Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 13564 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 13564 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PERUGIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/03/2023 della CORTE APPELLO di PERUGIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’accertamento di inammissibilità del ricorso;
letta la memoria depositata dalla AVV_NOTAIO, con la quale si insiste nei motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento;
Ricorso trattato in camera di consiglio, senza la partecipazione delle parti;
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 21 marzo 2023 con la quale la Corte di Appello di Perugia, ha confermato la sentenza emessa il 21 settembre 2021 dal Tribunale di Perugia di condanna alla pena di anni 3, mesi 1 di reclusione ed euro 600,00 di multa in relazione al reato continuato di rapina e ricettazione aggravata.
Con il primo motivo di impugnazione si deduce inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 63, 64 e 513 cod. proc. pen. conseguente all’acquisizione ed utilizzazione del verbale di sommarie informazioni del 27 gennaio 2014 e del successivo verbale del 13 febbraio 2024.
La difesa assume l’inutilizzabilità di tale verbale di sommarie informazioni in quanto nell’occasione il COGNOME è stato escusso senza l’assistenza di un difensore, e senza ricevere gli avvisi di cui all’art. 63 cod. proc. pen.; la successiva escussione del 13 febbraio 2014, svoltasi in presenza del difensore del ricorrente, non sarebbe idonea a sanare tale vizio, poiché in tale occasione gli inquirenti si sarebbero limitati a chiedere al COGNOME una conferma delle precedenti dichiarazioni, senza verbalizzare specifiche domande e conseguenti risposte, così ponendo in essere un inefficace tentativo di rimediare alla precedente violazione degli artt. 63 e 64 cod. proc. pen.
L’inutilizzabilità assoluta del verbale del 27 gennaio 2014 comporta l’illegittimità della sua acquisizione al fascicolo del dibattimento ai sensi dell’art 513 cod. proc. pen. e l’impossibilità di ritenere provata la penale responsabilità dell’imputato. La difesa ha, in proposito, evidenziato che la condanna si fonda esclusivamente sulle dichiarazioni confessorie del COGNOME COGNOME sui tabulati telefonici, attestanti i COGNOME con il correo COGNOMECOGNOME COGNOME che, considerat isolatamente, non sarebbero idonei a dimostrare il coinvolgimento del COGNOME nella commissione dei reati rubricati.
Con il secondo motivo di impugnazione si deduce l’inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 81, 133 e 648 cod. pen., per il mancato riconoscimento dell’ipotesi di ricettazione attenuata e la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
La Corte territoriale avrebbe erroneamente escluso la fattispecie attenuata in considerazione del valore intrinseco della res rapinata e del compenso percepito dal COGNOME, senza tenere conto che l’istruttoria non avrebbe fornito elementi idonei a determinare il valore dei preziosi ricettati e che il COGNOME nulla avrebbe riferito in ordine al proprio compenso per la partecipazione alla rapina.
Peraltro, la modesta entità del fatto sarebbe dimostrata, in punto di logica, dal minimo aumento determinato dal primo giudice per l’aumento a titolo di continuazione (1 mese di reclusione) e troverebbe fondamento nell’occasionalità della condotta e del momento di difficoltà economica in cui versava l’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono manifestamente infondati e pertanto l’impugnazione va dichiarata inammissibile.
Quanto al primo motivo, risulta dalla sentenza d’appello, e confermato nel ricorso, che le dichiarazioni rese nella forma delle sommarie informazioni testimoniali nel verbale 27 gennaio 2014 sono state reiterate in epoca successiva, allorché l’interessato è stato sentito in presenza del difensore di fiducia ed informato delle facoltà di legge. In tale contesto, reso edotto del contenuto delle precedenti affermazioni, egli le ha confermate, e pur essendo stato posto nella condizione di esercitare la più ampia difesa, in quanto regolarmente assistito dall’ausilio tecnico, nulla ha contestato, limitandosi ad una conferma di affermazioni a lui note, che, per l’accertata assitenza, deve ritenersi siano state rilette, non risultando a verbale alcuna opposizione a tale riassuntiva modalità di verbalizzazione.
Non sussiste conseguentemente alcun vizio nell’utilizzazione, a fini di prova, di dichiarazioni rese nel rispetto del diritto di difesa, posto che il richiamo per relationem a precedenti atti ha costituito una libera scelta difensiva dell’interessato (cfr. in situazione analoga sul punto Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M. Rv. 271230 – 01 dove si specifica che la natura viziata delle “dichiarazioni rese senza le previste garanzie da soggetto che doveva sin dall’inizio essere sentito quale imputato non si estende al successivo interrogatorio nel quale il medesimo soggetto, nel rispetto delle regole procedurali, le conferma, richiamandole “per relationem”, in quanto, non sussistendo connessione essenziale tra i vari interrogatori, non è applicabile la regola dettata dall’art. 185 cod. proc. pen. sulla comunicazione della nullità di un atto a quelli successivi dipendenti e la nullità di uno di essi non fa venire meno il testo linguistico incorporato in questo, che può essere richiamato successivamente dallo stesso soggetto”; nonché Sez. 6, n. 24 del 13/01/1998, COGNOME Matteis, Rv. 210322-01 in fattispecie sovrapponibile a quella oggetto di esame).
Il secondo motivo contiene un rilievo aspecifico e non consentito.
La pronuncia impugnata alle pagine 9 e 10 precisa che il fatto non può essere qualificato in termini di tenuità, per effetto della valutazione complessiva dell’azione che deve tenere conto della modalità della condotta e del valore economico della res oggetto di reato. La natura e valore dei beni sottratti
esclude l’applicabilità del trattamento più mite invocato, mentre del t inifluente è la prospettata minima utilità tratta dall’interessato dal reato, che, al fine dell’applicabilità della fattispecie attenuata invocata non pu considerarsi il complessivo disvalore patrimoniale dell’azione concorsual realizzata.
Del resto tale elemento di fatto, era già stato chiarito nella senten primo grado (pag. 6) laddove si specifica che valore dei beni ricettati non p considerarsi minimo trattandosi di plurimi gioielli in oro e preziosi, così c non può dirsi ridotto il profitto che l’imputato mirava a conseguire, elementi precludono ogni valutazione sulla modalità della condotta, impedendo di qualificare il fatto in termini di minore gravità.
Costituisce principio pacifico infatti che “In tema di ricettazione, il valor bene è un elemento concorrente solo in via sussidiaria ai fini della valutazi dell’attenuante speciale della particolare tenuità del fatto, nel senso c esso non è esiguo, la tenuità deve essere sempre esclusa, mentre, se accertata la lieve consistenza economica del bene ricettato, può verificars sussistenza degli ulteriori parametri di apprezzamento della circostan desumibili all’art. 133 cod. pen., inerenti al profilo obbiettivo del fatto ( del profitto) e a quello soggettivo della capacità a delinquere dell’agente per tutte Sez. 2, n. 29346 del 10/06/2022 , Rv. 283340 – 01) .
Contrariamente a tale impostazione in atto di appello, si prescinde dal considerazioni svolte dal primo giudice sull’oggettivo valore dei beni ricett sollecitandosi un richiamo agli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. ch assenza del presupposto di fatto attinente all’esiguità del valore non assumo alcuna valenza al fine di consentire l’applicazione dell’art 648 comma 3 co pen. invocata.
All’accertamento di inammissibilità del ricorso consegue, in applicazion dell’art. 616 cod. proc. pen. la co danna al pagamento delle spese processuali e della somma indicata in dispositivo e ritenuta equa, in favore della Cassa de ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 13/03/2024.