Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13982 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13982 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a PESCARA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a PESCARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/12/2022 RAGIONE_SOCIALE CORTE MILITARE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni rassegnate, ai sensi dell’art. 23, comma 8′ d.l. 137/2020, dal Procuratore generale militare e dal difensore RAGIONE_SOCIALE parte civile,, che hanno chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi, e dal difensore dei ricorrenti, che ne ha chies l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dell’i dicembre 2022, la Corte militare di appello, in riforma di quella emessa dal Tribunale militare di Roma il 17 febbraio 2022, ha dichiarato NOME COGNOME e NOME COGNOME colpevoli del reato di diffamazione pluriaggravata in concorso e, il solo COGNOME, anche di una distinta ipotesi di diffamazione pluriaggravata e continuata ed ha condannato COGNOME alla pena di sette mesi di reclusione militare e COGNOME a quella di nove mesi di reclusione militare, oltre che, entrambi, al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento dei danni in favore RAGIONE_SOCIALE parte civile NOME COGNOME.
NOME COGNOME e NOME COGNOME – appartenenti alla RAGIONE_SOCIALE con il grado, rispettivamente, di Maresciallo Aiutante e Brigadiere Capo – sono stati tratti a giudizio per avere, tra l’altro, redatto e trasmesso, nel febbraio del 2019, due relazioni di servizio, di tenore identico, contenenti plurime espressioni diffamatorie nei confronti del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, loro superiore gerarchico, nonché, il solo COGNOME, una ulteriore relazione, formata nell’ottobre del 2019, analogamente offensiva RAGIONE_SOCIALE reputazione dell’ufficiale.
In proposito, la Corte militare di appello, muovendosi in linea con quanto dedotto dal pubblico ministero con l’impugnazione avverso la sentenza, assolutoria, pronunciata in esito al giudizio di primo grado, ha, gradatamente, rilevato:
che le prime relazioni sono state portate a conoscenza, oltre che del destinatario, il Comandante Provinciale RAGIONE_SOCIALE, di due altri appartenenti all’unità guidata dal AVV_NOTAIO COGNOME, i quali non avrebbero avuto tiolo per riceverle, ciò che dimostra l’intenzione degli imputati di diffondere nella più ampia misura possibile il contenuto dei documenti, volto a screditare la professionalità e la dignità RAGIONE_SOCIALE persona offesa;
che tale iniziativa è stata adottata dagli imputati pochi giorni che gli stessi erano venuti a conoscenza del fatto che COGNOME aveva informato l’autorità giudiziaria delle condotte illecite da loro commesse (i due, in orario di servizio, di erano intrattenuti presso una sala giochi), che sono loro valse, all’esito di autonomo procedimento penale, la condanna irrevocabile per i reati di abbandono di posto e violata consegna pluriaggravata;
che gli imputati, quindi, hanno inteso, piuttosto che difendersi nel processo, evidenziare, nell’ambiente militare, l’intento ingiustificatamente punitivo sotteso all’avvio del procedimento penale scaturito dalla comunicazione di COGNOME, rivolta sia all’autorità giudiziaria ordinaria ed a quella militare;
che le relazioni de quibus agitur attengono a comportamenti, ascritti alla responsabilità di COGNOME, mai accaduti o rappresentati, comunque, in modo da attribuire all’ufficiale condotte vessatorie eo illecite che egli, in realtà, risulta avere mai tenuto;
che non dissimile giudizio deve essere espresso con riferimento alla più recente relazione di COGNOME, pregna di infondate accuse a carico di COGNOME, rivolte, anche in questo caso, all’indomani RAGIONE_SOCIALE condanna patita dall’autore all’esito di autonomo procedimento penale nel quale il superiore gerarchico aveva reso dichiarazioni relative all’allontanamento, da parte di COGNOME, dal posto di servizio, finalizzato a recarsi presso un’RAGIONE_SOCIALE; episodio, questo, distinto e precedente rispetto a quello che spinse lo stesso COGNOME e COGNOME a confezionare e diffondere le relazioni oggetto di separato addebito;
che la condotta degli imputati non risulta scriminata dal diritto di critica, che postula l’apprezzamento – nel caso di specie impossibile – dell’adozione di una formula espositiva corretta, strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione, che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione RAGIONE_SOCIALE altrui reputazione.
NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono, con unico atto e l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorsi per cassazione affidati a tre motivi, con il primo dei quali lamentano violazione di legge per avere la Corte di appello accolto un’impugnazione che, invece, avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile per difetto di specificità dei motivi.
Rilevano, al riguardo, che, a fronte di argomentazioni puntuali e coerenti, quali quelle sottese alla decisione di primo grado, il pubblico ministero appellante si è limitato sollecitare la rivisitazione, in fatto, RAGIONE_SOCIALE vicenda.
Tanto, con specifico riferimento, tra l’altro, alla sussistenza RAGIONE_SOCIALE scriminante prevista dall’art. 735 d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90, ed all’esercizio del diritto di critica, avvenuto nell’esclusivo ambito RAGIONE_SOCIALE caserma di assegnazione e concernente la conflittualità tra comandante e sottoposti, ovvero accadimenti tutt’altro che inconsueti in siffatti contesti.
Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono, ancora, violazione di legge per avere la Corte di appello omesso di considerare, nella ricostruzione degli episodi di interesse processuale, le dichiarazioni da loro rese in entrambi i gradi di giudizio e, da ultimo, la memoria depositata all’udienza dell’i dicembre 2022.
Con il terzo motivo, eccepiscono, nell’ottica del vizio di motivazione, che la Corte di appello si è illegittimamente determinata in difformità da quanto rilevato dal Tribunale militare in ordine alla continenza ed alla pertinenza delle relazioni di servizio asseritamente diffamatorie, presentate, in ossequio a quanto previsto
dalla normativa di settore, al solo fine di perorare la richiesta di trasferimento ad altro reparto.
Disposta la trattazione scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, il Procuratore generale militare ha chiesto, il 6 novembre 2023, dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi – conclusione condivisa dalla parte civile – mentre i ricorrenti, con atto del 10 novembre 2023, hanno insistito per il loro accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5-3J-13 1. Il ricorso ,è inammissibile perché vertento su censura manifestamente infondata.
La Corte militare di appello, invero, ha debitamente sceverato tutti i profili controversi RAGIONE_SOCIALE vicenda in esame, prendendo le mosse dalle argomentazioni sottese alla decisione di primo grado, che ha sottoposto a profonda ed articolata revisione critica, e pervenendo a conclusioni di segno opposto supportate da un apparato motivatorio che deve essere senz’altro qualificato come «rafforzato» perché, lungi dal risolversi nella mera esposizione di un percorso alternativo rispetto a quello seguito dal Tribunale militare, contiene la compiuta indicazione delle ragioni per cui le prove acquisite assumono una valenza dimostrativa diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado e, dando conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale o processuale, conferisce alla decisione una forza persuasiva superiore, onde devono ritenersi senz’altro soddisfatte le condizioni indicate, al riguardo, dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., tra l altre, Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056 – 01).
Ciò vale con riferimento, innanzitutto alla previsione dell’art. 735, comma 1, d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90, secondo cui «Ogni militare può chiedere, per via gerarchica, di conferire con il Ministro RAGIONE_SOCIALE difesa o con un superiore, precisando il motivo RAGIONE_SOCIALE richiesta per le questioni di servizio, oppure dichiarandone il carattere privato, nel caso di questioni non riguardanti il servizio e la disciplina».
La Corte militare di appello ha, invero, reputato impropria l’evocazione di tale disposto normativo in considerazione dell’invio delle relazioni del 7 febbraio 2019 – via posta elettronica, in allegato a messaggio privo di testo e di oggetto – al Cap. Rocco ed al Lgt. COGNOME i quali, sebbene addetti al protocollo e, in quanto tali, recettori del plico che venne recapitato, in busta chiusa ed accompagnato da una mera richiesta di conferimento, che venne recapitato al
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Comandante Provinciale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, non avevano veste alcuna per essere informati di quanto esposto per iscritto dagli imputati.
Risulta, pertanto, dimostrato, nella valutazione RAGIONE_SOCIALE Corte militare, che COGNOME e COGNOME redassero e distribuirono le relazioni di servizio al precipuo scopo di diffondere notizie obiettivamente ed altamente lesive RAGIONE_SOCIALE reputazione del AVV_NOTAIO COGNOME, la cui falsità gli imputati, in questa sede, si astengono dal contestare.
I motivi di ricorso si palesano, per il resto, tangibilmente generici, in quanto vedenti su emergenze istruttorie – le deposizioni del Colonnello COGNOME e del Luogotenente COGNOME; l’ordinanza di archiviazione emessa nel procedimento penale scaturito dalle relazioni degli imputati; le dichiarazioni da loro rese in giudizio; la memoria depositata all’udienza dell’i dicembre 2022 – che non sono state allegate né trascritte, onde pertinente si palesa, sul punto, il richiamo all’indirizzo ermeneutico secondo cui «In tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, i motivi che deducano il vizio di manifesta illogicità o contraddittorietà RAGIONE_SOCIALE motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contengano la loro integrale trascrizione o allegazione» (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, COGNOME, Rv. 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, COGNOME, Rv. 265053; Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263601).
Non meno inconsistente è la conclusiva invocazione del diritto di critica, che i ricorrenti sostengono – in termini di sostanziale assertività e senza, però, confrontarsi con l’ampia ed esaustiva motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, specificamente nella parte dedicata alla falsità dei gravi addebiti mossi al AVV_NOTAIO COGNOME – affermando che le relazioni indicate nelle imputazioni non hanno determinato alcuna lesione RAGIONE_SOCIALE reputazione RAGIONE_SOCIALE persona offesa.
3. Sulla base delle considerazioni che precedono i ricorsi devono essere, pertanto, dichiarati inammissibili. Alla luce RAGIONE_SOCIALE sentenza 13 giugno 2000, n. 186, RAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale, rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione RAGIONE_SOCIALE causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’ad. 6:L6 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento RAGIONE_SOCIALE somma, in favore RAGIONE_SOCIALE Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
Dall’esito dei ricorsi discende, infine, la condanna dei ricorrenti alla rifusione in favore RAGIONE_SOCIALE parte civile, secondo la liquidazione operata in dispositivo, delle spese di lite relative alla presente fase ed all’azione civile.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento de spese processuali e RAGIONE_SOCIALE somma di euro tremila in favore RAGIONE_SOCIALE Cassa de ammende.
Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentan difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOME COGNOME, spese liquida in complessivi euro 3.900,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 22/11/2023.