenza patita in ragione degli effetti pregiudizievoli provocati dall’essere stata il soggetto passivo della condotta delittuosa.
2.3. Da quanto esposto discende l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, limitatamente al reato di riciclaggio perché il fatto non sussiste; l’inammissibilità del ricorso nel resto, con la conseguente irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità per i reati di truffa e ricettazione, rispetto ai quali gli atti vanno trasmessi alla Corte di appello di Lecce, per la sola rideterminazione della pena. NOME va altresì condannata alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al reato di riciclaggio di cui al capo B) perché il fatto non sussiste; dichiara inammissibil nel resto il ricorso, ed irrevocabile l’affermazione di responsabilità in ordine ai reat truffa (Capo C) e ricettazione (Capo E); dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione della Corte di appello di Lecce per la sola rideterminazione della pena. Condanna COGNOME NOME alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile NOME COGNOME che liquida in complessivi euro 3.686,00 oltre accessori di legge; dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.