Differenza tra Rapina e Furto con Strappo: L’Analisi della Cassazione
Comprendere la differenza tra rapina e furto con strappo è fondamentale nel diritto penale, poiché da questa distinzione dipendono conseguenze sanzionatorie molto diverse. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna sull’argomento, offrendo chiarimenti preziosi su dove si trovi il confine tra le due fattispecie di reato. Analizziamo il caso e la decisione dei giudici supremi per capire quando una sottrazione violenta diventa rapina.
I Fatti del Caso
Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di rapina. Secondo la ricostruzione, l’imputato aveva sottratto un bene alla persona offesa esercitando una violenza tale da vincerne la resistenza. La difesa dell’imputato, tuttavia, ha sempre sostenuto una tesi diversa: l’azione non avrebbe dovuto essere qualificata come rapina (art. 628 c.p.), bensì come il meno grave reato di furto con strappo (art. 624-bis c.p.).
Secondo la linea difensiva, la violenza non era stata diretta immediatamente contro la persona per impossessarsi del bene, ma piuttosto contro il bene stesso, che era particolarmente aderente al corpo della vittima. Di conseguenza, l’impatto sulla persona sarebbe stato solo una conseguenza indiretta dello “strappo”. Insoddisfatto della decisione della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali: l’errata qualificazione giuridica del fatto e un’illogica valutazione delle prove, in particolare della testimonianza della vittima.
La Questione Giuridica: La Differenza tra Rapina e Furto con Strappo
Il nucleo del ricorso si concentra sulla corretta interpretazione della violenza nel contesto dei reati contro il patrimonio. La domanda fondamentale è: quando la forza usata per sottrarre un bene configura una rapina e quando, invece, un furto con strappo? Questo interrogativo è cruciale perché la rapina è punita molto più severamente.
La difesa ha cercato di dimostrare che, poiché la violenza era finalizzata a vincere l’aderenza della cosa al corpo, e non la volontà della persona, il reato dovesse essere derubricato. Inoltre, ha contestato l’attendibilità della persona offesa, sostenendo che il giudice di merito avesse errato nel fondare la condanna sulle sue sole dichiarazioni.
I Limiti del Giudizio in Cassazione
Un altro aspetto rilevante riguarda i poteri della Corte di Cassazione. Il ricorso dell’imputato chiedeva di fatto ai giudici supremi di riesaminare le prove e di offrire una valutazione alternativa a quella dei giudici di merito. Tuttavia, come la stessa Corte ribadisce, il suo compito non è quello di sovrapporre il proprio giudizio sui fatti, ma solo di controllare la correttezza logica e giuridica della motivazione della sentenza impugnata.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna per rapina. Le motivazioni della decisione sono chiare e si articolano su due punti principali.
In primo luogo, la Corte ha ribadito il principio consolidato che definisce la differenza tra rapina e furto con strappo. Si ha rapina quando la condotta violenta è esercitata direttamente sulla persona per vincerne la resistenza e sottrarle il bene. Questo si verifica anche quando l’oggetto è strettamente legato al corpo (come una borsa a tracolla o un orologio al polso) e l’agente deve superare non solo la normale forza di coesione tra oggetto e possessore, ma la resistenza attiva o passiva della vittima. La violenza diventa il mezzo per realizzare la sottrazione. Si configura, invece, il furto con strappo quando la violenza è rivolta quasi esclusivamente verso la cosa, e la persona subisce solo effetti indiretti e involontari. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente concluso che la violenza era stata finalizzata a sopraffare la resistenza della persona offesa.
In secondo luogo, riguardo alla valutazione delle prove, la Cassazione ha respinto la censura come un tentativo inammissibile di ottenere un nuovo giudizio di fatto. I giudici hanno sottolineato che la valutazione dell’attendibilità dei testimoni, inclusa la persona offesa, è un compito esclusivo del giudice di merito. La deposizione della vittima può essere posta da sola a fondamento della condanna, purché il giudice ne abbia attentamente vagliato la credibilità oggettiva e soggettiva, come avvenuto nel caso in esame. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta logica, coerente e priva di vizi.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. La linea di demarcazione tra rapina e furto con strappo non risiede tanto nell’intensità della violenza, quanto nella sua direzione. Se la forza è diretta contro la persona per annullarne la capacità di difesa, si è nel campo della rapina. Se, invece, è rivolta prevalentemente all’oggetto per staccarlo dal possessore, si tratta di furto con strappo. Questa decisione riafferma inoltre i limiti del giudizio di legittimità, chiarendo che la Corte di Cassazione non può sostituirsi al giudice di merito nella valutazione delle prove, ma solo verificarne la coerenza argomentativa. Per gli operatori del diritto e i cittadini, è un promemoria essenziale sulla centralità della direzione della violenza nella qualificazione dei reati contro il patrimonio.
 
Qual è la differenza fondamentale tra rapina e furto con strappo?
Si ha rapina quando la violenza è usata contro la persona per vincerne la resistenza e impossessarsi del bene. Si ha furto con strappo, invece, quando la violenza è diretta principalmente verso la cosa per staccarla dalla persona, che ne subisce solo le conseguenze indirette.
La testimonianza della vittima (persona offesa) è sufficiente per una condanna?
Sì, secondo la Corte, la deposizione della persona offesa può essere assunta anche da sola come fonte di prova, a condizione che il giudice compia un attento controllo sulla sua credibilità oggettiva e soggettiva.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dal giudice di merito?
No, non è consentito. La Corte di Cassazione non può sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella dei giudici dei gradi precedenti, né può valutare la logica della sentenza confrontandola con modelli di ragionamento alternativi. Il suo compito è verificare la presenza di vizi logici o giuridici nella motivazione, non riesaminare i fatti.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9037 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 9037  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (TARGA_VEICOLO 05HFOMK) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/07/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art. 628, comma 3, n. 3 quinquies cod. pen. , è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito nella parte in cui ha correttamente ritenuto di non poter qualificare il fatto nella fattispecie di furto con strappo di cu all’art. 624 bis, comma 2 cod. pen. poiché la violenza non è stata immediatamente diretta all’impossessamento del bene oggetto di reato, come erroneamente sostenuto dalla difesa, bensì è stata esercitata per vincere la resistenza della p.o. (si veda in particolare pag. 6 della sentenza impugnata), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
considerato, inoltre, che ricorre il delitto di rapina quando la condotta violenta sia stata esercitata per vincere la resistenza della persona offesa, anche ove la “res” sia particolarmente aderente al corpo del possessore e la violenza si estenda necessariamente alla persona, dovendo il soggetto attivo superarne la resistenza e non solo la forza di coesione inerente alla normale relazione fisica tra possessore e cosa sottratta, giacché in tal caso è la violenza stessa – e non lo strappo – a costituire il mezzo attraverso il quale si realizza la sottrazione; si configura, invece, il delitto di furto con strappo quando la violenza sia immediatamente rivolta verso la cosa, seppur possa avere ricadute sulla persona che la detiene (Sez. 2, n. del 21/02/2019, Rv. 276558 – 01);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il delitto di rapina contestato denunciando la illogicità della motivazione sulla base di un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova quali, nel caso di specie, l’attendibilità delle dichiarazione rese dalla p.o., non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
considerato, inoltre, che in tema di valutazione della prova testimoniale, a base del libero convincimento del giudice possono essere poste le dichiarazioni della parte offesa, la cui deposizione, pur se non può essere equiparata a quella del testimone estraneo, può tuttavia essere assunta anche da sola come fonte di prova, ove sia sottoposta a un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva (Sez. 3, n. del 13/11/2003 Ud. (dep. 29/01/2004 ) Rv. 227493 – 01) come correttamente riscontrato nel caso di specie (si veda in particolare pag. 5 della sentenza impugnata);
che, infine, il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento nella parte in cui ha ritenuto il racconto dei fatti reso dalla p.o. pienamente credibile e privo di intento calunniatorio (si vedano, in particolare, pag. 4-5 della sentenza impugnata) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Roma, 18/02/2025