Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 37705 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 37705 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME, nato a Bergamo il DATA_NASCITA; rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO – di fiducia;
avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia, emessa in data 15/01/2025;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che è stata richiesta dalle parti la trattazione orale del procedimento;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME chiesto il rigetto del ricorso;
sentito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha insistito nei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 15/01/2025 n. 70 la Corte di appello di Brescia, in parziale riform della sentenza del Tribunale di Bergamo emessa il 21/05/2024, ha assolto l’imputato NOME COGNOME (già assolto dal Tribunale di Bergamo per il reato di usura) dal reato
contravvenzionale di cui all’art. 4 L.110/75 con conseguente rideterminazione della pena inflitt confermando nel resto la condanna per il reato di estorsione (capo sub 4 dell’imputazione).
Avverso la predetta sentenza, propone ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, affidandolo a due motivi.
2.1 Con il primo motivo si deducono violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell’ 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., per omessa, contraddittorietà e/o illogicità d motivazione circa la valutazione di attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, COGNOME: in particolare, la difesa censura la valutazione, ritenuta “frazionata” dell’attendib tali dichiarazioni, con riferimento al narrato riguardante le minacce subite da parte dell’imput osservando che quest’ultimo è stato assolto (dal Tribunale di Bergamo) dal delitto di usura i quanto la versione da lui fornita in un memoriale scritto, circa i rapporti economico-finanz con COGNOME, è stata ritenuta più affidabile di quella fornita dalla stessa persona offesa, m la versione di quest’ultima è stata ritenuta credibile con riferimento alla descrizione degli ep riconducibili al reato di estorsione, ossia alle pretese di restituzione con modalità minacciose denaro imprestatogli dall’imputato.
Si lamenta, inoltre, la contraddittorietà della motivazione, laddove, ai fini dell’assoluzio reato contravvenzionale per porto di arma senza giustificato motivo, ha reputato la version dell’imputato (sull’utilizzo di una pistola scacciacani con tappo rosso in occasione dell’epis occorso il 5 gennaio 2020) credibile e più coerente rispetto a quella della parte offesa, la q non è stata in grado di descrivere con esattezza le caratteristiche dell’arma impugnat dall’imputato a causa, come evidenziato nella sentenza impugnata, della concitazione del momento che non gli aveva permesso di guardare attentamente la pistola brandita nei suoi confronti dall’imputato. Si evidenzia altresì come l’irnputato, senza negare episodi a sfavorevoli, li abbia giustificati con la carenza di autocontrollo causata dall’irritazione per sentito “preso in giro” dal debitore.
L’ evidenziata contraddizione, secondo la difesa, sarebbe sufficiente a fare “saltare” la ten logica dell’intero apparato motivazionale a sostegno della pronuncia di condanna, che si fonderebbe esclusivamente sulle dichiarazioni della persona offesa, oltre che su quelle di NOME COGNOME, che sarebbero altrettanto inattendibili, non solo perché è la compagna di COGNOME, ma anche perché risulta coinvolta nella vicenda per essersi fatta garante della restituzione del dena a seguito di quanto accaduto il 5 gennaio 2020; si aggiunge che, comunque, la COGNOME COGNOME semplicemente riferito de relato circa le pretese economiche usurarie avanzate dall’imputato (entità degli importi, tempi e modalità di restituzione); quanto al maresciallo NOME, uffi di p.g. che ha condotto le indagini, COGNOME riferito soltanto del timore e della ritrosi persona offesa a rivolgersi alle forze dell’ordine.
2.2 Con il secondo motivo, si deduce vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e) in ordi alla mancata derubricazione del fatto nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, conseguente all’asserito travisamento del fatto storico. In particolare, la difesa, riportand punto un passaggio dell’atto di appello, evidenzia, in relazione all’episodio occorso il 5 gen
2020, che l’imputato venne “convocato” da NOME COGNOMECOGNOME COGNOME noto per la caratura criminale, presso il bar della persona offesa. Invece, nella sentenza della Corte di Appello il f qualificato come decisivo, veniva travisato (p. 14 ricorso), laddove si dice che l’imputato s presentato presso il bar insieme a NOME, come se i due si fossero organizzati per recarvis insieme al fine di minacciare COGNOME, mentre, in realtà, l’imputato aveva trovato sul post NOME NOME, nel timore che questi si intromettesse nel suo credito, aveva perso il controll minacciato COGNOME con la pistola scacciacani, inseguendolo tra i tavoli. L’evidenzi travisamento del fatto, osserva la difesa, ha avuto ricadute sulla negata riqualificazione del r in esercizio arbitrario delle proprie ragioni, quantomeno putativo. Rileva in proposito la di che, lo stesso giorno, l’imputato ebbe a chiamare il COGNOME per scusarsi del suo comportamento e fare il punto sulla situazione debitoria e che avvenne un incontro nel corso del quale venn concordato un piano di rientro del solo capitale, una sorta di novazione del debito, con la garanz della compagna di COGNOME, NOME COGNOMECOGNOME Puntualizza la difesa che, se non avesse travisato l’episodio del 5 gennaio 2020, la Corte territoriale COGNOME dovuto collocare le richi dell’imputato di restituzione del denaro in un momento successivo alle condotte minacciose.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, oltre che puramente reiterativo di questioni ed aspetti già devoluti e risolt Corte di appello, è infondato e pertanto deve essere rigettato.
Con i due motivi di ricorso, la difesa, pur evocando cumulativamente vizi della motivazione contraddittorietà, manifesta illogicità e travisamento – ha di fatto sollecitato una rilettu prove acquisite nel giudizio (e in particolare del contenuto delle dichiarazioni rese dalla pers offesa e degli altri testi, COGNOME e COGNOME NOME), in contrasto con il diritto vivente. Pur formalmente – ma anche genericamente – denunciato il vizio della motivazione, la difesa ha lamentato una valutazione asseritamente sbagliata del materiale probatorio. Tuttavia, è preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un div giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 5, n. 26455 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Sez.3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01). Va anche precisato che, per di più, nel caso di specie il ricorrente è stato condannato per il reato di estorsione in entrambi i g di merito con motivazione conforme.
4.
È quindi opportuno ricordare che la doppia conformità della decisione di condanna dell’imputato ha decisivo rilievo con riguardo ai limiti della deducibilità in cassazione del vizio di travis
della prova. E’ pacifico, infatti, nella giurisprudenza di legittimità, che tale vizio può dedotto con il ricorso per cassazione nel caso di cosiddetta doppia conforme sia nell’ipotesi in c il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, a richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (cosa non verificatasi nella specie), quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. del 12/12/2013, COGNOME; Sez.4, n. 44765 del 22/10/2013, COGNOME).
3. Quanto al primo motivo di ricorso, avente ad oggetto la valutazione delle dichiarazioni del persona offesa, previa verifica della sua attendibilità, a fronte della costituzione di parte della stessa, va osservato che la sentenza impugnata contiene puntuale motivazione sulle ragioni per le quali il resoconto della vittima del reato debba ritenersi attendibile, essendo corrobo dalle dichiarazioni di altri testimoni (la teste COGNOME COGNOME il maresciallo COGNOME), oltre ch parziale confessione dello stesso imputato. La Corte di appello, così come il Tribunale, hanno concordemente ritenuto attendibile il racconto, attraverso un giudizio di merito immune da viz logici rilevabili in questa sede. Le censure difensive pretenderebbero una totale reinterpretazio delle emergenze probatorie, nel proporre una rilettura del rapporto tra la vittima e l’imput che attiene al giudizio di merito e che non è effettuabile in questa sede. La Corte territoriale fatto buon governo del principio incontroverso nella giurisprudenza di legittimità secondo cui valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto c ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddiz (sez. II, 23/11/2021, n.46753); cosa che non ricorre nel caso di specie, in cui la Corte territo (p. 9) in merito alla narrazione del COGNOME, oltre al numero e alla dinamica degli episodi minat ricostruiti, valorizza sia la “paura che gli incuteva COGNOME“, confermata dalle dichiarazioni della compagna COGNOME e del M.NOME, sia “il potente effetto intimidatorio su persona offesa” dei reiterati episodi di minaccia agiti dall’imputato, con “effetto costritt confronti della persona offesa che si risolveva prima a sottoscrivere un riconoscimento di debit e poi a consegnare all’odierno imputato la propria autovettura” (p. 9); né in senso contrari precisa la sentenza impugnata, può valere l’affermazione apodittica del ricorrente secondo la quale “minacce e intimidazioni altro non sarebbero che una mera manifestazione della frustrazione che il COGNOME provava per gli inadempimenti del COGNOME e pur avendo caratteri eclatanti non avevano alcuna portata minatoria” (p. 9). Il ricorrente, per di più, contes valutazione del racconto della vittima senza allegare al ricorso elementi a sostegno di u eventuale intento calunnioso riferibile alla stessa, mediante deduzioni che appaiono pertanto intrinsecamente generiche. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4. va rigettato anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla riqualificazione del contestato in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
4.1. Le Sezioni Unite (sent. n. 29541 del 16/7/2020, Rv. 28007) hanno chiarito che il reato esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e quello estorsione si differenziano tra loro in relazione all’elemento psicologico, in quanto nel pr l’agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione non meramente astratta ed arbitraria, ma ragionevole, anche se infondata, di esercitare un suo diritto, ovvero di soddisf personalmente una pretesa che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria; nel secondo,
invece, l’agente persegue il conseguimento di un profitto nella consapevolezza della sua ingiustizia (Sez. 2, n. 24478 del 08/05/2017, Rv. 269967).
4.2. Orbene, nel caso di specie la Corte di appello di Brescia ha dato corretta risposta a deduzioni difensive sul punto, giungendo ad escludere, con motivazione logica e non apparente, la qualificazione dei fatti come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, stante la causa del rapporto da cui era scaturita la pretesa creditoria dell’imputato, correlata al finanziamen un giro di fatturazioni per operazioni inesistenti (pp. 11 e 12). Né vale in contrario il novativo” intervenuto tra le parti subito dopo l’episodio del 5 gennaio 2020, “scaturen direttamente dal clima intimidatorio posto in essere dal COGNOME, inserendosi nella dinamic estorsiva da questo perpetrata” ed avendo “le sue radici nel medesimo finanziamento da parte del COGNOME dell’attività di fittizia fatturazione svolta dal COGNOME” (p. 11 sentenza). Vien correttamente valorizzata dalla Corte territoriale l’assorbente considerazione che l’imputato NOME, si ribadisce, non agì per una pretesa lecita, bensì per soddisfare il credito finanziamento di un’attività di false fatturazioni maturato nei confronti di COGNOME (pp. 11
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
Non si procede alla liquidazione delle spese e degli onorari relativi al presente grado di giud a favore della parte civile NOME COGNOME, assistito dall’AVV_NOTAIO che ha deposita conclusioni in via telematica e non è comparso all’odierna udienza, dovendo trovare applicazione il principio affermato da questa Corte a Sezioni Unite secondo cui nel giudizio di cassazione co trattazione orale non va disposta la condanna dell’imputato al rimborso delle spese processuali in favore della parte civile che non sia intervenuta nella discussione in pubblica udienza, ma sia limitata, come nel caso in esame, a formulare la richiesta di condanna mediante il deposit di una memoria in cancelleria con l’allegazione di nota spese (SU, n. 27727 del 14/12/2023dei:). 2024, COGNOME, Rv. 286585-03).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso in Roma, il 18/09/2025.