Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 5865 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 5865  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CERIGNOLA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 22/03/2023 della CORTE di APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art.23.8 d.lgs. 137/20
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza la Corte di appello di Bari ha confermato la condanna alla pena di giustizia di NOME COGNOME per il reato di estorsione continuata ai danni di due suore.
L’imputato ha presentato ricorso per cassazione lamentando l’erronea applicazione della legge penale (art.606 lett. b) c.p.p.) non potendosi ravvisare la sussistenza del r contestato per la mancanza di costrizione; la condotta dell’imputato si è piutt caratterizzata come un artificio o raggiro idoneo ad ingannare le persone offese e ad integr quindi il reato di truffa.
 Con memoria inviata a mezzo PEC il Sostituto AVV_NOTAIO generale ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su un motivo ripetitivo e manifestamen infondato.
Va detto in premessa che si è in presenza di c.d. “doppia conforme” in punto affermazione della penale responsabilità dell’imputato per il fatto di reato come contestato, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stati rispettati i parametri del richiamo della pronuncia appello a quella di primo grado e dell’adozione – da parte di entrambe le sentenze – de medesimi criteri nella valutazione delle prove (cfr., Sez. 3, n. 44418 del 16/07/201 COGNOME, Rv. 257595; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).
Ciò premesso, e preso atto ulteriormente che non vi sono contestazioni in ordine alla materialità ed alla autoria del fatto, la Corte rileva che l’argomento formulato con l’u motivo di impugnazione è stato già adeguatamente affrontato e risolto dalla Corte d’appello che ha correttamente osservato innanzitutto che il criterio distintivo tra il delitto di estorsione mediante minaccia e quello di truffa “vessatoria” consiste nel diverso atteggiar del pericolo prospettato, sicché si ha truffa aggravata ai sensi dell’art. 640, comma secondo n.2, cod. pen. quando il danno viene prospettato come possibile ed eventuale e mai proveniente direttamente o indirettamente dall’agente, di modo che la persona offesa non è coartata nella sua volontà, ma si determina all’azione od omissione versando in stato di errore, mentre ricorre il delitto di estorsione quando viene prospettata l’esistenza di pericolo reale di un accadimento il cui verificarsi è attribuibile, direttamente o indirettam all’agente ed è tale da non indurre la persona offesa in errore, ma, piuttosto, nell’alterna ineluttabile di subire lo spossessamento voluto dall’agente o di incorrere nel danno minacciato (Sez. 2, n. 24624 del 17/07/2020 Imp. COGNOME Rv. 279492 – 01). Nel caso concreto, è di tutta evidenza che si ricada nell’evenienza da ultimo ipotizzata, posto che le persone offes avrebbero potuto evitare la perdita del trattamento economico da parte dell’INPS provvedendo al pagamento degli importi richiesti, come effettivamente avvenuto.
Inoltre, la Corte d’Appello ha correttamente ribadito la irrilevanza della irrealizzabil meno del danno minacciato e quindi della natura effettiva o immaginaria del pericolo (ex multis, da ultimo, Sez. 2, Sentenza n. 21974 del 18/04/2017 Imp. Cianci Rv. 270072 – 01).
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la conda del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa dell ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 26 ottobre 2023
Il Consigliere relatore
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GLYPH DEPOSITATO IN CANCELLARIA