Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47556 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47556 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 30/10/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME CASA NOME COGNOME
R.G.N. 29538/2024
EVA TOSCANI
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
sui ricorsi proposti da:
NOME NOME nato a FOGGIA il 24/02/1985 COGNOME NOME nato a MERCATO SAN SEVERINO il 19/02/1956
avverso la sentenza del 28/06/2024 della Corte d’appello di Napoli Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; dato avviso al difensore
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Napoli, giudicando in sede di rinvio (Sez. 5, n. 18478 del 7/03/2023), ha confermato la sentenza pronunciata all’esito del giudizio abbreviato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Salerno in data 17 novembre 2020 con la quale NOME COGNOME e NOME COGNOME sono stati condannati rispettivamente alla pena di euro 10.000 di multa e di euro 8.000 di multa per il reato di diffamazione aggravata con il mezzo della stampa, il primo quale giornalista e il secondo quale direttore responsabile del quotidiano ‘La Città’ di Salerno, per la pubblicazione di un articolo dal titolo ‘Pulizia del Comune, appalto ai casertani’, giudicato diffamatorio dell’onore e della reputazione di NOME COGNOME, legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, società aggiudicataria dell’appalto di pulizia degli immobili dell’ente comunale che, contrariamente al vero, veniva indicata come «finita già nel mirino dell’Antimafia nell’ambito dell’operazione NOMECOGNOME.
1.1. Il giudizio di legittimità avverso la precedente decisione di appello (sentenza in data 7 giugno 2022 della Corte d’appello di Salerno) si Ł concluso, come detto, con l’annullamento con
rinvio alla Corte d’appello di Napoli.
La sentenza rescindente ha così esplicitato le ragioni della decisione e il mandato conferito al giudice di rinvio: «Dalla lettura del capo di imputazione, infatti, si deduce che l’offesa ipotizzata alla reputazione del COGNOME Ł quella conseguente proprio al suo ruolo di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, implicata in una indagine antimafia. Gli imputati – così si legge – “offendevano la reputazione di COGNOME NOME, legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, pubblicando un articolo, in cui si rappresentava che l’appalto relativo alla pulizia degli immobili di Scafati veniva assegnato alla società RAGIONE_SOCIALEfinita nel mirino dell’Antimafia nell’ambito dell’operazione Salastra”. ¨ pertanto pacifico che la reputazione del COGNOME era stata lesa solo ed in quanto egli era il legale rappresentante della società indicata e non sotto altri ed ulteriori profili (di carattere personale). Si sarebbe pertanto dovuto investigare sulla verità del fatto – una volta che lo stesso fosse ritenuto diffamatorio – riportato nel pezzo giornalistico – l’essere stata la RAGIONE_SOCIALE attenzionata nell’ambito della operazione antimafia “Salandra” – non potendosi così affermare che, invece, tale circostanza sarebbe stata priva di rilievo alcuno nella decisione sull’odierna imputazione. La sentenza impugnata va pertanto annullata sul punto (con assorbimento delle ulteriori doglianze relative alla mancata applicazione dell’ipotesi di cui all’art. 131 bis cod. pen. ed alla dosimetria della pena)».
Ricorrono NOME COGNOME e NOME COGNOME con unico atto a firma del difensore avv. NOME COGNOME che chiedono l’annullamento della sentenza impugnata, sviluppando tre motivi.
2.1. Il primo motivo denuncia la violazione di legge e il vizio della motivazione, anche con riguardo al travisamento della prova, con riguardo alla erronea valutazione dell’articolo di giornale nonchØ con riguardo all’errata valutazione della impossibilità di applicare la scriminante, finanche putativa, del diritto di cronaca.
I giudici di merito non hanno effettuato, come invece era necessario, una integrale e complessiva valutazione dell’articolo di giornale, ma si sono limitati a esaminare l’occhiello del titolo senza considerare che, al di là del riferimento all’essere ‘finita nel mirino’, l’intero pezzo giornalistico non aveva carattere allusivo e diffamatorio anche perchØ la vicenda era esposta nell’ambito della cronaca politica e non giudiziaria, dando voce a quanto riferito da un esponente politico che, all’epoca, era candidato Sindaco al Comune di Scafati e che aveva esposto dure critiche alla gestione dell’ente comunale.
L’articolo, del resto, dà atto della assoluta legittimità dell’esito dell’appalto aggiudicato alla società RAGIONE_SOCIALE, sicchØ il riferimento alle indagini antimafia riguarda unicamente ciò che ha dichiarato l’esponente politico.
D’altra parte, NOME non Ł l’autore del titolo e dell’occhiello, ma unicamente del testo del pezzo giornalistico, come accade usualmente nei giornali, sicchØ erra la Corte di appello a richiedere al giornalista di fornire la prova di non essere egli stesso l’autore di quelle porzioni del testo pubblicato.
2.2. Il secondo motivo denuncia la violazione di legge, in riferimento all’art. 627, comma 2, cod. proc. pen., e il vizio della motivazione, anche sotto il profilo della mancata assunzione di una prova decisiva, con riferimento al mancato approfondimento investigativo richiesto dalla Corte di cassazione con la sentenza di annullamento.
Le richieste di integrazione probatoria, già sollecitate dalla Corte di cassazione e puntualizzate della difesa, sono state rigettate erroneamente, così rendendo evanescenti gli elementi di accusa che sono stati, dunque, erroneamente valutati a carico degli imputati.
Del resto, la Corte di appello non ha provveduto d’ufficio, pur essendo necessario,
all’integrazione istruttoria volta a verificare se la società RAGIONE_SOCIALE, della quale era amministratore COGNOME, era stata o meno lambita o comunque se era ‘finita nel mirino’ a causa del rapporto di partnership che intratteneva con un’altra società che certamente, invece, era stata coinvolta nelle indagini della Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno.
Il giudice di secondo grado si Ł limitato a emettere la sentenza di condanna attraverso una semplice rivalutazione delle prove cartolari, senza procedere alla rinnovazione della prova come richiesto dalla giurisprudenza anche sovranazionale.
2.3. Il terzo motivo denuncia il vizio della motivazione con riferimento alla mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità prevista dall’articolo 131bis cod. pen., delle circostanze attenuanti generiche e con riferimento al trattamento sanzionatorio.
Per valutare la sussistenza della causa di non punibilità, la Corte avrebbe dovuto valutare la veridicità della notizia, approfondimento che invece ha ritenuto di non svolgere, come pure valorizzare la circostanza che l’articolo riportava le parole di un esponente politico.
Quanto le circostanze attenuanti generiche, esse sono state negate senza alcuna verifica della verità della notizia.
Anche il trattamento sanzionatorio Ł ingiustificato anche perchØ non si attesta sul minimo edittale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono nel complesso infondati, pur presentando numerose doglianze inammissibili.
Il secondo motivo, che ha carattere pregiudiziale, Ł infondato.
2.1. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che nel giudizio di rinvio, a seguito di annullamento per vizio di motivazione, l’eventuale rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, ai sensi dell’art. 627, comma 2, cod. proc. pen., Ł subordinata allo scrutinio in ordine alla rilevanza per la decisione delle prove nuovamente richieste dalle parti con i motivi di appello (Sez. 5, n. 5209 del 11/12/2020 – 2021, COGNOME, Rv. 280408 – 01).
¨, infatti, un principio ampiamente consolidato quello secondo il quale «il giudice del rinvio, investito del processo a seguito di annullamento pronunciato dalla Corte di cassazione, non Ł tenuto a riaprire l’istruttoria dibattimentale ogni volta che le parti ne facciano richiesta, poichØ i suoi poteri sono identici a quelli che aveva il giudice la cui sentenza Ł stata annullata, sicchØ egli deve disporre l’assunzione delle prove indicate solo se le stesse sono indispensabili ai fini della decisione, così come previsto dall’art. 603 cod. proc. pen., oltre che rilevanti, secondo quanto statuito dall’art. 627, comma 2, cod. proc. pen.» (Sez. 1, n. 12690 del 03/12/2019 – dep. 2020, COGNOME, Rv. 278703 01).
Si Ł, poi, soggiunto che «l’art. 627, comma 2, cod. proc. pen. consente alle parti di richiedere l’ammissione di prove al giudice di appello, in sede di giudizio di rinvio, nei limiti previsti dall’art. 603, commi 1 e 2, cod. proc. pen., anche se nella precedente fase del gravame di merito la richiesta istruttoria non era stata avanzata, purchØ si tratti di prove rilevanti per la decisione con specifico riguardo al devolutum rescissorio» (Sez. 3, n. 21166 del 23/06/2020, F., Rv. 279741 – 01).
2.2. I richiamati principi, del tutto condivisibili, vanno ulteriormente confrontati con le specificità del rito abbreviato.
La giurisprudenza Ł costantemente orientata ad affermare che «nel giudizio abbreviato d’appello le parti sono titolari di una mera facoltà di sollecitazione del potere di integrazione istruttoria, esercitabile dal giudice ex officio nei limiti della assoluta necessità ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., atteso che in sede di appello non può riconoscersi alle parti la titolarità di un diritto alla raccolta della prova in termini diversi e piø ampi rispetto a quelli che incidono su tale
facoltà nel giudizio di primo grado» (Sez. 2, n. 5629 del 30/11/2021 – dep. 2022, COGNOME, Rv. 282585 – 01; Sez. 6, n. 51901 del 19/09/2019, COGNOME, Rv. 278061 – 01; Sez. 6, n. 37901 del 21/05/2019, COGNOME, Rv. 276913 – 02; Sez. 1, n. 12928 del 07/11/2018 – dep. 2019, P., Rv. 276318 – 02; Sez. 6, n. 4694 del 24/10/2017 – dep. 2018, COGNOME, Rv. 272197 – 01; Sez. 2, n. 17103 del 24/03/2017, A., Rv. 270069 – 01; Sez. 1, n. 44324 del 18/04/2013, Stasi, Rv. 258320 – 01).
Può, dunque, ribadirsi che nel giudizio di appello avverso la sentenza emessa all’esito di rito abbreviato Ł ammessa la rinnovazione istruttoria esclusivamente ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen. e, quindi, solo nel caso in cui il giudice ritenga l’assunzione della prova assolutamente necessaria, perchØ potenzialmente idonea a incidere sulla valutazione del complesso degli elementi acquisiti; ovvero in presenza di prova sopravvenuta o emersa dopo la decisione di primo grado o non acquisita in detta fase, tenendosi conto di tale “novità” del dato probatorio, per sua natura adatto a realizzare un effettivo ampliamento delle capacità cognitive nella chiave prospettica sopra indicata.
2.3. Nel caso in esame il giudice di appello, sollecitato dalla difesa a rinnovare l’istruttoria, ha però precisato che l’istanza era connotata da assoluta genericità poichØ non era stato indicato in maniera specifica quali incombenti istruttori sarebbero stati necessari e non era stato spiegato quali sarebbero state le ragioni dell’assoluta indispensabilità ai fini della decisione, oltre a non indicare neppure di quale mezzi di prova si trattava.
Del resto, il giudice di rinvio ha precisato che il panorama probatorio, radicato con il giudizio abbreviato richiesto dagli imputati, non richiedeva integrazioni anche in considerazione della documentazione a suo tempo acquisita dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno che ha riferito che COGNOME e la società allo stesso riconducibile «non erano mai stati interessati da attività di indagine svolta nel corso degli accertamenti del procedimento numero 4660/2012, op. COGNOME».
2.4. Non sussisteva, dunque, alcun obbligo di procedere alla rinnovazione istruttoria e la valutazione in proposito compiuta dai giudici del rinvio con riguardo alla richiesta avanzata dalla difesa risulta insindacabile in questa sede, poichØ logicamente e correttamente motivata con riguardo ai parametri indicati dalla giurisprudenza che affida al giudice di merito di valutare la assoluta necessità della rinnovazione istruttoria e la completezza del panorama probatorio acquisito.
3. Il primo motivo Ł inammissibile.
3.1. La giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che «l’affermazione circa la natura diffamatoria di un articolo di stampa implica la valutazione del contenuto complessivo dello stesso, anche in riferimento al titolo» (Sez. 5, n. 26531 del 09/04/2009, COGNOME, Rv. 244093 – 01, ha affermato che l’esame del titolo dell’articolo deve essere svolto soprattutto quando sia imposto dalla specificità del capo di imputazione).
Nel caso di specie, mentre il ricorso propone censure generiche accusando il giudice di appello di non aver esaminato il complesso dell’articolo pubblicato sul giornale, senza però indicare quali sarebbero le parti di esso che dovrebbero portare a escludere il contenuto diffamatorio della frase riportata nell’occhiello del titolo, i giudici di appello hanno dato atto di avere compiuto una valutazione complessiva, particolarmente incentrata, alla luce del contenuto del capo di imputazione, sulla specifica rilevanza delle espressioni, ritenute diffamatorie, utilizzate nell’occhiello dell’articolo a firma di COGNOME e pubblicato sul quotidiano diretto da COGNOME.
3.2. Del resto, il ricorso non sviluppa critiche specifiche in merito alla ritenuta falsità della accusa riportata nell’occhiello del titolo, falsità che risulta dagli atti acquisiti dagli organi inquirenti di quel procedimento antimafia, e si limita, in maniera contraddittoria e comunque parziale rispetto alle diverse posizioni dei due imputati (direttore e giornalista), a eccepire che l’autore dell’articolo di
giornale non dovrebbe rispondere del titolo e dell’occhiello poichØ predisposti da altri.
Orbene, se la doglianza non riguarda le responsabilità del direttore, la stessa si palesa, sotto altro profilo, manifestamente infondata poichØ i giudici di merito hanno specificamente segnalato che il testo dell’articolo a firma COGNOME si riferisce e tratta approfonditamente proprio della questione relativa al ruolo svolto dalla società amministrata da COGNOME, sicchØ l’argomentazione difensiva Ł stata logicamente giudicata priva di alcun riscontro.
3.3. Quanto, infine, alla questione della critica politica, secondo la quale l’articolo pubblicato si sarebbe limitato a dar voce alle critiche formulate da un’esponente politico locale, il giudice d’appello, come già aveva fatto il tribunale, ha sottolineato che l’autore del pezzo incriminato non aveva citato affatto il nome del politico che avrebbe pronunciato le accuse, nØ attribuito ad altri tali le offensive affermazioni contenute nell’articolo, dovendosi così concludere per la manifesta infondatezza della questione oggi riproposta, peraltro in modo reiterativo e dunque non consentito.
¨ inammissibile anche il terzo motivo.
4.1. Il ricorso Ł generico con riguardo alla mancata applicazione della causa di non punibilità dell’articolo 131bis cod. pen., poichØ non si confronta con la specifica affermazione dei giudici d’appello, che trova conforto nella giurisprudenza di legittimità (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266590 – 01; Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647 – 01), secondo la quale la condotta Ł stata giudicata di indiscutibile gravità, avendo gettato gratuitamente discredito su un imprenditore che operava anche con la pubblica amministrazione.
Del resto, il ricorso omette di confrontarsi anche con la concorrente argomentazione secondo la quale gli imputati non hanno mostrato alcuna resipiscenza nØ hanno fornito alcun contributo alla ricostruzione dei fatti, così palesando un comportamento, che seppure processualmente lecito, non può non essere valutato ex art. 133 cod. pen. ai fini che interessano (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Hu Qinglian, Rv. 284497 – 01).
4.2. Sono, poi, del tutto generiche le doglianze che riguardano la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche perchØ non si confrontano con la motivazione del provvedimento impugnato e fanno leva piuttosto, sulla pretesa veridicità dell’articolo.
4.3. Del pari generiche sono le critiche che riguardano il trattamento sanzionatorio che si Ł attestato sulla sola pena pecuniaria nonostante, come correttamente ricorda il giudice di rinvio, la gravità della condotta avrebbe potuto indurre l’applicazione anche della piø grave sanzione detentiva.
Al rigetto dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 30/10/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME