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Diffamazione online: quando la critica supera il limite

La Corte di Cassazione conferma la condanna per diffamazione online a carico di un utente per un post offensivo. La sentenza stabilisce che il diritto di critica non giustifica attacchi personali e gratuiti, delineando i criteri per distinguere la critica legittima dalla lesione della reputazione altrui.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diffamazione online: La Cassazione definisce i confini del diritto di critica

Nell’era digitale, la linea di demarcazione tra libertà di espressione e offesa alla reputazione è sempre più sottile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione interviene sul tema della diffamazione online, fornendo criteri chiari per distinguere il legittimo esercizio del diritto di critica da un illecito attacco personale. La pronuncia si rivela fondamentale per comprendere le responsabilità derivanti da ciò che pubblichiamo su social network, forum e blog.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un post pubblicato su un noto social network. Un utente, insoddisfatto della prestazione ricevuta da un professionista, decideva di condividere la propria esperienza online. Tuttavia, il messaggio non si limitava a una descrizione dei fatti, ma utilizzava espressioni denigratorie e offensive, volte a screditare la reputazione e la competenza del professionista. Quest’ultimo, ritenendosi leso nel proprio onore e decoro, sporgeva querela.
Nei primi due gradi di giudizio, l’autore del post veniva condannato per il reato di diffamazione aggravata, ai sensi dell’art. 595, comma 3, del codice penale, proprio in virtù dell’ampia diffusione garantita dal mezzo telematico. L’imputato decideva quindi di ricorrere in Cassazione, sostenendo di aver semplicemente esercitato il proprio diritto di critica, tutelato dall’articolo 21 della Costituzione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla diffamazione online

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna per diffamazione online. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia, adattandoli al contesto specifico della comunicazione digitale. La Corte ha sottolineato che il diritto di critica, per quanto ampio, non è illimitato e incontra una barriera invalicabile nella dignità e nella reputazione della persona.

Le Motivazioni della Sentenza

Nelle motivazioni, la Corte ha meticolosamente distinto il diritto di critica dalla contumelia. Mentre la critica si appunta su specifici comportamenti o risultati, esprimendo un dissenso motivato, l’offesa gratuita si traduce in un attacco diretto alla persona, finalizzato unicamente a lederne la reputazione. Per essere legittima, la critica deve rispettare tre requisiti fondamentali:

1. Verità del fatto: La critica deve partire da un fatto storico vero o, quantomeno, da una rappresentazione verosimile della realtà.
2. Interesse pubblico: Deve esistere un interesse pubblico o sociale alla conoscenza di quel fatto e della relativa opinione.
3. Continenza espressiva: Il linguaggio utilizzato deve essere proporzionato e non deve trascendere in espressioni inutilmente offensive, volgari o umilianti.

Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che l’imputato avesse superato il limite della continenza espressiva. Le parole usate non erano funzionali a esprimere un dissenso, ma si configuravano come un attacco personale e gratuito, non giustificato dalla necessità di informare o di esprimere un’opinione. La vastità del pubblico raggiungibile tramite i social network ha, inoltre, aggravato la condotta, amplificando il danno reputazionale.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa sentenza consolida un principio di fondamentale importanza: la libertà di parola non è una licenza di offendere. Chiunque utilizzi internet e i social media per esprimere opinioni, specialmente se negative, deve essere consapevole delle proprie responsabilità. È lecito criticare, anche aspramente, un prodotto, un servizio o l’operato di un professionista, ma è necessario farlo basandosi su fatti concreti e utilizzando un linguaggio che, pur severo, non sia gratuitamente denigratorio. La decisione della Cassazione serve da monito: la tastiera non è uno scudo dietro cui celare attacchi personali. La reputazione è un bene giuridicamente tutelato anche, e soprattutto, nell’universo digitale.

Quando un commento negativo online diventa reato di diffamazione?
Un commento diventa diffamazione quando supera i limiti del diritto di critica, trasformandosi in un attacco personale e gratuito alla reputazione di un’altra persona. Ciò accade se il commento non si basa su fatti veri o se utilizza un linguaggio inutilmente offensivo e denigratorio.

Quali sono le condizioni per esercitare legittimamente il diritto di critica?
La sentenza chiarisce che il diritto di critica è legittimo se rispetta tre condizioni: la veridicità del fatto storico da cui la critica muove, l’interesse pubblico alla conoscenza del fatto, e la “continenza espressiva”, ovvero l’uso di un linguaggio misurato e non gratuitamente offensivo.

La diffamazione commessa tramite social network è considerata più grave?
Sì, la diffamazione commessa tramite social network o altri mezzi di pubblicità è considerata una forma aggravata del reato, come previsto dall’art. 595, terzo comma, del codice penale, poiché il mezzo utilizzato è in grado di raggiungere un numero indeterminato di persone, amplificando il danno alla reputazione della vittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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