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Dichiarazioni senza difensore: quando sono valide?

Un soggetto, condannato per rapina e ricettazione, ha impugnato la sentenza sostenendo l’inutilizzabilità delle sue confessioni rese inizialmente senza legale. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che le dichiarazioni senza difensore diventano valide se l’imputato, in un secondo momento e con l’assistenza di un avvocato, le conferma liberamente, anche solo richiamandole. La Corte ha inoltre negato l’attenuante per la ricettazione dato l’elevato valore dei beni.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazioni senza difensore: la Cassazione chiarisce la loro validità se confermate

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13564 del 2024, affronta un tema cruciale della procedura penale: l’utilizzabilità delle dichiarazioni senza difensore rese da un soggetto poi divenuto imputato. Il caso offre spunti fondamentali per comprendere come un vizio procedurale possa essere sanato e quali siano i limiti per l’applicazione di attenuanti in reati contro il patrimonio. La Corte ha stabilito che la successiva conferma di tali dichiarazioni, avvenuta alla presenza di un legale, le rende pienamente valide ai fini della prova.

I fatti del processo

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo per i reati continuati di rapina e ricettazione aggravata. La condanna, emessa dal Tribunale e confermata in Appello, si basava in modo significativo sulle dichiarazioni confessorie rese dall’imputato durante le indagini preliminari. La difesa ha proposto ricorso per cassazione lamentando due vizi principali:
1. L’inutilizzabilità delle prime dichiarazioni, in quanto raccolte senza l’assistenza di un difensore e senza i dovuti avvisi di legge.
2. L’erroneo mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata della ricettazione, per particolare tenuità del fatto.

La questione delle dichiarazioni senza difensore

Il primo e più rilevante motivo di ricorso si concentrava sulla violazione del diritto di difesa. La difesa sosteneva che le prime sommarie informazioni, rese dall’allora indagato, erano state assunte in violazione degli articoli 63 e 64 del codice di procedura penale. Un successivo interrogatorio, svoltosi alla presenza del difensore, non sarebbe stato sufficiente a ‘sanare’ il vizio originario, poiché gli inquirenti si erano limitati a chiedere una generica conferma delle precedenti dichiarazioni, senza porre domande specifiche. Secondo la tesi difensiva, questo rendeva l’intero compendio dichiarativo inutilizzabile, minando le fondamenta della condanna.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le censure difensive con argomentazioni precise.

Validità delle dichiarazioni confermate ‘per relationem’

Sul punto cruciale delle dichiarazioni senza difensore, la Cassazione ha chiarito un principio fondamentale. Anche se le prime dichiarazioni sono state rese in un contesto proceduralmente viziato, il vizio non si estende automaticamente agli atti successivi. Nel caso di specie, l’imputato, durante un secondo interrogatorio e questa volta regolarmente assistito dal suo avvocato di fiducia, ha scelto liberamente di confermare il contenuto delle sue precedenti affermazioni. Questo richiamo ‘per relationem’ (cioè per riferimento) a un atto precedente costituisce una libera scelta difensiva. L’imputato, pienamente consapevole dei suoi diritti e assistito tecnicamente, ha ratificato il contenuto narrativo precedente, rendendolo così parte integrante del nuovo e valido atto di interrogatorio. La nullità dell’atto iniziale non invalida quindi quello successivo, che può essere legittimamente utilizzato come prova.

Il rigetto della ricettazione attenuata

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito di escludere l’attenuante della particolare tenuità del fatto per il reato di ricettazione. La motivazione si basa su un criterio oggettivo: il valore dei beni sottratti. Trattandosi di ‘plurimi gioielli in oro e preziosi’, il loro valore non poteva in alcun modo essere considerato ‘esiguo’ o ‘minimo’. La giurisprudenza è pacifica nel ritenere che, in tema di ricettazione, se il valore economico del bene non è lieve, l’attenuante deve essere sempre esclusa. Diventano irrilevanti, a tal fine, altri parametri come il profitto effettivamente conseguito dall’agente o le sue difficoltà economiche.

Le motivazioni

La sentenza si fonda su due pilastri logico-giuridici. Il primo riguarda la tutela del diritto di difesa: esso è pienamente garantito quando l’indagato, assistito da un legale, è posto nella condizione di fare le proprie scelte, inclusa quella di confermare dichiarazioni rese in precedenza in modo irregolare. La scelta di richiamare ‘per relationem’ un precedente verbale è espressione di una strategia difensiva che il sistema processuale consente e rispetta. Il secondo pilastro riguarda la valutazione della gravità del reato di ricettazione. La Corte ribadisce che per l’applicazione dell’attenuante speciale, il primo e decisivo parametro è il disvalore patrimoniale del fatto. Un valore intrinseco non trascurabile della refurtiva preclude ogni ulteriore valutazione sulla minore gravità della condotta.

Conclusioni

La decisione della Cassazione offre importanti chiarimenti. In primo luogo, conferma che un errore procedurale nelle fasi iniziali delle indagini non è necessariamente fatale per l’accusa, se l’imputato, una volta garantito il pieno esercizio del diritto di difesa, convalida le precedenti narrazioni. In secondo luogo, ribadisce la centralità del dato oggettivo (il valore del bene) nella valutazione della ricettazione di particolare tenuità, limitando la discrezionalità del giudice in presenza di beni di valore non esiguo. Questa pronuncia consolida un approccio che bilancia la necessità di garanzie procedurali con il principio di non dispersione della prova validamente acquisita.

Una dichiarazione resa alla polizia senza avvocato è sempre inutilizzabile?
No. Secondo la sentenza, se l’indagato, in un momento successivo e con la piena assistenza di un difensore, conferma liberamente quelle dichiarazioni, esse diventano utilizzabili come prova nel processo.

Cosa significa confermare una dichiarazione ‘per relationem’?
Significa fare riferimento a un precedente atto o dichiarazione, facendone propri i contenuti senza ripeterli testualmente. Nel caso esaminato, l’imputato, assistito dal suo legale, ha confermato quanto aveva già detto in precedenza, rendendo valido quel contenuto narrativo.

Quando si applica l’attenuante della particolare tenuità per la ricettazione?
Si applica solo quando il fatto è di minima gravità. La sentenza chiarisce che se il valore economico del bene ricettato non è esiguo (come nel caso di plurimi gioielli in oro e preziosi), l’attenuante deve essere esclusa, a prescindere da altri fattori come il profitto dell’agente o le sue condizioni economiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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