Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 9400 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 9400 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 09/10/1977
avverso la sentenza del 13/03/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio in relazione al capo 2);
lette le conclusioni del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME pervenute in data 24 gennaio 2025, per il ricorrente, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dei 13 marzo 2024 la Corte di appello di Roma confermava la pronuncia del 30 novembre 2022 dei Tribunale della stessa città nei confronti di COGNOME NOME con la quale l’imputato era stato condannato, a seguito di rito abbreviato, alla pena di giustizia per due tentativi di furto aggravato (artt. 56
624,625 nn.2, 61 n.5, 99 cod. pen.) e per il porto ingiustificato fuori dalla abitazione di un bastone con manico in legno e testa in acciaio (art. 4 1.110/75).
Avverso la decisione della Corte di appello ha proposto ricorso l’imputato, attraverso il difensore di fiducia, articolando un unico motivo di censura di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma primo, disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Con l’unico motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla sussistenza della querela in relazione all’episodio di tentato furto aggravato di cui al capo 2), divenuta necessaria in ragione del mutato regime di procedibilità della fattispecie in esame, essendo inutilmente decorso il termine accordato dalla legge per sanare tale mancanza.
La censura era già stata prospettata alla Corte territoriale con le conclusioni scritte presentate in data 5 marzo 2024, ma la Corte di appello non si è pronunciata sulla stessa.
Agli atti risulta esservi unicamente una semplice denuncia orale sporta da NOME in data 3 marzo 2020, come tale inidonea ad esprimere la volontà di perseguire penalmente l’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono.
1.1. Dagli atti del fascicolo esaminati dal Collegio, in considerazione del dedotto error in procedendo (S.U., n.42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv.220092), risulta che in data 3 marzo 2020 la persona offesa NOME, titolare dell’esercizio commerciale “RAGIONE_SOCIALE, si è recata presso gli uffici dell Stazione dei Carabinieri di Roma – Sangiovanni per denunziare l’accaduto e il sottoufficiale di Polizia giudiziaria ha ricevuto le sue dichiarazioni raccogliendole in un “Verbale di ricezione di denuncia orale”.
1.2. Dalla regola dettata dall’art. 336 cod. proc. pen. (“La querela è proposta mediante dichiarazione nella quale, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, si manifesta la volontà che si proceda in ordine a un fatto previsto dalla legge come reato”), si desume come la dichiarazione con cui l’offeso invoca il processo sia un atto ad oggetto essenzialmente libero. Il suo contenuto necessario e sufficiente deve consistere infatti nella esposizione essenziale del fatto congiunta con l’istanza di procedimento non occorrendo dettagliate precisazioni di quanto esposto, né formule sacramentali.
Con riferimento in particolare alle formalità con cui si propone la querela, l’art.337, commi primo e secondo, cod. proc. pen. chiarisce che “La dichiarazione di querela è proposta, con le forme previste dall’articolo 333 comma 2, alle autorità
alle quali può essere presentata denuncia ovvero a un agente consolare all’estero. Essa, con sottoscrizione autentica, può essere anche recapitata da un incaricato o spedita per posta in piego raccomandato. Quando la dichiarazione di querela è proposta oralmente, il verbale in cui essa è ricevuta è sottoscritto dal querelante o dal procuratore speciale.”
La questione sollevata dalla difesa attiene alla idoneità del verbale predisposto dalla polizia giudiziaria intestato come “ricezione di denuncia orale” ai fini della sua validità quale “querela”.
Al riguardo la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto con orientamento consolidato e costante che:
ai fini della validità della querela, la manifestazione della volontà d perseguire l’autore del reato è univocamente desumibile dall’espressa qualificazione dell’atto, formato dalla polizia giudiziaria, come “verbale di denuncia querela”, qualora l’atto rechi la dichiarazione, sottoscritta dalla persona offesa “previa lettura e conferma”, di sporgere “la presente denuncia – querela”. (Sez.5, n.42994 del 14/09/2016, Rv. 268201; Sez. 4, n. 3733 del 07/11/2019, dep.2020, COGNOME, Rv. 278034);
ai fini della validità della querela presentata oralmente alla polizia giudiziaria a seguito di arresto in flagranza, la manifestazione di volontà della persona offesa di perseguire l’autore del reato è univocamente desumibile dall’espressa qualificazione dell’atto, formato su richiesta della persona offesa, come “verbale di ricezione di querela orale”. (Sez. 2, n. 9968 del 02/02/2022, COGNOME, Rv. 282816 che ha precisato che, ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità, non è dirimente l’indicazione della formale richiesta di punizione, ma la valutazione del contesto fattuale, riservata al giudice di merito).
2.1. Si è osservato, con le pronunzie citate, che la suddetta interpretazione sarebbe quella maggiormente conforme al dettato delle norme di cui agli artt. 336 e 337 cod. proc. pen., lette attraverso la lente della norma di cui all’art. 120 cod. pen.: “Invero – si è osservato – se l’art. 120 cod. pen. espressamente stabilisce il diritto della persona offesa alla querela, cioè all’attivazione della potestà punitiv per i reati per i quali il legislatore rimette alla parte la decisione sulla concre persecuzione penale, l’art. 337 cod. proc. pen. chiarisce in quali forme la richiesta debba essere espressa. E lo fa rinviando alla disciplina della denuncia di cui all’art. 333, comma 2, cod. proc. pen., cioè ad un atto – scritto o orale – dotato di specifica formalità, che può essere validamente presentato solo dalla persona offesa (o dal suo procuratore speciale) e validamente ricevuto solo dal pubblico ministero o da un ufficiale di polizia giudiziaria. Si tratta di una previsione che riconduce l richiesta di impulso dell’utilizzo del potere punitivo dello Stato, qualora la scelt
sia rimessa alla parte, proprio alla ‘formalità’ dell’espressione di volontà, distinguendo la denuncia, quale informazione dell’autorità intorno ad un fatto che può costituire reato, dalla querela, quale volontà di chiedere che esso sia perseguito.
L’esercizio del diritto di querela, dunque, può senz’altro essere desunto dall’espressa qualificazione dell’atto con il quale esso viene esercitato, in quanto il ricorso al termine ‘querela’ di per sé sintetizza, ai sensi dell’art. 336 cod. proc. pen., la manifestazione della volontà che lo Stato proceda penalmente in ordine al fatto di reato in essa descritto ” (Sez. 4, n. 3733 del 07/11/2019, cit.).
2.2. Nel caso di specie non solo nel verbale non vi è alcun riferimento all’espressione “querela”, ma non si traggono dal tenore delle dichiarazioni in esso contenute e dal comportamento successivo della persona offesa chiari elementi sintomatici della volontà di perseguire il responsabile del reato.
Dunque la sentenza va annullata senza rinvio con riferimento al capo 2) per mancanza di procedibilità per difetto di querela.
A seguito di siffatto annullamento va disposto comunque il rinvio al giudice dell’appello al fine di rideterminare il complessivo trattamento sanzionatorio per le altre due imputazioni, dal momento che il reato di cui al capo 2) è stato considerato il reato più grave.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’imputazione di cui al capo 2), perché l’azione penale non può essere proseguita per difetto della condizione di procedibilità. Annulla la medesima sentenza in relazione al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2025 Il con glrere essore
Il Presldente