Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18797 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 06/05/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18797 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME
CC – 06/05/2025
R.G.N. 4308/2025
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME (cui CODICE_FISCALE nato a Napoli il 20/10/1970
avverso la sentenza del 21/10/2024 della Corte d’appello di Milano
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
Rilevato che con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza in data 12 maggio 2023 del Tribunale di Pavia con la quale era stata affermata la penale responsabilità del COGNOME in relazione ai contestati reati di tentata estorsione continuata (artt. 81, 56, e 629 cod. pen.), commessa tra il 12 ed il 13 luglio 2018, e di violazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno (art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159/2011) commesso in data 12 luglio 2018.
Rilevato che la difesa dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte territoriale deducendo violazione di legge e vizi di motivazione in quanto il male minacciato dall’imputato alla persona offesa (‘divulgazione di notizie compromettenti sul suo conto alla stampa e a tutti coloro che lo conoscevano’) in occasione delle richieste di denaro non sarebbe stato realizzabile con la conseguenza che al piø nel caso in esame sarebbe configurabile il reato di truffa.
Considerato che l’unico motivo di ricorso, con cui si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione giuridica del fatto ascritto all’odierno ricorrente come reato di tentata estorsione in quello di truffa, non Ł formulato in termini consentiti dalla legge in questa sede, poichØ, prospettando una diversa valutazione delle risultanze processuali, con criteri di apprezzamento differenti da quelli utilizzati dai giudici di merito, estranea al sindacato dinanzi a questa Corte, risulta reiterativo di profili di censura già adeguatamente esaminati e disattesi dalla
Corte territoriale, con congrue argomentazioni logiche e giuridiche, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che la suddetta doglianza risulta anche manifestamente infondata, a fronte della congrua motivazione con cui i giudici di appello, richiamando le argomentazioni esposte sul punto nella sentenza di primo grado con cui, secondo il diritto vivente, la sentenza impugnata, concordando, come nel caso di specie, nell’analisi e nella valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento delle rispettive decisioni, si salda per formare un unico complessivo corpo argomentativo (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME , Rv. 191229; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218) hanno sottolineato le corrette e logiche ragioni di fatto e di diritto poste a base dell’omessa riqualificazione della vicenda delittuosa nei termini auspicati dalla difesa, in linea con i principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità (si vedano in particolare le pagg. 10-11, sul carattere reale del male minacciato e sulla idoneità coercitiva della condotta tenuta dall’odierno ricorrente rispetto alla volontà della persona offesa, con un apprezzamento non illogico e in quanto tale incensurabile in questa sede);
che , infatti, a tal proposito deve affermarsi che: «Il criterio distintivo tra il delitto di estorsione mediante minaccia e quello di truffa cd. vessatoria consiste nel diverso atteggiarsi del pericolo prospettato, sicchØ si ha truffa aggravata ai sensi dell’art. 640, comma secondo, n.2, cod. pen. quando il danno viene prospettato come possibile ed eventuale e mai proveniente direttamente o indirettamente dall’agente, di modo che la persona offesa non Ł coartata nella sua volontà, ma si determina all’azione od omissione versando in stato di errore, mentre ricorre il delitto di estorsione quando viene prospettata l’esistenza di un pericolo reale di un accadimento il cui verificarsi Ł attribuibile, direttamente o indirettamente, all’agente ed Ł tale da non indurre la persona offesa in errore, ma, piuttosto, nell’alternativa ineluttabile di subire lo spossessamento voluto dall’agente o di incorrere nel danno minacciato» (Sez. 2, n. 24624 del 17/07/2020, COGNOME, Rv. 279492 – 01; conformemente, si veda anche Sez. 2, n. 46084 del 21/10/2015, COGNOME, Rv. 265362 – 01);
che , inoltre, va anche evidenziato come «Il criterio distintivo tra il reato di truffa e quello di estorsione, quando il fatto Ł connotato dalla minaccia di un male, Ł rappresentato dalla concreta efficacia coercitiva, e non meramente manipolativa, della condotta minacciosa rispetto alla volontà della vittima, da valutarsi con verifica ex ante , che prescinde dalla effettiva realizzabilità del male prospettato» (Sez. 2, n. 11453 del 17/02/2016, COGNOME, Rv. 267124 – 01; conformemente si veda anche Sez. 2, n. 21974 del 18/04/2017, COGNOME Rv. 270072 – 01).
Rilevato , pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME