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Dichiarazioni irreperibile: quando sono utilizzabili?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per rapina, basato sulla presunta inutilizzabilità delle dichiarazioni della persona offesa, divenuta irreperibile. La Corte chiarisce che le ricerche del testimone sono state adeguate e che, in ogni caso, il ricorrente non ha superato la “prova di resistenza”, non dimostrando come l’esclusione di tali dichiarazioni avrebbe modificato l’esito del giudizio, fondato anche su altre prove. Le dichiarazioni di un soggetto irreperibile restano quindi utilizzabili se l’irreperibilità non era prevedibile.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazioni Irreperibile: Quando Sono Valide nel Processo?

La gestione delle dichiarazioni di un testimone irreperibile rappresenta una delle questioni più delicate nel processo penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui criteri di utilizzabilità di tali prove, sottolineando il principio della non prevedibilità dell’assenza e la cosiddetta “prova di resistenza”. Questo caso, relativo a una condanna per rapina e lesioni, ci permette di approfondire come la giustizia bilancia il diritto di difesa con la necessità di accertare la verità.

I Fatti del Processo

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per i reati di rapina aggravata e lesioni. La condanna si basava su un quadro probatorio composito, che includeva le dichiarazioni rese nella fase delle indagini preliminari dalla persona offesa. Tuttavia, al momento del dibattimento, la vittima era divenuta irreperibile e non era stato possibile sentirla in aula.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la sentenza d’appello su due punti principali, entrambi legati alla gestione delle prove.

I Motivi del Ricorso e le Dichiarazioni dell’Irreperibile

Il ricorso si fondava essenzialmente su due argomentazioni:

1. Violazione dell’art. 512 c.p.p.: La difesa sosteneva l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, poiché le ricerche per rintracciarla erano state limitate al territorio nazionale. Secondo il ricorrente, le autorità avrebbero dovuto estendere le indagini al Paese di origine del testimone (la Nigeria), dove l’Italia dispone di una rete diplomatica e consolare. L’omissione di tale attività avrebbe reso illegittima l’acquisizione delle sue precedenti dichiarazioni.

2. Motivazione contraddittoria: Il secondo motivo criticava la valutazione delle dichiarazioni di un coimputato. La difesa riteneva contraddittorio che i giudici avessero considerato credibile il coimputato quando accusava il ricorrente, ma non credibile quando tentava di minimizzare la gravità dei fatti, descrivendoli come una semplice lite tra ubriachi anziché una rapina.

La Decisione della Corte: La Validità delle Dichiarazioni Irreperibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e manifestamente infondato. La decisione si articola su principi procedurali di grande rilevanza.

Le motivazioni

In merito al primo punto, la Corte ha stabilito che le ricerche della persona offesa erano state condotte correttamente. Al momento della denuncia, infatti, il soggetto era regolarmente presente sul territorio italiano e non vi era alcun motivo per prevedere la sua futura irreperibilità. Non essendo emerso alcun elemento concreto che suggerisse un suo rientro nel Paese d’origine, non sussisteva alcun obbligo per le autorità di estendere le ricerche all’estero. Di conseguenza, l’irreperibilità sopravvenuta e non prevedibile ha reso legittima l’acquisizione delle dichiarazioni rese in fase di indagini ai sensi dell’art. 512 c.p.p.

Inoltre, la Corte ha sottolineato un aspetto cruciale: il ricorrente non ha superato la prova di resistenza. Non ha cioè dimostrato in che modo l’eventuale esclusione delle dichiarazioni della vittima avrebbe potuto portare a una sentenza di assoluzione. L’affermazione di responsabilità, infatti, si basava anche su altri elementi probatori, inclusi quelli dichiarativi e documentali, che confermavano la prospettiva dell’accusa.

Anche il secondo motivo è stato respinto. I giudici hanno chiarito che non vi è alcuna contraddizione nel valutare in modo frazionato la testimonianza di un coimputato. È logico e corretto ritenere credibili le parti in cui ammette i fatti e accusa altri, e non credibili quelle in cui cerca palesemente di alleggerire la propria posizione. Nel caso specifico, il coimputato aveva confermato l’intenzione di impossessarsi dello zaino della vittima e di averne sottratto il portafogli, confermando la natura predatoria del reato.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce due principi fondamentali. Primo, le dichiarazioni rese da un testimone divenuto successivamente irreperibile sono utilizzabili se la sua assenza non era prevedibile al momento dell’acquisizione delle dichiarazioni stesse. Secondo, per contestare efficacemente l’uso di una prova, non è sufficiente lamentarne la presunta illegittimità, ma è necessario dimostrare, tramite la “prova di resistenza”, che la sua esclusione avrebbe un impatto decisivo sull’esito del processo. La decisione della Corte, dunque, rafforza la stabilità delle sentenze basate su un solido compendio probatorio, anche in assenza di un testimone chiave.

Quando possono essere utilizzate le dichiarazioni di un testimone divenuto irreperibile?
Secondo la sentenza, le dichiarazioni predibattimentali possono essere utilizzate se l’irreperibilità del testimone non era prevedibile al momento in cui sono state rese e se le ricerche per rintracciarlo sono state condotte in modo adeguato, senza che vi fossero elementi concreti per estenderle all’estero.

Cos’è la ‘prova di resistenza’ in relazione a una testimonianza?
La ‘prova di resistenza’ è un test logico che il giudice (e la parte che contesta) deve effettuare. Consiste nel valutare se, anche eliminando la prova contestata (in questo caso, le dichiarazioni dell’irreperibile), le altre prove disponibili sarebbero comunque sufficienti a fondare la stessa decisione di colpevolezza. Se la risposta è sì, il motivo di ricorso viene respinto.

È possibile considerare un testimone credibile solo in parte?
Sì. La Corte conferma che non c’è contraddizione nel valutare le dichiarazioni di un testimone o coimputato in modo frazionato. Un giudice può ritenere attendibili le parti in cui accusa altri o ammette fatti, e allo stesso tempo considerare non veritiere le parti in cui tenta palesemente di scagionare sé stesso o minimizzare le proprie responsabilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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