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Dichiarazioni spontanee: quando sono utilizzabili?

La Corte di Cassazione ha stabilito che le dichiarazioni spontanee di un imputato, rese a un agente di polizia fuori servizio e in veste di volontario, sono pienamente utilizzabili nel processo. Il caso riguardava un uomo condannato per incendio boschivo colposo che aveva confessato i fatti a un agente della Guardia di Finanza non in servizio. La Corte ha chiarito che tali affermazioni non rientrano nelle garanzie dell’art. 350 cod. proc. pen., ma costituiscono una testimonianza indiretta legittima, valutabile dal giudice. Di conseguenza, il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile e la condanna confermata.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazioni Spontanee a un Agente Fuori Servizio: La Cassazione ne Conferma la Validità

Le dichiarazioni spontanee rese da un indagato rappresentano spesso un punto cruciale nei processi penali. Ma cosa succede se queste confessioni vengono fatte a un agente di polizia che in quel momento non è in servizio? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 22316/2025) ha affrontato proprio questo tema, stabilendo un principio chiaro sulla loro utilizzabilità come prova.

Il caso esaminato riguardava un uomo condannato per incendio boschivo colposo, la cui colpevolezza era stata provata anche grazie a quanto da lui stesso raccontato a un volontario della protezione civile, che era anche un agente della Guardia di Finanza libero dal servizio.

I Fatti del Caso

Un uomo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di incendio boschivo colposo. Secondo la ricostruzione, l’imputato si era addormentato in una pineta dopo aver acceso un fuoco per cucinare. Al suo risveglio, le fiamme si erano propagate, costringendolo ad abbandonare di corsa la zona. Il giorno successivo, tornando sul posto, l’uomo raccontava l’accaduto a un volontario della protezione civile impegnato nelle operazioni. Questo volontario era, casualmente, un agente della Guardia di Finanza non in servizio.

L’Appello e il Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione, basandosi su due motivi principali:
1. Inutilizzabilità delle dichiarazioni: Secondo il difensore, le ammissioni fatte al volontario non potevano essere utilizzate, in quanto assimilabili alle dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria secondo l’art. 350, comma 7, del codice di procedura penale, che prevede specifiche garanzie.
2. Mancato riconoscimento di un’attenuante: La difesa contestava inoltre il diniego dell’attenuante speciale prevista per chi si adopera per spegnere l’incendio o limitarne i danni.

Le motivazioni sulla validità delle dichiarazioni spontanee

La Corte di Cassazione ha respinto il primo motivo, definendolo manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che le dichiarazioni dell’imputato non sono state rese a un organo di polizia giudiziaria nell’esercizio delle sue funzioni. L’agente, infatti, era libero dal servizio e operava come semplice volontario. Di conseguenza, le sue dichiarazioni non ricadono nella disciplina garantista dell’art. 350 cod. proc. pen.

La Corte ha invece inquadrato la situazione nella categoria della testimonianza indiretta, prevista dall’art. 195, comma 4, cod. proc. pen. Si tratta di dichiarazioni rese in un contesto “extra-procedimentale”, ovvero al di fuori di un atto formale di indagine. Tali affermazioni sono pienamente legittime e possono essere liberamente valutate dal giudice come un fatto storico percepito e riferito dal testimone.

Le motivazioni sul Diniego dell’Attenuante

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali avevano correttamente negato l’attenuante speciale. L’imputato, infatti, dopo aver causato l’incendio, si era dato alla fuga, tornando solo il giorno dopo. Questo comportamento non dimostra alcuna volontà di collaborare per limitare i danni, anzi, ha reso necessario l’intervento del Corpo Forestale per sedare le fiamme.

Le conclusioni

La sentenza consolida un importante principio di diritto processuale: le dichiarazioni spontanee rese da un indagato a un soggetto che, pur essendo un pubblico ufficiale, non sta agendo in quella veste ufficiale, sono ammissibili come prova testimoniale indiretta. Non si applicano le tutele previste per gli interrogatori formali, poiché il contesto è puramente extra-procedimentale. Questa decisione sottolinea come la valutazione delle prove debba tenere conto del contesto specifico in cui vengono raccolte, distinguendo nettamente tra l’attività istituzionale della polizia giudiziaria e le informazioni acquisite casualmente al di fuori di essa.

Le dichiarazioni fatte a un agente di polizia fuori servizio possono essere usate in un processo?
Sì. Secondo la sentenza, se l’agente non sta agendo nell’esercizio delle sue funzioni ufficiali ma come privato cittadino o volontario, le dichiarazioni ricevute dall’imputato sono ammissibili come testimonianza indiretta e possono essere liberamente valutate dal giudice.

Quando si può ottenere l’attenuante speciale per chi causa un incendio?
L’attenuante speciale prevista dall’art. 423-bis, comma 6, cod. pen. è concessa a chi si adopera concretamente per spegnere il fuoco o per limitarne le conseguenze dannose. Nel caso di specie, l’imputato si è allontanato subito dopo l’innesco delle fiamme, comportamento che è stato ritenuto incompatibile con la concessione del beneficio.

Qual è la differenza tra dichiarazioni spontanee all’autorità giudiziaria e quelle rese in un contesto extra-procedimentale?
Le dichiarazioni spontanee rese a un organo di polizia giudiziaria in servizio sono regolate dall’art. 350, comma 7, cod. proc. pen. e hanno un’utilizzabilità limitata. Quelle rese in un contesto extra-procedimentale, come nel caso di un colloquio con un agente fuori servizio, sono considerate un fatto storico riferito da un testimone e possono essere pienamente utilizzate come prova.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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