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Diffamazione a mezzo stampa: prescrizione e rinvio

Una giornalista, condannata per diffamazione a mezzo stampa a causa di un articolo su presunti illeciti in appalti pubblici, ricorre in Cassazione. La Suprema Corte dichiara il reato estinto per prescrizione, ma, accogliendo il motivo di ricorso sul diritto di critica, annulla la sentenza anche agli effetti civili. Il caso viene rinviato a un giudice civile per una nuova valutazione sulla richiesta di risarcimento danni, dimostrando come l’estinzione penale non cancelli automaticamente le conseguenze civili.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diffamazione a mezzo stampa: Prescrizione e Rinvio Civile

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 5266 del 2025, offre un’importante lezione sul complesso rapporto tra diffamazione a mezzo stampa, diritto di critica e prescrizione del reato. Il caso riguarda una giornalista condannata per aver pubblicato un articolo ritenuto lesivo della reputazione di alcuni imprenditori e politici locali. La Suprema Corte ha annullato la condanna penale per intervenuta prescrizione, ma ha rinviato il caso al giudice civile, stabilendo che la questione del risarcimento del danno merita un nuovo esame.

I Fatti del Caso: Un Articolo su Appalti Pubblici

Una giornalista pubblicava su un giornale online un articolo che collegava l’aggiudicazione di un importante appalto pubblico per lavori stradali a presunti legami familiari e politici tra gli imprenditori vincitori e figure dell’amministrazione locale. Frasi come “ventotto milioni di euro per sessanta chilometri al marito dell’assessore” e “una famiglia così unita che partecipa alle stesse gare” erano al centro dell’accusa di diffamazione. I soggetti menzionati, ritenendosi danneggiati nella loro reputazione, si costituivano parte civile nel processo penale.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello condannavano la giornalista per il reato di diffamazione aggravata dall’uso del mezzo della stampa, condannandola anche al risarcimento dei danni in favore delle parti civili. La difesa, tuttavia, proponeva ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Violazione del diritto di critica e di cronaca: Si sosteneva che l’articolo rientrasse nella scriminante dell’esercizio di un diritto (art. 51 c.p.), in quanto i fatti narrati erano veritieri, di interesse pubblico e raccontati con uno stile “graffiante” ma pertinente.
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: La difesa chiedeva che le attenuanti prevalessero sull’aggravante contestata.
3. Mancata applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto: Si riteneva la condotta di minima gravità e priva di un danno effettivo.

La Decisione della Cassazione sulla diffamazione a mezzo stampa

La Suprema Corte ha analizzato la vicenda sotto un duplice profilo: quello penale, ormai condizionato dalla prescrizione, e quello civile, ancora vivo e meritevole di approfondimento.

L’Estinzione del Reato per Prescrizione

Il primo dato rilevato dalla Corte è stato il decorso del termine massimo di prescrizione (sette anni e sei mesi) per il reato contestato. Poiché il ricorso non è stato ritenuto inammissibile o manifestamente infondato, i giudici hanno dovuto dichiarare l’estinzione del reato. Questo ha comportato l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per quanto riguarda gli effetti penali.

L’Accoglimento del Ricorso sul Diritto di Critica

Il punto cruciale della sentenza risiede nell’analisi del primo motivo di ricorso. La Cassazione ha ritenuto fondata la doglianza relativa alla violazione del diritto di critica. La Corte d’Appello, secondo i giudici di legittimità, aveva fornito una motivazione solo “apparente”, limitandosi a richiamare la sentenza di primo grado senza analizzare adeguatamente se l’articolo fosse un legittimo esercizio di critica giornalistica o se avesse travalicato i limiti, diventando un’illecita insinuazione. Non era stato chiarito se l’articolo si fosse limitato a esporre fatti veri (l’aggiudicazione dell’appalto e i legami familiari) con uno stile polemico, o se avesse effettivamente descritto l’aggiudicazione come “frutto di illecita cointeressenza”.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha ribadito che, in tema di diffamazione, l’esercizio del diritto di critica presuppone il rispetto di tre criteri: la rilevanza pubblica della notizia, la verità (anche solo putativa, cioè ragionevolmente ritenuta tale) del fatto narrato e la continenza, ovvero l’uso di un linguaggio che, seppur aspro, non sia gratuitamente infamante. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata inadeguata proprio perché non ha verificato in modo approfondito la sussistenza di questi requisiti. Di conseguenza, non potendo confermare una condanna basata su una motivazione carente, e stante la prescrizione del reato, la Cassazione non ha potuto fare altro che annullare la sentenza penale. Tuttavia, poiché era stata pronunciata una condanna al risarcimento dei danni, la Corte, ai sensi dell’art. 578 c.p.p., ha dovuto esaminare il ricorso anche ai fini civili. L’accoglimento del motivo sul diritto di critica ha reso necessario annullare anche le statuizioni civili e rinviare la causa a un giudice civile d’appello, che dovrà riesaminare da capo la vicenda per stabilire se sussista o meno una responsabilità civile della giornalista.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa decisione sottolinea un principio fondamentale del nostro ordinamento: l’estinzione del reato per prescrizione non implica automaticamente la fine di ogni conseguenza giuridica. Se è presente una parte civile e il ricorso dell’imputato ha un fondamento giuridico, il giudizio prosegue in sede civile. Per i giornalisti e gli operatori dell’informazione, la sentenza riafferma l’importanza di una motivazione giudiziaria solida e dettagliata quando si valuta il confine tra diritto di critica e diffamazione. Per le presunte vittime di diffamazione, conferma che la battaglia per il risarcimento del danno può continuare anche quando il processo penale si conclude con una declaratoria di prescrizione.

La prescrizione del reato elimina automaticamente la condanna al risarcimento dei danni?
No. Se il ricorso dell’imputato non è inammissibile e viene accolto per un vizio di merito, la Corte di Cassazione annulla la sentenza anche agli effetti civili e rinvia il caso a un giudice civile competente, il quale dovrà riesaminare la questione del risarcimento del danno.

Quando un articolo giornalistico è protetto dal diritto di critica e non costituisce diffamazione a mezzo stampa?
Un articolo è protetto dal diritto di critica quando rispetta tre condizioni: la notizia è di interesse pubblico, i fatti narrati sono veri (o almeno ragionevolmente ritenuti tali), e il linguaggio usato è continente, cioè non gratuitamente offensivo o infamante, pur potendo essere aspro e polemico.

Cosa succede se la Corte di Cassazione accoglie un ricorso ma il reato è già prescritto?
La Corte annulla la sentenza senza rinvio per gli effetti penali, dichiarando il reato estinto per prescrizione. Tuttavia, se c’è una condanna al risarcimento del danno e il ricorso è fondato nel merito (come in questo caso sul diritto di critica), la Corte annulla la sentenza anche per gli effetti civili e rinvia la causa al giudice civile d’appello per una nuova valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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