Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27098 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27098 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LOCRI il 24/08/2002
avverso la sentenza del 31/10/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il delitto di rapina, denunciando la illogicità della motivazione sulla base di una diversa lettura dei dati processuali e di un differente giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pag. 3-4 della sentenza impugnata) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato;
considerato che il secondo motivo di ricorso, che lamenta la mancata riqualificazione del delitto di cui all’art. 628 cod. pen. in quello di cui all’art. 6 bis cod. pen., non è consentito poiché reiterativo di doglianze già vagliate ed adeguatamente disattese dal giudice di appello (cfr. pagg. 5 della sentenza impugnata) il quale, in aderenza a quanto emerso nel corso del processo, ai fini della ritenuta integrazione della fattispecie di cui all’art. 628 cod. pen., ha applicato i principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui il discrimen tra il delitto di rapina e quello di furto con strappo ex art. 624-bis cod. pen. si rinviene nell’uso della violenza esercitata, come nella specie, per vincere la resistenza della persona offesa, giacché in tal caso è la violenza stessa – e non lo strappo – a costituire il mezzo attraverso il quale si realizza la sottrazione (ex multis: Sez. 2, n. 2553 del 19/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262281 – 01);
osservato che il terzo motivo di ricorso che contesta il giudizio di comparazione fra opposte circostanze, lamentando il giudizio di equivalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata aggravante, è manifestamente infondato implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a
49>t
ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto
(Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931);
che le conclusioni ragionate e argomentate del giudice del merito (si veda
pag. 6 della sentenza impugnata) sono, pertanto, incensurabili;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, il 17 giugno 2025.