Diffamazione via email: I limiti del ricorso in Cassazione
Il reato di diffamazione via email è una fattispecie sempre più comune nell’era digitale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per analizzare i requisiti di ammissibilità di un ricorso avverso una condanna per tale delitto, chiarendo la differenza tra una legittima critica alla sentenza e un inammissibile tentativo di rivalutare i fatti.
Il caso in esame riguarda una persona condannata in primo e secondo grado per aver inviato un’email dal contenuto diffamatorio. La Corte Suprema ha dichiarato il suo ricorso inammissibile, confermando la condanna e aggiungendo il pagamento di una somma alla Cassa delle ammende.
I Fatti del Caso e la Decisione d’Appello
L’imputata era stata ritenuta responsabile del reato di diffamazione aggravata. La Corte d’Appello, pur confermando la sua colpevolezza, aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado riducendo l’importo del risarcimento del danno liquidato alla parte civile. Non soddisfatta della decisione, l’imputata ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali.
I Motivi del Ricorso per Cassazione
Il ricorso si articolava su tre distinte censure:
1. Errata identificazione dell’autore: L’imputata contestava di essere l’autrice del messaggio diffamatorio, proponendo una ricostruzione alternativa dei fatti e una diversa valutazione delle prove.
2. Insussistenza del reato: Si sosteneva la mancanza degli elementi costitutivi del delitto, in particolare la comunicazione a più persone e l’elemento soggettivo (il dolo).
3. Applicabilità del diritto di critica: In subordine, si invocava l’esimente del diritto di critica, previsto dall’art. 598 c.p., che può giustificare espressioni offensive in determinati contesti.
L’analisi della Cassazione sulla diffamazione via email
La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi, qualificandoli come manifestamente infondati e generici. Gli Ermellini hanno sottolineato un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Questo significa che la Corte non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione delle prove a quella, logicamente motivata, dei giudici dei gradi precedenti.
Nello specifico, la Corte ha osservato che:
* Il primo motivo si limitava a proporre una lettura alternativa delle prove, senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata e senza denunciare un ‘travisamento della prova’, ossia l’unico vizio che avrebbe consentito alla Corte di ‘rivedere’ il fatto.
* Il secondo motivo era generico. La Corte d’Appello aveva già spiegato in modo congruo e logico che l’invio dell’email a un indirizzo accessibile da più addetti di un ufficio integrava il requisito della comunicazione a più persone, e che l’invio era avvenuto con coscienza e volontà.
* Il terzo motivo sul diritto di critica era assertivo e non pertinente, poiché i giudici di merito avevano accertato che il messaggio attribuiva alla persona offesa fatti non veri, facendo così venire meno uno dei presupposti essenziali per l’applicazione di tale esimente.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso perché i motivi proposti non erano vizi di legge, ma tentativi di ottenere una nuova valutazione del compendio probatorio, attività preclusa in sede di legittimità. Quando un ricorso si limita a contrapporre la propria versione dei fatti a quella accertata in sentenza, senza individuare specifiche violazioni di legge o vizi logici manifesti nella motivazione, esso è destinato all’inammissibilità.
La Corte ha inoltre evidenziato che la denuncia di un travisamento della prova richiede un’argomentazione specifica, che dimostri come il giudice abbia ignorato o interpretato in modo palesemente errato una prova decisiva. Nel caso di specie, tale onere non è stato assolto.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio. Per contestare una condanna per diffamazione via email, o per qualsiasi altro reato, è necessario formulare censure che attengano alla violazione di norme di legge o a difetti di motivazione evidenti e decisivi. Proporre una semplice rilettura dei fatti non solo è inutile, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie, a causa della ‘colpa’ nel proporre un’impugnazione palesemente inammissibile.
Quando un ricorso per Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando non contesta violazioni di legge o vizi logici della motivazione, ma si limita a proporre una diversa valutazione dei fatti e delle prove, cercando di ottenere un nuovo giudizio di merito, che è precluso in sede di legittimità.
Inviare un’email a un indirizzo di lavoro generico può configurare il reato di diffamazione?
Sì. Secondo la sentenza, inviare un messaggio di posta elettronica con contenuto offensivo a un indirizzo accessibile a tutti gli addetti di un ufficio integra il requisito della comunicazione a più persone, necessario per configurare il reato di diffamazione.
Il diritto di critica può giustificare l’attribuzione di fatti falsi a una persona?
No. La Corte ha confermato che il diritto di critica non può essere invocato quando il messaggio offensivo attribuisce alla persona offesa fatti che non rispondono al vero. La veridicità del fatto storico è un presupposto fondamentale per l’applicazione di tale esimente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33222 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33222 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MANTOVA il 25/06/1971
avverso la sentenza del 19/11/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto la quantificazione d danno liquidazio alla parte civile, confermandone la responsabilità per il delitto aggravato diffamazione;
considerato che:
– il primo motivo di ricorso – che denuncia la violazione della legge penale e il vizio motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità dell’imputata, segnatamente con riguardo alla sua certa identificazione come autrice del messaggio diffamatorio- lungi da muovere compiute censure di legittimità, ha perorato un’alternativa ricostruzione dell’occorso e una diversa valutazione del compendio probatorio, indicando elementi di fatto ed offrendone la lettura ritenuta preferibile, senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata (che ha indicato in maniera congrua e logica i convergenti elementi di prova sulla scorta dei quali h attribuito il fatto all’imputata: cfr. spec. p. 8) e senza neppure addurre il travisamento prova (che non può essere denunciato mediante il mero compendio di talune delle risultanze acquisite: cfr. Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268360 – 01; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01), affidandosi pure ad assunti ipotetici;
– il secondo motivo – che assume la violazione della legge penale e il vizio di motivazione e la violazione di legge in ordine alla sussistenza del delitto e, in particolare, della comunicaz a più persone e dell’elemento soggettivo – è manifestamente infondato, generico e versato in fatto in quanto finisce col sollecitare un diverso apprezzamento del compendio probatorio inidoneo a muovere una critica di legittimità alla decisione impugnata, che ha disatteso gravame evidenziando come il messaggio di posta elettronica sia stato inviato con coscienza e volontà a un indirizzo di posta elettronica accessibile a tutti gli addetti all’ufficio dest (senza alcuna indicazione di riservatezza del messaggio, tanto che è stata ricevuta da due persone), ossia per il tramite di un’argomentazione congrua, logica e conforme al diritto (Sez 5, n. 26560 del 29/04/2014, Cadoria, Rv. 260229 – 01) che non può dirsi ritualmente censurata dall’impugnazione che non ha neppure addotto il travisamento della prova;
– il terzo motivo – che assume la violazione della legge penale e il vizio di motivazione in relazione all’esimente del diritto di critica, richiamando per vero i princìpi giurisprude posti con riguardo all’art. 598 cod. pen. – si affida a enunciati assertivi non cor effettivamente al caso in esame, senza confrontarsi con la motivazione del provvedimento impugnato che ha disatteso il gravame evidenziando il difetto dei presupposti del diritto di crit poiché il messaggio in discorso attribuiva alla persona offesa fatti non rispondenti al vero (Se 5, n. 26560/2014, cit.), e senza neppure chiarire in che termini nella presente fattispecie (com ricostruita da parte dei Giudici di merito) dovrebbero ravvisarsi i presupposti di cui all’ar cod. pen. né denunciare al riguardo un travisamento della prova (solo enunciato e non argomentato);
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegu ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazion (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, R 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 09/05/2025.