Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 19088 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 19088 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Catanzaro il 25/5/1978
avverso l’ordinanza del 24/1/2025 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
I. GLYPH
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 24 gennaio 2025 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, quale giudice dell’esecuzione, in accoglimento dell’istanza subordinata avanzata da NOME COGNOME ha riconosciuto la continuazione tra i reati di cui alle sentenze del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro n. 47 del 2023 e del Tribunale di Catanzaro n. 1845 del 2023 e ha, di conseguenza, rideterminato la pena in complessivi anni due e mesi sei di reclusione.
Avverso tale ordinanza il condannato COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocato NOME COGNOME che lo ha affidato a un unico motivo, mediante il quale ha denunciato, a norma dell’art. 606, primo comma, lett. b), cod. proc. pen., l’errata applicazione dell’art. 669, primo comma, cod. proc. pen., a causa della errata considerazione della esatta corrispondenza, sia in termini di tempo sia di luogo, del mendacio realizzato dal ricorrente nella dichiarazione sostitutiva presentata il 9/1/2021; tale dichiarazione, secondo quanto emerso nei giudizi a suo carico, era stata posta a fondamento del mantenimento del reddito di cittadinanza richiesto nel 2019 e della richiesta di rinnovo di tale beneficio avanzata nell’aprile 2021, ma l’oggetto dell’addebito era stato il medesimo nei due procedimenti, ossia il mendacio reso nella suddetta dichiarazione sostitutiva del 9/1/2021, circa la sussistenza di un contratto di locazione di un immobile, essendo stato ritenuto irrilevante il momento di presentazione delle domande di riconoscimento del beneficio. Sarebbe, quindi, errato quanto affermato dal giudice dell’esecuzione a proposito della diversità delle condotte, in quanto relative a due diverse istanze di riconoscimento del beneficio del reddito di cittadinanza, nell’ambito delle quali l’COGNOME aveva fatto uso del medesimo documento contenente dichiarazioni mendaci, tra l’altro diversamente da quanto accertato in sede di cognizione con le due sentenze pronunciate nei confronti del ricorrente. Dovrebbe, invece, farsi riferimento all’unico atto contenente dichiarazioni mendaci, rimanendo irrilevante la circostanza che lo stesso sia stato utilizzato in relazione a due diverse istanze, con la conseguente coincidenza delle condotte e l’erroneità della esclusione della rnedesimezza del fatto. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, sottolineando la correttezza della decisione del giudice dell’esecuzione, che aveva accertato che le due sentenze di condanna avevano ad oggetto due differenti condotte delittuose, ancorché commesse in un ambito spazio-temporale ravvicinato e utilizzando la medesima documentazione (almeno per alcuni periodi).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Il ricorrente è stato dichiarato responsabile:
– con la sentenza del 23/2/2023 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, del reato di cui all’art. 7, comma 1, d.l. 4/2019 (“perché, al fine di ottenere indebitamente il beneficio del reddito di cittadinanza, rendeva false dichiarazioni circa l’effettiva abitazione. In particolare, nella D.S. presentata il 9.1.2021 GLYPH a corredo della richiesta del sostegno economico inoltrata in data 29.4.2021 GLYPH , attestava falsamente di condurre in locazione l’abitazione sita alla INDIRIZZO di Catanzaro benché il contratto di locazione fosse già stato risolto consensualmente in data 2.4.2.2020; così facendo otteneva indebitamente, quale parte del beneficio spettantegli, complessivi 1.120,00 euro (periodo maggio – agosto 2021) di contributo al canone di locazione”):
– con la sentenza del 24/10/2023 del Tribunale di Catanzaro, oltre che del reato di cui all’art. 7, comma 2, d.l. 4/2019 di cui al capo b), del reato di cui all’art comma 1, d.l. 4/2019 (“perché, al fine di ottenere indebitamente il beneficio del reddito di cittadinanza, rendeva false dichiarazioni circa l’effettiva abitazione. I particolare, nella D.S.U. presentata il 9.1.2.2021 GLYPH a corredo della richiesta del sostegno economico inoltrata in data 7.11.2019 GLYPH , attestava falsamente di condurre in locazione l’abitazione sita alla INDIRIZZO di Catanzaro benché il contratto di locazione fosse già stato risolto consensualmente in data 2.4.2020; così facendo otteneva indebitamente, quale parte del beneficio economico spettantegli, complessivi euro 560,00 (periodo febbraio – marzo 2021) di contributo al canone di locazione”).
Il Giudice dell’esecuzione, investito della richiesta principale di applicazione della disciplina di cui all’art. 669, comma 1, cod. proc. pen., ha escluso la sussistenza dei relativi presupposti, ossia della identità delle condotte giudicate, sottolineando che benché la documentazione contenente la dichiarazione mendace (in ordine alla persistenza del contratto di locazione a fini abitativi, incidente sull misura del beneficio) sia la medesima, ossia la dichiarazione del 9/1/2021, le istanze per il riconoscimento del beneficio sono diverse, una presentata il 7/11/2019 e l’altra il 29/4/2021, con la conseguente esclusione della medesimezza del fatto reato ascritto all’imputato, trattandosi di due distinte condotte, poste i essere in tempi diversi e in relazione a procedimenti e istanze diverse, con la conseguente insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della medesimezza del fatto come richiesto dal condannato.
» GLYPH 3. La conclusione cui è pervenuto il giudice dell’esecuzione, circa l’infondatezza della richiesta principale avanzata dal condannato, di riconoscimento della medesimezza del fatto giudicato con le due sentenze del Tribunale di Catanzaro pronunciate nei suoi confronti, è, alla luce della struttura della fattispecie di cu all’art. 7, comma 1, d.l. n. 4 del 2019, che ha carattere istantaneo, corretta.
L’art. 7 del d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazione dalla I. 28 marzo 2019, n. 26, abrogato dalla I. 29 dicembre 2022, n. 197 a far data dal 1/1/2024 (che fa salva l’applicazione delle sanzioni penali dallo stesso previste per i fatti commessi sino al termine finale di efficacia della relativa disciplina, ragionevole deroga al principio di retroattività della “lex mitior”, assicurando tutela penale all’indebita erogazione del reddito di cittadinanza sin tanto che sarà possibile continuare a fruire di detto beneficio, cfr. Sez. 3, n. 7541 del 24/01/2024, COGNOME, Rv. 285964 – 01), stabilisce, al primo comma che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all’articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cos non vere, ovvero omette informazioni dovute, è punito con la reclusione da due a sei anni”.
Risulta evidente, dunque, dalla descrizione normativa della condotta incriminata, che questa, di carattere istantaneo, va individuata nel rendere o utilizzare dichiarazioni o documenti mendaci o falsi, cosicché ciò che rileva, ai fini della realizzazione di una condotta punibile ai sensi di tale disposizione, è l’utilizzazione di una dichiarazione falsa o mendace, rimanendo, altrimenti, la stessa, se non utilizzata, priva di rilevanza penale. Ciò, del resto, è conforme al principio di offensività, posto che solo con il suo utilizzo, e allo scopo di ottener indebitamente il beneficio, il documento falso o, come nel caso in esame, contenente dichiarazioni mendaci, è in grado di arrecare un pregiudizio al bene interesse protetto dalla disposizione, costituito dall’evitare abusi o richieste indebite di detto beneficio, fondate su documenti falsi o dichiarazioni mendaci.
Ne consegue che, come correttamente rilevato dal giudice dell’esecuzione, la ripetuta utilizzazione della medesima dichiarazione mendace, in relazione a differenti richieste di riconoscimento del suddetto beneficio, determina altrettante condotte punibili, posto che è con la presentazione della richiesta che si realizza e perfeziona la condotta punibile a norma dell’art. 7, comma 1, d.l. 4/2019 citato, che ha carattere istantaneo, rimanendo, pertanto, irrilevante la circostanza della ripetuta utilizzazione del medesimo atto contenente dichiarazioni mendaci, se, come nel caso in esame, compiuta in relazione a diverse istanze, la cui pluralità esclude la medesimezza del fatto reato contestato.
4. Il ricorso proposto dal condannato deve, pertanto, essere rigettato, a cagione della infondatezza della sua denuncia di violazione dell’art. 669, comma
1, cod. proc. pen.
Al rigetto del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13/5/2025