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Diffamazione causale bonifico: la prova è necessaria

Una persona è stata condannata per aver scritto una frase offensiva nella descrizione di un bonifico postale. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza, stabilendo che per il reato di diffamazione causale bonifico non basta presumere che terzi abbiano letto il messaggio. È necessaria la prova concreta che la comunicazione sia avvenuta con più persone, altrimenti il fatto non costituisce reato. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diffamazione causale bonifico: Quando una frase offensiva diventa reato?

Scrivere una frase offensiva nella causale di un pagamento può integrare il reato di diffamazione? La risposta non è scontata. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 4589 del 2024, chiarisce un punto fondamentale: per configurare il reato di diffamazione causale bonifico, non è sufficiente una semplice presunzione, ma occorre la prova concreta che la frase sia stata letta da più persone. Questo principio tutela il cittadino da condanne basate su mere supposizioni, soprattutto nell’era dei pagamenti digitali.

I Fatti del Caso: Una Disputa Lavorativa e un Bonifico Controverso

La vicenda trae origine da una controversia di natura lavorativa. Un’imputata, condannata in primo e secondo grado per il reato di diffamazione, aveva effettuato un bonifico postale inserendo nella causale di pagamento delle espressioni ritenute offensive nei confronti della destinataria. I giudici di merito avevano ritenuto che la natura stessa di un’operazione postale implicasse la visione della causale da parte di più addetti al servizio, integrando così il requisito della “comunicazione con più persone” richiesto dall’art. 595 del Codice Penale.

Il Ricorso in Cassazione e il punto sulla diffamazione causale bonifico

La difesa dell’imputata ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un punto cruciale: la mancata prova della comunicazione con più persone. Secondo il ricorrente, i giudici di merito avevano erroneamente presunto che la causale del bonifico fosse stata letta da terzi, senza fornire alcuna dimostrazione concreta. La difesa ha sottolineato la differenza tra un bonifico e altri strumenti come il vaglia postale, che per sua natura richiede l’intervento manuale di più operatori. Un bonifico, specialmente se effettuato online, potrebbe rimanere confinato alla conoscenza del solo mittente e del destinatario. Mancando la prova della comunicazione a terzi, il fatto, secondo la difesa, avrebbe dovuto essere al più qualificato come ingiuria (illecito ormai depenalizzato) e non come diffamazione.

L’Analisi della Corte Suprema

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno chiarito che, sebbene sia corretto il principio secondo cui la comunicazione con più persone si presume quando un’offesa è inserita in un documento destinato per sua natura a essere visto da altri, la Corte d’Appello ha fallito nel motivare concretamente come ciò sia avvenuto nel caso specifico.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata carente. I giudici di secondo grado si erano limitati a esprimere la “convinzione” che la frase fosse stata letta da terzi, senza però illustrare in che modo il contenuto del bonifico sia uscito dalla sfera di conoscenza del mittente e del destinatario. La Cassazione ha specificato che non si può desumere automaticamente la “proiezione esterna” della comunicazione dal semplice fatto di aver inserito la frase nella causale di un bonifico postale. Non era stato chiarito, ad esempio, se l’operazione fosse avvenuta online o de visu presso un ufficio postale, dettaglio non irrilevante per stabilire il potenziale coinvolgimento di terzi. In assenza di una prova certa e di una motivazione logica, la condanna per diffamazione non poteva reggere.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione della Cassazione stabilisce un importante principio di garanzia. Per poter condannare una persona per diffamazione causale bonifico, l’accusa deve fornire la prova rigorosa che il messaggio offensivo sia stato effettivamente conosciuto da più persone. Non è sufficiente affermare che, data la natura del mezzo utilizzato, ciò sia probabile o presumibile. Questa sentenza impone ai giudici di merito un’analisi più attenta e concreta dei fatti, evitando di basare le condanne penali su automatismi o presunzioni non supportate da elementi probatori concreti. La Corte ha quindi annullato la sentenza con rinvio, incaricando un’altra sezione della Corte d’Appello di riesaminare il caso attenendosi a questo fondamentale principio.

Scrivere una frase offensiva nella causale di un bonifico è sempre reato di diffamazione?
No. Secondo la sentenza in esame, diventa reato di diffamazione solo se l’accusa fornisce la prova concreta che la frase offensiva sia stata effettivamente letta da più persone oltre al destinatario. La semplice inserzione della frase non è, da sola, sufficiente.

Qual è la differenza tra ingiuria e diffamazione in questo contesto?
La diffamazione è un reato che richiede l’offesa alla reputazione di una persona assente, comunicando con almeno due persone. L’ingiuria, invece, era l’offesa all’onore di una persona presente ed è stata depenalizzata, costituendo oggi un illecito civile. Nel caso di specie, se non si prova la comunicazione con più persone, il fatto non può essere qualificato come diffamazione.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna?
La Corte ha annullato la condanna perché la Corte d’Appello non ha motivato adeguatamente come e perché la frase offensiva, inserita nella causale di un bonifico, sarebbe stata letta da terzi. La decisione di condanna si basava su una mera “convinzione” o presunzione, non supportata da prove concrete, violando così i principi del diritto penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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