Differenza Estorsione Truffa: La Cassazione Chiarisce il Criterio Distintivo
Comprendere la linea di demarcazione tra reati apparentemente simili è fondamentale nel diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’analisi puntuale sulla differenza estorsione truffa, in particolare nella sua forma ‘vessatoria’. La pronuncia sottolinea come il criterio decisivo risieda nel modo in cui il pericolo viene prospettato alla vittima e nell’effetto che questo ha sulla sua volontà: coartazione o induzione in errore. Analizziamo insieme la decisione per capire le sue implicazioni pratiche.
Il Caso in Esame: Un Ricorso Dichiarato Inammissibile
Il caso trae origine dal ricorso presentato contro una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato contestava la condanna per estorsione, sostenendo che i fatti avrebbero dovuto essere qualificati come truffa aggravata. Inoltre, si doleva del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
La Contestazione sulla Qualificazione Giuridica del Fatto
Il primo motivo del ricorso si concentrava sulla presunta errata applicazione della legge penale. La difesa sosteneva che la condotta tenuta non integrasse gli estremi dell’estorsione, ma piuttosto quelli della truffa cosiddetta ‘vessatoria’. Questa tesi si basava su una specifica interpretazione della minaccia e dei suoi effetti sulla persona offesa.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche
Con il secondo motivo, il ricorrente lamentava che i giudici di merito non avessero concesso le attenuanti generiche, ossia quelle circostanze che possono portare a una riduzione della pena. Secondo la difesa, la decisione non era stata adeguatamente motivata.
La Decisione della Corte: La Differenza Estorsione Truffa nel Pericolo Prospettato
La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso manifestamente infondati, rendendo così l’impugnazione inammissibile. La decisione si fonda su principi giurisprudenziali consolidati, che la Corte ha richiamato per fare chiarezza.
Il Principio di Diritto Consolidato
Il cuore della decisione risiede nella riaffermazione del criterio distintivo tra estorsione e truffa. La Corte spiega che:
– Si ha estorsione (art. 629 c.p.) quando il pericolo di un danno viene prospettato come reale e il suo verificarsi è attribuibile, direttamente o indirettamente, all’agente. In questo scenario, la vittima non è indotta in errore, ma è posta di fronte a un’alternativa ineluttabile: subire il danno minacciato oppure accettare la richiesta ingiusta dell’agente. La sua volontà è coartata, non viziata da un errore.
– Si ha truffa aggravata (art. 640 c.p.) quando il danno è prospettato come una conseguenza possibile ed eventuale, e soprattutto non proveniente dall’agente. In questo caso, la persona offesa non è costretta, ma si determina ad agire (o a non agire) perché è stata indotta in errore. La sua volontà è viziata, ma non soppressa.
Motivazioni della Corte
La Corte ha ritenuto le argomentazioni della difesa in palese contrasto sia con la norma che con la giurisprudenza di legittimità. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente inquadrato i fatti nel reato di estorsione, fornendo un’ampia e logica motivazione nelle pagine della sentenza impugnata. La minaccia era stata tale da costringere la vittima, non da ingannarla.
Per quanto riguarda le attenuanti generiche, la Cassazione ha ribadito un altro principio consolidato. Per motivare il diniego, non è necessario che il giudice analizzi ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole. È sufficiente che si concentri sugli elementi negativi ritenuti decisivi o sulla semplice assenza di elementi positivi meritevoli di considerazione. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua a sostegno della sua decisione discrezionale.
Conclusioni
L’ordinanza in esame è un’importante conferma dei criteri utilizzati per distinguere due figure di reato che possono, in alcune situazioni di confine, sembrare sovrapponibili. La differenza estorsione truffa non è una mera questione accademica, ma ha conseguenze pratiche significative, sia in termini di pena applicabile sia nella comprensione della dinamica criminale. La lezione della Cassazione è chiara: per distinguere i due reati, bisogna guardare alla natura della pressione esercitata sulla vittima. Se la volontà è piegata da una minaccia concreta e attribuibile all’agente, si tratta di estorsione; se è viziata da un inganno che prospetta un danno solo eventuale, si tratta di truffa.
Qual è il criterio fondamentale per distinguere il reato di estorsione da quello di truffa aggravata ‘vessatoria’?
Il criterio distintivo risiede nel diverso modo in cui viene prospettato il pericolo alla vittima. Nell’estorsione, il danno è presentato come un evento reale e direttamente o indirettamente causato dall’agente, costringendo la volontà della vittima. Nella truffa ‘vessatoria’, il danno è prospettato come possibile ed eventuale, mai proveniente dall’agente, e serve a indurre la vittima in errore, non a coartarla.
In che modo la Corte ha giustificato la corretta qualificazione del fatto come estorsione nel caso di specie?
La Corte ha stabilito che i giudici di merito avevano correttamente applicato l’art. 629 c.p. (estorsione) perché avevano ampiamente motivato le ragioni per cui la condotta dell’agente integrava una minaccia reale e diretta, tale da porre la vittima di fronte a una scelta obbligata, anziché indurla in errore.
Perché il motivo di ricorso sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche è stato ritenuto infondato?
È stato ritenuto infondato perché la decisione del giudice di merito era stata ampiamente motivata. La giurisprudenza costante afferma che, per negare le attenuanti, è sufficiente un congruo riferimento agli elementi negativi decisivi o all’assenza di elementi positivi, senza la necessità di esaminare ogni singolo aspetto dedotto dalle parti, come avvenuto nel caso specifico.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30728 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30728 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ERICE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/04/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta l qualificazione giuridica del fatto in relazione all’art. 640, secondo comma, cod. pen., è manifestamente infondato in quanto si prospettano enuncia ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolid giurisprudenza di legittimità;
che, invero, il criterio distintivo tra il delitto di estorsione mediante mi e quello di truffa cosiddetta “vessatoria” consiste nel diverso atteggiar pericolo prospettato, sicché si ha truffa aggravata quando il danno vi prospettato come possibile ed eventuale e mai proveniente direttamente indirettamente dall’agente, di modo che la persona offesa non è coartata nella volontà, ma si determina all’azione od omissione versando in stato di erro mentre ricorre il delitto di estorsione quando viene prospettata l’esistenza pericolo reale di un accadimento il cui verificarsi è attribuibile, direttam indirettamente, all’agente ed è tale da non indurre la persona offesa in errore piuttosto, nell’alternativa ineluttabile di subire lo spossessamento v dall’agente o di incorrere nel danno minacciato (cfr. Sez. 2, n. 24624 del 17/07/2 COGNOME, Rv. 279492; Sez. 2, n. 46084 del 21/10/2015, Levak, Rv. 265362);
che, nella specie, i giudici del merito hanno correttamente sussunto il fat per come ricostruito, nell’ipotesi di cui all’art. 629 cod. pen., ampia esplicitando le ragioni del loro convincimento (si vedano, in particolare, pagg 7 della motivazione);
ritenuto che il secondo motivo, inerente al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è manifestamente infondato in quanto è stato ampiamente motivato il corretto esercizio della discrezionalità attribuita al giudice del m che, invero, nel motivare il diniego della diminuente richiesta, non necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevo sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente un riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o rilevanti ovvero all’asse elementi positivi, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valu come avvenuto nel caso di specie (si veda pag. 8 della motivazione);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma d euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
v`1
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso, il 21 giugno 2024.