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Diffamazione e prescrizione: offese agli avvocati

Un individuo, condannato per diffamazione per aver offeso i propri legali in due lettere, ricorre in Cassazione. La Corte Suprema annulla la condanna penale per intervenuta prescrizione del reato, ma conferma l’obbligo di risarcire il danno alle parti civili. L’analisi sul merito del ricorso, necessaria per le statuizioni civili, ha escluso il diritto di critica a causa delle espressioni offensive e personali utilizzate. La questione chiave è la diffamazione e prescrizione e le sue conseguenze civili.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diffamazione e Prescrizione: Reato Estinto, Risarcimento Dovuto

Può capitare che un reato si estingua per il decorso del tempo, ma le conseguenze per chi lo ha commesso non svaniscano del tutto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione illumina un aspetto cruciale del rapporto tra diffamazione e prescrizione, chiarendo che, anche se la sanzione penale viene annullata, l’obbligo di risarcire il danno alla vittima può rimanere intatto. Analizziamo questo caso per capire come la giustizia civile prosegua il suo corso anche quando quella penale si arresta.

I fatti del caso: lettere offensive e la condanna

La vicenda ha origine da due lettere raccomandate inviate da un cliente ai suoi due precedenti avvocati. In queste missive, inviate per conoscenza anche al Presidente della Corte d’Appello e a un giudice civile, il cliente esprimeva il suo disappunto con toni estremamente offensivi. Accusava le professioniste di ‘gravissime omissioni procedurali’ e le definiva ‘pivelle e mezze calzette di avvocati’, nonché ‘piccole e mediocri di cervello’. L’origine del malcontento risiedeva nel presunto smarrimento di un decreto ingiuntivo da parte delle legali. Per queste affermazioni, l’uomo veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di diffamazione, oltre al risarcimento dei danni in favore delle due avvocatesse costituitesi parte civile.

Il ricorso in Cassazione: tre motivi di doglianza

L’imputato decideva di ricorrere alla Suprema Corte di Cassazione, basando la sua difesa su tre argomenti principali:
1. Esercizio del diritto di critica: Sosteneva che le sue affermazioni rientrassero nel legittimo diritto di critica, giustificato dalla necessità di tutelare i propri diritti. Contestava inoltre la diffusione delle lettere, elemento necessario per configurare il reato.
2. Intervenuta prescrizione: Eccepiva che il reato fosse ormai estinto per il decorso del tempo, essendo maturata la prescrizione nel maggio 2023.
3. Trattamento sanzionatorio e civile: Contestava sia l’entità della pena che la condanna al risarcimento del danno.

Diffamazione e prescrizione: la decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha emesso una decisione che distingue nettamente gli effetti penali da quelli civili.

L’estinzione del reato per prescrizione

I giudici hanno innanzitutto accolto il secondo motivo di ricorso. Dopo un attento calcolo dei termini, tenendo conto anche dei periodi di sospensione (dovuti all’emergenza sanitaria e a richieste di rinvio), la Corte ha stabilito che il reato di diffamazione si era effettivamente estinto per prescrizione nell’ottobre 2023, ovvero dopo la sentenza d’appello ma prima della loro decisione. Di conseguenza, ha annullato la sentenza impugnata agli effetti penali, dichiarando il reato estinto.

La conferma delle statuizioni civili

Qui risiede il punto cruciale della sentenza. In base all’art. 578 del codice di procedura penale, quando il reato è estinto per prescrizione, il giudice d’appello o di cassazione è tenuto a decidere ugualmente sull’impugnazione ai soli fini delle disposizioni civili. Ciò significa che, per stabilire se la condanna al risarcimento del danno debba essere confermata o meno, la Corte deve valutare nel merito la fondatezza dei motivi di ricorso, come se il reato non fosse prescritto. In questo caso, la Cassazione ha ritenuto infondati gli altri motivi di ricorso, confermando l’obbligo dell’imputato di risarcire le avvocatesse.

Le motivazioni

La Corte ha smontato la tesi difensiva basata sul diritto di critica. Sebbene la critica sia lecita, anche con toni aspri, essa deve rispettare tre limiti invalicabili: la verità del fatto, l’interesse pubblico alla conoscenza e la continenza, ovvero la correttezza formale e sostanziale dell’esposizione. Nel caso di specie, secondo i giudici, il limite della continenza era stato ampiamente superato. Espressioni come ‘mezze calzette’ e ‘mediocri dal piccolo cervello’ non costituiscono una critica all’operato professionale, ma un attacco personale e denigratorio alla dignità delle persone. Inoltre, la Corte ha confermato la sussistenza della diffusività, poiché era stato provato che almeno una delle lettere era stata depositata presso la cancelleria di un giudice, raggiungendo così un numero di persone sufficiente a ledere la reputazione delle destinatarie.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: l’estinzione del reato per prescrizione non cancella l’illecito civile. La diffamazione e prescrizione sono due concetti che viaggiano su binari paralleli: la prima attiene alla rilevanza penale della condotta, la seconda al suo impatto sui diritti della persona offesa. Chi subisce una diffamazione ha diritto al risarcimento del danno alla propria reputazione, e questo diritto non viene meno solo perché il procedimento penale si è concluso per il decorso del tempo. La decisione serve da monito: la libertà di espressione, anche nella forma della critica, non è illimitata e non può mai tradursi in un attacco gratuito alla dignità personale altrui, con conseguenze risarcitorie che sopravvivono anche all’estinzione del reato.

Se il reato di diffamazione si estingue per prescrizione, devo comunque risarcire il danno?
Sì. Come chiarito dalla sentenza, anche se il reato è dichiarato estinto per prescrizione agli effetti penali, il giudice dell’impugnazione deve comunque valutare la fondatezza del ricorso per decidere sulle statuizioni civili. Se il ricorso viene rigettato nel merito, la condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile viene confermata.

Quali sono i limiti del diritto di critica per non incorrere in diffamazione?
Il diritto di critica non giustifica il reato di diffamazione se non rispetta tre requisiti: la corrispondenza tra la narrazione e i fatti realmente accaduti (verità), l’esistenza di un concreto interesse pubblico alla conoscenza dei fatti, e la continenza, cioè l’uso di un linguaggio formale e sostanziale corretto, che non trascenda in attacchi personali e denigratori.

Perché le lettere inviate ‘per conoscenza’ a terzi possono integrare il reato di diffamazione?
Perché il reato di diffamazione si configura quando si comunica con almeno due persone. L’invio di una lettera con contenuto offensivo a un destinatario e, ‘per conoscenza’, ad altre persone (in questo caso, autorità giudiziarie) soddisfa il requisito della comunicazione con più persone (diffusività), rendendo la condotta penalmente rilevante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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