LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Dichiarazioni spontanee: quando sono utilizzabili?

Un soggetto viene condannato per ricettazione sulla base delle dichiarazioni spontanee di un parente. La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, affermando che le dichiarazioni spontanee sono pienamente utilizzabili se il documento che le contiene è acquisito al processo tramite accordo tra le parti, senza che la difesa abbia posto specifiche limitazioni.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazioni Spontanee: La Cassazione ne Conferma l’Utilizzabilità con l’Accordo delle Parti

Nel processo penale, la formazione della prova è un momento cruciale che segue regole rigorose. Una questione particolarmente dibattuta riguarda l’utilizzabilità delle dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria da persone non ancora formalmente indagate e senza l’assistenza di un difensore. Una recente sentenza della Corte di Cassazione torna sul tema, offrendo un chiarimento fondamentale sul peso dell’accordo tra le parti processuali nell’ammissione di tali elementi probatori.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.). La condanna, confermata in appello, si fondava in modo significativo su un elemento probatorio specifico: le dichiarazioni rese dal nonno dell’imputato agli agenti di polizia intervenuti.

Nell’immediatezza dei fatti, prima ancora di assumere formalmente la qualità di indagato, il nonno aveva dichiarato che un box auto di sua proprietà, al cui interno erano stati rinvenuti beni di provenienza furtiva, era in realtà nella piena disponibilità del nipote. Quest’ultimo, a suo dire, era l’unico a possederne le chiavi.

La Questione Giuridica e i Motivi del Ricorso

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la violazione dell’articolo 350 del codice di procedura penale. Secondo la difesa, le dichiarazioni spontanee del nonno non sarebbero state utilizzabili per fondare il giudizio di colpevolezza. La norma, infatti, pone severi limiti all’uso di notizie e indicazioni assunte dalla polizia giudiziaria senza le garanzie difensive.

Il ricorrente argomentava che, sebbene vi fosse stato un accordo per l’acquisizione della comunicazione di notizia di reato, tale consenso non si estendeva all’annotazione di servizio che conteneva le suddette dichiarazioni, la cui documentazione e utilizzazione sarebbero vietate.

La Decisione della Cassazione sulle Dichiarazioni Spontanee

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, confermando la piena legittimità della decisione dei giudici di merito. Il fulcro della decisione risiede nel principio dell’utilizzabilità degli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento su accordo delle parti.

I giudici supremi hanno ribadito un orientamento consolidato: quando un atto delle indagini, come un’annotazione di servizio contenente dichiarazioni spontanee, viene inserito nel fascicolo processuale con il consenso di accusa e difesa, esso diventa pienamente utilizzabile ai fini della decisione, salvo che non sia affetto da un’inutilizzabilità “patologica” (derivante, ad esempio, da violenza o minaccia).

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che la Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato come l’acquisizione concordata riguardasse non solo la comunicazione della notizia di reato, ma anche l’allegata annotazione di servizio. In assenza di una specifica e documentata limitazione formulata dalla difesa al momento dell’accordo, l’atto deve considerarsi utilizzabile in ogni sua parte.

L’affermazione del ricorrente, secondo cui l’accordo era limitato, è stata ritenuta una mera asserzione difensiva, non supportata da alcuna prova documentale. Spettava alla difesa, infatti, dimostrare di aver espressamente circoscritto l’oggetto dell’accordo, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. La Cassazione ha quindi applicato il principio secondo cui gli atti del fascicolo del pubblico ministero, una volta acquisiti consensualmente al dibattimento, non sono soggetti ai divieti di lettura previsti dall’art. 514 c.p.p. e possono essere legittimamente posti a fondamento della sentenza.

Le conclusioni

Questa pronuncia rafforza un importante principio di responsabilità processuale per le parti. Per i difensori, emerge la necessità cruciale di prestare la massima attenzione al momento dell’accordo sull’acquisizione degli atti. Qualsiasi consenso all’inserimento di un documento nel fascicolo dibattimentale deve essere attentamente ponderato. Se si intende escludere l’utilizzabilità di parti specifiche di un atto (come le dichiarazioni spontanee di un terzo), è indispensabile formulare una riserva espressa, chiara e verbalizzata. In mancanza di ciò, l’intero contenuto del documento diventa patrimonio conoscitivo del giudice, con tutte le conseguenze che ne possono derivare per l’esito del processo.

Le dichiarazioni spontanee rese alla polizia senza avvocato sono sempre utilizzabili in processo?
No, non sempre. Secondo la sentenza, diventano pienamente utilizzabili se il documento che le contiene (es. un’annotazione di servizio) viene inserito nel fascicolo del dibattimento su accordo esplicito tra accusa e difesa, e quest’ultima non pone limiti specifici a tale utilizzazione.

Cosa si intende per ‘accordo acquisitivo’ delle prove?
È un patto processuale con cui le parti (pubblico ministero e difesa) acconsentono a far entrare nel fascicolo del processo atti e documenti formati durante le indagini. Una volta che un atto è acquisito con questo accordo, di regola è pienamente utilizzabile dal giudice per la sua decisione.

Cosa deve fare la difesa per impedire l’uso di certe dichiarazioni contenute in un atto acquisito su accordo?
La difesa deve formulare espressamente e far mettere a verbale, al momento in cui si perfeziona l’accordo, delle specifiche limitazioni, indicando con precisione quali parti dell’atto non devono essere considerate utilizzabili. Un’affermazione generica o una contestazione successiva non supportata da prove non è sufficiente a invalidarne l’uso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati