Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20730 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20730 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a LECCE il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 14/07/2023 del TRIBUNALE di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione.
Udite le conclusioni del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, nell’interesse del ricorrente che, nel riportarsi ai motivi di ricorso, ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 14 luglio 2023 il Tribunale di Lecce ha confermato la pronunzia del Giudice di Pace cittadino del 4 maggio 2022 con la quale COGNOME NOME era stato condanNOME alla pena di giustizia, oltre statuizioni civili, in relazione al reato di cui all’art.595 cod. pen. per la seguente condotta diffamatoria:
per avere, attraverso due lettere raccomandate indirizzate per conoscenza al Presidente della Corte di appello di Lecce e al giudice civile del Tribunale, titolare della procedura esecutiva, offeso la reputazione delle avvocatesse NOME
NOME e NOME COGNOME scrivendo nella prima missiva “responsabilità gravissime in merito ad omissioni procedurali e processuali” e nella seconda missiva ” delle pivelle e mezze calzette di avvocati(..) di essere veramente piccole e mediocri di cervello(..) inventato lo smarrimento di un decreto ingiuntivo.”
2.Avverso la decisione del Tribunale ha proposto ricorso COGNOME attraverso il difensore di fiducia, deducendo i motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma primo, disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Con il primo motivo, articolato in due censure, è stata dedotta violazione di legge, quanto alla sussistenza della fattispecie di cui all’art.595 cod. pen., nonché vizio di motivazione tradottosi in travisamento della prova.
2.1.1. Con la prima delle due censure in cui risulta articolato il motivo la difesa lamenta il mancato riconoscimento della causa di giustificazione di cui all’art. 51 cod. pen.: le due missive ritenute diffamatorie sono state spedite in ragione di una legittima richiesta dell’imputato di consegna degli atti processuali e di un decreto ingiuntivo rivolta al proprio difensore a seguito della rinuncia al mandato da parte di quest’ultimo, attesa la necessità di nominare un nuovo legale per il giudizio di impugnazione, richiesta mai evasa e giustificata con il falso smarrimento del decreto ingiuntivo.
Si è trattato del legittimo esercizio del diritto di critica, sia pure con toni aspr e taglienti, fondato su di un nucleo di verità: il ricorrente si doleva di una situazione ritenuta lesiva dei suoi diritti, nella sua qualità di liquidatore della società che avrebbe ricevuto un notevole danno dallo smarrimento del decreto ingiuntivo; è da escludere che la sua invettiva fosse volta ad aggredire personalmente le destinatarie; né le missive richiamate- della cui attribuibilità al ricorrente peraltro non vi è prova certa – travalicano il requisito della continenza.
2.1.2. La seconda delle censure contenuta nel primo motivo attiene alla mancata prova della diffusività delle due lettere raccomandate, non essendo stato dimostrato che le stesse siano state effettivamente ricevute da parte delle autorità giudiziarie cui le missive erano dirette per conoscenza.
2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge quanto alla estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
A fronte di specifica eccezione, la sentenza impugnata non ha esattamente indicato i termini prescrizionali. Richiamando in modo generico eventuali sospensioni, il Tribunale non ha dichiarato estinto per intervenuta prescrizione il reato contestato laddove la prescrizione era già maturata nel maggio 2023.
2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge quanto al trattamento sanzioNOMErio e alle statuizioni civili.
Lamenta la difesa del ricorrente la mancata valutazione, ai fini della quantificazione della pena, dello stato di particolare agitazione in cui versava l’imputato a seguito del possibile smarrimento della documentazione richiesta al legale.
Così come risulta mancante la prova di danni risarcibili alle parti civili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, ma agli effetti penali deve essere rilevata l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
1.1. Il termine massimo di prescrizione della fattispecie in contestazione ai sensi dell’art.161 cod. pen. è pari ad anni sette e mesi sei a decorrere dal tempus commissi delicti, collocato, come risulta dal capo di imputazione, in data 23 novembre 2015.
Calcolando detto termine dalla data suddetta e aggiurgendo le seguenti cause di sospensione della prescrizione ai sensi dell’art.159 cod. pen., rilevabili dalla lettura degli atti processuali:
gg.40 (dal 10 aprile 2020 all’il maggio 2020 in ragione della disciplina cd. emergenziale);
gg.111 (dal 17 dicembre 2020 al 7 aprile 2021 su richiesta di parte)
il reato risulta estinto in data 21 ottobre 2023, suc:cessivamente alla pronunzia della sentenza impugnata, intervenuta in data 14 luglio 2023.
Attesa la sussistenza nella sentenza impugnata di statuizioni civili, occorre quindi ricordare come, nel giudizio di impugnazione, in presenza di una condanna al risarcimento dei danni o alle restituzioni pronunciata dal primo giudice o dalla Corte d’appello, in seguito a costituzione di parte civile nel processo, è preciso obbligo del giudice, anche di legittimità, secondo il disposto dell’art. 578 cod. proc. pen., esaminare il fondamento dell’azione civile e verificare, senza alcun limite, l’esistenza di tutti gli elementi della fattispecie penale al fine di confermare o meno la condanna alle restituzioni ed al risarcimento pronunciate nei precedenti gradi (ex multis Sez. 5, Sentenza n. 10952 del 09/11/2012, (2013), Rv. 255331), con l’obbligo dunque di valutare la fondatezza dei motivi di ricorso proposti.
Al riguardo i motivi di ricorso proposti risultano nel loro complesso infondati.
3.1. Il primo motivo risulta infondato.
3.1.1. Quanto alla sussistenza della causa di giustificazione di cui all’art.51 cod. pen., la sentenza impugnata con motivazione esaustiva, non contraddittoria o manifestamente illogica (p.9 e ss.) ha escluso che le espressioni utilizzate dall’imputato possano ricondursi al legittimo esercizio del diritto di critica.
Richiamando i presupposti in base ai quali il diritto di critica può essere invocato quale scriminante, il Tribunale in funzione di giudice di appello, ha ritenuto sussistente unicamente l’interesse al racconto (inteso quale interesse della categoria di soggetti ai quali si indirizza la comunicazione), escludendo gli ulteriori requisiti:
della corrispondenza tra la narrazione e i fatti concretamente accaduti (non vi è prova che le due avvocatesse abbiano volutamente occultato un provvedimento giudiziario favorevole all’imputato al solo scopo di danneggiarlo);
della continenza intesa come correttezza formale e sostanziale dell’esposizione dei fatti (le professioniste sono state indicate come “mezze calzette”, “mediocri dal piccolo cervello”);
della esistenza di un concreto interesse alla pubblica divulgazione.
3.1.2. GLYPH La seconda censura relativa alla mancata prova della diffusività delle missive risulta infondata.
Sul punto la sentenza impugnata (p.10 e ss.) ha evidenziato che è stata prodotta in giudizio:
la copia della prima delle due missive riportante il timbro della cancelleria del giudice civile, attestante l’intervenuto deposito in data 24 novembre 2015;
il provvedimento con il quale il giudice civile ha trasmesso alla Procura della Repubblica le note depositate nel corso del processo dall’imputato per le valutazioni di competenza.
Da siffatta documentazione, il Tribunale, con motivazione non manifestamente illogica, né contraddittoria, ha dedotto che le missive abbiano raggiunto il numero di persone necessario ad integrare il requisito della diffusività, utilizzando un’ulteriore argomentazione di carattere logico: le missive sono state inserite nel fascicolo processuale. La seconda delle missive era quella che aveva maggiore attinenza alla procedura esecutiva ed era espressamente indirizzata al giudice civile, sicché è inverosimile che sia stata depositata soltanto la prima per la quale vi è la prova del timbro di deposito e non la seconda che era a lei indirizzata.
3.11 terzo motivo relativo al trattamento sanzioNOMErio è implicitamente assorbito dalla intervenuta pronunzia di estinzione del reato per intervenuta prescrizione agli effetti penali.
Quanto alla censura sull’esistenza del danno, formulata in maniera generica, va evidenziato che la sentenza impugnata ha richiamato sul punto le risultanze della istruttoria e il danno alla reputazione che è derivato alle persone offese dalle gravi accuse mosse nei loro confronti.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perché il reato è estinto per prescrizione.
Rigetta il ricorso agli effetti civili.
Così deciso in Roma, in data 28 marzo 2024
Il Consigliere estensore