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Difetto di querela: più favorevole dell’estinzione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2577/2024, ha stabilito un importante principio in materia di procedibilità penale. In un caso di lesioni stradali, l’imputato aveva ottenuto l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova. Tuttavia, la Corte ha annullato la decisione, affermando che la formula di proscioglimento per difetto di querela, introdotta dalla Riforma Cartabia per quel reato, è più favorevole per l’imputato e deve prevalere. La mancanza della querela rappresenta un ostacolo processuale che impedisce l’azione penale stessa, risultando in una decisione giuridicamente più vantaggiosa rispetto all’estinzione, che invece presuppone l’accertamento del reato.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Difetto di querela: la Cassazione chiarisce la formula di proscioglimento più favorevole

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 2577 del 2024, ha stabilito un principio cruciale riguardo la gerarchia delle formule di proscioglimento nel processo penale. La Corte ha chiarito che la declaratoria di difetto di querela prevale sull’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, in quanto rappresenta una statuizione più favorevole per l’imputato. Questa decisione ha importanti implicazioni, specialmente alla luce delle modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia, che ha esteso il regime di procedibilità a querela per numerosi reati.

I fatti del caso

Il caso trae origine da un procedimento per il reato di lesioni personali stradali (art. 590-bis c.p.) a carico di un automobilista. Il Tribunale di Genova, dopo l’esito positivo del percorso di messa alla prova, aveva dichiarato l’estinzione del reato ai sensi dell’art. 168-bis del codice penale.

Tuttavia, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che il Tribunale avrebbe dovuto applicare una formula di proscioglimento più vantaggiosa. Con l’entrata in vigore della cosiddetta Riforma Cartabia, infatti, il reato contestato nelle ipotesi non aggravate è diventato procedibile a querela di parte. Poiché nel caso di specie la querela non era mai stata presentata, secondo la difesa si sarebbe dovuta dichiarare l’improcedibilità dell’azione penale per difetto di querela, ai sensi dell’art. 129 c.p.p.

La questione del maggior favor e l’impatto del difetto di querela

Il nodo centrale della questione giuridica risiede nell’interesse dell’imputato a ottenere la formula di proscioglimento più favorevole. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha ribadito la consolidata gerarchia delle cause di proscioglimento stabilita dall’art. 129 del codice di procedura penale.

Secondo tale gerarchia, le formule che prosciolgono nel merito (es. “il fatto non sussiste”) prevalgono su quelle di improcedibilità (come il difetto di querela), e queste ultime, a loro volta, prevalgono sulle cause di estinzione del reato (come la prescrizione o l’esito positivo della messa alla prova). La logica è che una causa di estinzione del reato, come quella derivante dalla messa alla prova, presuppone comunque che un reato sia stato commesso e accertato. Al contrario, il difetto di querela è un “ostacolo processuale” che impedisce al giudice di entrare nel merito della vicenda, bloccando l’azione penale fin dall’inizio.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha affermato che sussiste un interesse concreto e giuridicamente rilevante dell’imputato a ottenere una pronuncia di improcedibilità anziché di estinzione. L’operatività di una causa estintiva, infatti, “presuppone il necessario accertamento della sussistenza del reato contestato”. La mancanza di una condizione di procedibilità, invece, preclude qualsiasi indagine in fatto e cristallizza l’accertamento allo stato degli atti, limitando la cognizione del giudice.

Citando le Sezioni Unite (sentenze Martinenghi e De Rosa), la Corte ha ribadito che la mancanza di querela prevale persino sulla declaratoria di estinzione per morte del reo, a dimostrazione della sua posizione prioritaria nell’ordine delle formule liberatorie. Inoltre, i giudici hanno sottolineato che, per i processi pendenti al momento dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia, la norma transitoria (art. 85 D.Lgs. 150/2022) impone di valorizzare il regime di procedibilità più favorevole. Ignorare il sopravvenuto difetto di querela costituirebbe una violazione del diritto fondamentale dell’imputato a vedersi applicata la legge più favorevole.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, dichiarando che l’azione penale non poteva essere proseguita per difetto di querela. Questa sentenza consolida un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il favor rei. Stabilisce in modo inequivocabile che, quando una modifica legislativa rende un reato procedibile a querela e questa manca, il giudice deve dichiarare l’improcedibilità, anche se è già intervenuta una causa di estinzione del reato come l’esito positivo della messa alla prova. Si tratta di una decisione che garantisce la piena applicazione del trattamento più vantaggioso per l’imputato, in linea con i principi costituzionali e la volontà del legislatore.

Perché il proscioglimento per difetto di querela è più favorevole dell’estinzione del reato?
Perché l’estinzione del reato (ad esempio, per esito positivo della messa alla prova) presuppone che la sussistenza del reato sia stata accertata. Il difetto di querela, invece, è un ostacolo processuale che impedisce l’avvio o la prosecuzione stessa del processo, senza alcuna valutazione sul merito della colpevolezza.

Qual è la gerarchia delle cause di proscioglimento secondo la Corte?
La Corte ribadisce che le cause di proscioglimento nel merito con formula liberatoria (es. “il fatto non sussiste”) prevalgono sulle cause di improcedibilità (come il difetto di querela), le quali a loro volta prevalgono sulle cause di estinzione del reato (es. prescrizione, messa alla prova).

La nuova regola sulla procedibilità a querela si applica anche ai processi già in corso?
Sì. La Corte afferma che, in virtù della norma transitoria della Riforma Cartabia, per i processi pendenti al momento della sua entrata in vigore si deve applicare il regime di procedibilità più favorevole, garantendo all’imputato il diritto di beneficiare della nuova normativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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