Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1947 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1947 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nata il 12/05/1997 a NAPOLI NOME nata il 22/10/1971 a NAPOLI
avverso la sentenza in data 18/01/2024 della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsa;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME e per l’annullamento senza rinvio limitatamente al reato di danneggiamento per mancanza di querela per la ricorrente NOME
i difensori dei ricorrenti non sono comparsi nonostante la richiesta di trattazione orale accolta e disposta.
RITENUTO IN FATTO
NOME NOME e NOME COGNOME per il tramite dei rispettivi procuratori speciali e con separati ricorsi, impugnano la sentenza in data 18/01/2024 della Corte di appello di Napoli, che ha confermato la sentenza in data 26/01/2023 del Tribunale di Napoli nella parte in cui aveva condannato NOME per il reato di danneggiamento e NOME per il reato di ricettazione aggravata ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen. ) declinata nel senso dell’agevolazione.
Deducono:
GLYPH
A D
1. INGENITO NOME
1.1. Violazione di legge in relazione al decreto legislativo 19 marzo 2024 n.
31.
La ricorrente osserva che il 4 aprile 2024 è entrato in vigore il decreto legislativo n. 31 del 2024, in forza del quale il reato di danneggiamento commesso su cose esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede è procedibile a querela della persona offesa. Sostiene che che tale regime di procedibilità trova applicazione anche per i reati -come quello in esame- commessi prima dell’entrata in vigore della norma novellatrice.
Osserva, dunque, che NOME è imputata unicamente per tale titolo di reato, commesso in danno di NOME NOME che non ha mai sporto querela e neanche si è costituita parte civile.
Chiede, pertanto, che la sentenza sia annullata, per difetto di una condizione di procedibilità.
NOME COGNOME.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle circostanze attenuanti generiche e al trattamento sanzionatorio.
La ricorrente assume che la Corte di appello ha negato le circostanze attenuanti generiche, con i conseguenti riflessi in punto di determinazione della pena, con motivazione illogica e contrastante con le regole del diritto.
A sostegno dell’assunto vengono illustrati i principi che sovrintendono al riconoscimento delle circostanze attenuanti e viene richiamata la funzione loro attribuita dal legislatore.
Si assume che risulta incomprensibile la valorizzazione della condotta susseguente al reato. Denuncia, dunque, l’omessa motivazione sulla negazione delle circostanze attenuanti generiche, non potendosi reputare assolto l’obbligo di motivazione con il mero richiamo alla gravità del fatto, da cui si evince la personalità dell’imputata, in uno con la precedente condanna da ella riportata.
Evidenzia, altresì, la contraddittorietà della motivazione, che nega le circostanze attenuanti generiche, ma -al contempo- riduce la pena in ragione del comportamento processuale.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla misura eccessiva degli aumenti di pena per la continuazione.
Anche in questo caso si denuncia la mancanza di motivazione in ordine alle ragioni che hanno condotto alla determinazione dell’aumento di pena per la continuazione esterna con i fatti giudicati con la sentenza n. 913 del 2020 del G.u.p. del Tribunale di Napoli (irrevocabile il 29.09.2020).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME NOME è fondato.
1.1. Con un unico motivo d’impugnazione la ricorrente osserva che il reato di danneggiamento per cui ha riportato condanna è divenuto punibile a querela della
2 GLYPH
,…,
persona offesa in forza della modifica al regime di procedibilità introdotta dal decreto legislativo 19 marzo 2024, n. 31.
Sostiene che tale innovazione legislativa produce i suoi effetti anche in relazione ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore.
In tal senso va rilevato che, in effetti, il danneggiamento commesso su cose esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede è divenuto punibile a querela dalla persona offesa a decorrere dal 04/04/2024, con l’entrata in vigore dell’art. 9, comma 1, decreto legislativo 19 marzo 2024, n. 31.
L’assunto difensivo, secondo cui tale regime di procedibilità si applica anche ai fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore, è fondato, in ragione della portata sostanziale della querela, tale da imporre l’applicazione dell’art. 2 cod. pen. quando vi siano modifiche che si riverberino in effetti sul regime di punibilità favorevoli all’imputato.
Tanto è stato chiarito più volte da questa Corte e, anche da ultimo, in occasione dell’entrata in vigore della c.d. riforma Cartabia, è stato ribadito che «in tema di reati divenuti perseguibili a querela a seguito della modifica introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la previsione della procedibilità a querela comporta che, stante la natura mista, sostanziale e processuale, della querela, nonché la sua concreta incidenza sulla punibilità dell’autore del fatto, il giudice, in forza dell’ar 2, comma quarto, cod. pen., deve accertare l’esistenza della stessa anche per i reati commessi anteriormente all’intervenuta modifica. (Fattispecie in tema di furto aggravato dal mezzo fraudolento e dal nesso teleologico in cui la Corte ha riconosciuto la sussistenza della causa di improcedibilità non vertendosi in un’ipotesi di ricorso inammissibile)» (Sez. 5, n. 22641 del 21/04/2023, P., Rv. 284749 – 01).
Deve altresì osservarsi che il regime di procedibilità in esame è sopravvenuto rispetto alla sentenza oggi impugnata (pronunciata il 18/01/2024), così che il ricorso per cassazione costituisce per il condannato l’unico strumento per ottenere l’applicazione della norma di maggior favore.
Da ciò discende che deve ritenersi ammissibile il ricorso per cassazione presentato al solo fine di far valere la mancanza di una condizione di procedibilità dovuta al mutato regime di procedibilità sopravvenuto alla pronuncia della sentenza impugnata.
Ne consegue che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio nei confronti di NOME perché l’azione penale non poteva essere proseguita per difetto di una condizione di procedibilità.
Il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile.
2.1. Il primo motivo di ricorso, con cui si denuncia il vizio di motivazione omessa e contraddittoria, è inammissibile perché manifestamente infondato.
Va preliminarmente ricordato che «in tema di circostanze, ai fini del diniego
3 GLYPH
, … J., ,
della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente il riferimento a quelli ritenuti decisi comunque rilevanti, purché la valutazione di tale rilevanza tenga conto, a pena di illegittimità della motivazione, delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall’interessato», (così, tra molte, Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021 Ud., dep. 2022, Bianchi, Rv. 282693 – 01).
Ciò premesso, la Corte di appello -diversamente da quanto denunciato dalla ricorrente- ha negato le circostanze attenuanti generiche ottemperando all’obbligo di motivazione così come dianzi delimitato, valorizzando la negativa personalità dell’imputata siccome emergente dalla precedente condanna riportata per analoga condotta, protrattasi sino al 2017 e poi proseguita fino al 2019, fino al tempo della commissione del reato oggi in esame.
La Corte di appello ha altresì precisato che, ciononostante, ha ritenuto di premiare con una riduzione della pena il comportamento processuale della donna, che ha rinunciato ai motivi di gravame relativi alla configurabilità dell’aggravante mafiosa.
I giudici, dunque, hanno utilizzato dei parametri del tutto diversi per negare le circostanze attenuanti generiche (da un lato) e per ritenere sussistenti i presupposti per una riduzione della pena (dall’altro), così che manca in radice ogni possibilità di ritenere il vizio di motivazione contraddittoria, che si configura «quando non siano conciliabili tra loro le considerazioni logico-giuridiche in ordine ad uno stesso fatto o ad un complesso di fatti o vi sia disarmonia tra la parte motiva e la parte dispositiva della sentenza, ovvero nella stessa si manifestino dubbi che non consentano di determinare quale delle due o più ipotesi formulate dal giudice conducenti ad esiti diversi – siano state poste a base del suo convincimento» (Sez. 5, n. 19318 del 20/01/2021, Cappella, Rv. 281105 – 01).
Tanto fa emergere come non esistano i vizi di motivazione omessa e contraddittoria denunciati dalla ricorrente in punto di negazione delle circostanze attenuanti geenriche.
2.2. Il secondo motivo di ricorso, con il quale si denuncia il vizio di omessa motivazione in relazione all’aumento di pena per la continuazione, è aspecifico.
Per come già evidenziato, la Corte di appello ha ritenuto di ridurre di due mesi la pena inflitta dal primo giudice a titolo di continuazione, in ragione della rinuncia ai motivi d’impugnazione relativi all’aggravante mafiosa.
A fronte di una motivazione che valorizza un elemento a favore dell’imputata, con il motivo in esame si oppone un apodittico -quanto manifestamente infondatodifetto di motivazione, senza che siano indicati i parametri patologicamente non considerati dal giudice dell’appello, così che il motivo risulta generico per
indeterminatezza, perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581 comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.
2.3. GLYPH Quanto GLYPH esposto GLYPH porta GLYPH alla GLYPH declaratoria GLYPH di GLYPH inammissibilità dell’impugnazione proposta da NOME COGNOME cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di NOME perché l’azione penale è improcedibile per difetto di querela. Dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 3 dicembre 2024 Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente