Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4589 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4589 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/01/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti g li atti, il provvedimento impu g nato e il ricorso ; udita la relazione svolta dal Consi g liere NOME COGNOME ; udito il Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso, riportandosi alla re q uisitoria scritta già depositata. uditi:
l’avvocato COGNOME NOME, la q uale deposita nota spese e conclusioni, alle q uali si riporta chiedendo la conferma della sentenza impu g nata ; l’avvocato COGNOME NOME si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’acco g limento dello stesso.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 17 gennaio 2023, la Corte d’appello di Roma ha confermato la decisione con cui, in primo grado, il Tribunale ha ritenuto NOME COGNOME responsabile del delitto di diffamazione, ex artt. 81 e 595, terzo comma, cod. pen., per aver offeso la reputazione di NOME COGNOME con più mail, condannandola alla pena di euro 800 di multa e al risarcimento del danno; contestualmente, assolveva l’imputata dal medesimo reato nei confronti di NOME COGNOME, con la formula “perché il fatto non sussiste”.
Il reato di diffamazione è stato ritenuto integrato, in particolare, con riferimento alle espressioni contenute nella causale di pagamento effettuato tramite bonifico postale e allegato alla mail che, in data 28 giugno 2016, l’imputata aveva inviato al proprio difensore che la assisteva nella causa civile avente a oggetto spettanze retributive non pagate al Dorutio.
Avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, per il tramite del proprio difensore, AVV_NOTAIO, affidando le proprie censure ad un unico motivo, con cui si duole di violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata qualificazione del fatto nella depenalizzata fattispecie dell’ingiuria, in ragione della mancata sussistenza del requisito, richiesto dalla fattispecie incriminatrice, della comunicazione con più persone. Infatti, l’imputata veniva condannata unicamente per le espressioni contenute nelle causali di due bonifici postali (del 19.5.2016 e del 28.6.2016); erroneamente, i Giudici del merito hanno ritenuto che i documenti in parola (ordini di bonifico) fossero destinati, per esigenze connesse all’espletamento del servizio bancario, a esser visionati da più soggetti, peraltro genericamente indicati nelle due sentenze.
Più in particolare, osserva la difesa che il richiamo, operato dal Giudice di primo grado, alla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 5, n. 522 del 26 maggio 2017, dep. 2017), sarebbe inconferente, vertendo le sentenze citate dal Giudice di merito su casi in cui la condotta diffamatoria era stata consumata mediante un vaglia postale che, rispetto al bonifico, richiede effettivamente l’estrinsecarsi di attività da parte degli addetti all’ufficio postale, laddove, a parere della difesa, il bonifico resterebbe confinato nel patrimonio conoscitivo del solo destinatario.
Altresì priva di coerente giustificazione è, secondo la difesa, la parte della motivazione relativa alla ricorrenza dell’elemento soggettivo del reato ascritto, attesa la mancata dimostrazione della volontà e della consapevolezza, da parte dell’imputata, che la frase ritenuta offensiva fosse portata a conoscenza di più persone.
All’udienza del 10 dicembre 2023 si è svolta trattazione orale del ricorso. Il Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, riportandosi alla requisitoria scritta già depositata. La difesa dell’imputata ha insistito per l’accoglimento del ricorso. La difesa di parte civile ha depositato conclusioni scritte e nota spese e si è associata alla richiesta del Sostituto Procuratore generale.
Considerato in diritto
L’unico motivo di ricorso è fondato. Coglie nel segno, il ricorrente, nel lamentare un vizio motivazionale dell’impugnata sentenza, con riferimento alla mancata dimostrazione della sussistenza del requisito della comunicazione con più persone. Sebbene la Corte territoriale abbia correttamente individuato i principi, elaborati dalla giurisprudenza di legittimità da applicare al caso di specie (Sez. 5, n. 522 del 26 maggio 2017, dep. 2017, n.m., dove si è chiarito che la sussistenza del requisito della comunicazione con più persone deve presumersi qualora l’espressione offensiva sia inserita in un documento per sua natura destinato ad essere normalmente visionato appunto da più persone), essa non ha anche illustrato in che modo il contenuto del documento non sia rimasto confinato tra il mittente ed il destinatario, ma, per necessità operative del servizio postale (registrazione, trasmissione e comunicazione al destinatario), sia entrato a far parte del patrimonio conoscitivo di più persone addette all’ufficio incaricato (Sez. 5, n. 3963 del 06/07 /2015).
A parere del Collegio, rimane indimostrata la «convinzione», espressa dalla Corte d’appello, «che l’espressione adoperata, di per sé oltraggiosa nei confronti della COGNOME, fosse stata letta anche da terzi» (p. 3 della motivazione dell’impugnata sentenza, corsivo nostro). Dal mero fatto della collocazione dell’espressione ritenuta diffamatoria nella causale di un bonifico postale (nulla è detto, peraltro, circa le modalità -on line o de visucon cui esso è stato effettuato), non può desumersi l’intrinseca e necessaria proiezione esterna della comunicazione, come ritenuto, invece, dalla Corte territoriale.
Il Collegio, pertanto, annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Così deciso in Roma, in data 1/12/2023
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Il Consigliere estensore