Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1964 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1964 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in MAROCCO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/01/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona dei Sostituto Procuratore NOME COGNOME chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 684/2023, la Corte d’appello di Bologna ha rigettato l’impugnazione proposta da NOME avverso la sentenza n.1554 del 2021 del Tribunale di Reggio Emilia, in composizione monocratica, che lo aveva ritenuto responsabile del reato p.e.p. dall’art. 624 cod. pen., perché – per assicurarsi profitto – si era impossessato di una cassetta contenente tra l’altro 7 blocchetti “gratta e vinci” nuovi ed altri “gratta e vinci” vincenti da convalidare, di proprie del ” Bar Piccadilly”, sottraendoli dal locale dell’esercizio ove era custodita, e riconosciute le attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 100 di multa, pena sospesa, oltre che al pagamento delle spese processuali.
Ad avviso della Corte d’appello, andava confermata la decisione del primo giudice, disattesi i motivi d’appello, in quanto: a) era presente la condizione di procedibilità della querela sporta dalla parte offesa, che, il 15 dicembre 2016, aveva sporto denuncia orale presso la Stazione dei Carabinieri di Reggio Emilia, ricostruendo i fatti. La dichiarazione, seppure priva della forma volta ad indicare la volontà che i responsabili fossero individuati e puniti, poteva essere qualificata come denuncia- querela in ragione dei successivi comportamenti tenuti dalla parte in sede testimoniale; b) non poteva essere applicata la causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen. per la particolare tenuità del fatto, in quant l’imputato era già gravato da diversi precedenti penali specifici, aveva agito approfittando del fatto che la parte offesa era impegnatA in altri servizi ed era stato raggiunto dagli agenti a seguito di altra segnalazione per furto, a dimostrazione dell’indole incline alla commissione di reati contro il patrimonio.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l’AVV_NOTAIO, nell’interesse di NOME, sulla base ck due motivi, qui enunciati nei limiti strettamente necessari alla motivazione (art. 143, comma 1, clisp. att. cod. proc. pen.):
in relazione all’art. 606, lettere c) ed e), cod. proc. pen., per la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in punto di mancanza della condizione di procedibilità della querela; il ricorrente deduce che il procedimento aveva avuto origine da una denuncia orale all’interno della quale era del tutto assente la volontà di perseguire il colpevole ed una diversa interpretazione risulterebbe contraria al principio di favore verso l’imputato;
in relazione all’art. 606, lettere c) ed e)’ cod. proc. pen., per la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in punto di mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. proc. pen., per la particolare tenuità del fatto, alla luce dell’esiguità del danno che lo stess giudice aveva apprezzato nel calcolare la pena e della circostanza che l’imputato
non risultava essere abituale nel reato, né era stato dichiarato delinquente professionale o per tendenza.
4. Il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è fondato. In linea di principio, va ricordato che questa Corte di cassazione (vd. da ultimo, Sez. 2, dell’8/09/2023, n.39673, COGNOME) ha consolidato il principio secondo cui k/ la volontà di chiedere la punizione del colpevole non è sottoposta a particolari formalità e può ricavarsi dall’esame dello stesso atto di querela. Invero, in tema di reati perseguibili a querela, la sussistenza della volontà di punizione da parte della persona offesa non richiede formule particolari e, pertanto, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpretati alla luce del “favor querelae” (Sez. 5, n. 2665 del 12/10/2021, dep. 2022, Rv. 282648).
Ancora, Sez. 2, n. 9968 del 02/02/2022, Saottini, Rv. 282816, ha evidenziato, ai fini della validità della querela presentata oralmente alla polizia giudiziaria seguito di arresto in flagranza, che la manifestazione di volontà della persona offesa di perseguire l’autore del reato è desumibile dall’espressa qualificazione dell’atto, formato su richiesta della persona offesa, come “verbale di ricezione di querela orale” qualora la richiesta si accompagni ad una inequivoca manifestazione della volontà punitiva ai danni del colpevole, come accade nella circostanza, una volta scoperto il reato subito, della richiesta immediata di intervento dei Carabinieri; e ciò all’evidente fine di ottenere la punizione dell’autore.
Quindi, si è attribuita rilevanza alla dicitura “verbale di ricezione di querel orale” che indica la manifestazione di volontà che si proceda in ordine ad un fatto previsto dalla legge come reato: in tal caso, pertanto, l’omessa indicazione della “formale richiesta di punizione” ovvero dell’uso delle formule di “chiusura” (del tipo “previa lettura e conferma”), non è stata ritenuta dirimente ai fini dell sussistenza della condizione di procedibilità, in quanto, allorché l’atto di querela e 4 formato in costanza di arresto e, dunque, presentato oralmente alla polizia giudiziaria, non può prescindersi dalla valutazione del contesto di fatto sotteso alla qualificazione dell’atto come querela. E si tratta di una valutazione che compete al giudice del merito e non certo alla Corte di legittimità.
2. Nel caso di specie, come ricostruito dai giudici di merito’ è accaduto che la parte offesa, in data 15 dicembre 2016, aveva sporto denuncia orale presso la Stazione dei Carabinieri di Reggio Emilia, ricostruendo i fatti avvenuti durante la notte dello stesso giorno. Tale dichiarazione, riconosce la sentenza impugnata, era sprovvista di una forma – anche solo di stile – volta ad indicare che i responsabili fossero individuati e puniti; tuttavia, alla stessa è stata riconosciuta la qualità
denuncia-querela in ragione della successiva condotta osservata dalla parte offesa, in sede di dichiarazioni testimoniali. Si allude a quanto dichiarato nel corso dell’udienza del 26 novembre 2020, a distanza di quattro anni dai fatti, e precisamente alla reiterata volontà, ora jed allora, che i colpevoli fossero puniti.
La Corte territoriale rimarca, riportando testualmente la dichiarazione resa, che la parte offesa, rispondendo a specifica domanda del giudice, ha ribadito di voler conoscere l’identità dell’autore del furto che avrebbe dovuto essere almeno punito. E’, altresì ipresente agli atti del fascicolo d’ufficio il verbale di ricezione della denuncia orale, così denominata nell’atto, sporta dalla parte offesa presso la Stazione dei Carabinieri di Reggio Emilia 1il 15 dicembre 2016 ichekreca nella parte finale, gli avvisi di rito formulati dai verbalizzanti nei confronti della parte offes relazione alla denuncia/querela. Non si rinviene, come in effetti accertato dalla sentenza impugnata, in alcuna parte del documento l’indicazione della volontà punitiva da parte della vittima del furto
A fronte di tale quadro complessivo, non può essere condiviso l’assunto della sentenza impugnata di ritenere presente la condizione di procedibilità della querela. Questa Cortetin particolare si veda Sez. 4, Sentenza n. 7532 del 2019) pur ribadendo che l’apprezzamento della sussistenza della volontà di querelare costituisce giudizio di merito, insindacabile in sede di legittimità, sempre che l’interpretazione di tale volontà, in tutti i suoi elementi, sia compiuta dal giudice merito in conformità a corretti canoni di ermeneutica (Cass., Sez. 5, 25-5-1999, Carta, Rv. 213806; Sez. 3, n. 10254 del 12-2-2014, Rv. 258384), ha negato che si possa inferire la sussistenza di una implicita volontà di perseguire gli autori del reato da manifestazioni di volontà intervenute successivamente all’avvenuta denuncia, nonché dalla successiva costituzione di parte civile, pur se intervenuta entro il termine per presentare querela.
In ordine al primo profilo, è stato richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la denuncia – e cioè la comunicazione all’Autorità dell’avvenuta consumazione di un fatto di reato – non è sufficiente a qualificare il relativo atto come querela, ove quest’ultimo non contenga l’univoca manifestazione, da parte del soggetto legittimato, della volontà di chiedere la punizione del colpevole, atteso che proprio in ciò consiste la differenziazione tra querela e denuncia (Cass., Sez. fer., n. 36001 del 2012). La manifestazione della volontà di instare per la punizione del reo, infatti, pur non richiedendo formule sacramentali (Sez. 4, n. 40273 del 24-9-2007), deve essere assolutamente chiara ed inequivocabile e non può desumersi dai contenuti di una mera denuncia di un fatto di reato (Sez. 6, n. 11386 del 22-1-2003, Rv. 223950).
Sulla scorta dell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la volontà di perseguire il responsabile del reato non può essere dedotta dal comportamento
successivo alla presentazione della denuncia allorché il tenore di quest’ultima risulti del tutto privo di indicazioni al riguardo, anche per il principio genera vigente in materia penale, in dubio pro reo (Cass., Sez. 3, 21-3-1996, Fiorentino, Rv. 205432)’ 12 .NI:è non appare nemmeno ammissibile una accentuata / operazione di interpretazione della volontà del dichiarante ad opera del giudice, che è incompatibile con la formulazione dell’art. 336 cod. proc. pen., il quale richiede una “dichiarazione”, con cui “si manifesta” la volontà che si proceda. Norma che sembra ostare ad un’attività ermeneutica volta a ricavare aliunde gli estremi della volontà di perseguire il responsabile del reato.
COGNOME Si impone pertanto, nel caso di specie, un pronunciamento rescindente. La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio perché l’azione penale non poteva essere iniziata per difetto di querela. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo motivo di ricorso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l’azione penale non poteva essere iniziata per difetto di querela.
Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2023 Il Consigliere estensore COGNOME Il President