Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9955 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9955 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
1.COGNOME NOME n. a Napoli il 4/5/1994
2.NOME n. a Napoli il 26/12/1997
3.NOME NOME n. a Napoli il 23/1/1995
4.Casella NOME n. a Napoli il 10/5/1984
5.Casella NOME n. a Napoli il 25/9/1978
6.NOME n. a Napoli il 5/5/1999
7.COGNOME NOME n. a Massa di Somma il 18/5/1995
avverso la sentenza resa dalla Corte di Appello di Napoli in data 18/4/2024
visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi;
udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc.Gen. NOME COGNOME
COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; dato atto che alcuno dei difensori è comparso nonostante la disposta trattazione orale
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata sentenza la Corte di Appello di Napoli confermava la decisione del locale Tribunale che, in data 18/4/2023, aveva dichiarato:
NOME NOME colpevole del delitto di tentata estorsione aggravata ai sensi degli artt 56,629, comma 2 in relazione all’art. 628 comma 3 n.1, e 416bis.1 cod.pen. (capo a) nonché del delitto ex art. 624 bis cod.pen. (capo b-così riqualificata l’originaria ipotesi di rapi ritenuta la recidiva e riconosciuto il vincolo della continuazione, lo condannava alla pena d anni quattro,nnesi sei di reclusione ed euro 3.200,0 di multa;
COGNOME NOME colpevole del delitto sub a) con condanna, ritenuta la recidiva, alla pena di anni tre, mesi sei di reclusione ed euro 3.000,00 di multa;
NOME colpevole del reato ascritto al capo a), con condanna alla pena di anni tre, mesi quattro di reclusione ed euro 2.800,00 di multa;
–NOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME colpevoli del delitto sub a) e, riconosciuta l’attenuante ex art. 114 cod.pen. equivalente alle aggravanti, condannava ciascuno alla pena di anni uno, mesi otto di reclusione ed euro 400,00 di multa.
Hanno proposto ricorso per Cassazione i difensori degli imputati, deducendo:
l’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di COGNOME NOME
2.1 la violazione dell’art. 62-bis cod.pen. e connesso vizio di motivazione per avere la Corte d’Appello negato il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche trascurando il positivo comportamento tenuto dall’imputato in epoca successiva ai fatti, concretatosi nella rinunzia ai motivi d’appello diversi da quelli afferenti il trattamento sanzionatorio, espressi di un comportamento resipiscente, così esprimendo una valutazione che contrasta la finalità rieducativa della pena.
L’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME, il quale, con unico atto, ha denunziato:
3.1a nullità della sentenza, avendo la Corte d’Appello ritenuto utilizzabili ai fini del giud di responsabilità per i delitti di cui ai capi a) e b) le dichiarazioni della p.o., acquisite dell’art. 500,comma 4, cod.proc.pen. con ordinanza del Tribunale di Napoli in data 14/3/2023, e connesso vizio della motivazione per illogicità e mera apparenza della stessa.
Il difensore, dopo aver richiamato i contenuti dell’ordinanza del Tribunale che disponeva l’acquisizione a norma dell’art. 500,comma 4,codice di rito delle dichiarazioni predibattimentali della p.o. COGNOME NOME e il tenore delle censure mosse con l’atto d’appell lamenta che la Corte territoriale ha omesso di argomentare in ordine ai “concreti elementi”
che proverebbero la sottoposizione del teste a violenza o minaccia, i quali costituiscono presupposto della trasmigrazione delle dichiarazioni rese in fase di indagini nel fascicolo dibattimentale e assume che le circostanze a tal fine valorizzate dal primo giudice risultano inidonee a giustificare il recupero probatorio di materiali investigativi, difettand precisione, obiettività e significatività. Aggiunge che ; nella specie, la p.o. ha riferito in contraddittorio tra le parti della minaccia subita, come aveva già fatto nel corso delle indagin sicché deve ritenersi che l’intimidazione non è stata efficace e, dunque, è inverosimile che il dichiarante sia stato reticente sul resto del narrato;
3.1 la violazione dell’art. 192 cod.proc.pen. e il vizio di motivazione in relazione al partecipazione dei ricorrenti ai reati loro contestati.
Secondo il difensore la Corte territoriale ha reso una motivazione illogica e intrinsecamente contraddittoria in ordine alla responsabilità dei ricorrenti, omettendo d illustrare i criteri utilizzati al fine di ritenere l’attendibilità della p.o. pur a macroscopiche discrasie emerse tra le dichiarazioni confluite nelle denunce e quelle rese in dibattimento. Segnala,con riguardo alla personalità del denunziante jche i giudici di merito hanno evidenziato l’esistenza a suo carico di precedenti penali, descrivendolo come fragile, di modesta levatura intellettuale e disposto a tutto per salvaguardare il suo lavoro di posteggiatore abusivo, circostanze da cui emerge il profilo di un soggetto interessato all’esito processuale. Aggiunge che sia il primo giudice che la Corte di merito hanno rimarcato la confusione della deposizione e, addirittura, i contenuti improbabili e i toni talora grottesc delle dichiarazioni dibattimentali, salvo valorizzare in maniera contraddittoria i passi de testimonianza in cui il COGNOME confermava la richiesta di pagamento di una somma settimanale e le intimidazioni di “NOME“, nel contempo svalutando il narrato relativo alla funzione di mer spettatori degli altri imputati presenti in quell’occasione.
Inoltre, il difensore sostiene che l’affidabilità dichiarativa del teste deve ritenersi incr da quanto riferito dal COGNOME in contraddittorio in ordine ai perduranti esiti dell’inter subito alla retina che gli provocavano una visione “un pochettino ombrata”, affermazione che la Corte di merito ha ritenuto scarsamente attendibile in quanto asserito frutto delle minacce patite dal dichiarante. La sentenza impugnata non ha, altresì, considerato ai fini della credibilità del teste una serie di dichiarazioni, quali quelle relative alle modalità con apprese l’identità di NOME COGNOME o il contegno tenuto allorché fu convocato in Questura per procedere all’individuazione dei responsabili dei fatti denunziati, suscettibili inficiare la complessiva tenuta logica della motivazione.
Il difensore deduce ulteriormente che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, anche l’attività di individuazione presta il fianco a rilievi ove si consider denunziate ha descritto solo tre dei presunti autori delle condotte estorsive ai suoi danni ma
ne ha poi riconosciuti ben sette e i giudici di appello non hanno tenuto conto di quanto riferit dal medesimo in dibattimento laddove ha asserito di non ricordare quanto avvenuto in fase investigativa con riguardo all’individuazione degli imputati e di temere esclusivamente l’ignoto COGNOME NOME da cui aveva ricevuto minacce;
3.2 la violazione di legge e il vizio della motivazione in relazione alla mancata riduzion della pena ex art. 442 cod.proc.pen. per effetto dell’ingiustificato rigetto della richies accesso al giudizio abbreviato condizionato all’esame della p.o. da parte del giudice dell’udienza preliminare.
Il difensore lamenta che la Corte distrettuale non ha fatto esatto governo dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità al riguardo ed ha erroneamente affermato che la richiesta difensiva era formulata in maniera generica, nonostante la stessa fosse stata prospettata quale prova decisiva al fine di superare le carenze delle dichiarazioni rilasciat alla P.G. dalla p.o. e in fase di indagini fosse stata formulata richiesta di incidente probator rigettata dal Gip;
3.3 la violazione e falsa applicazione dell’art. 416bis.1 cod.pen. e vizio di motivazione con riguardo alla contestata aggravante.
Il difensore deduce che la sentenza impugnata ha omesso di motivare in ordine alle doglianze difensive che investivano la sussistenza della circostanza sotto il duplice profilo de metodo e dell’agevolazione mafiosa;
3.4 la mancanza e l’illogicità della motivazione con riferimento al diniego delle attenuanti generiche e alla determinazione della pena base.
Il ricorrente sostiene che la Corte di merito ha disatteso la richiesta di riconosciment delle attenuanti ex art. 62-bis cod.pen. in assenza di motivazione, limitandosi ad una giustificazione stereotipata e solo apparente che esclude l’esistenza di elementi positivi da valorizzare al fine della mitigazione del trattamento sanzionatorio senza alcun apprezzamento delle specifiche circostanze allegate in sede di gravame;
3.5 la mancanza e l’illogicità della motivazione in relazione al diniego dell’attenuante e art. 114 cod.pen. con riguardo alle posizioni dei ricorrenti NOME NOME, COGNOME NOME e NOME avendo la sentenza impugnata trascurato l’apporto del tutto trascurabile dei predetti ricorrenti al reato sub a), insuscettibile di essere qualificato q condicio sine qua non dell’azione delittuosa.
L’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME 1 , 1. de n t) it 2 i A -Q:
4.:l vizio della motivazione in relazione alle doglianze difensive relati all’applicazione dell’art. 500, comma 4,cod.proc.pen., avvenuta al di fuori dei casi previst dalla legge, sebbene le dichiarazioni della p.o. risultassero almeno in parte conformi a quelle predibattimentali.
In particolare il difensore segnala che il teste COGNOME non ha negato di aver subito condotte in contestazione e di essere stato intimorito, limitandosi ad esprimere incertezza sul riconoscimento degli autori in ragione del tempo trascorso. La Corte di merito ha trascurato i rilievi difensivi caratterizzati da decisività in quanto la mancata lettura delle dichiara predibattimentali avrebbe prodotto un più favorevole esito processuale per l’imputato;
4.1 la violazione dell’art. 500, comma 4, cod.proc.pen. in considerazione dell’assenza di concreti elementi a sostegno della minaccia e dell’insufficienza degli accertamenti relativi all coartazione asseritannente patita dalla p.o.
Secondo la difesa, nella specie, non risultano provate le condizioni previste dall’istitut per l’acquisizione delle dichiarazioni predibattimentali in ragione della parziale conferma dell stesse e dell’assenza di concreti e specifici elementi attestanti la sottoposizione della vitti a minaccia per deporre il falso;
4.2 la violazione dell’art. 500, comma 4, cod.proc.pen. in relazione all’acquisizione al fascicolo del dibattimento della ricognizione fotografica effettuata dal teste COGNOME e reiterata in dibattimento in difetto di concreti elementi a sostegno della minaccia e dell insufficienza degli accertamenti volti a verificare l’avvenuta coartazione del teste;
4.3 il vizio della motivazione in ragione della carenza e mera apparenza della stessa in relazione alla ritenuta attendibilità del riconoscimento dell’imputato effettuato dalla p.o. su base di argomentazioni apodittiche ed illogiche, essendosi la Corte di merito limitata ad affermare la sincerità delle dichiarazioni del denunziante senza indicarne la ragioni;
4.4 il vizio di motivazione in ordine al giudizio di attendibilità intrinseca delle dichiara della p.o. in assenza di un esaustivo scrutinio delle emergenze a disposizione della Corte territoriale e delle deduzioni difensive;
4.5 la mancanza di motivazione con riferimento alle doglianze relative all’elemento psicologico e al rafforzamento dell’altrui proposito criminoso.
Il difensore lamenta la mancata valutazione delle censure in punto di dolo, che avrebbero dovuto condurre a qualificare la presenza dell’imputato ai fatti in termini di mera connivenza, attesa l’assenza di un contributo eziologicamente finalizzato all’agevolazione dell’illecito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso di COGNOME Giovanni è inammissibile per manifesta infondatezza delle censure formulate. La Corte territoriale ha, infatti, fornito congrua giustificazione circa il dene riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, segnalando l’assenza di elementi attestanti la nneritevolezza dell’invocata mitigazione sanzionatoria e negando valenza resipiscente alla scelta processuale di parziale rinunzia ai motivi d’appello. Questa Corte ha in proposito chiarito che la rinuncia ai motivi d’appello non costituisce di per sé, anche per vi della reintroduzione del cd. patteggiamento in appello, ragione sufficiente per i
riconoscimento all’imputato delle circostanze attenuanti generiche, potendo, al più, essere valutata in rapporto alla condotta successiva al reato di cui all’art. 133, comma secondo, n. 3, cod. pen., come espressione di una ridotta capacità a delinquere, sempreché non emergano elementi di segno contrario (Sez. 2, n. 35534 del 06/07/2021, Rv. 281943 – 01).
La negativa delibazione della Corte di merito si sottrae a censura in questa sede in quanto adeguatamente argomentata in assenza di profili di contraddittorietà e illogicità manifesta.
Il primo motivo del ricorso congiunto nell’interesse di NOME, NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME e NOME è reiterativo di doglianze analiticamente scrutinate e motivatamente disattese dalla Corte di merito con un percorso logico privo di criticità giustificative.
2.1 La difesa sostiene che i giudici di merito hanno erroneamente ritenuto utilizzabili a fini probatori le dichiarazioni predibattinnentali della p.o. in assenza di elementi specif attestanti la coartazione della volontà del dichiarante.
La giurisprudenza di legittimità ritiene, con indirizzo costante e consolidato dal quale non v’è ragione di discostarsi, che, ai fini dell’utilizzo, ai sensi dell’art. 500, comma 4, cod. pen., delle dichiarazioni predibattimentali del testimone, gli “elementi concreti”, sulla base d quali può ritenersi che egli sia stato sottoposto a violenza o minaccia affinché non deponga ovvero deponga il falso, devono consistere, secondo parametri correnti di ragionevolezza e di persuasività, in elementi sintomatici della violenza o dell’intimidazione subita dal teste, purch connotati da precisione, obiettività e significatività, e quindi idonei ad escludere che condotta del teste sia frutto non di una pressione subita da terzi, ma della sua adesione a modelli devianti, tesi ad anteporre la cura dei propri interessi illeciti rispetto al dove testimonianza davanti all’Autorità giudiziaria (Sez. 6, n. 23241 del 11/02/2021, Rv. 281522 Se2.1, -01; in senso conforme, Sez. 2, n. 29393 del 22/04/2021, Rv. 281808 – 01;1 (n. 13550 del 17/02/2017, Rv. 269566 – 01; Sez. 1, n. 9646 del 19/10/2016, dep. 2017, Rv. 269272 – 01; Sez. 2, n. 22440 del 05/05/2016, Rv. 267039 – 01). Questa Corte ha ulteriormente chiarito che le violenze, minacce, offerte o promesse di denaro o di altre utilità al testimone affinché non deponga ovvero deponga il falso autorizzano il giudice a disattendere la deposizione del teste in giudizio, ad acquisire al fascicolo del dibattimento le dichiarazioni predibattimenta del teste medesimo, contenute nel fascicolo del pubblico ministero, ma non lo esonerano dal vagliare l’attendibilità di queste ultime che non può essere ritenuta automatica sulla scorta dell’accertato fattore illecito esterno (Sez. 2, n. 50035 del 19/09/2018, Rv. 274716 – 01), precisando che siffatte dichiarazioni acquisite ai sensi dell’art. 500, comma 4, cod. proc. pen., possono costituire fonte probatoria esclusiva e determinante dell’affermazione di responsabilità dell’imputato laddove la loro attendibilità intrinseca sia confermata attraverso il rigoroso vaglio delle garanzie procedurali emergenti dalla progressione processuale, senza
la necessità di reperire i riscontri esterni di cui all’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. (S 2, n. 41751 del 04/07/2018, Rv. 274489 – 01).
In linea con i richiamati principi deve ribadirsi che il procedimento incidentale diretto accertare se il testimone sia stato intimidito non richiede una prova certa oltre ogn ragionevole dubbio della coartazione subita, essendo sufficiente a fondare il convincimento circa l’inquinamento della fonte dichiarativa l’emersione di circostanze specifiche spesso desumibili, come nella specie, dal contegno processuale, dalla reticenza, dalla negazione dei fatti ovvero di circostanze decisive, in contrasto con il pregresso narrato e in difetto giustificazioni plausibili, da gratuite accuse alla P.g. di manipolazione delle dichiarazio predibattimentali, da strumentali amnesie; in sostanza 3 da elementi che, lungi dall’integrare meri sospetti, alla luce di una valutazione complessiva delle emergenze processuali e secondo criteri di ragionevolezza, costituiscano indici rivelatori di condizionamenti esterni vol orientare le dichiarazioni del teste. Si tratta all’evidenza di un giudizio squisitamente di mer in ragione dell’apprezzamento fattuale che lo sottende e in quanto tale sottratto al sindacato di legittimità ove trasfuso in una motivazione priva di aporie e frizioni logiche.
2.2 Invero già il primo giudice, adesivamente richiamato dalla Corte territoriale, aveva fornito esauriente risposta ai rilievi in questa sede riproposti, ricostruendo in dettagl contenuti della denunzia e della successiva integrazione formalizzate dalla p.o. in occasione degli accessi presso gli Uffici della Squadra Mobile di Napoli in data 11 e 23 novembre 2020, evidenziando che,in quelle circostanze,i1 COGNOME aveva fornito la descrizione dei soggetti che gli avevano rivolto la richiesta estorsiva il 23/10/2020 mentre era impegnato nell’attività parcheggiatore abusivo presso l’Ospedale del mare e dei giovani che il 9/11 successivo l’avevano convocato presso la sala scommesse Eurobet per parlare con tale” NOME” e si era detto in grado di riconoscere anche gli altri presenti a detto incontro, nel corso del quale g fu strappata di mano la somma di euro 35, corrispondente all’incasso della giornata lavorativa, e gli fu intimato di abbandonare l’attività presso il nosocomio.
Il Tribunale ha escluso qualsiasi irregolarità nell’attività di individuazione fotograf effettuata dal denunziante, il quale,in quella sede,riconobbe in termini di “certezza assoluta” (pag. 6) gli autori dell’illecito ai suoi danni, dando conto della fase dell’azione in cui ciasc era intervenuto e del comportamento tenuto, e procedette, altresì, a riconoscere il luogo dell’incontro avvenuto il 9/11/2020.
I giudici di primo grado (pag. 7) hanno, inoltre, segnalato che nell’integrazione effettuata il 23 novembre il denunziante aveva fornito specifiche indicazioni fisiognonniche sul guidatore dello scooter che per la seconda volta gli aveva intimato di recarsi presso la sala giochi per incontrare “NOME“, effettuando di seguito una positiva individuazione nei confronti del ricorrente COGNOME e aveva, altresì, rappresentato di aver interrotto per timore la propri
attività di parcheggiatore presso l’ospedale ove avevano iniziato ad operare soggetti vicini al clan De Luca COGNOME.
Dalle emergenze acquisite consta che il 14 Marzo 2022 la p.o. si recava nuovamente presso la Questura di Napoli riferendo che, dopo la notifica della citazione a comparire quale p.o. per l’udienza preliminare a carico dei ricorrenti, aveva ricevuto minacce di morte, estese ai familiari, affinché ritrattasse la denunzia da tale COGNOME NOME, soggetto rimas sconosciuto.
In sede dibattimentale il COGNOME, alla stregua della ricostruzione operata dal Tribunale dapprima confermava di essere stato destinatario di una richiesta estorsiva, pur negando di essere stato vittima di violenza o minaccia in occasione della sottrazione della somma di danaro sub b); successivamente negava di poter reiterare i riconoscimenti fotografici in ragione del tempo trascorso e, quindi, escludeva che i soggetti raffigurati nell’album postogli in visione fossero gli autori dei fatti ai suoi danni; negava, inoltre, di essersi re spontaneamente presso la Squadra Mobile per denunziare le minacce formulate nei suoi confronti ed asseriva di aver firmato i verbali senza avere consapevolezza del relativo contenuto.
Al riguardo il primo giudice (pag. 10 e segg.) ha evidenziato a sostegno della piena attendibilità delle dichiarazioni predibattimentali del denunziante che lo stesso si spontaneamente recato in ben tre occasioni presso gli uffici della Squadra Mobile, denunziando dettagliatamente i fatti oggetto di contestazione e spiegando di aver ritardato la formalizzazione dell’atto in quanto dopo l’arresto di NOME COGNOME avvenuta alcuni giorni dopo la prima richiesta estorsiva, pensava di essere al riparo da condotte di taglieggiamento che invece venivano reiterate il 9 novembre, inducendolo a riferire l’accaduto alla P.g.; ha escluso,con ampia e persuasiva motivazione /la possibilità di intenti calunniatori in capo alla p.o. che non conosceva personalmente gli accusati e si è determinato alla denunzia perché intimorito dalle minacce e preoccupato di perdere l’unica sebbene illegale fonte di sostentamento familiare; ha rimarcato la precisione, la coerenza interna e il dettaglio delle dichiarazioni rese; i riscontri costituiti, tra l’altro, dall’identificazione del soggetto aveva preso il posto di parcheggiatore nell’area dell’Ospedale di Ponticelli e la spontaneità delle dichiarazioni rese in ordine alle minacce formulate ai suoi danni a seguito della notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare per i fatti a giudizio.
Il Tribunale (pagg. 12 e segg.) ha, inoltre, accuratamente esposto le ragioni a fondamento dell’inattendibilità delle difformi dichiarazioni rese in dibattimento dal COGNOME segnalando che la confusa rappresentazione degli episodi estorsivi fornita in quella sede non è giustificabile alla luce del tempo trascorso in quanto è apparsa resistente alle plurime contestazioni ed evidentemente finalizzata a vanificare la portata del pregresso narrato lconne
laddove il teste ha negato l’uso di violenza e minaccia per l’asportazione della somma di danaro e l’effettuazione di plurimi positivi riconoscimenti fotografici. Il primo giudice altresì, chiarito con riguardo alle capacità visive della p.o. che il COGNOME in dibattimen confermato di aver subito un intervento agli occhi, precisando -nondimeno- di aver recuperato una buona qualità della vista con la correzione degli occhiali.
2.3 La Corte territoriale (pag. 19 e segg.) ha condiviso l’apprezzamento del Tribunale ed ha fornito un’esaustiva risposta ai rilievi difensivi, rimarcando l’anomalo contegno tenuto dalla p.o. sia in sede di udienza preliminare che nel corso dell’esame dibattimentale, logicamente ascrivibile, in assenza di accettabili spiegazioni alternative, alla determinazione di minimizzare la portata della denunzia per effetto e in conseguenza delle minacce patite. I giudici d’appello hanno, inoltre, esaminato scrupolosamente le dichiarazioni rese in contraddittorio dal denunziante evidenziandone le contraddizioni, le patenti incongruenze, le inverosimiglianze e rintracciandone il dato qualificante nell’intento di depotenziare le dichiarazio predibattimentali e i correlati riconoscimenti, anche a costo di accuse calunniose nei confronti della P.g.
A fronte dell’accurato scrutinio dei materiali processuali effettuato in sede di merito della corretta applicazione dei principi declinati dalla giurisprudenza di legittimità in tema recupero delle dichiarazioni predibattimentali, la difesa sollecita una rivalutazione fattuale questa sede preclusa a cui consegue l’irricevibilità delle censure proposte.
3. Il secondo motivo, nella parte concernente l’attendibilità della p.o.,è per più vers inammissibile in quanto strutturato in fatto, diffusamente generico e, comunque, manifestamente infondato. La difesa tende ad un rinnovato vaglio della credibilità della persona offesa dal reato, sebbene si tratti di profilo adeguatamente scrutinato dai giudici di merito in assenza di contraddizioni e illogicità manifeste, e pertanto incensurabile in questa sede, facendo leva su condizioni e qualità personali del COGNOME già ritenute ininfluen nell’apprezzamento dell’attendibilità intrinseca del dichiarante. La difesa non chiarisce come l’esistenza di precedenti a carico del denunziante e lo svolgimento dell’attività d parcheggiatore abusivo abbiano influito in senso decisivo sulla determinazione alla denunzia e sui relativi contenuti al pari della modesta levatura culturale e della sostanziale pavidità ch i giudici d’appello hanno evocato per escludere ogni finalità calunniatoria dell’iniziativa d COGNOME.
I ricorrenti fondano il proprio assunto sull’asserita iniplausibilità e inverosimiglianza del correzione di rotta effettuata dal dichiarante nel corso dell’esame dibattimentale, trascurando che i giudici territoriali hanno qualificato la trama confusa, contraddittoria e incoerente del narrazione in quella sede effettuata quale effetto diretto e perdurante della patita
GLYPH
cry),’
intimidazione, procedendo in conseguenza al recupero probatorio delle dichiarazioni predibattimentali poste a fondamento dell’affermazione di responsabilità dei prevenuti.
3.1 Deve al riguardo rimarcarsi che la sentenza impugnata al pari di quella di primo grado ha fatto esatta applicazione dei principi enunziati dalla giurisprudenza di legittimità in mater che impongono, una volta disattesa la deposizione resa dal teste in giudizio, di sottoporre a scrupolosa valutazione le dichiarazioni predibattimentali acquisite al fascicolo del dibattimento (Sez. 2, n. 50035 del 19/09/2018, Rv. 274716 – 01; n. 50323 del 22/10/2013, Rv. 257980 – 01), le quali possono costituire fonte probatoria esclusiva e determinante dell’affermazione di responsabilità dell’imputato, laddove la loro attendibilità intrinseca sia confermata alla lu delle garanzie procedurali emergenti dalla progressione processuale, senza la necessità di reperire i riscontri esterni di cui all’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 41751/20 cit.; Sez. 5, n. 12045 del 16/12/2020,t5021, Rv. 281137 – 02), in conformità al diritt consolidato della CEDU (Grande Camera, sentenze 15 dicembre 2011, COGNOME e NOME c/ Regno Unito e 15 dicembre 2015, Schatschaachwili c/ Germania) secondo cui le “adeguate garanzie procedurali” sono individuabili nell’accurato scrutinio della credibilità dei contenu accusatori, effettuato anche attraverso l’esame delle modalità di raccolta e nella compatibilità della dichiarazione con i dati di contesto (cfr. ) Sez. 4, n. 13384 del 15/02/2024, Rv. 286348 01).
Nella specie» giudici di merito hanno effettuato un certosino scrutinio delle dichiarazioni accusatorie della p.o. e hanno dato atto dell’esistenza di specifici elementi di riscontro al denunzie del COGNOME (sent. Trib. pag. 13), richiamando, altresì, le dichiarazioni d collaboratori COGNOME Tommaso e COGNOME NOME, i quali hanno in maniera convergente indicato gli imputati COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME Giuseppe quali sodali del clan COGNOME o ad esso vicini (COGNOME), chiarendo che il citato sodalizio è partecipe dell’alleanza COGNOME NOME/COGNOME–COGNOME, dedita ad attività estorsive sul territorio d’insediamento, per tal via fornendo un qualificato elemento utile all’ inquadramento ambientale dell’illecito e pienamente coerente con la narrazione della p.o.
Il tentativo della difesa di spostare l’asse valutativo sull’esame in contraddittorio d COGNOME, radicalmente inquinato alla luce del persuasivo e concorde scrutinio dei giudici di merito, non può, dunque, trovare ingresso in questa sede con conseguente inammissibilità delle censure proposte.
3.2 Analogamente destituiti di fondamento risultano i rilievi in punto di attendibilità de riconoscimenti fotografici, connotati da radicale aspecificità (ricorso pagg. 23/26) rispetto all trama argomentativa della sentenza impugnata sviluppata nelle pagg. 24/25 in cui la Corte territoriale ha svolto esaurienti considerazioni a sostegno dell’affidabilità delle opera
j,’
individuazioni, segnalando l’esistenza di riscontri rivenienti dalle immagini delle telecamere d sorveglianza con riguardo alla convocazione della p.o. presso la sala scommesse.
Ad esiti di inammissibilità per genericità e, comunque, manifesta infondatezza deve pervenirsi anche in relazione al terzo motivo che denunzia la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della diminuente per il giudizio abbreviato, dovendosi ritenere ingiustificato il diniego opposto dal Gup, e ribadito dal Tribunale, all richiesta d’accesso al rito, condizionata all’esame della p.o.
La Corte di merito a pag. 29 ha condiviso le ragioni del rigetto evidenziando, da un lato, che l’esame richiesto non era assolutamente necessario ai fini della decisione alla luce dei materiali investigativi acquisiti; dall’altro, che la condizione apposta aveva carattere generic ed esplorativo, non avendo la difesa specificato i profili asseritamente lacunosi su cui avrebbe dovuto vertere l’esame.
4.1 Questa Corte ha affermato il principio, che il Collegio condivide, secondo cui la richiesta di giudizio abbreviato condizionata ad un’integrazione probatoria, quando ha ad oggetto la rinnovazione dell’esame di una persona che ha già reso dichiarazioni in fase di indagini, deve contenere, a pena di improponibilità, la specificazione dei temi e delle circostanze di fatto da verificare, che debbono differenziarsi da quelli oggetto delle informazioni già rese, in quanto la formulazione testuale del comma 5 dell’art. 438 cod. proc. pen. postula che l’attività istruttoria abbia carattere integrativo, ossia vada a completare g elementi informativi acquisiti, in quanto parziali o insufficienti e non, invece, soltant rinnovarli nel contraddittorio delle parti (Sez. 2, n. 2919 del 10/12/2019, dep. 2020, Rv. 277799 – 01;Sez. 1, n. 50891 del 13/11/2013, Rv. 257879 – 01).
Nella specie, la difesa ha formulato rilievi privi del carattere dell’autosufficienza supporto della specificità della condizione apposta e, anzi, a pag 32 del ricorso l’ha illustrat come riferita “sia al profilo dell’individuazione (degli imputati) che alla verificazione dei f dandole una latitudine onnicomprensiva, incompatibile con la declinazione normativa e giurisprudenziale dell’istituto.
Si tratta di un profilo che si pone a monte, con valenza assorbente e preclusiva, rispetto alle censure concernenti i criteri che debbono presidiare il sindacato sulla fondatezza o meno del provvedimento reiettivo d’accesso al rito.
Il quarto motivo che denunzia l’omessa motivazione in ordine all’aggravante di cui all’art. 416bis.1 cod.pen. è inammissibile per manifesta infondatezza. Questa Corte ha reiteratamente affermato il condivisibile principio secondo cui non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza ( tra molte,Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, COGNOME,
Rv. 284096 – 01; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275500 – 01; Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013, COGNOME, Rv. 256340 – 01).
La Corte d’appello a pag. 12 ha espressamente indicato tra i motivi proposti la richiesta di esclusione dell’aggravante e, sebbene non abbia provveduto a trattarla specificamente, ne ha fatto oggetto di implicita ma inequivoca valutazione reiettiva. Basti porre mente al riguardo alle argomentazioni spese alle pagg. 26/27 con le quali si è evidenziato che la prima richiesta estorsiva nei confronti del COGNOME era stata formulata da soggetto espressamente qualificatosi come COGNOME il quale aveva speso la sua fama criminale dicendosi certo che la p.o. fosse consapevole della sua identità e della necessità del suo benestare per continuare a “lavorare” a Ponticelli; successivamente la richiesta, economicamente incrementata, veniva ribadita da NOME NOME, il quale si era presentato come parente del NOME COGNOME, così rimarcando la provenienza della stessa al gruppo camorristico di riferimento. Inoltre, i giudici territoriali hanno espressamente sottolineato le modalità della richiesta di “pizzo” emblematicamente espressive del metodo sia con riguardo alla natura della pretesa che in quanto formulate “evocando il potenziale offensivo di una famigerata consorteria criminale” di pervasiva notorietà.
Il complesso delle circostanze richiamate dalla Corte di merito a sostegno della corretta qualificazione giuridica del fatto contestato sub A) dà ampia e persuasiva ragione della reiezione delle censure difensive in punto di sussistenza dell’aggravante ex art. 416bis.1 cod.pen. nella sua duplice declinazione in quanto, alle peculiari modalità esecutive della condotta attestanti l’esteriorizzazione del metodo, s’accompagnano chiare evidenze del fatto che l’attività estorsiva si inseriva nell’ambito del controllo del territorio ed era svo beneficio del clan, come plasticamente emerso in occasione della reiterazione della condotta con modalità eclatanti dopo l’arresto di NOME COGNOME, alla presenza di tutti gli imputati che -spalleggiando NOME– palesavano adesione e supporto al suo operato, incrementando la capacità intimidatoria dell’azione. Al riguardo la Corte ha, altresì, richiamato i consolidati rapporti interpersonali tra i ricorrenti e le dichiarazioni di due collabor sull’internità al clan COGNOME, alleato dei NOME COGNOME, dei due fratelli COGNOME e di COGNOME NOME, circostanza rilevante al fine della prova circa il coefficiente psicologico dei partecip ordine alla finalizzazione della condotta.
Destituito di fondamento risulta il quinto motivo che contesta il diniego delle circostanze attenuanti e la dosimetria della pena. La Corte ha adeguatamente giustificato le proprie determinazioni in punto di trattamento sanzionatorio (pag. 30) valorizzando in senso ostativo, ai fini del mancato riconoscimento delle attenuanti ex art. 62-bis cod.pen., la gravità del fatto e la elevata capacità a delinquere dei prevenuti ed esprimendo un giudizio di
congruità in ordine alla pena, determinata dal primo giudice in misura prossima al minimo edittale per NOME COGNOME NOME e COGNOME e attestata al minimo per gli altri prevenuti.
7. Il sesto motivo, formulato nell’interesse di NOMECOGNOME NOME e NOME, che lamenta il mancato riconoscimento dell’attenuante ex art. 114 cod.pen. è inammissibile perché aspecifico e manifestamente infondato. La Corte ha negativamente delibato la richiesta difensiva a pag. 28, correttamente richiamando il principio ;n base 9.310n tema di concorso di persone nel reato fla disposizione del secondo comma dell’art. 114 cod. pen., secondo cui l’attenuante della minima partecipazione al fatto pluripersonale non si applica quando ricorra una delle circostanze aggravanti delineate all’art. 112 stesso codice, e, dunque, quando il numero dei concorrenti sia pari o superiore a cinque, si riferisce anche ai casi nei quali il numero delle persone concorrenti nel reato sia posto a base di un aggravamento della pena in forza di disposizioni specificamente riguardanti il reato stesso, come nella specie l’art. 629, comma 2 in relazione all’art. 628 1 comma 3 fn. 1 cod.pen. (Sez. 2, n. 18540 del 19/04/2016, Rv. 266852 – 01; Sez. 3, n. 17180 del 05/03/2020, Rv. 279014 – 01).
8. I primi cinque, complementari, motivi del ricorso nell’interesse di COGNOME NOME sono inammissibili in quanto reiterativi di censure, dettagliatamente riassunte alle pagg. 12 e 13 della sentenza impugnata, in punto di utilizzabilità delle dichiarazioni predibattimentali de COGNOME e delle individuazioni effettuate nella fase investigativa nonché di attendibilità d p.o., adeguatamente scrutinate e disattese sulla scorta di un percorso argomentativo privo di frizioni logiche, come già esposto in relazione alla posizione dei coimputati nei precedenti paragrafi. La sentenza impugnata non ha trascurato alcuno dei profili sottoposti a critica dal difensore, dando conto delle ragioni alla base del giudizio di condizionamento del teste/po in relazione all’esame dibattimentale, ragioni con le quali il ricorrente non si rapporta in termin puntuali. Infatti, la Corte di merito ha chiarito che il COGNOME ha, nella sostanza, confermato condotta estorsiva ma ha tentato, seppur confusamente e in maniera contraddittoria, di sfumarne i contorni illeciti e ha con argomenti inverosimili e finanche “grotteschi” smentito l’avvenuto riconoscimento fotografico degli autori. La parziale conferma dei contenuti della denunzia con riferimento agli accadimenti materiali, diversamente da quanto assume la difesa, non costituisce -secondo il conforme e logico apprezzamento dei giudici di meritoindice di genuinità del narrato dibattimentale del COGNOME ma l’esito di un conato inteso sottrarre gli imputati a responsabilità in conformità ai contenuti della patita intimidazione, p senza effettuare una radicale ritrattazione che poteva esporlo a personali conseguenze pregiudizievoli.
Se, dunque, sfugge a censura in questa sede il giudizio che sottende il recupero probatorio delle dichiarazioni predibattimentali, analogamente insindacabile risulta la
valutazione in punto di attendibilità intrinseca delle stesse effettuata in sede di merito, n inficiata dagli assertivi e generici rilievi difensivi che la vorrebbero revocata in dubbio s scorta delle qualità soggettive del COGNOME in quanto soggetto pregiudicato che “vive in un contesto sociale deviante”.
8.1 Né può riconoscersi pregio alle censure difensive in ordine alla genuinità dell’individuazione fotografica del prevenuto alla luce della motivazione rassegnata dai giudici d’appello (pagg. 24/25) e dei consolidati principi affermati da questa Corte secondo cui l’individuazione fotografica costituisce una prova atipica che ben può essere valorizzata dal giudice, nell’ambito del suo libero convincimento, ai fini della dimostrazione dei fatti, ove s accertata la credibilità della persona che, in sede di individuazione, si sia detta cert dell’identificazione operata (Sez. F , n. 43285 del 08/08/2019, Rv. 277471 – 03; Sez. 4, n. 47262 del 13/09/2017, Rv. 271041-01). Infatti l’individuazione, personale o fotografica, di un soggetto, compiuta nel corso delle indagini preliminari, costituisce una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, la cui forza probatoria non discende dalle formalità di assunzione previste dall’art. 213 cod. proc. pen. per la ricognizione personale (in tal senso, Sez. 5, n 23090 del 10/07/2020, Rv. 279437-01;Sez. 6, n. 17103 del 31/10/2018, dep. 2019, Rv. 275548-01).
La Corte territoriale ha, nella specie, diffusamente argomentato circa l’attendibilità dell’individuazione fotografica del ricorrente e degli altri imputati le cui fattezze non era state preventivamente dettagliate dalla p.o., evidenziando che i fatti contestati si erano svolt in pieno giorno e in occasione dell’incontro presso la sala scommesse il COGNOME aveva avuto modo di osservare a distanza ravvicinata e per un apprezzabile lasso temporale i soggetti che avevano fornito supporto e condivisione alla richiesta estorsiva formulata dall’COGNOME, procedendo -quindi– a brevissima distanza temporale a positiva ricognizione fotografica. I giudici territoriali segnalavano, inoltre, a conforto dell’attendibilità del COGNOME, gli es accertamenti di P.g. attestanti la fitta rete relazionale che collegava gli imputati.
La difesa, lungi dal denunziare radicali lacune o decisivi travisamenti nella valutazione del compendio probatorio, sollecita una rilettura dei materiali acquisiti che esula dal perimetro del sindacato di legittimità disegnato dal catalogo dei motivi di cui all’art. 606 cod.proc.pen
8.2 II sesto motivo che lamenta l’omessa motivazione circa la condotta e il dolo partecipativo è manifestamente infondato. La Corte di merito ha riassunto le doglianze difensive a pag. 13 ed ha implicitamente ma inequivocabilmente rigettato la tesi di una mera connivenza del prevenuto alle pagg. 27/28 laddove, nel ricostruire le modalità dell’intimidazione patita dalla p.o. presso la sala scommesse Eurobet, evidenzia la presenza alle spalle di NOME di “sette /otto giovani posti a distanza di circa un metro da lui inten
GLYPH
dgt-r
guardare COGNOME con fare minaccioso. Era tutt’altro che una mera presenza: era la plastica rappresentazione dell’esistenza del gruppo pronto ad intervenire….”, aggiungendo “…. Le parole e i gesti di NOME NOME e il supporto dato a costui dagli altri imputati postisi alle spalle erano tutti tasselli essenziali per rendere manifesta l’esistenza e la spregiudicatezza del gruppo criminale “,che COGNOME aveva osato sfidare.
La valutazione della sentenza impugnata è coerente con il principio secondo cui,in tema di concorso di persone nel reato lanche la sola presenza fisica alla consumazione di un delitto laddove non sia meramente accidentale, ma intenzionale e correlata alla perpetrazione dello stesso, non è qualificabile come connivenza non punibile, ma integra una forma di cooperazione morale comportando il rafforzamento del proposito dell’autore materiale e il potenziamento della sua capacità di intimidazione, a maggior ragione quando l’azione delittuosa sia sottesa da finalità criminali di un gruppo di natura mafiosa, come nella specie (in fattispecie relativa a concorso morale di partecipe a sodalizio mafioso,Sez. 1, n. 7845 del 21/01/2015, P.g., Rv. 262534 – 01; in materia di concorso “silente” nel delitto di estorsione, Sez. 2, n. 47598 del 19/10/2016, COGNOME, Rv. 268284 – 01; Sez. 2, n. 50323 del 22/10/2013, Rv. 257979 – 01; sulla distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato, Sez. 5, n. 2805 del 22/03/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258953 – 01; Sez. 1, n. 15023 del 14/02/2006, COGNOME, Rv. 234128 – 01).
Alla luce delle considerazioni che precedono i ricorsi debbono essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, non ravvisandosi cause d’esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 30 Gennaio 2025
GLYPH