Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22335 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22335 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 01/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a null (RUSSIA) il 11/03/1953
avverso la sentenza del 25/09/2024 del TRIBUNALE DI ROMA Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore, avv. NOME COGNOME il quale ha insistito nell’accoglimento del ricorso
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 25 settembre 2024, il Tribunale di Roma ha confermato la decisione del Giudice di pace di Roma che aveva ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di diffamazione ai danni di NOME COGNOME e NOME COGNOME condannandola alla pena di giustizia e al risarcimento del dann nei confronti delle parti civili.
COGNOME è accusata di aver offeso la reputazione di COGNOME e COGNOME, soci della società “RAGIONE_SOCIALE“, i quali le avevano sublocato u immobile sito in Roma, per aver inviato al sig. COGNOME amministratore de condominio ove era situato detto immobile, una raccomandata con cui li accusava di aver convertito gli affitti brevi in affitti ad uso civile senza registrare il e pretendendo di ricevere il canone “in nero”.
Avverso tale sentenza l’imputata ha proposto ricorso per cassazione, mezzo del difensore di fiducia, articolando tre motivi di censura.
2.1. Il primo motivo deduce vizio di violazione di legge per tardività de presentazione della querela. Pacificamente dagli atti emergerebbe che la data commissione del reato è il 10 settembre 2021, sicché la querela, essendo sta proposta il 17 dicembre 2021, sarebbe tardiva perché successiva al termine previsto dall’art. 124 cod. pen. Secondo la ricorrente poiché il difetto condizione di procedibilità sarebbe desumibile senza necessità di indagin specifica, esso potrebbe essere rilevato per la prima volta nel giudizi cassazione.
2.2. Il secondo motivo deduce vizio di violazione di legge e vizio motivazione in relazione alla sussistenza del requisito della comunicazione a p persone. Il Tribunale avrebbe desunto l’avvenuta divulgazione del contenuto diffamatorio della missiva sulla base di una mera presunzione, non essendovi l prova di tale circostanza, la quale, in modo illogico, sarebbe stata desunta dal che lo scritto era indirizzato in forma impersonale alla società “RAGIONE_SOCIALE” pre la sede legale. Inoltre, difetterebbe la prova che la Stepanova fosse consapev che l’amministratore della società avrebbe inoltrato la missiva alla propr dell’immobile. In realtà, la raccomandata contente le frasi asseritame diffamatorie era indirizzata non genericamente a detta società, ma all’attenzio dell’amministratore, sig. COGNOME Del pari illogica sarebbe la motivazione nel parte in cui pretenderebbe di dedurre il carattere diffamatorio della affermazio secondo cui le partì civili pretendevano il corrispettivo della locazione “in n dalla sentenza emessa nel procedimento civile di sfratto dell’imputata p occupazione senza titolo; tale sentenza, piuttosto, confermerebbe quant sostenuto dalla ricorrente in ordine alla circostanza che nessun contratt locazione era mai stato sottoscritto. In modo del tutto illogico, inoltre, la se di primo grado, confermata dalla decisione d’appello, aveva rinvenuto la lesion della reputazione delle persone offese nella paura in costoro ingenerata ripercussioni del Fisco, atteso che un tale timore attesterebbe una non corre gestione contabile e dunque una reputazione e una onorabilità non integre.
2.3. Il terzo motivo deduce vizio di violazione della legge processuale e viz di motivazione, in quanto la sentenza impugnata avrebbe omesso di motivare in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati.
Il primo motivo, concernente la tardività della querela, è infondato.
Il Collegio ritiene di dare seguito all’orientamento prevalente de giurisprudenza di legittimità, secondo cui la questione attinente alla procedib dell’azione penale è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procediment quindi, può essere dedotta per la prima volta davanti alla Corte di cassazio purché, nel caso in cui si affermi la tardività della querela, il dies a quo non debba essere determinato con un giudizio di fatto, che è precluso al giudice di legitti (Sez. 5, n. 23689 del 06/05/2021, COGNOME, Rv. 281318 – 01; conf.: Sez. 7, 36236 del 2024, non massimata; Sez. 7, n. 34849 del 2024, n.m.; Sez. 7, n 18636 del 2024; Sez. 3, n. 24146 del 14/03/2019, M., Rv. 275981 – 01).
Nella specie, dalla lettura del verbale di ricezione della querela, redatto Carabinieri di Roma, risulta che essa è stata presentata dalle persone offes data 17 dicembre 2021. Dal contenuto della querela (allegata al ricorso) emerg altresì che la raccomandata incriminata è stata inviata in data 10 settembre 20 e tale data è stata indicata nel capo di imputazione come quella di commission del reato. Tuttavia, non risulta in alcun modo, non essendo stato documentato quando la raccomandata inviata dall’imputata sia stata ricevuta dal destinatari quando le persone offese ne siano venute a conoscenza; pertanto, poiché i termine previsto dall’art. 124 cod. pen. decorre dal giorno della notizia del costituente reato, non è possibile stabilire se al momento di presentazione de querela da parte delle persone offese esso fosse decorso.
Il secondo e il terzo motivo, in quanto tra loro connessi, possono esse trattati congiuntamente. Essi sono fondati nei limiti e nei termini di seg precisati.
3.1. Deve innanzitutto ritenersi infondato il profilo di censura con cu contesta che sia stato integrato nella specie il requisito della pluralità dei s destinatari della comunicazione inviata dall’imputata.
Come correttamente affermato dal Tribunale, benché tale missiva fosse diretta all’attenzione dell’amministratore nominativamente indicato, essa e indirizzata alla società “RAGIONE_SOCIALE” presso la sede legale della stessa, recava alcuna specificazione in ordine al suo carattere personale o riserva Pertanto, anche se materialmente inoltrata in busta chiusa, è da ritenersi, comunicazione diretta a più persone. Invero, in quanto indirizzata alla soci senza la dicitura “riservata-personale”, essa non era idonea ad assicurare riservatezza del contenuto, essendo destinata ad essere conosciuta, quanto meno anche dagli addetti all’apertura e smistamento della corrispondenza (Sez. 5, 30727 del 08/03/2019, COGNOME, Rv. 276525 – 01; Sez. 5, n. 26560 del 29/04/2014, Cadoria, Rv. 260229 – 01; Sez. 5, 23222 del 06/04/2011, COGNOME, Rv. 250458 – 01).
3.2. Deve invece escludersi che le espressioni utilizzate dalla ricorre abbiano contenuto diffamatorio. Invero, esse, pur dando una connotazione negativa dei destinatari, sono prive di valenza offensiva o denigratoria della reputazione. Secondo l’insegnamento di questa Corte, al fine di valutare carattere diffamatorio, occorre calare il comportamento asseritamente offensivo nel contesto ambientale e temporale in cui il medesimo è stato tenuto al fine far emergere i modi e le ragioni della esternazione (Sez. 5, n. 37397 24/06/2016, C., Rv. 267866 – 01).
L’applicazione di tali criteri di valutazione al caso in esame conduce a rilev che le espressioni contenute nella missiva inviata all’amministratore di condomini si inserivano in un contesto di elevata conflittualità tra le parti, consegu problematiche connesse alla sublocazione di un appartamento da parte delle persone offese alla Stepanova e che questa lamentava essere “in nero”, non essendo stato il contratto registrato e pretendendo i sublocatori il pagamento corrispettivo in contanti; corrispettivo il cui mancato versamento da pa dell’imputata aveva ingenerato ritorsioni delle persone offese, che la COGNOME intendeva portare a conoscenza dell’amministratore. Da quanto emerge dalla stessa sentenza impugnata, tale situazione aveva generato tra le parti contenzioso anche in sede civile, tant’è vero che il Tribunale di Roma aveva disposto lo sfratto della ricorrente dall’immobile per occupazione senza tito circostanza questa, che – come rilevato dalla difesa – attesta proprio la manc stipula di un contratto tra le parti.
3.3. Anche laddove si accedesse alla valutazione dei giudici del merito, ch hanno ritenuto le condotte attribuite nella missiva al COGNOME e al COGNOME accusate di illeciti di natura tributaria ed eventualmente penale – offen dell’altrui reputazione, deve comunque escludersi che ricorresse in concret l’elemento soggettivo del reato. Secondo la giurisprudenza di legittimità, ai
della sussistenza dell’elemento soggettivo, non è richiesto l’animus iniurandi vel
diffamandi, ma è
sufficiente il dolo generico, che può anche assumere la forma del dolo eventuale, in quanto è sufficiente che l’agente, consapevolmente, faccia
di parole ed espressioni socialmente interpretabili come offensive, ossia adoper in base al significato che esse vengono oggettivamente ad assumere, senza u
diretto riferimento alle intenzioni dell’agente (Sez. 5, n. 8419 del 16/10/
dep. 2014, COGNOME Rv. 258943 – 01; Sez. 5, n. 4364/13 del 12 dicembre 201
Arcadi, Rv. 254390). Ciò non toglie che gli elementi tipici del d
(rappresentazione e volontà) debbano essere calati nella fattispecie concreta esso deve essere riferito e che nel caso di specie è ricostruita compiutamente n
sentenza impugnata.
La già evidenziata elevata conflittualità del contesto in cui sono state espr le affermazioni incriminate, depone nel senso che con esse la COGNOME intendev
denunciare un comportamento delle persone offese che ella riteneva posto i essere non solo in violazione delle norme civilistiche e tributarie, ma soprat
lesivo dei propri interessi e di cui intendeva portare a conoscenza l’amministra del condominio. Ne consegue che non è ravvisabile la volontà di danneggiare i COGNOME e il COGNOME, né la consapevolezza della offensività della condot posta in essere, quanto piuttosto la volontà dell’imputata di denunciar comportamento di cui ella stessa si riteneva vittima.
Tali considerazioni portano alla conclusione della insussistenza del fatto tal che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio ai sensi dell 620 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste. Così deciso il 01/04/2025.