Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5266 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5266 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a IMOLA il 07/04/1982 avverso la sentenza del 20/03/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO Lette le conclusioni del sostituto procuratore generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento senza rinvio perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
Lette le conclusioni e nota spese del difensore e procuratore speciale, avv. NOME COGNOME nell’interesse delle costituite parti civili COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Letta le conclusioni del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME nell’interesse della ricorrente, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 20 marzo 2024, la Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la pronuncia del Tribunale di Cosenza del 28 novembre 2019 nei confronti di COGNOME NOMECOGNOME con la quale l’imputata era stata condannata alla pena di giustizia, oltre statuizioni civili, per il reato di diffamazione a mezzo stampa di cui all’art. 595, comma 3, cod. pen. realizzato attraverso la
pubblicazione, sul giornale online “quicosenza.it news generation”, di un articolo dal titolo “SS106: occhio all’appalto e alla protesta, tra imprenditori parenti e politica locale” contenente varie affermazioni quali “ventotto milioni di euro per sessanta chilometri al marito dell’assessore, cugino del presidente del Consiglio comunale e nipote del politico oggi incatenatosi sul trattore in sciopero della fame” ed ancora “una famiglia così unita che partecipa alle stesse gare per l’affidamento di appalti pubblici”.
Avverso la decisione della Corte di Appello ha proposto ricorso l’imputata, attraverso il difensore di fiducia, articolando i tre motivi di censura di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1 Con il primo motivo di ricorso sono stati dedotti violazione di legge e vizio di motivazione relativamente al diritto di critica e di cronaca, avendo la sentenza impugnata escluso la configurabilità della scriminante di cui all’art. 51 cod. pen., espressione della libertà di manifestazione del pensiero costituzionalmente protetta dall’art. 21 Cost. Il contenuto dell’articolo di cui all’imputazione, sostiene la difesa, soddisferebbe i requisiti della rilevanza pubblica, della continenza e della veridicità dei fatti narrati. Lo stile ‘graffiante’ dello scritto sarebbe, inol giustificato dal puro esercizio della critica giornalistica, peraltro sostenuto dall’importanza del fatto e dalla necessarietà della sua esposizione in tali termini.
2.2 Con il secondo motivo di ricorso sono stati dedotti violazione di legge e vizio di motivazione circa il mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata aggravante.
L’incensuratezza della ricorrente, la tenuità del fatto di reato contestato nonché la mancata allegazione documentale ad opera delle parti civili da cui dedurre la presenza di un effettivo danno economico cagionato dalla ricorrente all’azienda “RAGIONE_SOCIALE“, avrebbero dovuto, secondo la difesa, indurre i Giudici a ritenere prevalenti le circostanze aggravanti generiche sulla contestata aggravante.
2.3 Con il terzo ed ultimo motivo di ricorso è stata dedotta violazione di legge in relazione alla mancata concessione della non punibilità per la particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis cod. pen. La difesa rileva come l’effettiva gravità della condotta della ricorrente sia minima, tenuto conto tanto delle modalità in cui è stata posta in essere, quanto dell’assenza di danno in capo ai soggetti coinvolti, configurandosi dunque i due “indici requisiti” richiesti al fine di considerare il fatto particolarmente tenue e, conseguentemente, non punibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni di seguito indicate.
Conseguentemente il reato contestato risulta estinto per la intervenuta prescrizione in data 8 maggio 2024, maturata successivamente alla pronunzia della sentenza impugnata.
1.1. La data in cui risulta decorso l’indicato termine prescrizionale risulta così determinata:
il termine massimo di prescrizione della fattispecie in contestazione è pari ad anni sette e mesi sei da farsi decorrere dal tempus commissi delicti, collocato, come risulta dal capo di imputazione, in data 8 novembre 2016.
non risultano termini di sospensione della prescrizione.
In assenza di elementi che rendano evidenti i presupposti per un proscioglimento più favorevole ai sensi dell’art. 129 comma secondo cod. proc. pen., deve accedersi ad una pronuncia di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata agli effetti penali perché il reato risulta estinto per prescrizione.
La causa estintiva del reato può essere altresì rilevata in questa sede non presentando il ricorso profili di inammissibilità suscettibili di incidere sulla valida instaurazione del rapporto di impugnazione, essendo esso fondato, per come si dirà in seguito.
2.1. Al riguardo da lungo tempo la giurisprudenza di legittimità ha affermato il principio in base al quale la inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza dei motivi, incidendo sulla regolare formazione del rapporto processuale, precluda la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., ivi compreso l’eventuale decorso del termine di prescrizione sopraggiunto nelle more del procedimento di legittimità (S.U. n. 32 del 22/11/2000, Rv. 217266).
2.2. Ove al contrario, come nel presente caso, non ricorrano le condizioni per ritenere che il ricorso sia inammissibile, non risultando manifestamente infondati i motivi di ricorso, il Giudice di legittimità sarà tenuto a pronunciare sentenza di estinzione del reato per prescrizione, ex art. 129, comma primo, cod. proc. pen., non potendosi far luogo all’annullamento con rinvio davanti al giudice penale per i rilevati vizi di motivazione della sentenza, dal momento che tale rinvio, da un lato, determinerebbe la necessità, per il predetto giudice, di dichiarare comunque la prescrizione e, dall’altro, sarebbe incompatibile con l’obbligo dell’immediata declaratoria di proscioglimento stabilito dal richiamato art. 129 cod. proc. pen. (S.U. n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244275; S.U. n. 36208 del 28/03/2024, Calpitano, Rv. 286880).
2.3. Occorre anche rammentare come, nel giudizio di impugnazione, in presenza di una condanna al risarcimento dei danni o alle restituzioni pronunciata dal primo giudice o dalla Corte d’appello, in seguito a costituzione di parte civile nel processo, è preciso obbligo del giudice, anche di legittimità, secondo il disposto
dell’art. 578 cod. proc. pen., esaminare il fondamento dell’azione civile e verificare, senza alcun limite, l’esistenza di tutti gli elementi della fattispecie penale al fine di confermare o meno la condanna alle restituzioni ed al risarcimento pronunciate nei precedenti gradi (ex multis Sez. 5, n. 10952 del 09/11/2012, dep.2013, Rv. 255331).
Venendo al caso in esame, nonostante la intervenuta estinzione del reato per prescrizione, essendo stata pronunciata condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, deve essere ripercorso il ragionamento della Corte d’appello alla luce delle doglianze difensive meritevoli di apprezzamento in questa sede.
Al riguardo occorre preliminarmente evidenziare che, in materia di diffamazione, la Corte di Cassazione può conoscere e valutare l’offensività della frase che si assume lesiva della altrui reptazione perché è compito del giudice di legittimità procedere in primo luogo a considerare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie, dovendo, in caso di esclusione di questa, pronunciare sentenza di assoluzione dell’imputato (Sez. 5, n. 2473 del 10/10/2019, dep. 2020, Rv. 278145).
3.1. Il primo motivo di ricorso, di rilievo preliminare e assorbente, è fondato.
La Corte di Appello di Catanzaro con motivazione apparente ha eluso le doglianze difensive in ordine all’eventuale sussistenza della scriminante dell’esercizio del diritto, prevista dall’art. 51 cod. pen.
L’esposizione argomentativa adottata dalla Corte territoriale, invero, risulta inadeguata a giustificare le ragioni della decisione, limitandosi a richiamare le considerazioni espresse «dal Tribunale nella parte in cui sottolinea come i contenuti dell’articolo giornalistico a firma dell’appellante non si limita ad una esposizione più o meno corretta di vicende riguardanti l’aggiudicazione dell’appalto dei lavori di ammodernamento (…) ma accredita tale aggiudicazione come frutto di illecita cointeressenza con soggetti politici locali» (cfr. pag. 2 sen impugnata).
Va evidenziato che, in tema di diffamazione a mezzo stampa, la sussistenza dell’esimente del diritto di critica presuppone, per sua stessa natura, la manifestazione di espressioni oggettivamente lesive della reputazione altrui, la cui offensività può, tuttavia, trovare giustificazione nell’esercizio del diritto di c all’art. 21 Cost.
Ne discende la necessità, pertanto, di individuare il perimetro di una corretta applicazione della fattispecie in esame. Per tale motivo, questa Corte ha elaborato tre criteri sulla base dei quali verificare la rilevanza penale dei fatti contestati ossia la verità del fatto narrato, la continenza e la rilevanza pubblica della notizia.
3.2. Quanto al primo degli indici, la veridicità deve essere «L.] intesa come oggettiva esistenza del fatto posto a fondamento delle proprie personali considerazioni, con piena libertà di espressione delle proprie opinioni e dei giudizi di valore, purché non gratuiti o pretestuosi. L’assenza di qualsivoglia travisamento o manipolazione strumentale del nucleo e del profilo essenziale dei dati di fatto da cui scaturisce la libera manifestazione del proprio pensiero costituisce, dunque, il necessario discrimen tra narrazione e opinione, tra resoconto e giudizio, tra oggettività (relativa) e soggettività (espressiva), fermo restando che il fatto e il comportamento presupposto, oggetto della critica, deve corrispondere a verità della notizia, sia pur non assoluta ma ragionevolmente putativa» ( in motivazione Sez. 3 civ., n. 1939 del 03/02/2015, RV 634439; nello stesso senso anche Sez. 5, n. 31263 del 14/09/2020, COGNOME, Rv. 279909).
3.3. Quanto alla sussistenza del requisito della continenza «si deve tenere conto del complessivo contesto dialettico in cui si realizza la condotta e verificare se i toni utilizzati dall’agente, pur aspri e forti, non siano gravemente infamanti e gratuiti, ma siano, invece, comunque pertinenti al tema in discussione Li» (in motivazione Sez. 5, n.4853 del 18/11/2016, dep.2017, COGNOME, Rv. 269093).
3.4. In ultimo, quanto alla rilevanza pubblica della notizia, è richiesto che esista un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti riferiti in relazione alla loro attualità ed utilità che risponda all’interesse sociale all’informazione (Sez. 5, n. 27616 del 11/02/2019, COGNOME, Rv. 276771-01).
Pertanto, qualora la notizia presenti le condizioni rappresentate, seppur lesiva della reputazione dei soggetti in essa menzionati, è coperta dalla garanzia del diritto di critica.
Nel caso in esame la Corte ha argomentato esaustivamente per quanto attiene al requisito della rilevanza pubblica della notizia, da ritenersi sussistente al momento della pubblicazione dell’articolo, essendo esso relativo ad un soggetto la cui notorietà giustificava l’interesse della popolazione locale alla divulgazione della stessa.
Diversamente quanto alla verità del fatto e alla sua continenza giova ricordare come questa Corte ritiene applicabile la scriminante di cui all’art. 51 cod. pen. ove nel rapporto di interazione fra testo e contesto, il significato apparente della frase, altrimenti non diffamatorio, non abbia un contenuto allusivo ed insinuante per l’uomo medio (Sez.5 n. 1365 del 09/11/2022, dep.2023, Simone, Rv. 284044-01).
La Corte d’Appello non si è sufficientemente confrontata con siffatte argomentazioni non chiarendo se l’articolo si sia limitato, con l’utilizzo di uno stile “graffiante”, alla sola esposizione di vicende riguardanti l’aggiudicazione dell’appalto dei lavori di ammodernamento della SS 106 alla Società dei Sammarco
o abbia realmente descritto tale aggiudicazione quale frutto di illecita cointeressenza con i soggetti politici locali.
L’accoglimento del primo motivo assorbe i successivi, relativi alla condizione di non punibilità e al trattamento sanzionatorio.
La sentenza va dunque annullata agli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen.
Con riferimento all’individuazione del giudice civile dinanzi al quale deve proseguire il giudizio e alla disciplina applicabile, va richiamato il principio fissato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui l’art. 573, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, si applica alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, quale data di entrata in vigore della citata disposizione (SU., n. 38481 del 25/05/2023, Rv. 285036).
Nel caso in esame la costituzione di parte civile è avvenuta in data antecedente all’entrata in vigore della riforma citata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Annulla la medesima sentenza agli effetti civili e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Così deciso in Roma, il 08/01/2025.