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Difetto di querela: furto aggravato e Riforma Cartabia

Un individuo, condannato in appello per furto aggravato di acqua ai danni di un comune, ha ottenuto l’annullamento della sentenza dalla Corte di Cassazione. La decisione si fonda sul cosiddetto “difetto di querela”, una conseguenza diretta della Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022). Tale riforma ha modificato il regime di procedibilità per il reato di furto, rendendolo perseguibile solo su querela della persona offesa anche in presenza di alcune aggravanti. Poiché il comune danneggiato non aveva mai sporto querela, l’azione penale è stata dichiarata improcedibile, annullando la condanna.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Difetto di querela: la Riforma Cartabia porta all’annullamento di una condanna per furto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha annullato una condanna per furto aggravato, evidenziando le profonde implicazioni della Riforma Cartabia sul regime di procedibilità dei reati. Il caso ruota attorno al concetto di difetto di querela, una circostanza procedurale che, a seguito delle nuove norme, ha reso impossibile proseguire l’azione penale contro l’imputato. Questa decisione sottolinea come una modifica legislativa possa retroattivamente incidere su procedimenti già in corso, portando a esiti inaspettati.

I Fatti del Caso: Il Furto d’Acqua e la Condanna

L’imputato era stato condannato dalla Corte d’Appello per il reato di furto continuato e aggravato. L’accusa era di essersi allacciato abusivamente alla condotta idrica comunale, sottraendo un quantitativo imprecisato d’acqua. Le aggravanti contestate erano la violenza sulle cose (per la manomissione dell’impianto) e l’aver commesso il fatto su beni esposti alla pubblica fede (la condotta idrica stessa).

La Corte d’Appello aveva riformato parzialmente la pena, sostituendo la detenzione con una sanzione pecuniaria complessiva di oltre 30.000 euro.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha presentato ricorso alla Suprema Corte basandosi su due motivi principali:

1. Violazione di legge per difetto di querela: Il motivo principale, e decisivo, riguardava l’entrata in vigore della Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022) dopo la sentenza d’appello ma prima del deposito delle motivazioni. La difesa sosteneva che la riforma avesse reso il furto contestato procedibile solo a querela della persona offesa (il Comune) e che tale querela non era mai stata presentata.
2. Errata quantificazione della pena pecuniaria: In subordine, si contestava il criterio di conversione della pena detentiva in pecuniaria, ritenuto illegittimo alla luce di una successiva sentenza della Corte Costituzionale.

L’impatto della Riforma Cartabia sul difetto di querela

Il cuore della questione risiede nella modifica introdotta dall’art. 2 del D.Lgs. 150/2022. Questa norma ha ampliato i casi in cui il reato di furto (art. 624 c.p.) è punibile solo a seguito di una querela da parte della vittima. In particolare, anche in presenza delle aggravanti contestate nel caso di specie (violenza sulle cose e bene esposto a pubblica fede), il reato non è più procedibile d’ufficio. Poiché le modifiche normative più favorevoli all’imputato si applicano retroattivamente, questa nuova regola doveva essere applicata anche al procedimento in esame.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato e assorbente rispetto a ogni altra questione, inclusa quella sulla pena. I giudici hanno constatato che, a seguito della Riforma Cartabia, il delitto contestato era effettivamente diventato perseguibile a querela.

Analizzando gli atti processuali, la Corte ha verificato che il Comune, persona offesa dal reato, non aveva mai sporto una formale querela manifestando la volontà di perseguire penalmente il responsabile. Inoltre, il Comune non si era nemmeno costituito parte civile nel processo, atto che la giurisprudenza talvolta considera equipollente a una querela.

La Corte ha anche escluso la possibilità di ravvisare d’ufficio altre aggravanti che avrebbero mantenuto la procedibilità d’ufficio (come la destinazione del bene a pubblico servizio). Farlo nel giudizio di legittimità, senza che fossero state contestate in precedenza, avrebbe costituito una violazione del divieto di reformatio in peius, ovvero un peggioramento della posizione dell’imputato nel suo stesso ricorso.

Di conseguenza, in assenza della condizione di procedibilità richiesta dalla nuova legge, l’azione penale non poteva essere proseguita.

Le Conclusioni

La Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata. La decisione finale è che l’azione penale non può proseguire per difetto di querela. Questo caso dimostra in modo emblematico come le riforme procedurali, specialmente quelle che ampliano l’ambito dei reati a querela di parte, possano avere un impatto determinante sui processi in corso, portando all’estinzione del procedimento anche in presenza di una condanna nei gradi di merito.

Dopo la Riforma Cartabia, il furto aggravato è sempre procedibile d’ufficio?
No. La sentenza chiarisce che, a seguito della Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), anche il furto aggravato da violenza sulle cose (art. 625 n. 2 c.p.) e dall’esposizione del bene alla pubblica fede (art. 625 n. 7 c.p.) è diventato procedibile a querela della persona offesa, e non più d’ufficio.

Cosa succede se la vittima di un reato, divenuto procedibile a querela, non sporge denuncia?
Se la persona offesa non presenta la querela, l’azione penale non può essere iniziata o, se già in corso al momento della modifica normativa, non può essere proseguita. Come nel caso di specie, ciò comporta l’annullamento della sentenza di condanna per improcedibilità.

La costituzione di parte civile può sostituire la querela mancante?
La sentenza richiama un orientamento giurisprudenziale secondo cui la costituzione di parte civile può essere considerata un atto equipollente alla querela. Tuttavia, nel caso specifico, il Comune danneggiato non si era costituito parte civile, pertanto mancava qualsiasi atto che potesse manifestare la sua volontà di perseguire il colpevole.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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