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Difesa dell’ente: nomina del difensore e appello

La Cassazione annulla un’ordinanza che dichiarava inammissibile l’appello di due società contro un sequestro preventivo. Il caso riguarda la cruciale questione della nomina del difensore per la difesa dell’ente: se nominato dal legale rappresentante indagato, la nomina è illegittima. La Corte stabilisce che la mancata proposizione del riesame, dovuta all’assenza di un difensore legittimo, non preclude la possibilità di presentare appello per la revoca della misura. I ricorsi dei soci, invece, sono stati dichiarati inammissibili.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Difesa dell’ente: la Cassazione chiarisce i rimedi contro il sequestro se il difensore è illegittimo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nella responsabilità penale degli enti: la difesa dell’ente quando il suo legale rappresentante è indagato per il reato presupposto. La Corte ha stabilito che la nomina di un difensore da parte del rappresentante legale indagato è illegittima e ha chiarito quali strumenti processuali restano a disposizione della società per tutelarsi, anche quando i termini per il riesame sono scaduti.

I Fatti del Caso

Due società e i loro soci ricorrevano in Cassazione contro un’ordinanza del Tribunale della Libertà che aveva dichiarato inammissibili i loro appelli. In origine, era stato disposto un sequestro preventivo sui beni delle società. Il primo tentativo di impugnare la misura tramite riesame era fallito: il ricorso era stato dichiarato inammissibile perché il difensore era stato nominato dal legale rappresentante delle società, che era a sua volta indagato nello stesso procedimento. Questa nomina creava una situazione di insanabile incompatibilità.

Successivamente, una volta nominato un difensore legittimato, le società avevano proposto appello cautelare per chiedere la revoca del sequestro. Il Tribunale, tuttavia, lo aveva dichiarato inammissibile, sostenendo che le questioni relative alla sussistenza dei presupposti del sequestro avrebbero dovuto essere sollevate nel procedimento di riesame e che, essendo tale fase ormai preclusa, non potessero essere riproposte in appello.

La Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto i ricorsi delle due società, annullando con rinvio l’ordinanza impugnata. Ha invece dichiarato inammissibili i ricorsi proposti dai singoli soci.

Per le società, la Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse errato nel dichiarare l’inammissibilità dell’appello. La violazione iniziale del diritto di difesa, causata dall’impossibilità di nominare un difensore legittimo, non poteva tradursi in una preclusione totale a contestare la misura cautelare.

Per i soci, la Corte ha confermato un orientamento consolidato: il singolo socio non ha un interesse diretto e attuale per impugnare autonomamente il sequestro di beni appartenenti alla società.

Le Motivazioni

La sentenza si fonda su argomentazioni giuridiche precise, che meritano un’analisi approfondita.

L’Incompatibilità Assoluta del Legale Rappresentante Indagato

Il cuore della questione risiede nell’art. 39 del D.Lgs. 231/2001. Questa norma stabilisce che il legale rappresentante non può rappresentare l’ente nel procedimento penale se è imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo. La Cassazione, richiamando le Sezioni Unite (sent. Gabrielloni), ribadisce che questa incompatibilità è assoluta e presunta iuris et de iure. Non è necessaria una verifica concreta del conflitto di interessi: la sua esistenza è data per scontata dalla legge. Questo divieto serve a garantire la piena ed effettiva difesa dell’ente, che potrebbe avere interessi divergenti da quelli del suo rappresentante (ad esempio, dimostrare che quest’ultimo ha agito eludendo fraudolentemente i modelli organizzativi).

Errata Applicazione del Giudicato Cautelare e Ammissibilità dell’Appello

Il Tribunale aveva negato alle società la possibilità di contestare il sequestro in sede di appello, invocando una sorta di giudicato cautelare. La Cassazione ha definito questo ragionamento ‘eccentrico e non coerente’.

Richiamando un fondamentale principio espresso dalle Sezioni Unite (sent. n. 46201/2018), la Corte ha chiarito che la mancata tempestiva proposizione del riesame non preclude la richiesta di revoca della misura cautelare e, di conseguenza, l’appello avverso il rigetto di tale richiesta. La mancata attivazione del riesame non equivale a una rinuncia all’impugnazione. A maggior ragione, ciò vale quando l’impossibilità di proporre riesame deriva da una paralisi degli organi societari causata proprio dalla misura cautelare e dall’assenza di un difensore legittimamente nominato. L’appello, in questo contesto, diventa l’unico strumento a disposizione della società per far valere le proprie ragioni.

La Posizione dei Soci: Nessuna Legittimazione a Impugnare

Per quanto riguarda i soci persone fisiche, la Cassazione ha dichiarato i loro ricorsi inammissibili. La loro posizione era già stata vagliata e decisa in una precedente sentenza, creando un giudicato cautelare. Inoltre, la Corte ha ribadito che il singolo socio non è legittimato a impugnare provvedimenti di sequestro preventivo su beni di proprietà della società. L’interesse del socio alla restituzione delle quote è solo mediato e non costituisce quel diritto immediato e diretto che giustificherebbe un’azione individuale.

Le Conclusioni

La sentenza offre importanti indicazioni pratiche. Innanzitutto, conferma la necessità per le società di dotarsi di modelli organizzativi che prevedano meccanismi specifici per la nomina di un difensore in caso di indagine a carico del legale rappresentante. Questo evita situazioni di stallo che possono compromettere gravemente la difesa dell’ente.

In secondo luogo, stabilisce un principio di garanzia fondamentale: la violazione del diritto di difesa non può mai tradursi in una preclusione totale alla facoltà di impugnazione. Se il riesame non è esperibile per cause non imputabili all’ente, l’appello cautelare rimane una via percorribile per contestare nel merito la legittimità e la fondatezza di una misura ablativa come il sequestro.

Il legale rappresentante di una società, se indagato, può nominare il difensore per la società stessa?
No. L’art. 39 del D.Lgs. 231/2001 stabilisce un divieto assoluto. La condizione di indagato/imputato del legale rappresentante crea una situazione di incompatibilità insanabile, poiché i suoi interessi potrebbero essere in conflitto con quelli della società.

Se una società non propone riesame contro un sequestro per un vizio di nomina del difensore, perde il diritto di impugnare?
No. La Cassazione ha chiarito che la mancata proposizione del riesame, specialmente se causata da una violazione del diritto di difesa, non preclude la possibilità di chiedere la revoca del sequestro e di proporre appello cautelare contro l’eventuale rigetto. Non equivale a una rinuncia all’impugnazione.

Il singolo socio può impugnare autonomamente il sequestro di beni di proprietà della società?
No. Secondo la sentenza, il singolo socio non è legittimato a impugnare i provvedimenti di sequestro preventivo di beni societari. Il suo interesse è considerato indiretto e non vanta un diritto immediato e diretto alla restituzione dei beni, che appartengono alla società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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