Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22449 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22449 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/09/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta l’affermazione in ordine alla penale responsabilità in relazione alla prova degli elementi costitutivi del reato, è privo di concreta specificità e tende a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatt mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che, in particolare, non sono consentite tutte le doglianze che censurano la persuasività, l’adeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, del credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento;
che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (Sez. U, n. 6402 del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
che, inoltre, si censura il ricorso alla tecnica di motivazione per relationem genericamente, senza specificare in che termini i giudici di merito vi avrebbero fatto ricorso in maniera esorbitante dai limiti delineati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità e senza confrontarsi con l’autonomo apparato argomentativo di cui è, invece, indiscutibilmente dotata la sentenza medesima, come dimostra, tra l’altro, il fatto stesso che, con le successive doglianze, il ricorrente abbia provveduto alla sua confutazione;
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente esplicitato, con corretti argomenti logici e giuridici (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE‘Arte, Rv. 253214), le ragioni del loro convincimento, non sindacabili in questa sede (si vedano, in particolare, pagg. 5 e 6);
ritenuto che il secondo motivo, in punto di qualificazione giuridica, è manifestamente infondato in quanto i giudici del merito hanno correttamente sussunto il fatto, per come ricostruito, nella fattispecie di cui agli artt. 56 e 62 cod. pen.;
che, invero, il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e quello di estorsione si differenziano tra loro in relazione
all’elemento psicologico, da accertarsi secondo le ordinarie regole probatorie (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 02);
che, inoltre, il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni ha natura di reato proprio non esclusivo e, pertanto, è configurabile il concorso del terzo nel caso in cui questi si si limiti ad offrire un contributo alla pretesa del creditor senza perseguire alcuna diversa ed ulteriore finalità (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 01 e 03);
che, tuttavia, nella specie, i giudici del merito hanno correttamente ritenuto integrato il dolo di estorsione anche in ragione della decisiva circostanza che l’imputato fosse pienamente consapevole dell’estraneità della persona offesa rispetto al rapporto obbligatorio instaurato tra le due società, ovverosia della non azionabilità del preteso diritto nei confronti della vittima (si vedano pagg. 4, 5 e 7);
ritenuto che l’ultimo motivo, in punto di trattamento sanzionatorio, con particolare riguardo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è privo di specificità e manifestamente infondato in quanto i giudici del merito hanno correttamente esercitato la discrezionalità attribuita, ampiamente esplicitando le ragioni del loro convincimento;
che, invero, nel motivare il diniego della diminuente richiesta, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente un congru riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o rilevanti ovvero all’assenza di elementi positivi, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione, come avvenuto nella specie (si veda pag. 7);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 16 aprile 2024.