Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36551 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36551 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ISOLA DI CAPO RIZZUTO il DATA_NASCITA
inoltre:
REALE BRUNO
avverso la sentenza del 03/12/2024 della CORTE DI APPELLO DI CATANZARO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette/sentite le conclusioni del Pubblico Ministero nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto che il ricorso venga rigettato;
udite le conclusioni del difensore della parte civile costituita, AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che si Ł riportato alle conclusioni depoistate e ha chiesto il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni dei difensori del ricorrente, AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 03/12/2024, ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Crotone del 25/02/2022 in composizione collegiale appellata da COGNOME NOME, escludendo la contestata recidiva e rideterminando conseguentemente la pena, confermando quanto alla affermazione di responsabilità per il delitto allo stesso ascritto in rubrica al capo c) della rubrica (art. 644, comma primo e comma quinto, n. 4, cod. pen.).
2.Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo dei proprio difensori, COGNOME NOME proponendo motivi di ricorso, che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Violazione di legge ed inosservanza di disposizioni processuali in relazione agli artt. 191, 514, 526, 500, comma 2, cod. proc. pen., oltre che vizio della motivazione perchØ totalmente omessa in ordine alla utilizzabilità della lettura delle sommarie informazioni testimoniali rese da COGNOME NOME; la difesa dopo aver richiamato il regime di cui all’art. 500, comma 2, cod. proc. pen. ha rilevato come sulla base delle contestazioni, che potevano essere utilizzate al solo fine di vagliare la credibilità della persona offesa, la Corte di appello
ha ritenuto provato il fatto ascritto nella sua dimensione storica e temporale, nonostante le numerose contraddizioni nelle quali era incorsa la persona offesa. Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito, si doveva ritenere che il COGNOME non avesse confermato quanto dichiarato in fase di indagini preliminari e la motivazione resa sul punto era eccentrica rispetto a tale dato obiettivo.
2.2.Violazione di legge e vizio della motivazione perchØ contraddittoria e illogica quanto alla valutazione delle dichiarazioni della persona offesa in relazione all’art. 644, comma primo e terzo, cod. pen.; quanto al capo c) la Corte di appello non solo aveva omesso di valutare adeguatamente la portata delle dichiarazioni della persona offesa in ordine alla credibilità ed attendibilità della stessa, ma aveva anche omesso di considerare dati rilevanti al fine di escludere la natura usuraria del patto intercorso tra il COGNOME e il COGNOME, con particolare riferimento alle dichiarazioni di altri testi che sarebbero asseritamente da considerare quali elementi a riscontro delle dichiarazioni della persona offesa (con particolare riferimento a quanto dichiarato dalla compagna del COGNOME, COGNOME NOME). Venivano quindi analiticamente richiamate le discrasie che, secondo la prospettazione difensiva, erano state pretermesse dalla Corte di appello, seppur evidentemente presenti nelle dichiarazioni della persona offesa (quanto all’epoca di insorgenza del rapporto usurario e sua durata ed alle modalità di restituzione delle somme di denaro) dovendosi conseguentemente ritenere ricorrente l’illogicità della motivazione e un giudizio espresso in modo carente dal punto di vista della ponderazione delle prove acquisite. La decisione era erronea e basata su elementi del tutto privi di portata probatoria, atteso che si doveva recisamente escludere la natura usuraria del prestito che il COGNOME avrebbe elargito nel luglio 2015. La difesa ha osservato che gli elementi richiamati dalla Corte di appello (dichiarazioni degli altri soggetti sentiti in giudizio ed esito delle captazioni) non potevano ritenersi riscontri al dichiarato della persona offesa; ricorre in sostanza una omissione della motivazione in relazione ai motivi di appello, essendosi il giudice di secondo grado limitato a riprodurre quanto affermato dal giudice di primo grado, mancando una analisi autonoma degli elementi emersi in giudizio ed una accurata considerazione delle dichiarazioni della persona offesa (con particolare riferimento ai dati temporali riferiti dal COGNOME che non coincidono con quanto oggetto di imputazione ed alle somme asseritamente e progressivamente restituite ed ancora quanto ai tempi e modi di acquisto delle automobili dal COGNOME). Le decisioni di merito si erano dunque basate su dichiarazioni prive di qualsiasi effettiva portata probatoria rispetto al fatto ascritto.
2.3.Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’art. 644, comma quinto, n. 4), cod. pen.; la Corte di appello non ha fornito una motivazione appagante in relazione alla ritenuta sussistenza della aggravante, non potendo rilevare a tal fine il mero dato formale della presenza dello status di imprenditore in capo alla persona offesa; la Corte di appello ha richiamato la giurisprudenza sul punto, ma non ha in alcun modo approfondito il tema della riferibilità delle somme in questione all’effettivo esercizio di una attività imprenditoriale, circostanza dalla quale deriva la maggiore tutela prevista dal legislatore; le dichiarazioni del teste COGNOME sul punto non erano coerenti con la asserita assenza di liquidità derivante dalla mancata conferma della commessa da parte di RAGIONE_SOCIALE, soprattutto attesa la data nella quale l’accordo per il prestito si era perfezionato.
2.4.Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62bis cod. pen.; la Corte di appello non aveva in alcun modo considerato il comportamento collaborativo del ricorrente, oltre che la assenza di qualsiasi condotta a carattere intimidatorio.
2.5.Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione agli art. 132 e 133 cod. pen. per avere la Corte di appello omesso di irrogare la pena nel minimo edittale in assenza di qualsiasi specificazione sulla quantificazione posta in essere.
3.Il presente procedimento veniva inizialmente fissato dinnanzi alla Settima sezione penale in data 15/07/2025; in quella sede la difesa del ricorrente presentava memoria, nell’ambito della quale ribadiva le proprie conclusioni e argomentazioni proposte con il ricorso. Il ricorso veniva quindi restituito per la trattazione alla Sezione ordinaria.
4.Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga rigettato.
5.La parte civile costituita ha concluso richiamando le conclusioni depositate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni che seguono.
2.Il primo motivo di ricorso Ł infondato. Il ricorrente lamenta in via principale la ricorrenza di violazione di legge e la violazione di norme processuali in relazione all’ingresso non consentito delle sommarie informazioni utilizzate per le contestazioni alla persona offesa COGNOME NOME quale elemento di prova, oltre alla omessa motivazione in relazione allo specifico motivo di appello proposto sul punto.
2.1.La censura non solo Ł infondata in diritto, ma Ł anche generica quanto alla asserita ricorrenza di una omessa motivazione, risultando pretermesso un effettivo confronto con le argomentazioni spese sul punto dai giudici di appello ed essendosi limitato il ricorrente a proporre una lettura frazionata e incompleta delle stesse. Partendo da tale ultimo profilo di censura, occorre considerare come il ricorrente abbia del tutto omesso di confrontarsi con la motivazione, presente e del tutto priva di aporie, della Corte di appello (pag. 4) che ha evidenziato come la difesa del ricorrente nel corso dell’esame testimoniale del COGNOME non avesse sollevato alcuna eccezione sul punto, al fine di rilevare specificamente la violazione degli artt. 514 e 500, comma 2, cod. proc. pen., sicchØ l’eventuale nullità da eccepire doveva ritenersi sanata ai sensi dell’art. 182, comma 2, cod. proc. pen., secondo la corretta applicazione di principi costantemente affermati da questa Corte sul tema (Sez. 2, n. 18392 del 18/03/2025, COGNOME, Rv. 288092-01) atteso che l’eventuale violazione dell’art. 500 cod. proc. pen. configura una nullità a regime intermedio, sicchØ la stessa si deve ritenere sanata se la parte presente non abbia proposto la relativa eccezione subito dopo il compimento dell’atto, ai sensi dell’art. 182, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 8213 del 12/11/2020, COGNOME., Rv. 281379-02; Sez. 1, n. 33361 del 19/06/2002, Richina, Rv. 222381-01). La Corte di appello ha poi specificato – con motivazione puntuale, che il ricorrente omette di considerare e con la quale non si confronta criticamente per contestarla – che, comunque, le dichiarazioni rese dal COGNOME COGNOME, a seguito delle contestazioni elevate dal Pubblico ministero, erano state dallo stesso esplicitamente confermate. ¨ stata inoltre richiamata anche la genericità del motivo di appello su questo tema, atteso che era stata considerato solo parzialmente l’esito del dibattimento, con esclusivo riferimento all’attività della difesa nel corso del controesame, senza che in quella sede venisse pur tuttavia eccepita la presenza di discrasie rispetto a quanto dichiarato dalla persona offesa in precedenza, con conseguente eventuale inutilizzabilità delle contestazioni in quanto non confermate. Al contrario dall’esame e dalla valutazione del giudice di merito era emersa la successiva conferma delle dichiarazioni rese in precedenza e richiamate con le contestazioni (pag. 4).
2.2.Ciò posto, deve essere ribadito il costante orientamento di questa Corte secondo cui, ‘nel corso dell’esame dibattimentale del testimone e delle parti private Ł possibile procedere alla contestazione delle dichiarazioni rese in precedenza dai soggetti esaminati
tutte le volte in cui queste ultime presentino difformità con le dichiarazioni dibattimentali e, in particolare, sia nel caso che, in dibattimento, il soggetto esaminato manifesti una conoscenza diversa, sia che affermi di non ricordare le vicende o i fatti su cui viene sentito e sui quali aveva invece riferito in precedenza (cfr., in tal senso, tra le altre, Sez. 2, n. 10483 del 21/02/2012, COGNOME, Rv. 252707-01, in cui la Corte ha precisato che, laddove il teste dichiari di non ricordare il fatto o la circostanza su cui viene esaminato, ma, a seguito della contestazione, affermi che, pur non avendone attuale ricordo, quanto dichiarato in precedenza e ritualmente contestogli Ł sicuramente vero, non trova applicazione la disciplina in tema di utilizzabilità delle dichiarazioni acquisite a seguito di contestazioni, ma valgono le regole generali in ordine alla valutazione dell’attendibilità dei dichiarante; conf. ; Sez. 2, n. 13927 del 04/03/2015, Amaddio, Rv. 264014-01 in cui, pure, si Ł ribadito che può procedersi alla contestazione delle dichiarazioni rese in precedenza dai soggetti esaminati tutte le volte in cui queste ultime presentino difformità con le dichiarazioni dibattimentali, sia che in dibattimento il soggetto esaminato manifesti una conoscenza diversa, sia che riveli di non ricordare le vicende o i fatti sui quali aveva riferito in precedenza). La giurisprudenza ha dunque chiarito che, nel caso di contestazione effettuata a seguito del mancato ricordo del teste il quale, all’esito della lettura delle sue precedenti dichiarazioni, ne confermi il contenuto, le dichiarazioni rese all’epoca finiscono per entrare nel processo come vera e propria testimonianza resa in dibattimento (cfr., in tal senso, Sez. 2, n. 17089 del 28/02/2017, COGNOME, Rv. 270091-01, secondo cui le dichiarazioni predibattimentali utilizzate per le contestazioni al testimone che manifesti genuina difficoltà di elaborazione del ricordo, ove lo stesso ne affermi la veridicità anche mediante richiami atti a giustificare il “deficit” mnemonico, devono ritenersi confermate e, in quanto tali, possono essere recepite ed utilizzate come se rese direttamente in dibattimento; conf., Sez. 2, n. 13910 del 17/03/2016, Rv. 266445-01, in cui la Corte aveva chiarito che le dichiarazioni predibattimentali utilizzate per le contestazioni al testimone possono essere valutate come dichiarazioni rese direttamente dal medesimo in sede dibattimentale solo se siano state successivamente confermate potendo essere valutate solo ai fini della credibilità, ma mai come elemento di riscontro o come prova dei fatti in esse narrati, neppure quando il dichiarante, nel ritrattarle in dibattimento asserendone la falsità, riconosca di averle rese; cfr., ancora, Sez. 2, n. 35428 del 08/05/2018, Caia, Rv. 273455 – 01, in cui la Corte ha ribadito che le dichiarazioni predibattimentali utilizzate per le contestazioni al testimone che siano state confermate, anche se in termini laconici, vanno recepite cc valutate come dichiarazioni rese dal testimone direttamente in sede dibattimentale, poichØ l’art. 500, comma 2, cod. proc. pen. concerne il solo caso di dichiarazioni dibattimentali difformi da quelle contenute nell’atto utilizzato per le contestazioni; conf., ancora, Sez. 4, n. 18973 del 09/03/2009, COGNOME, Rv. 244042, Sez. 2, n. 10483 del 21/02/2012, COGNOME, Rv. 252707). Si Ł detto, infatti, che, per effetto della contestazione al cui contenuto il teste si sia riportato confermandone il tenore, oggetto di testimonianza finiscono per essere le dichiarazioni predibattimentaii che, in quanto oggetto di conferma, sono dunque legittimamente utilizzabili e suscettibili di valutazione ai fini della decisione; ciò sia quando il teste rimandi al piø vivido ricordo dei fatti in occasione delle informazioni rese in fase di indagini, sia quando si !imiti all’affermazione che quanto in precedenza dichiarato risponda al vero, giacchØ la risposta alla contestazione per difetto di ricordo veicola nel dibattimento quanto già dichiarato in precedenza (cfr.,Sez. 2, n. 31593 del 13/07/2011, COGNOME, Rv. 250913: Sez. 2, n. 13927 del 04/03/2015 Rv. 264014)’ (Sez. 2, n. 18392 del 18(03/2025, COGNOME, Rv. 288092-01). Le dichiarazioni rese dal COGNOME, in applicazione dei principi che precedono, potevano dunque essere pienamente
utilizzate anche ad esito delle contestazioni, come chiarito con motivazione, certamente non omessa e corretta in diritto, dalla Corte di appello.
3.Il secondo motivo non Ł consentito. Le argomentazioni proposte dalla difesa, tra l’altro del tutto reiterative del motivo di appello e già per ciò solo inammissibili (Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062-01, in motivazione; Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, COGNOME., Rv. 271869-01; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316-01; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745-01; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, COGNOME, Rv. 269368-01; Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, COGNOME, Rv. 269632-01) si caratterizzano, dunque, come una rilettura del merito non consentita in questa sede (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623-01; Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015, COGNOME., Rv. 262965-01; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv.262575-01; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, COGNOME, Rv. 250362-01; Sez. 2, n. 10255 del 29/11/2019, COGNOME, Rv. 278745-01) a fronte di una motivazione della Corte di appello, ampia ed argomentata, con la quale il ricorrente non si confronta effettivamente. In tal senso, occorre considerare come le dichiarazioni del COGNOME fossero da ritenere non solo complessivamente credibili e puntuali, ma anche confermate dagli ulteriori elementi di prova acquisiti in giudizio, già valutati in senso conforme dal giudice di primo grado e non richiamati dalla difesa (pag. 1 con riferimento alle dichiarazioni non solo della COGNOME, ma anche del COGNOME e della COGNOME, ed anche tenuto conto del compendio intercettivo in alcun modo considerato dal ricorrente).
3.1.La Corte di appello ha: – specificamente ricostruito il contesto nell’ambito del quale maturava la condotta ascritta, con puntuale riferimento alla collocazione temporale dei rapporti intercorsi tra il COGNOME e il COGNOME (pag.7); – ha analizzato gli elementi a sostegno della valutazione di attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa (pag. 7 e seg.), richiamando anche la particolare rilevanza delle conversazioni intercorse tra COGNOME e COGNOME, considerando specificamente tutte le allegazioni difensive in ordine ad asserite discrasie e incertezze nelle dichiarazioni del COGNOME, confutandole specificamente (pag. 8 e seg. dove Ł stata valorizzata la circostanza riportata dal teste in ordine a due incontri intercorsi con il ricorrente ed alla diversa ragione e finalità degli stessi incontri); – ha ritenuto in modo conforme al giudice di primo grado l’attendibilità della persona offesa (pag. 9 e seg.). l
3.2.La Corte di appello ha correttamente applicato il principio di diritto secondo il quale quando si verte in un caso in cui Ł necessario esaminare l’attendibilità della persona offesa, non Ł obbligatoria la ricerca di conferme rispetto a quanto dichiarato: questa Corte infatti, anche quando prende in considerazione la possibilità di valutare l’attendibilità estrinseca della testimonianza della parte offesa attraverso l’individuazione di conferme esterne al dichiarato, si Ł sempre espressa in termini di opportunità e non di necessità, lasciando al giudice di merito un ampio margine di apprezzamento circa le modalità di controllo della attendibilità nel caso concreto (Sez. 5, n. 12920 del 13/02/2020, COGNOME, Rv. 279070-01 Sez. 1, n. 29732 del 24/06/2010, COGNOME, Rv. 248016-01). A ciò si deve aggiungere che costituisce principio incontroverso l’affermazione che la valutazione dell’attendibilità della parte offesa dal reato rappresenta una questione di fatto, che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni, circostanza assolutamente non ricorrente nel caso in esame (Sez. 2, n. 41505 del 24/09/2013, COGNOME, Rv. 257241-01; Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, COGNOME, Rv. 239342-01). La motivazione offerta dalla Corte territoriale Ł priva di vizi logici manifesti e decisivi e si presenta coerente sia con le indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte di legittimità, che con le emergenze processuali, fornendo una logica e coerente valutazione degli elementi che compongono il
quadro probatorio a carico del ricorrente. Il ricorrente non si Ł quindi confrontato con le ragioni poste a fondamento della motivazione e con la giurisprudenza di legittimità che ha ribadito che Ł inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione ( Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970-01).
4.Anche il secondo motivo di ricorso non Ł consentito, sia per la sua parziale reiteratività (quanto alla natura del prestito come inerente alla attività imprenditoriale svolta dalla persona offesa) in assenza di confronto con la motivazione, che perchØ non devoluto nei termini in cui Ł stato articolato in questa sede (quanto alla consapevolezza soggettiva che la richiesta di denaro fosse correlata alla attività di imprenditore svolta dal COGNOME, si veda in tal senso il mero inciso presente a pag. 33 dell’atto di appello nell’ambito del motivo in tema di trattamento sanzionatorio).
4.1.La Corte ha comunque reso sul punto una motivazione specifica, ha richiamato le dichiarazioni della persona offesa in ordine alle ragioni che la inducevano all’accordo usurario, ritenendola pienamente credibile, anche tenuto conto delle altre emergenze dibattimentali, dalle quali ha desunto senza alcuna incertezza la consapevolezza soggettiva del COGNOME in ordine alla situazione di bisogno nella quale si trovava il COGNOME nell’ambito della sua attività imprenditoriale (pag. 13 e seg.). Con tale motivazione il ricorrente non si confronta, limitandosi a sostenere l’erroneità del ragionamento seguito dalla Corte.Deve essere in tal senso ribadito il principio di diritto secondo il quale sono inammissibili tutte le doglianze che criticano la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento, rappresentando tutto ciò una non ammissibile interferenza con la valutazione del fatto riservata al giudice del merito (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965-01).
5.Il quarto e quinto motivo di ricorso, oltre che reiterativi sono totalmente generici nel contestare l’omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche e la mancata applicazione della pena nel minimo edittale. La Corte di appello ha specificamente motivato sul punto richiamando la mancanza di elementi positivamente valorizzabili ed enucleando gli elementi aventi invece valenza negativa, richiamando poi, quanto alla pena base, l’assoluta adeguatezza della stessa rispetto alla gravità della condotta in quanto individuata in misura di poco superiore al minimo edittale. Anche in questo caso il ricorrente si limita a reiterare il motivo di appello in assenza di confronto con la motivazione, che ha rilevato l’inconferenza della allegazione difensiva quanto alla assenza di atteggiamenti intimidatori del ricorrente ed ha escluso che ricorressero elementi positivamente valorizzabili di diverso genere quanto alla richiesta concessione dele circostanze attenuanti generiche. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito, con principio che si deve ribadire, che la graduazione del trattamento sanzionatorio, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e a titolo di continuazione, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicchØ nel giudizio di cassazione Ł comunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549-02), la cui determinazione non sia frutto di arbitrio o di ragionamento
illogico (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819-01, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243-01; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142-01).
6.Come evidenziato in premessa la difesa del ricorrente ha presentato memoria dinnanzi alla settima sezione penale, senza tuttavia nulla aggiungere alle complessive considerazioni articolate in ricorso, di fatto ribadite al solo fine di consentire l’assegno del ricorso alla Sezione ordinaria.
7.Nulla deve essere disposto in ordine alle spese per la parte civile costituita, in mancanza di nota spese con richiesta di rifusione ai sensi dell’art. 153 disp.att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla per le spese di parte civile. Così Ł deciso, 16/10/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME