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Difetto di querela: annullata condanna per furto

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per furto a causa di un difetto di querela. La Corte d’Appello aveva erroneamente riconosciuto una circostanza aggravante non contestata in primo grado, in violazione del principio devolutivo. Senza tale aggravante, il reato richiedeva la querela della persona offesa, che non è mai stata presentata, rendendo l’azione penale improcedibile.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Furto e difetto di querela: la Cassazione chiarisce i limiti del giudice d’appello

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 20475/2024) ha riaffermato un principio fondamentale del processo penale, annullando una condanna per furto a causa di un difetto di querela. La decisione sottolinea i limiti imposti al giudice d’appello dal principio devolutivo, specialmente quando l’unico a impugnare la sentenza è l’imputato. Questo caso offre uno spunto essenziale per comprendere come le riforme legislative, come quella introdotta dal D.Lgs. 150/2022, incidano sulla procedibilità di reati comuni.

I fatti di causa: un’aggravante controversa

Il caso ha origine da una condanna per furto emessa dal Tribunale. In primo grado, all’imputato era stata riconosciuta unicamente la circostanza aggravante della violenza sulle cose. La sentenza veniva impugnata solo dall’imputato, mentre la Procura non presentava appello. La Corte d’Appello, riformando parzialmente la decisione, riconosceva una diversa e ulteriore circostanza aggravante: quella della destinazione della cosa a pubblico servizio. Tale aggravante è cruciale, poiché rende il delitto di furto procedibile d’ufficio, senza necessità di una querela da parte della persona offesa.

Il ricorso in Cassazione e la questione del difetto di querela

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo l’improcedibilità dell’azione penale proprio per difetto di querela. La difesa ha argomentato che la Corte d’Appello non avrebbe potuto riconoscere una circostanza aggravante non ritenuta sussistente dal giudice di primo grado, soprattutto in assenza di un appello del Pubblico Ministero. L’esclusione di tale aggravante avrebbe reso il reato procedibile solo a querela di parte, querela che non era mai stata presentata entro i termini di legge.

Il ruolo del principio devolutivo nel giudizio di appello

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nell’applicazione dell’art. 597 del codice di procedura penale, che disciplina il principio devolutivo. Secondo tale principio, il giudice di secondo grado può esaminare solo i punti della sentenza che sono stati oggetto di impugnazione. Poiché il Pubblico Ministero non aveva appellato la sentenza di primo grado sul punto delle circostanze aggravanti, si era formata una preclusione. La Corte d’Appello, quindi, non aveva il potere di “peggiorare” la posizione dell’imputato (unico appellante) riconoscendo un’aggravante che il Tribunale aveva escluso. La Cassazione ha precisato che riconoscere una nuova aggravante non equivale a dare al fatto una “definizione giuridica più grave”, potere che in certi limiti è concesso al giudice dell’impugnazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Ha stabilito che la circostanza aggravante della destinazione della cosa a pubblico servizio è stata illegittimamente ritenuta dalla Corte d’Appello in violazione dell’art. 597 c.p.p. Esclusa tale aggravante, che rendeva il reato procedibile d’ufficio, il delitto di furto contestato rientrava tra quelli per cui la riforma Cartabia (D.Lgs. n. 150/2022) ha introdotto la procedibilità a querela. Dato che non risultava presentata alcuna querela entro il termine previsto del 30 marzo 2023, l’azione penale non poteva essere proseguita. Di conseguenza, la sentenza impugnata è stata annullata senza rinvio, ponendo fine al processo.

Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce la centralità delle garanzie processuali, come il principio devolutivo, che limita i poteri del giudice d’appello per tutelare l’imputato che decide di impugnare una sentenza. La sentenza evidenzia inoltre le conseguenze pratiche della recente riforma sulla procedibilità dei reati contro il patrimonio: l’assenza della querela, quando richiesta, costituisce un ostacolo insormontabile alla prosecuzione dell’azione penale, portando all’annullamento della condanna. Un monito sull’importanza di verificare attentamente le condizioni di procedibilità in ogni fase del giudizio.

Perché la condanna per furto è stata annullata?
La condanna è stata annullata perché l’azione penale è stata dichiarata improcedibile. La Corte d’Appello aveva illegittimamente riconosciuto una circostanza aggravante. Una volta esclusa tale aggravante, il reato richiedeva la querela della vittima, che non è mai stata presentata.

Un giudice d’appello può aggiungere una circostanza aggravante se solo l’imputato ha fatto ricorso?
No. Secondo la Cassazione, in virtù del principio devolutivo, se il Pubblico Ministero non ha impugnato la sentenza di primo grado, il giudice d’appello non può riconoscere nuove aggravanti, poiché ciò violerebbe il divieto di peggiorare la posizione dell’imputato (divieto di reformatio in peius).

Cosa succede se per un reato manca la querela quando è richiesta dalla legge?
Se manca la querela, che è una condizione di procedibilità, l’azione penale non può essere iniziata o, se già iniziata, non può proseguire. Il procedimento si conclude con una sentenza di non doversi procedere per improcedibilità dell’azione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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