Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1813 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1813 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN NOME VESUVIANO il 22/05/1970
avverso l’ordinanza del 10/09/2024 del TRIBUNALE GLYPH di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentito il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentito il difensore, Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Napoli, in sede di riesame di provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, ha confermato l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, in data 20 agosto 2024, che aveva applicato al ricorrente la custodia cautelare in carcere in relazione al reato di estorsione aggravata dall’utilizzo del metodo mafioso e dalla finalità di agevolazione del clan di stampo camorristico COGNOME; reato commesso nei confronti di COGNOME NOME, gestore di un centro di assistenza fiscale in San Giuseppe Vesuviano, dal quale, con minaccia, riusciva in diverse
occasioni ad ottenere somme di denaro anche alludendo al mantenimento di soggetti detenuti e alle festività.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME deducendo:
1) violazione di legge per non avere il Tribunale ritenuto l’inutilizzabilità dell dichiarazioni della persona offesa COGNOME COGNOME avuto riguardo alla circostanza, indicata anche nell’ordinanza impugnata, che la vittima aveva affermato di essere in rapporti di affari illeciti con il ricorrente e con altri sogg di spessore criminale ad ella noto – con reciproci e paritari guadagni – in relazione alla gestione dei flussi migratori dei quali si curava in ragione dell’attivi esercitata quale gestore di un CAF; per tale ragione, si trattava di soggetto che doveva essere iscritto, fin dall’inizio, nel registro degli indagati in relazione al commissione di un reato connesso o collegato a quello per cui si procede e per questo non avrebbe potuto essere sentito quale persona informata dei fatti.
La motivazione resa sul punto dal Tribunale sarebbe illogica e contraddittoria, dal momento che le richieste di danaro alla persona offesa da parte del ricorrente sarebbero state collegate allo svolgimento di tale attività delittuosa in combutta tra loro.
Espungendo dal tessuto investigativo le dichiarazioni della persona offesa, gli altri elementi a carico del COGNOME – quali le riprese video, le registrazioni di conversazioni tra gli interessati ed il ritrovamento della somma di danaro pari a 2500 euro – non supererebbero la soglia della gravità indiziaria, potendosi ricollegare alla collaborazione commerciale nella gestione dei flussi migratori intercorrente tra le parti;
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza.
Secondo il ricorrente, alla luce dei rapporti di collaborazione commerciale di tipo illecito intercorsi tra la persona offesa ed il ricorrente – non negati dal Tribunale che ha, al contrario, individuato reciproci e paritari guadagni ed un rapporto “societario” tra i due, con suddivisione dei profitti al 50% – le richieste di danar dell’indagato, culminate con la consegna di 2500 euro al Boccia, dovevano essere ricondotte a tali rapporti e non a pretese estorsive da essi sganciate, emergendo dai dialoghi registrati e dalle stesse dichiarazioni della persona offesa la circostanza che il ricorrente aveva investito somme di danaro nell’attività illecita gestita in società con quest’ultima, consegnandogli pratiche (non cinque ma molte di più) inerenti ai flussi migratori che dovevano essere evase e delle quali il ricorrente chiedeva conto insieme all’andamento di cospicui prestiti verso terzi (fgg. 20-29 del ricorso).
Proprio in forza di tali rapporti illeciti, le dichiarazioni della persona offes peraltro, in alcuni punti, in contrasto con il tenore dei dialoghi registrati, come
nel ricorso si evidenzia a partire da fg. 29 -non potevano ritenersi attendibili, avendo ella interesse a non fare emergere la sua compromissione in fatti di rilevanza penale, che lo stesso Tribunale ha ritenuto sussistente, salvo a non tenerne conto a proposito della veste del dichiarante, secondo quanto già esplicitato con il primo motivo.
Inoltre, nel ricorso si sottolinea l’assenza di prova in ordine a condotte intimidatorie o violente del ricorrente, ben compatibili con la natura non estorsiva delle sue pretese verso la persona offesa in ragione di quanto già precisato;
violazione di legge e vizio di motivazione per avere il Tribunale ritenuto sussistente l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1. cod.pen. in entrambe le sue direttrici.
La motivazione sul punto sarebbe apparente, facendo esclusivo riferimento all’inserimento del ricorrente nel clan camorristico COGNOME, documentato dal precedente penale a suo carico, senza, tuttavia, valutare l’assenza di atteggiamenti mafiosi o violenti nella condotta dell’indagato (come provato dalle stesse dichiarazioni della persona offesa e dai dialoghi registrati e richiamati ai fgg. 44 e segg. del ricorso), della spendita della sua appartenenza al sodalizio criminale e della mancata finalizzazione della condotta ad agevolare il clan anziché l’interesse personale del ricorrente;
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari, non avendo il Tribunale motivato se non con riferimento alla gravità del reato, senza alcun riferimento alla specificità della vicenda e senza mettere a fuoco l’attualità e la concretezza del pericolo di recidiva e la distanza temporale dai fatti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato ed ha carattere assorbente.
A fg. 30 del provvedimento impugnato, il Tribunale ha affrontato la questione della qualifica da attribuire a COGNOME NOME (individuato come persona offesa dal reato e sentito in fase di indagini come teste puro), confermando quanto si sostiene nel ricorso a proposito della rilevata esistenza di una “collaborazione commerciale, all’interno del suo caf del COGNOME con il COGNOME e altri professionisti/criminali/camorristi nella gestione delle pratiche inerenti i fluss migratori, sospettandosene anche il modo illecito a mezzo probabilmente falsi nulla osta, ditte inesistenti…”.
In altri passaggi dell’ordinanza, si è evidenziata la circostanza che il COGNOME utilizzasse il ricorrente per il recupero di somme dovute da terzi (vedi fg. 12 e conclusioni parziali del Tribunale ai fgg. 13 e 25), che i rapporti tra i due fossero
GLYPH
molto intrecciati anche sotto il profilo economico (COGNOME era “amico di tutti”, aveva il “piacere di lavorare insieme” al ricorrente, vedi fg.21), ed anche il fatto che, contemporaneamente, vi fossero state richieste estorsive “parallele” da parte dell’indagato (fg. 25).
Dalla sequenza delle dichiarazioni del Boccia, riportata nell’ordinanza impugnata – dichiarazioni ritenute fondamentali per sostenere l’accusa a carico del ricorrente, come il Tribunale ha precisato a fg. 2 – risulta che le prime dichiarazioni erano state rese il 2 aprile 2024 (fg.3 dell’ordinanza) e già da allora emergeva l’attività truffaldina nella gestione dei flussi migratori, circostanza sempre confermata nelle successive dichiarazioni dello stesso soggetto.
Stante i rapporti di dare/avere tra gli interessati, la prova di una estorsione “parallela” del ricorrente verso il Boccia – in astratto ben possibile non poteva che essere collegata alla prova inerente ai rapporti illeciti nel settore della gestione dei flussi migratori, proprio al fine di perimetrarne il confine rispetto all pretesa illecita di tipo economico contestata, che poteva trovare la sua causa, come sostiene la difesa, in quegli altri rapporti sempre di natura illecita tra le parti, essendo, peraltro, nota al Boccia la caratura criminale del ricorrente ed anche i motivi (diversi dalla causa) che potevano spingerlo a chiedergli denaro.
Con la conseguenza che, stando al contenuto dell’ordinanza, il COGNOME avrebbe dovuto essere sentito fin dall’inizio come soggetto indagato di reato collegato ai sensi dell’art. 371, comma 2, lett. b), cod. proc. pen. e la portata accusatoria delle sue dichiarazioni avrebbe dovuto essere corroborata da riscontri esterni.
Il profilo non è stato adeguatamente approfondito dal Tribunale, che ha escluso l’esistenza di ipotesi di connessione (non di collegamento probatorio) tra reati sulla base della sola circostanza che non vi fossero estremi per un’iscrizione a carico del Boccia nel registro degli indagati (fg. 30 del provvedimento impugnato).
Il dato formale non è rilevante, mentre l’affermazione, se riferita alle emergenze investigative, è contraddetta dagli altri passaggi motivazionali della stessa ordinanza, secondo quanto prima sintetizzato.
In punto di diritto, deve ricordarsi che, in tema di prova dichiarativa, allorché venga in rilievo la veste che può assumere il dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, e quindi al di là del riscontro di ind formali, come l’eventuale già intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato, l’attribuibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese, e il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, Mills; Sez. 5, n. 39498 del 25/06/2021, COGNOME, Rv. 282030; PASSo, Sez. 2, n. 43687 del 27/10/2021,0on massimata).
Da tutto ciò deriva, almeno in linea di principio, la violazione delle regole previste dall’art. 63 cod. proc. pen., sanzionata ai sensi del secondo comma della norma. Non avendo il Tribunale fornito adeguata motivazione idonea ad escludere il collegamento probatorio sostanziale tra i reati prima indicati, spetterà al giudice del rinvio approfondire la questione nel merito, senza incorrere in violazioni dei principi giuridici prima richiamati, oltre che in contraddizioni, valutando, a quest’ultimo fine, anche le ampie argomentazioni difensive sul punto.
Nella ipotesi in cui le dichiarazioni del COGNOME dovessero essere ritenute inutilizzabili, spetterà al Tribunale la ulteriore verifica della tenuta accusatori delle altre emergenze a carico dell’indagato, pure evidenziate nel provvedimento impugnato (registrazioni di conversazioni, video, ecc.), avendo il ricorrente sostenuto – così assolvendo al suo obbligo di cimentarsi con la prova di resistenza – che tali dati investigativi non sarebbero bastevoli a configurare i gravi indizi d col pevolezza.
Gli ulteriori motivi di ricorso, di rilievo subordinato, rimangono in questa sede assorbiti e, se del caso, saranno anch’essi oggetto di disamina nel giudizio di rinvio.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il 05/12/2024.