Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22652 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22652 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 27/03/1991 a NAPOLI
avverso la sentenza in data 30/06/2024 della CORTE DI APPELLO DI NA-
COGNOME;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
letta la nota dell’ Avvocato NOME COGNOME che, nell’interesse della costituita parte civile NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza in data 30/06/2024 della Corte di appello di Napoli, che -per quello che qui interessa- ha confermato la sentenza in data 14/06/2024 del Tribunale di Napoli, che lo aveva condannato per il reato di cui a ll’art. 648 cod. pen.
Deduce:
Violazione di legge in relazione all’art. 350, commi 5 e 7, cod. proc. pen.
Il ricorrente premette che la condanna di NOME è stata confermata dalla C orte di appello sulla base delle spontanee dichiarazioni rese dal nonno dell’imputato, NOME che, «presente in loco e prima di assumere formalmente la qualità di indagato dichiarava che il box auto che custodiva i beni oggetto di furto era del nipote, NOME».
Osserva che «dalla lettura della sentenza si desume, con assoluta chiarezza, che al momento in cui NOME NOME ha reso spontanee dichiarazioni alla polizia giudiziaria operante era il soggetto dalla stessa polizia giudiziaria identificato come persona nei cui confronti erano in corso le indagini».
Si deduce, quindi, che: «Il giudizio di responsabilità espresso dalla Corte di appello è reso in violazione dell’art. 350 cod. proc. pen. che, al comma 6, fa espresso divieto di documentazione ed utilizzazione delle notizie e delle indicazioni assunte senza l’assistenza del difensore sul lu ogo o nell’immediatezza del fatto . Seppure vi sia stato un accordo acquisitivo che, ex art. 493, comma 3, cod. proc. pen., ha avuto quale oggetto la comunicazione della notizia di reato, tale accordo non si è esteso anche all’utilizzazione delle dichiarazioni delle quali è vietata anche la documentazione».
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso é inammissibile perché manifestamente infondato.
1.1. La C orte di appello ha dato risposta all’identica questione sollevata con il gravame e ha spiegato che la Comunicazione Notizia di Reato e l’annotazione di servizio ad essa allegata venivano acquisite sull’accordo delle parti, così che esse erano pienamente utilizzabili ai fini del giudizio.
In particolare, l’annotazione di servizio dava atto che NOME, nell’immediatezza del fatto, spontaneamente e prima di assumere la qualità di indagato, « dichiarava che il box, nel quale si notavano già dall’esterno i motoveicoli di provenienza delittuosa poi rinvenuti nello stesso, pur essendo di sua proprietà era da tempo nella disponibilità del nipote NOME e che, pertanto, non era in possesso delle relative chiavi, tanto da imporre la forzatura della porta del box, non essendo in grado di contattare il nipote» (così riportate alla pagina 3 della sentenza impugnata).
1.2. I giudici della Corte di merito hanno evidenziato che tali dichiarazioni dovevano considerarsi pienamente utilizzabili, in quanto acquisite sull’accordo delle parti e a mente del principio di diritto fissato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 44926 del 27/09/2023 (COGNOME, Rv. 285316 -02) secondo cui «gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero ed acquisiti, sull’accordo delle parti, al fascicolo per il dibattimento, sono utilizzabili ai fini della decisione, non ostandovi neanche i divieti di lettura di cui all’art. 514 cod. proc. pen., salvo che
tali atti siano affetti da inutilizzabilità cosiddetta “patologica”, qual è quella derivante da una loro assunzione contra legem ».
La motivazione della C orte di appello è conforme all’insegnamento di questa Corte di legittimità, che ha specificato che sono pienamente utilizzabili in dibattimento le dichiarazioni autoaccusatorie spontaneamente rese nell’immediatezza dei fatti dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, nel caso in cui l’atto che le include sia stato acquisito al fascicolo per il dibattimento su accordo delle parti, senza che queste ultime abbiano formulato espresse limitazioni circa l’utilizzabilità di detto atto soltanto in relazione a specifici contenuti diversi dalle dichiarazioni stesse (cfr., Sez. 4, n. 14074 del 05/03/2024, COGNOME, Rv. 286187 -02; Sez. 2, n. 26209 del 23/02/2017, COGNOME, Rv. 270314 -01; Sez. 5, n. 12445 del 23/02/2005, COGNOME, Rv. 231689 -01).
Il ricorrente sostiene che, in realtà, l’accordo era limitato alla comunicazione notizia di reato, ma non anche all’annotazione di che trattasi.
L’affermazione difensiva, però, per essere fondata, deve essere supportata dalla dimostrazione documentale dei limiti espressamente opposti in occasione dell’acquisizione concordata.
Poiché nessuna condizione risulta formulata dalla difesa al momento dell’acquisizione dell’annotazione in esame, essa deve ritenersi utilizzabile in ogni sua parte.
Ne consegue la manifesta infondatezza del contrario assunto difensivo e l’inammissibilità del ricorso.
Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Va da ultimo osservato che la parte civile, pur costituendosi nel presente grado di giudizio, non ha formulato alcuna domanda di condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute, così che non può procedersi alla liquidazione d’ufficio delle spese processuali sopportate dalla parte civile, difettando il requisito della presentazione di una specifica domanda sul punto.
Va ribadito, infatti, che «in tema di spese processuali, la parte civile ha diritto ad ottenerne la liquidazione qualora abbia formulato domanda di condanna della controparte alla rifusione, non essendo anche necessario che abbia presentato apposita nota spese ai sensi dell’art. 153 disp. att. cod. proc. pen. (Fattispecie relativa a patteggiamento, in cui è stata ritenuta sufficiente la sola richiesta di
condanna alle spese contenuta nell’atto di costituzione della parte civile)» (Sez. 6, n. 19271 del 05/04/2022, COGNOME, Rv. 283379 -01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 05/06/2025