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Difetto di querela: furto improcedibile post-Cartabia

La Corte di Cassazione annulla una condanna per tentato furto aggravato a causa di un difetto di querela. A seguito della Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022), il reato è diventato procedibile a querela, ma nel caso di specie era stata presentata solo una denuncia senza esplicita volontà di punizione. La Corte ha quindi dichiarato l’improcedibilità dell’azione penale, annullando la sentenza senza rinvio.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Difetto di Querela: la Cassazione Annulla Condanna per Furto dopo la Riforma Cartabia

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 33500/2024, ha riaffermato un principio fondamentale introdotto dalla Riforma Cartabia: senza una chiara e formale querela, l’azione penale per il reato di furto non può proseguire. Questo caso evidenzia l’importanza cruciale della volontà della persona offesa e le conseguenze di un difetto di querela, che porta all’annullamento definitivo della condanna. Analizziamo come la modifica legislativa abbia trasformato la procedibilità di uno dei reati più comuni.

I Fatti del Caso: Un Tentato Furto e una Denuncia Incompleta

La vicenda giudiziaria ha origine da un’accusa di tentato furto aggravato ai sensi degli articoli 56, 624 e 625, n. 2 del codice penale. L’imputato era stato ritenuto responsabile nei precedenti gradi di giudizio. Tuttavia, un elemento procedurale si è rivelato decisivo nel giudizio di legittimità.

A seguito del fatto, il direttore dell’esercizio commerciale vittima del tentato reato aveva sporto una formale denuncia. Dal controllo degli atti processuali, però, è emerso che tale documento non conteneva un’esplicita manifestazione della volontà di ottenere la punizione del colpevole, elemento cardine che distingue la querela dalla semplice denuncia.

L’Impatto della Riforma sulla Procedibilità del Furto

Il punto di svolta è l’entrata in vigore del D.Lgs. 150/2022 (la cosiddetta Riforma Cartabia), che ha modificato l’articolo 624 del codice penale. La nuova formulazione prevede che il delitto di furto sia, di regola, punibile a querela della persona offesa. La procedibilità d’ufficio è mantenuta solo per alcune specifiche aggravanti, tra le quali non rientrava quella contestata all’imputato nel caso specifico.

La Decisione della Corte: Annullamento per Difetto di Querela

La Corte di Cassazione, esaminando il ricorso, ha riconosciuto l’impatto diretto della riforma sul caso in esame. Poiché il reato era divenuto procedibile a querela e la circostanza aggravante contestata non rientrava nelle eccezioni, la presenza di una valida querela era diventata una condizione indispensabile per la prosecuzione dell’azione penale. La denuncia presentata, priva della ‘volontà di punizione’, non poteva essere considerata un atto equipollente. Di conseguenza, i giudici hanno rilevato un invalicabile difetto di querela.

Le Motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su una rigorosa interpretazione delle norme processuali. I giudici hanno chiarito che, per risolvere questioni di natura procedurale come questa, è consentito l’esame diretto degli atti del fascicolo. Tale esame ha confermato che il direttore dell’esercizio commerciale aveva presentato una ‘denuncia’ e non una ‘querela’. In questo atto mancava non solo l’esplicita richiesta di procedere penalmente, ma l’interessato non aveva nemmeno manifestato tale volontà costituendosi parte civile nel processo. Richiamando un proprio precedente (Sez. 3, n. 19971 del 09/01/2023), la Corte ha ribadito che la volontà punitiva deve essere chiara e inequivocabile. Inoltre, citando un’altra pronuncia (Sez. 1 n. 31451-23), ha specificato che, una volta decorso il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della riforma senza che sia pervenuta la querela, l’autorità giudiziaria deve dichiarare l’improcedibilità del reato. Non è compito del giudice ricercare attivamente la querela o sollecitare la persona offesa a presentarla. Per questi motivi, essendo il reato commesso prima della riforma ma giudicato dopo, la mancanza della condizione di procedibilità ha imposto l’annullamento della sentenza senza rinvio.

Le Conclusioni

La sentenza n. 33500/2024 è un’importante conferma delle conseguenze pratiche della Riforma Cartabia sulla procedibilità del reato di furto. La decisione sottolinea che le vittime di tali reati devono ora attivarsi presentando una formale querela, manifestando esplicitamente la loro volontà di perseguire penalmente il responsabile. Una semplice denuncia non è più sufficiente, salvo nei casi eccezionali previsti dalla legge. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia ribadisce la necessità di verificare attentamente la sussistenza delle condizioni di procedibilità, specialmente nei processi relativi a fatti commessi prima del 30 dicembre 2022. L’esito è perentorio: in assenza di querela, il processo si chiude con una declaratoria di improcedibilità.

Dopo la Riforma Cartabia, il reato di furto è sempre perseguibile d’ufficio?
No. La sentenza chiarisce che, a seguito della modifica introdotta dal d.lgs. 150/2022, il delitto di furto è di regola punibile solo a querela della persona offesa. Si procede d’ufficio solo in presenza di specifiche circostanze aggravanti, che non includevano quella contestata nel caso di specie.

Una semplice denuncia è sufficiente per avviare il procedimento per furto?
No. La Corte ha stabilito che una formale denuncia in cui non sia chiaramente evidenziata la ‘volontà di punizione’ del colpevole non è sufficiente. Per i reati procedibili a querela è necessario un atto specifico che manifesti l’intenzione di perseguire penalmente l’autore del reato.

Cosa succede se la querela non viene presentata nei termini dopo l’entrata in vigore della nuova legge?
La sentenza afferma che il decorso del termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della legge, senza che l’autorità giudiziaria riceva prova della presentazione della querela, impone l’immediata pronuncia di improcedibilità per mancanza della stessa, con conseguente annullamento della sentenza di condanna.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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