Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35305 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35305 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 19/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CASTELFRANCO IN MISCANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 04/04/2024 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorsa-
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Napoli, in funzione di Tribunale del riesame, con ordinanza del 4 aprile 2024, confermava l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Benevento che aveva applicato a NOME la misura cautelare degli arresti domiciliari per i reati di detenzione di due fucili con matricola abrasa e di ricettazione di un attrezzo agricolo frangizolle.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso l’indagato, tramite il proprio difensore, AVV_NOTAIO, articolando quattro motivi di doglianza.
2.1 Con il primo motivo denunciava l’erronea e/o falsa applicazione dell’art. 23 comma 3 L. 110/1975.
Riteneva, infatti, errata la qualificazione data nel provvedimento impugnato alla fattispecie di reato, poiché i numeri identificativi delle armi erano perfettamente leggibili sulle canne delle medesime, riportando solo una parziale alterazione che non aveva ostacolato l’individuazione del proprietario dei fucili cui – infatti – venivano prontamente restituiti.
Conseguentemente, non si sarebbe potuto affermare che l’imputato deteneva due fucili clandestini e, dunque, l’art. 23 comma 3 L. 110/75 sarebbe stato applicato erroneamente.
2.2. Con il secondo motivo denunciava la violazione dell’art. 382 cod; proc. pen. e la falsa applicazione della responsabilità oggettiva.
Secondo il ricorrente, sarebbe stato carente il requisito della flagranza alla base dell’arresto, poiché l’indagato non era presente sul terreno ove vennero trovati i fucili e la macchina agricola, terreno che era di proprietà della moglie del medesimo.
Sottolineava come il terreno avesse una notevolissima estensione e non fosse recintato e come, dunque, chiunque avrebbe potuto introdurvisi e lasciare lì i fucili.
2.3 Con il terzo motivo denunciava la violazione dell’art. 350 co 7 cod. pro. pen., poiché per l’emissione della misura cautelare sarebbero state utilizzate le dichiarazioni rese dall’indagato nell’immediatezza e poi sottoscritte, nonostante non fossero utilizzabili.
2.4 Con il quarto motivo denunciava la violazione dell’art. 274 cod proc. pen., poiché non sussisterebbero i presupposti per l’applicazione di una misura cautelare in ragione della risalenza nel tempo dell’unico precedente.
Non sussisterebbero, inoltre, le esigenze cautelari e inoltre la pena avrebbe potuto essere contenuta entro un’entità sospendibile.
2.5 Con il quinto motivo lamentava la violazione dell’art. 274 lett. c) cod proc pen.
Riteneva, infatti, che non sussistesse la pericolosità sociale dell’indagato, in difetto di elementi concreti da cui dedurla, non potendosi ritenere un valido ancoraggio un precedente risalente a 25 anni prima; dal provvedimento impugnato, inoltre, non sarebbe possibile dedurre la concretezza e attualità del pericolo di reiterazione di fatti analoghi.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, il AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME concludeva chiedendo il rigetto del ricorso a fronte di motivi infondati, ovvero generici.
Il ricorrente depositava memoria datata 13 giugno 2024 insistendo nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
1.1 Il primo motivo è inammissibile.
Il provvedimento impugnato nulla dice sulla qualificazione giuridica del fatto, né il Tribunale del Riesame, nel riassumere le ragioni del riesame dell’ordinanza genetica prospettate dal difensore, faceva alcun cenno a tale questione.
Da ciò si deduce che la contestazione circa la qualificazione giuridica della condotta non è stata posta nella fase di merito, pertanto tale motivo di ricorso è inammissibile, in quanto afferente a questione che richiede un preliminare vaglio nel merito, non effettuato in precedenza.
Secondo un pacifico orientamento di questa Corte, in tema di ricorso per cassazione avverso provvedimenti emessi nel giudizio cautelare di appello, è preclusa la deduzione di questioni nuove, non proposte con l’istanza di revoca della misura e non esaminate in sede di appello, in ragione della natura devolutiva del giudizio di legittimità e della necessità di un previo esame del merito della questione, indispensabile per la corretta individuazione del fatto cui si riferisce la norma giuridica di cui si discute l’applicazione. (Fattispecie relativa a censure attinenti alla sussistenza del “fumus” del reato, dedotte per la prima volta con il ricorso per cassazione e basate su elementi nuovi desunti da una perizia). (Sez. 3 , n. 45314 del 04/10/2023 Cc. Rv. 285335).
1.2 Anche il secondo motivo è inammissibile.
Il ricorrente denuncia, come visto, la violazione dell’art. 382 cod. proc. pen., perché il provvedimento impugnato avrebbe mal valutato il requisito della flagranza.
Tale motivo è inammissibile poiché la flagranza o quasi flagranza è presupposto della legittimità dell’arresto e dell’ordinanza di convalida che può
essere impugnata autonomamente per Cassazione con le modalità stabilite dall’art. 391 co. 4 cod. proc. pen.
Nel caso in esame, tale ordinanza non è stata impugnata, poiché ciò che il ricorrente ha sottoposto al vaglio del Tribunale del Riesame è l’ordinanza genetica della misura cautelare, che è provvedimento diverso e autonomo rispetto alla ordinanza di convalida dell’arresto che allo stato, in difetto di impugnazione, è divenuta intangibile.
In questo senso è attestata la giurisprudenza di questa Corte che ha affermato che l’omessa proposizione del ricorso per cassazione avverso l’ordinanza nel termine prescritto a pena di decadenza impedisce ogni ulteriore questione sulla legittimità non soltanto dell’arresto, ma anche della convalida, non essendo la . stessa più processualmente sindacabile.
È vero che l’ordinanza di convalida è un atto del tutto indipendente rispetto a quelli che ad esso possono seguire, salvo quelli relativi al giudizio direttissimo, tuttavia, la sua raggiunta stabilità non può che impedire l’esame in altro procedimento di qualsiasi questione che sia suscettibile di eludere il principio della tassatività dei mezzi di impugnazione mediante un giudicato che possa affermare l’invalidità del provvedimento, sia pure quale effetto derivato dell’accertamento dell’illegittimità di uno dei suoi presupposti. (Sez. 2, Sentenza n. 477 del 1999).
Circa la attribuibilità dei fucili rinvenuti nel fondo all’indagato, che il ricorren lamenta essere basata sulla responsabilità oggettiva, il provvedimento impugnato ha ampiamente motivato alle pagg 2 e 3 le ragioni della sicura riferibilità dei beni delittuosi all’imputato e, dunque, la riproposizione al giudice di legittimità della medesima questione già sottoposta al vaglio del giudice di merito, che la ha risolta con motivazione congrua e non contraddittoria, integra un motivo inammissibile per aspecificità.
In relazione al ricorso per Cassazione, infatti, si è ripetutamente affermato che costituisce motivo di inammissibilità per aspecificità la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentative della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione. (Sez. 6, n. 13449 del 12/02/2014).
1.3 Il terzo motivo è infondato.
Ancora una volta il ricorrente ripropone del tutto genericamente la medesima ragione di doglianza proposta al Tribunale del Riesame circa la non utilizzabilità delle spontanee dichiarazioni sottoscritte dall’indagato nell’immediatezza dei fatti, senza rapportarsi dialetticamente alle motivazioni rese sul punto nel provvedimento impugnato che, peraltro, richiamano orientamenti di legittimità pacifici, secondo i quali, in tema di giudizio abbreviato, le dichiarazioni spontanee rese nell’immediatezza dei fatti alla polizia giudiziaria dalla persona sottoposta ad indagini sono pienamente utilizzabili, purché verbalizzate in un atto sottoscritto
dal dichiarante, onde consentire al giudicante di verificarne i contenuti ed evitare possibili abusi, o anche solo involontari malintesi, da parte dell’autorità di polizia.
(In motivazione, la Corte ha precisato che la spontaneità delle dichiarazioni si riferisce alla assenza di induzione o di sollecitazione da parte delle forze dell’ordine che ricevono le propalazioni da parte dell’imputato e non alla volontarietà delle stesse). (Sez. 2 – , Sentenza n. 41705 del 28/06/2023)
Altra giurisprudenza, ormai prevalente e più recente, ha aderito all’opzione ermeneutica più conforme al disposto dell’art. 350, comma 7, cod. proc. pen., secondo cui le dichiarazioni spontanee rese dalla persona sottoposta alle indagini alla polizia giudiziaria sono utilizzabili nella fase procedinnentale, e, dunque, nell’incidente cautelare e negli eventuali riti a prova contratta, purché emerga con chiarezza che l’indagato ha scelto di renderle liberamente, ossia senza alcuna coercizione o sollecitazione (Sez. 1, n. 15197 del 08/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279125; Sez. 3, n. 20466 del 03/04/2019, S., Rv. 275752; Sez. 5, n’. 32015 del 15/03/2018, COGNOME, Rv. 273642; Sez. 2, n. 14320 del 13/03/2018, Basso, Rv. 272541; Sez. 5, n. 13917 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 269598; Sez. 2, n. 26246 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 271148).
Nella fattispecie, il ricorrente non contesta il dato della spontaneità delle dichiarazioni, costituente, come si è detto, l’unico limite alla piena utilizzabilit delle stesse, anche se rese in assenza di difensore e senza la somministrazione degli avvisi ex artt. 63 e 64 cod. proc. pen.. (Sez. 4 – , Sentenza n. 2124 del 27/10/2020).
Dunque, anche secondo la più recente giurisprudenza, nella fase cautelare le spontanee dichiarazioni rese dall’indagato e dal medesimo sottoscritte sono utilizzabili, poiché, come visto, il ricorrente non ne ha mai contestato la spontaneità.
1.4 II quarto motivo è infondato.
Anch’esso è assolutamente aspecifico, contestando il ricorrente ancora una volta la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari senza alcun elemento di critica nuovo rispetto alle motivazioni contenute nel provvedimento impugnato.
Il Tribunale del riesame e, ancor prima, l’ordinanza genetica hanno ampiamente motivato circa la consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, nonché circa la sussistenza delle esigenze cautelari che non si basano certo solo sul precedente, assai risalente, ma che sono connesse alla gravità dei fatti contestati, e alla pluralità degli stessi.
1.5 Il quinto motivo è parimenti infondato.
Secondo un pacifico orientamento di legittimità, infatti, ai fini della valutazione in ordine alla sussistenza dell’esigenza cautelare del pericolo di recidiva ed alla
scelta della misura coercitiva in concreto adeguata a soddisfarla, la pregressa incensuratezza dell’indagato ha valenza di mera presunzione relativa di minima pericolosità sociale, che ben può essere superata valorizzando l’intensità del pericolo di recidiva desumibile dalle accertate modalità della condotta in concreto tenuta. (Sez. 5, Sentenza n. 42784 del 23/05/2016).
E’, dunque, evidente che la presenza o meno di precedenti penali, ovvero la loro risalenza nel tempo, ha un rilievo del tutto relativo, poiché la pericolosità sociale può essere desunta anche dalle specifiche modalità e circostanze del fatto, tanto è vero che detta esigenza cautelare può essere individuata anche in capo a chi sia incensurato, laddove gli altri elementi indicati dall’art. 274 lett. c) cod pro pen assumano un rilievo preponderante.
Ed, infatti, si ribadisce, che ai fini della configurabilità dell’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione dei reati, prevista dall’art. 274, lett. c), cod. proc. pen il parametro valutativo costituito dalla personalità dell’indagato va desunto da comportamenti o atti concreti ovvero, in via disgiuntiva, dai suoi precedenti penali, nel senso che gli elementi per una valutazione di pericolosità possono trarsi anche solo da comportamenti o atti concreti – non necessariamente aventi natura processuale – in difetto di precedenti penali, poiché, diversamente opinando, l’incensurato che tenesse un comportamento processuale corretto si porrebbe automaticamente al di fuori di una diagnosi di pericolosità, benché, ai fini di tale previsione, l’analisi di quel comportamento sarebbe, se non inidonea, comunque del tutto insufficiente. (Sez. 5, Sentenza n. 5644 del 25/09/2014).
Il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdott nell’art. 274, lett.c), cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, poi, non richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare é chiamata a realizzare (vds. Fra le tante Sez. 5, Sentenza n. 33004 del 03/05/2017, Cimieri, Rv. 271216; Sez. 2, Sentenza n. 47891 del 07/09/2016, Vicini e altri, Rv. 268366): in tal senso si è, ad esempio, ravvisata la sussistenza di detto requisito nella particolare spregiudicatezza dimostrata dall’indagato reiterando una condotta furtiva a distanza di pochi giorni da altra precedente, in occasione della quale era sfuggito alla cattura (Sez. 2, n. 11511 del 14/12/2016 – dep. 2017, Verga, Rv. 269684).
Nel caso di specie il provvedimento impugnato motiva circa la sussistenza del pericolo di reiterazione non solo in ragione del precedente risalente, ma anche e soprattutto delle concrete modalità del fatto; in particolare, ricava la attualità, concretezza e intensità del pericolo di consumazione di altri gravi delitti del tipo di
quelli per cui si procede in ragione della pluralità dei beni ricettati, due fucili co matricola abrasa, e della loro natura, un costoso attrezzo agricolo.
Su tali argomenti il ricorrente non dialoga, limitandosi a contestare ancora una volta l’attualità del pericolo, che rilevava erroneamente come parametrato solo sulla risalenza del precedente.
Il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato ex art. 616 cod. proc. pen. al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 19 giugno 2024
Il Consigliere estensore
IlnPresidente