Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22003 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22003 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 24/01/2024 del TRIB. LIBERTA’ di RAGIONE_SOCIALE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugNOME;
sentite le conclusioni dei difensori AVV_NOTAIO. NOME COGNOME per RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, per RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO. NOME COGNOME in sostituzione dell’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, per COGNOME NOME e COGNOME NOME, che hanno chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso, con conclusioni ribadite con memoria tempestivamente depositata per la RAGIONE_SOCIALE e per la RAGIONE_SOCIALE per
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con provvedimento del 31/01/2024, ha dichiarato inammissibili le istanze di appello proposte nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e COGNOME NOME, avverso i provvedimenti emessi dal Gip di RAGIONE_SOCIALE nelle date del 01/12/2023, 22/12/2023 e 02/01/2024, con le quali era stata richiesta la revoca e la declaratoria di nullità del sequestro preventivo del 16/10/2023.
Avverso tale provvedimento hanno proposto ricorso per cassazione, per mezzo dei propri difensori, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e COGNOME NOME, deducendo motivi di ricorso, in parte sovrapponibili, che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod.proc.pen.
3. Ricorso RAGIONE_SOCIALE
3.1. GLYPH Violazione di legge, di norme processuali, nonché vizio della motivazione perché mancante, contraddittoria ed illogica in relazione agli artt. 40 e 57 del d.lgs. n. 231 del 2001, 365, 369, 369-bis cod. proc. pen., in relazione all’art. 178, lett. c), cod. proc. pen., art. 179 cod. proc. pen. La difesa, richiamata la portata del provvedimento impugNOME, ha evidenziato la grave contraddittorietà della motivazione che da una parte ha rilevato la mancata nomina di un difensore di ufficio nell’interesse della società al momento del sequestro, come evidenziato nell’appello, e dall’altra ha ritenuto che non si fosse realizzato alcun vulnus rispetto al pieno espletamento del diritto di difesa della ricorrente, in quanto il difensore di fiducia nomiNOME dall’amministratore giudiziario dell’ente avrebbe comunque potuto proporre il riesame del provvedimento di sequestro del 26/10/2023, dunque ad oltre un mese di distanza dallo stesso, facendo valere la diversa data in cui l’interessato avrebbe avuto conoscenza del sequestro o alternativamente attivando il rimedio della restituzione nel termine ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen. Nella prospettazione della difesa, la motivazione del Tribunale si pone in aperto contrasto con la motivazione delle Sezioni Unite COGNOME ed integra all’evidenza la violazione del disposto di cui all’art. 369-bis cod. proc. pen., in assenza di qualsiasi rilevanza di un decreto di perquisizione del 25/10/2023, prodotto dalla Procura, nell’ambito del quale sarebbe stato nomiNOME un difensore di ufficio per persone ed enti, atteso che tale decreto di perquisizione non è stato mai eseguito, né notificato. Ricorre, dunque, la nullità di cui all’art. 178, lett. c), cod. proc. pen., oltre che la violazion
dell’art. 369-bis cod. proc. pen., eccepita tempestivamente dal difensore alla fine nomiNOME dall’ente su autorizzazione del AVV_NOTAIO nel primo atto successivo alla sua nomina, ovvero il ricorso per cassazione. Ricorre una vera e propria lesione di diritti costituzionalmente garantiti ai sensi degli art. 3, 24 e 111 Cost., anche considerato che in presenza del sequestro delle quote sociali era del tutto impossibile per l’ente adottare qualsiasi tipo di delibera; la società dunque era nell’impossibilità di agire in forza del sequestro delle quote della posizione di indagato dell’amministratore e del socio, in assenza di informazione di garanzia e nomina di difensore di ufficio, senza poter adottare delibere al fine di una adeguata difesa in sede di sequestro, nonostante le reiterate richieste introdotte in data 2/11/2023 e 24/11/2023, proprio a tal fine.
3.2. GLYPH Violazione di legge, violazione di norme processuali e vizio della motivazione in relazione all’art. 321 e all’art. 322-bis cod. proc. pen. ed al principio del giudicato cautelare, nonché vizio della motivazione, per contraddittorietà, mancanza e manifesta illogicità della motivazione; secondo il Tribunale la proposizione dell’appello non consentirebbe di veicolare argomentazioni, relative alla sussistenza del fumus e del periculum in mora, che hanno come loro sede naturale il giudizio di riesame e non quello di appello, non potendo quindi essere dedotti motivi che avrebbero dovuto formare oggetto di riesame, attesa la preclusione rigida derivante dalla definizione di quella fase; la difesa ha rilevato come il Tribunale abbia deciso in tal senso sulla base di principi ampiamente superati in tema di giudicato cautelare, da riferire alle singole questioni e non al procedimento ex art. 299 cod. proc. pen., che può essere sempre attivato dall’interessato affinché il giudici verifichi la sussistenza di ragioni diverse, anche differenti da quelle prospettate dall’interessato, indicativi della insussistenza dei presupposti della misura; è stato in tal senso richiamato il dictum delle Sezioni Unite Romagnoli, evidenziando che la eventuale riproposizione di questioni già valutate in precedenza non può portare alla dichiarazioni di inammissibilità delle stesse, dovendo il giudice dell’appello comunque verificare la sussistenza o meno dei presupposti della misura.
4. Ricorso RAGIONE_SOCIALE
La società ha proposto motivi sovrapponibili, richiamando le specifiche contestazioni elevate alla ricorrente.
4.1. GLYPH Violazione di legge, violazione di norme processuali e vizio della motivazione in relazione agli artt. 40 e 57 del d.lgs. n. 231 del 2001,
365, 369, 369 -bis cod. proc. pen., in relazione all’art. 178, lett. c), cod. proc. pen., art. 179 cod. proc. pen.; la difesa ha richiamato le medesime osservazioni critiche di cui al motivo della RAGIONE_SOCIALE in relazione alla omessa nomina di un difensore di ufficio con conseguente lesione del diritto di difesa, evidenziando come la precedente decisione di inammissibilità in sede di riesame (perché il difensore risultava nomiNOME dal I.r. della società che era indagato e quindi in posizione di incompatibilità, con divieto di rappresentanza dell’ente ai sensi dell’art. 30 d.lgs. 231 del 2001) rendeva evidente l’erroneità in diritto della decisione impugnata anche ai sensi dell’art. 365 e 369-bis cod. proc. pen., con conseguente nullità del provvedimento di perquisizione e sequestro del 26/10/2023.
4.2. GLYPH Violazione di legge, violazione di norme processuali e vizio della motivazione in relazione all’art. 321 e all’art. 322-bis cod. proc. pen. ed al principio del giudicato cautelare, nonché vizio della motivazione, per contraddittorietà, mancanza e manifesta illogicità della motivazione. Le argomentazioni sono del tutto sovrapponibili a quelle di cui al § 3.2. che possono essere qui richiamate.
Ricorso RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE NOME e RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE NOME.
5.1. GLYPH Violazione di norme processuali e vizio della motivazione perché totalmente omessa e mancante in relazione al motivo di appello e al motivo aggiunto sul dissequestro delle quote sociali della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE in favore dei ricorrenti; nelle istanze di dissequestro era stata prospettata la nullità del provvedimento di sequestro per violazione del diritto di difesa ai sensi dell’art. 178, lett. c) cod. proc. pen.; il G dichiarava inammissibili tali istanze senza nessuna motivazione, nonostante fosse stato esplicitamente evidenziato che il dissequestro delle quote in favore dei soci era l’unico strumento per poter adottare le delibere da parte dell’ente e titolari delle quote; nel provvedimento di sequestro era poi del tutto assente la motivazione in ordine alle esigenze di prevenzione poste alla base dello stesso al fine di incidere anche sulle quote; la giurisprudenza di legittimità aveva evidenziato che, una volta disposto il sequestro del complesso aziendale, il vincolo sulle quote societarie appare privo di giustificazione, rispetto alle specifiche finalità di prevenzione. La difesa ha, inoltre, sottolineato che la quota sociale è bene del socio e non della società e che su tale punto né il Gip, né il Tribunale avevano fornito alcuna risposta.
5.2. GLYPH Violazione di legge e vizio della motivazione perché contraddittoria ed illogica in relazione alla affermata sussistenza del giudicato
cautelare, il Tribunale ha richiamato dei principi remoti, non più applicabili in considerazione dell’evoluzione della giurisprudenza in tema di giudicato cautelare; dalla motivazione sembra che il Tribunale abbia valutato esclusivamente la richiesta delle persone fisiche di dissequestro delle società e non delle quote sociali e che si sia confusa la società con le quote sociali, atteso che invece costituiscono beni differenti: Il Tribunale ha dunque dichiarato inammissibile l’appello ritenendo la ricorrenza di un giudicato cautelare ostativo a nuovo esame della questione proposta perché non sarebbe stato addotto nessun elemento sopravvenuto, sia per questioni trattate esplicitamente, che per le questioni implicitamente disattese; la difesa ha tuttavia sottolineato come con tale motivazione il Tribunale abbia sostanzialmente omesso di motivare in ordine al tema del dissequestro delle quote sociali e non abbia adottato contenuti decisionali in merito, semplicemente dichiarando inammissibili le istanze. In applicazione della giurisprudenza delle Sezioni Unite, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, anche la mancata proposizione del riesame non preclude la revoca del sequestro in assenza di fatti sopravvenuti; e comunque il Tribunale non ha in alcun modo affrontato il tema devoluto del dissequestro delle quote sociali, per cui in questo caso il tema del giudicato cautelare appare inconferente e si sarebbe dovuta riscontrare la presenza dei requisiti di legge per mantenere il sequestro delle quote sociali.
Le difese hanno presentato memorie nei termini di legge con le quali hanno richiamato le proprie precedenti conclusioni con argomentati rilievi, chiedendone l’accoglimento (AVV_NOTAIO in data 27/03/2024, AVV_NOTAIO in data 27/04/2024).
Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio del provvedimento impugNOME in accoglimento del primo motivo di ricorso proposto dagli enti, da estendere agli altri ricorrenti, per violazione del diritto di difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso proposti da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sono in parte fondati, con conseguente annullamento del provvedimento impugNOME e rinvio al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE per nuovo giudizio.
I ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME sono invece inammissibili perché proposti con motivi non consentiti.
3. Quanto alla posizione delle ricorrenti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, occorre osservare come effettivamente a causa della illegittima nomina del difensore da parte di legale rappresentante indagato, il giudizio di riesame proposto da tale difensore è stato dichiarato inammissibile. Questa Corte con sentenza n. 13003 del 31/01/2024, pronunciata nei confronti delle predette società, ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione avverso l’originario provvedimento del Tribunale del riesame perché proposto dall’AVV_NOTAIO. Si è in tal senso osservato che: “L’art. 39 D.Lgs. n. 231/2001 prevede che “l’ente partecipa al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo”. Ciò premesso, il tema che deve essere affrontato da questa Corte è unicamente la motivazione con la quale il Tribunale ha dichiarato inammissibili i ricorsi delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in quanto proposti da difensori nominati dagli indagati, e quindi incompatibili ai sensi dell’art. 39 sopra citato; tutte le censure relative alla impossibilità per gli amministratori indagati di nominare un difensore sono inammissibili, posto che “In tema di responsabilità da reato degli enti, il legale rappresentante indagato o imputato del reato presupposto non può provvedere, a causa della condizione di incompatibilità in cui versa, alla nomina del difensore dell’ente per il generale e assoluto divieto di rappresentanza posto dall’art. 39 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231. (In applicazione del principio, la Corte ha affermato che il modello organizzativo dell’ente deve prevedere regole cautelari per le possibili situazioni di conflitto di interesse del legale rappresentante indagato per il reato presupposto, valevoli a munire l’ente di un difensore, nomiNOME da soggetto specificamente delegato, che tuteli i suoi interessi)” (Sez.3, n. 35387 del 13/05/2022, Capano, Rv. 283551); non avendo provveduto le società a prevedere meccanismi tali da ovviare alla incompatibilità dei soci, tutte le censure sollevate dalle stesse devono ritenersi infondate, dovendosi comunque ribadire che oggetto del giudizio di questa Corte (per quel che riguarda le società) è soltanto la correttezza o meno della decisione del Tribunale che ha ritenuto i ricorsi inammissibili perché proposti da difensori nominati dai soci indagati nello stesso procedimento promosso a carico delle società. A tale proposito, non si può che condividere quanto affermato dalla sentenza resa a Sezioni Unite da questa Corte (n. 33041 del 28/05/2015, COGNOME, Rv. 264312) che, in motivazione, parlando dell’atr. -39 sopra citato, ha precisato che “…la disposizione vieta esplicitamente al rappresentante legale, che sia indagato/imputato del reato presupposto, di rappresentare l’ente, una Corte di Cassazione – copia non ufficiale
proibizione che si giustifica perché il rappresentante legale e la persona giuridica si trovano in )’una situazione di obiettiva e insanabile conflittualità processuale, dal momento che la persona giuridica potrebbe avere interesse a dimostrare che il suo rappresentante ha agito nel suo esclusivo interesse o nell’interesse di terzi ovvero a provare che il reato è stato posto in essere attraverso una elusione fraudolenta dei modelli organizzativi adottati, in questo modo escludendo la propria responsabilità e facendola così ricadere sul solo rappresentante. Il divieto di rappresentanza stabilito dall’art. 39 è, dunque, assoluto e non ammette deroghe, in quanto funzionale ad assicurare la piena garanzia del diritto di difesa al soggetto collettivo; d’altra parte, tale diritto risulterebbe del tutto compromesso se l’ente partecipasse al procedimento attraverso la rappresentanza di un soggetto portatore di interessi confliggenti da un punto di vista sostanziale e processuale. Per questa ragione l’esistenza del “conflitto” è presunta iuris e t de iure e la sua sussistenza non deve essere accertata in concreto, con l’ulteriore conseguenza che non vi è alcun onere motivazionale sul punto da parte del giudice: il divieto scatta in presenza della situazione contemplata dalla norma, cioè quando il rappresentante legale risulta essere imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo, sicché il giudice deve solo accertare che ricorra tale presupposto, senza che sia richiesta una verifica circa un’effettiva situazione di incompatibilità” (pagg.12 e 13). Pertanto, avendo il Tribunale applicato correttamente l’art. 39 sopra citato, in conformità della sentenza a Sezioni Unite COGNOME, le censure proposte dalle società sono manifestamente infondate”. Ne consegue che, proprio in relazione alle argomentazioni rese da questa Corte per come sopra riportate, le censure riportate nuovamente in questa sede in ordine alla violazione del diritto di difesa e delle disposizioni costituzionali e codicistiche di riferimento non sono consentite perché già affrontate e giudicate in modo definitivo dal precedente giudizio. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.1. Diversa considerazione meritano invece le censure evidenziate con il secondo motivo in ricorso quanto alla decisione, che effettivamente presenta carattere di apoditticità e non si confronta con le argomentazioni introdotte dalla difesa, con la quale sono stati dichiarati inammissibili gli appelli delle RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE. Le difese hanno compiutamente evidenziato come il mezzo proposto da parte del difensore legittimato e nomiNOME, a seguito di numerose richieste di nomina inoltrate al Gup ed esitate nel momento in cui era già decorso il termine per proporre istanza di riesame, fosse sostanzialmente l’unico consentito, in considerazione della
data di nomina del nuovo difensore, al fine di far valere le ragioni di critica e doglianza avverso il provvedimento di sequestro che le aveva interessate.
3.2. Il Tribunale ha affermato che i difensori “una volta conferite le nomine fiduciarie secondo le modalità previste dall’ordinamento, sono stati posti nella condizione di esercitare pienamente le proprie facoltà difensive, adottando le iniziative necessarie a tutelare gli enti assistiti, ivi inclusa la proposizione del riesame avverso il decreto di sequestro preventivo, che costituisce – a differenza dell’appello ex art. 322-bis c.p.p. – lo strumento processuale ontologicamente finalizzato a censurare l’insussistenza dei presupposti genetici necessari per l’adozione della misura cautelare reale. In altri termini, gli appellanti avrebbero potuto (e dovuto, a pena di decadenza dell’istanza di riesame e di inammissibilità degli odierni appelli) veicolare le argomentazioni concernenti l’insussistenza del fumus e del periculum in mora mediante il rimedio ordinario di cui agli artt. 322 e 324 c.p.p., prospettando al giudice del riesame la diversa data in cui l’interessato ha avuto conoscenza dell’avvenuto sequesta, (art. 324, comma 1, c.p.p.) o, alternativamente, attivando il rimedio generale della restituzione nel termine per l’impugnazione previsto dall’art. 175 c.p.p. entro dieci giorni da quello nel quale è, Cessato il fatto(..) costituente forza maggiore”, da individuarsi nel giorno in cui è stata concessa l’autorizzazione per la nomina dei difensori di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, con piena riespansione delle facoltà difensive loro riconosciute dall’ordinamento”.
3.3. Nell’adottare tale motivazione il Tribunale, con argomentazioni a carattere eccentrico e non coerenti con la fase di giudizio introdotta con l’appello (proprio in considerazione della particolare dinamica che aveva interessato le due società), non ha correttamente applicato il principio di diritto affermato da questa Corte nella sua massima espressione, che qui si intende ribadire, secondo il quale: “La mancata tempestiva proposizione, da parte dell’interessato, della richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare reale non ne preclude la revoca per la mancanza delle condizioni di applicabilità, neanche in assenza di fatti sopravvenuti; ne consegue che è ammissibile l’appello cautelare avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca, non potendosi attribuire alla mancata attivazione del riesame la valenza di una rinuncia all’impugnazione.” (Sez. U, n. 46201 del 31/05/2018, E., Rv. 274092-01). Il principio è applicabile al caso in esame, atteso che evidentemente la attivazione del rimedio del riesame con difensore non legittimato, nonostante le diverse istanze al fine di ottenere la nomina di difensore legittimato non
esitate tempestivamente, integra a tutti gli effetti una mancata proposizione del riesame, con la conseguenza che potevano essere introdotte le doglianze relative al rigetto della istanza di dissequestro e tali doglianze avrebbero dovuto essere vagliate quanto alla loro fondatezza o meno (perché tempestivamente introdotte come emerge dalle allegazioni della difesa’ con particolare riferimento all’4 e all.7) senza poter giungere ad una pronuncia di inammissibilità, che si basa tra l’altro su argomentazioni palesemente illogiche, ovvero da una parte nella asserita possibilità di attivare il riesame dalla diversa data in cui l’interessato ha avuto conoscenza dell’avvenuto sequestro – circostanza certamente non ricorrente nel caso in esame, atteso che senza alcun dubbio l’interessato, da identificare nelle due predette società, aveva avuto sin dall’inizio conoscenza del sequestro – e dall’altro nell’identificare, in modo del tutto atecnico, una causa di forza maggiore (in relazione alla quale articolare una istanza di restituzione nel termine per l’impugnazione) nella autorizzazione per la nomina dei difensori, intervenuta dopo diversi solleciti da parte delle società. Il Tribunale non poteva conseguentemente dichiarare inammissibili gli appelli delle due società e dovrà dunque valutare le argomentazioni introdotte con l’atto di appello in ordine alla sussistenza o meno dei presupposti legittimanti il disposto sequestro.
Sono invece non consentite perché già vagliate e definitivamente decise le questioni introdotte da COGNOME NOME e dell’COGNOME NOME. In tal senso si deve ancora una volta richiamare la decisione di questa stessa sezione n. 13003 del 31/01/2024, che ha specificamente affrontato proprio le tematiche in questa sede nuovamente sollecitate, definendo sul punto il giudicato cautelare. In tal senso si è difatti chiarito che: “Quanto alle censure proposte dai singoli soci, si deve innanzitutto ribadire che in tema di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod.proc.pen. consente il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge (nella cui nozione di “violazione di legge” rientrano, in particolare, gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, ma anche i vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo a sostegno del provvedimentio del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal Giudice, vedi Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, NOME, Rv. 254893) e che non può, invece, essere dedotta l’illogicità manifesta della motivazione, la quale può denunciarsi nel
giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di cui all’art. 606 cod. proc. pen., lett. e) (v., per tutte: Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. RAGIONE_SOCIALE in proc. Bevilacqua, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME S., Rv. 224611); nel caso in esame, non vi è alcun confronto con la motivazione dell’ordinanza impugnata, in cui vengono evidenziate le ragioni che hanno portato a ravvisare la sussistenza sia del fumus che del periculum,essendosi limitati i ricorrenti a sostenere cha avrebbero diritto alla restituzione delle quote sociali, ma senza contestare in alcun modo i presupposti in base ai quali è stato disposto il sequestro (si veda l’ampia motivazione contenuta alle pagine 2 e 3 dell’ordinanza impugnata). Inoltre, si deve ribadire che “il singolo socio non è legittimato ad impugnare i provvedimenti in materia di sequestro preventivo di beni di proprietà di una società (nella specie, il rigetto dell’istanza di revoca della misura), attesa la carenza di un interesse concreto ed attuale, non vantando egli un diritto alla restituzione della cosa o di parte della somma equivalente al valore delle quote di sua proprietà, quale effetto immediato e diretto del dissequestro” (Sez.2, n. 29663 del 04/04/2019, Tufo, Rv. 276735).”, affrontando specificamente i temi nuovamente proposti in questa sede. I ricorsi devono conseguentemente essere dichiarati inammissibili, in mancanza di qualsiasi allegazione indicativa di elementi da novità o ancora della assenza dei presupposti legittimanti il sequestro per come contestato e specificamente considerato nella sentenza citata. I ricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOME devono conseguentemente essere condannati al pagamento delle spese processuali e della somma, stimata equa, di euro tremila in favore della cassa delle ammende ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. P.Q.M. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE competente ai sensi dell’art. 324, co.5, c.p.p.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 12 aprile 2024.