Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20333 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20333 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a PIACENZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/03/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO COGNOME, nel senso dell’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
lette le conclusioni della difesa, nel senso dell’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Bologna, con la pronuncia indicata in epigrafe, ha confermato la condanna di NOME COGNOME per la fattispecie di cui agli artt. 110 e 73 d.P.R., capo 1 di rubrica, facente riferimento a coltivazione, produzione e detenzione di Marijuana, già ritenuta in primo grado assorbita in essa la condotta di detenzione di stupefacente di cui al capo 7.
Avverso la sentenza d’appello, nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso fondato su tre motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.). Si censurano violazioni di legge e vizi cumulatavi di motivazione in merito all’apparato argomentativo sotteso al rigetto dei motivi d’appello con riferimento al quale, in primo luogo e in via assorbente, si prospetta l’apparenza motivazionale e l’omessa motivazione circa: -la prospettata violazione del principio del ne bis in idem, nonostante la pendenza innanzi al medesimo ufficio giudiziario di altro processo, per i medesimi fatti di coltivazione, produzione e detenzione di marijuana, già definito in primo grado con sentenza non irrevocabile n. 396 del 2019 (motivo primo); – il dedotto assorbimento delle condotte di produzione e di detenzione in quella di coltivazione dello stupefacente, e in merito alle critiche mosse alla sentenza di primo grado per la mancata concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale a richiesta dei privati.
Le parti hanno concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato in termini di violazione di legge per difetto assoluto di motivazione.
La Corte territoriale, difatti, si diffonde (pag. 110-14) nell’esplicitare, co dovizia di particolari, i motivi d’appello proposti nell’interesse di NOME COGNOME, come evidenziato dall’articolazione dei tre motivi di ricorso per cassazione, ma è totalmente silente in merito a essi, limitandosi a confermare la responsabilità dell’imputato, nei termini accertati in primo grado.
In particolare, vi è assenza grafica della motivazione (anche in termini di mero rinvio per relationem alla sentenza di primo grado) in merito ai motivi d’appello inerenti all’assorbimento delle condotte di produzione e di detenzione in quella di coltivazione dello stupefacente e all’omessa concessione dei benefici della sospensione condizionale dell’esecuzione della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.
La motivazione è invece solo graficamente presente circa la dedotta violazione del principio del ne bis in idem ma apodittica, nonostante l’astratta
rilevanza nella specie in ragione del principio per cui non può essere nuovamente promossa l’azione penale per un fatto e contro una persona per i quali un processo già sia pendente (anche se in fase o grado diversi) nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del P.M., con la conseguenza per cui nel procedimento eventualmente duplicato dev’essere disposta l’archiviazione oppure, se l’azione sia stata esercitata, dev’essere rilevata con sentenza la relativa causa d’improcedibilità (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME, Rv. 231800, per la quale la non procedibilità consegue alla preclusione determinata dalla consumazione del potere già esercitato dal P.M. ma riguarda solo le situazioni di litispendenza relative a procedimenti pendenti avanti a giudici egualmente competenti e non produttive di una stasi del rapporto processuale, come tali non regolate dalle disposizioni sui conflitti positivi di competenza, che restano invece applicabili alle ipotesi di duplicazione del processo innanzi a giudici di diverse sedi giudiziarie, uno dei quali è incompetente; si vedano in merito altresì: Sez. 5, n. 17252 del 20/02/2020, C., Rv. 279113; Sez. 5, n. 37670 del 05/07/2012, COGNOME, Rv. 254562; Sez. 4, n. 25640 del 21/05/2008, COGNOME, Rv. 240783; Sez. 1, 17789 del 10/04/2008, COGNOME, Rv. 239849).
Sul punto, difatti, l’apparato motivazionale, nonostante l’analitica esplicitazione della relativa doglianza nelle precedenti pagine 10, 11 e 12, si esaurisce in una mera clausola di stile («Nulla in atti consente di ritenere che la posizione di NOME NOME sia trattata in altro procedimento per i medesimi fatti»), anche se il giudice di primo grado fa esplicito riferimento a una condanna inflitta all’imputato per i fatti di cui all’arresto del 10 giugno 2019, più volte richiamati dalla stessa Corte territoriale come oggetto di indagini confluite anche nel procedimento culminato nel processo definito con la sentenza la cui impugnazione è stata decisa con il provvedimento oggetto di attuale ricorso per cassazione.
5. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna.
Così deciso il 10 aprile 2024 Il 1 c1glitersDre COGNOME
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