Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 18067 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 18067 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 04/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato il 18/02/1949 COGNOME NOME nato a MILANO il 29/05/1970 avverso la sentenza del 10/06/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità di entrambi i ricorsi, in subordine il rigetto.
Udite le conclusioni del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME nell’interesse della ricorrente NOMECOGNOME che nel riportarsi ai motivi di ricorso, ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 10 giugno 2024 la Corte di appello di Milano, per quanto di interesse, ha confermato la pronuncia del Tribunale cittadino del 12 luglio 2021 con la quale:
NOME era stata condannata alla pena di giustizia per i fatti di cui ai capi 1), 4) 5);
–COGNOME NOME era stato condannato alla pena di giustizia per i fatti di cui al capo 4).
Il capo 1) ha ad oggetto la condotta di bancarotta fraudolenta patrimoniale consistita nell’avere NOME COGNOME quale amministratore unico dall’epoca della costituzione sino al 26 maggio 2010 e quale Presidente del Consiglio di amministrazione della società RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Milano del 4 luglio 2013- distratto risorse sociali per almeno 800.000,00 euro effettuando nel biennio 2009-2011 spese personali con bonifici dal conto corrente della società o a mezzo carte di credito.
Il capo 4) ha ad oggetto la condotta di bancarotta fraudolenta patrimoniale consistita nell’avere NOME COGNOME nella qualità suindicata nonché di amministratore unico della affittuaria della società RAGIONE_SOCIALE e socia di maggioranza della società RAGIONE_SOCIALE e COGNOME Luis – quale responsabile di fatto della società RAGIONE_SOCIALE– distratto risorse della società fallita attraverso un contratto di fitto di ramo di azienda stipulato con la RAGIONE_SOCIALE, non onorando il canone del secondo trimestre 2013, non rilasciando cauzione per euro 10.000,00 , trasferendo l’avviamento alla società RAGIONE_SOCIALE e praticando prezzi maggiori di quelli della concorrente, asportando 287 capi di abbigliamento, nonché occupando attraverso la società RAGIONE_SOCIALE il punto vendita di INDIRIZZO
Il capo 5) ha ad oggetto la condotta di bancarotta fraudolenta documentale nei confronti di COGNOME Flora in relazione alla società fallita RAGIONE_SOCIALE
Avverso la decisione della Corte di Appello hanno proposto ricorso gli imputati, attraverso i rispettivi difensori di fiducia, articolando con distinti atti i motivi di censura di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma primo, disp. att. cod. proc. pen.
NOMECOGNOME attraverso il ricorso sottoscritto dal difensore di fiducia, ha articolato i seguenti motivi.
2.1.Con il primo motivo, è stata dedotta violazione di legge processuale in ordine alla indeterminatezza del capo di imputazione e alla violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza avuto riguardo al capo 1).
La sentenza impugnata non ha fornito adeguata risposta alle censure già proposte con l’atto di appello in relazione alla violazione del diritto di difesa conseguita alla inesatta indicazione delle somme asseritamente distratte dall’imputata per spese personali.
Lamenta la difesa che la differenza non è relativa unicamente al quantum dell’ammontare, ma anche alla specificazione delle spese personali, elementi questi che sono emersi solo dopo la escussione dibattimentale della curatrice fallimentare, la quale ha operato uno specifico riferimento a dati contenuti nelle missive dell’avv. COGNOME, missive peraltro non allegate alla relazione ex art.33 l. fall.
e acquisite solo successivamente dal Tribunale unitamente ad ulteriore documentazione.
La circostanza che la imputata già fosse a conoscenza del contenuto delle missive perché a lei indirizzate non può rilevare all’interno del processo, trattandosi di conoscenza infornale ed extra processuale.
La difesa si duole inoltre della violazione dell’art.429 comma secondo cod. proc. pen. atteso che nel caso in esame la assoluta incertezza dei fatti di cui all’imputazione sotto il profilo materiale non ha consentito la predisposizione di una adeguata difesa.
2.2. Con il secondo e il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge processuale e vizio di motivazione in ordine alla inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da un terzo.
La sentenza impugnata ha utilizzato ai fini della decisione le dichiarazioni di un terzo non escusso durante l’istruttoria dibattimentale, COGNOME
Quest’ultimo, infatti, aveva reso una dichiarazione scritta che è stata inserita nella relazione fallimentare, allegata alle dichiarazioni rese dal coimputato COGNOME ex coniuge della imputata, assolto dalle imputazioni a suo carico e da quest’ultimo prodotta.
Non vi è dunque alcuna certezza in ordine alla provenienza della dichiarazione e alla attendibilità del dichiarante che non è stato escusso dalla curatrice.
Erroneamente la sentenza impugnata ha richiamato la giurisprudenza di queste Corte (Sez.5 n.6989/2024) secondo cui sono utilizzabili anche senza esame dibattimentale le dichiarazioni trasposte nella relazione del curatore fallimentare, dal momento che si deve trattare di dichiarazioni rese direttamente al curatore fallimentare.
Per essere utilizzabili le dichiarazioni avrebbero dovuto formare oggetto di una escussione dibattimentale; ciò non è avvenuto e anche in questo caso erroneamente la Corte territoriale attribuisce la lacuna alla inerzia della imputata dal momento che la inutilizzabilità è rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del processo.
La sentenza impugnata risulta poi contraddittoria nella parte in cui ha riconosciuto la piena utilizzabilità delle dichiarazioni di COGNOME e la inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal coimputato Giudici al curatore e in dibattimento sotto forma di spontanee dichiarazioni per il mancato esame dello stesso.
COGNOME Luis attraverso il ricorso sottoscritto dal difensore di fiducia ha articolato i seguenti motivi.
3.1.Con il primo motivo, è stata dedotta violazione di legge processuale in ordine all’art.521 cod. proc. pen. e al principio di correlazione tra imputazione e sentenza avuto riguardo al capo 4) come allo stesso contestato.
L’imputato è stato ritenuto colpevole della ipotesi delittuosa ascritta al capo 4) ma in ragione di tre fatti differenti ed estranei rispetto alla contestazione.
Le condotte a lui in concreto imputate sono:
-la distrazione di risorse dalla società fallita realizzata, quale extraneus in concorso con NOME COGNOME, attraverso dei pagamenti ed una ricognizione di debito a favore delle società RAGIONE_SOCIALE di cui era dominus e della RAGIONE_SOCIALE;
-la sottrazione di personale- l’impiegata COGNOME dall’affittuaria del ramo di azienda RAGIONE_SOCIALE a favore della società RAGIONE_SOCIALE
-lo sviamento della clientela con l’invio da parte di RAGIONE_SOCIALE di materiale pubblicitario a soggetti non inclusi nella mailing list della società.
Dunque, le modalità con cui avrebbe posto in essere la condotta distrattiva sono del tutto differenti da quelle indicate nella imputazione.
La sentenza impugnata ha superato la censura anche in questo caso già mossa con l’atto di appello evidenziando che, trattandosi di una fattispecie astratta a condotta eventualmente plurima, le ulteriori distrazioni non andrebbero ad integrare un nuovo e diverso reato.
Più precisamente ha ritenuto che la condanna fosse comunque incentrata su di un nucleo essenziale della condotta esplicitato e rappresentato dalla sua qualità di concorrente esterno della distrazione incentrata sul contratto di affitto di ramo di azienda e sul successivo drenaggio di risorse in favore della società RAGIONE_SOCIALE e sul suo ruolo di ispiratore di tutta la complessa operazione come confermato non solo dalle dichiarazioni dei coimputati COGNOME e COGNOME ma anche dei testi COGNOME e COGNOME.
La giurisprudenza di questa Corte ha affermato – ribadisce la difesa- principi diversi (Sez.5 n.36155/2019 e n.11399/2021) laddove ha chiarito che il mutamento dell’azione distrattiva in capo all’imputato è idonea ad integrare la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.
2.2. Con il secondo motivo è stato dedotto vizio di motivazione quanto alla penale responsabilità del ricorrente.
La sentenza impugnata appare contraddittoria nell’affermare che le ulteriori distrazioni siano riconducibili al nucleo essenziale della condotta del COGNOME.
In realtà il Tribunale aveva escluso il coinvolgimento dell’imputato nei due fatti effettivamente correlati al capo 4) rappresentati dal fitto del ramo di azienda che comprendeva il punto vendita di INDIRIZZO e dalla sottrazione di 278 capi di abbigliamento.
Le accuse in relazione a queste due condotte nei confronti del ricorrente non risultano confortate da alcun elemento probatorio.
Quanto poi alle ulteriori condotte distrattive, di cui l’imputato è stato ritenuto responsabile e che non sono comprese nella imputazione, la sentenza impugnata ha ritenuto che gli spostamenti di danaro tra la società fallita e le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE avrebbero natura distrattiva non rivestendo alcun rilievo la esistenza di un decreto ingiuntivo a favore della RAGIONE_SOCIALE dal momento che la ricognizione di debito a favore di COGNOME non riveste valore costitutivo del diritto di credito e il processo monitorio è per sua natura sommaria; lo stesso dicasi per i documenti che sono stati prodotti per giustificare il trasferimento delle somme, non essendo in grado di dimostrare la sussistenza dei sottostanti rapporti di provvista.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME è fondato nei limiti e per le ragioni che seguono.
1.Il primo motivo di ricorso presentato nell’interesse di COGNOME Flora è infondato.
1.1. Ad avviso del collegio la censura avanzata dalla ricorrente non è riconducibile alla violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza di cui all’art.521 cod. proc. pen., quanto piuttosto alla eventuale violazione dell’art.429 cod. proc. pen. in punto di completezza e determinatezza della imputazione.
L’art. 429 comma secondo cod. proc. pen. prevede quale ipotesi di nullità del decreto che dispone il giudizio la insufficiente indicazione di uno dei requisiti previsti dalle lettere c) ed f) e dunque la indeterminatezza o l’insufficiente indicazione del fatto contestato.
Tuttavia, il combinato disposto degli artt. 181 comma terzo cod. proc. pen. (‘Le nullità concernenti il decreto che dispone il giudizio devono essere eccepite entro il termine previsto dall’art.491 comma primo cod. proc. pen.’) e art.491 comma primo cod. proc. pen. (‘ Le nullità indicate nell’art.181 commi 2 e 3 (..) sono precluse se non sono proposte subito dopo compiuto l’accertamento della costituzione delle parti e sono decise immediatamente .’) indica i termini entro i quali siffatta eventuale nullità può essere eccepita.
Dagli atti del fascicolo esaminati dal Collegio in considerazione del dedotto error in procedendo (Sez. U., n.42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv.220092) risulta che la lamentata indeterminatezza del capo di imputazione è stata eccepita dalla ricorrente tardivamente rispetto alle scansioni processuali fissate dalle norme
richiamate e solo successivamente all’apertura del dibattimento attraverso una memoria difensiva successivamente depositata.
Fondato risulta il secondo motivo.
2.1. Le dichiarazioni rese da NOME COGNOME sono il principale elemento di riscontro dell’accusa quanto all’utilizzo da parte della ricorrente di somme di danaro della società per la realizzazione di lavori di ristrutturazione di un casale in Voghera di proprietà del padre della imputata.
Il contenuto di siffatta dichiarazione è stato utilizzato in quanto oggetto della deposizione del curatore fallimentare.
La difesa deduce la inutilizzabilità di siffatte dichiarazioni in ragione della modalità con le quali le stesse sono state acquisite e hanno trovato ingresso nel processo: la dichiarazione rilasciata e sottoscritta da COGNOME con la quale questi afferma di avere eseguito i lavori di ristrutturazione emettendo fatture intestate alla società fallita, costituisce un allegato alle informazioni rilasciate dal coimputato fallito NOME COGNOME al curatore fallimentare e successivamente confluita quanto al suo contenuto nella relazione del curatore ex art.33 legge fallimentare; COGNOME non ha mai reso dichiarazioni al curatore.
2.2. Il tema della utilizzabilità delle dichiarazioni rese al curatore fallimentare è stato più volte affrontato da questa Corte che ha riconosciuto la utilizzabilità processuale delle dichiarazioni rese al curatore nel corso della procedura fallimentare e da questi trasfuse nella propria relazione, posto che il curatore non svolge attività ispettive e di vigilanza, ma, in qualità di pubblico ufficiale, è tenuto a rappresentare nella relazione a sua firma anche “quanto può interessare ai fini delle indagini preliminari in sede penale”, dando corso all’audizione dei soggetti diversi dal fallito per richiedere informazioni e chiarimenti occorrenti “ai fini della gestione della procedura” (per tutte Sez. 5, n. 17828 del 09/02/2023, Caserta, Rv. 284589 in una fattispecie relativa a dichiarazioni rese al curatore da un teste e da un indagato di reato connesso in ordine al ruolo di amministratore di fatto della fallita rivestito dall’imputato, compendiate nella relazione e oggetto di testimonianza indiretta da parte del curatore stesso).
La ipotesi all’esame del Collegio appare, tuttavia, diversa da quella a cui la giurisprudenza di questa Corte si riferisce: Cingoli non ha reso dichiarazioni al curatore fallimentare nel corso della procedura, ma ha rilasciato una dichiarazione a sua firma al coimputato Giudici che l’ha consegnata al curatore fallimentare.
Richiamando ancora una volta la giurisprudenza di questa Corte va evidenziato che il documento rappresentativo di un atto descrittivo o narrativo può fungere da prova soltanto qualora la dichiarazione documentata rilevi di per sé come fatto storico, e non esclusivamente come rappresentazione di un fatto, poiché in tale ultima ipotesi, essa va acquisita e documentata nelle forme del
processo, risultando altrimenti violato il principio del contraddittorio (Sez. 2, n. 29645 del 14/09/2020, COGNOME, Rv. 279857).
Le modalità con cui il contenuto dichiarativo riconducibile a COGNOME è stato introdotto nel processo lo rendono inutilizzabile.
Né può condividersi l’argomentazione impiegata dalla sentenza impugnata per superare la inutilizzabilità in base alla quale la difesa avrebbe dovuto invocare la disciplina di cui all’art.195 cod. proc. pen. prevista in tema di testimonianza indiretta e richiedere l’audizione di Cingoli dal momento che il curatore non ha testimoniato in relazione a fatti appresi da altra fonte dichiarativa.
La sentenza va dunque annullata nei confronti di COGNOME Flora limitatamente alla distrazione delle risorse utilizzate in lavori di ristrutturazione con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano per un nuovo giudizio alla luce della inutilizzabilità delle dichiarazioni di COGNOME.
Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME Luis è nel suo complesso infondato.
3.1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Il tema della correlazione tra imputazione contestata e sentenza è stato oggetto di una lunga e approfondita elaborazione giurisprudenziale, alla luce della quale può affermarsi, richiamando anche le indicazioni delle Sezioni Unite, che per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l'”iter” del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione. (S.U. n. 36551 del 15/07/2010, COGNOME Rv. 248051).
Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, la sentenza impugnata ha operato corretta applicazione dei principi richiamati.
La Corte territoriale ha infatti evidenziato che (p.60):
– ‘ il nucleo essenziale della imputazione è la distrazione operata tramite il contratto di fitto di ramo di azienda tra la fallita a firma COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE a firma del nuovo amministratore appena nominato dalla COGNOME, NOME COGNOME. Contratto tramite il quale anziché promuovere il rilancio della società RAGIONE_SOCIALE, furono drenate risorse da un lato della RAGIONE_SOCIALE facente capo alla COGNOME e dall’altro in favore della COGNOME, facente capo a Campisi.’
Così come correttamente contestata e riconosciuta in capo al COGNOME risulta la condotta distrattiva dei 287 capi di abbigliamento.
Corretto, inoltre, l’ iter argomentativo della Corte territoriale che chiarisce che ‘le distrazioni di contorno’, qualificate dal ricorrente quali nuove contestazioni effettuate in violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, rappresentano piuttosto ‘la proiezione’ di una più complessa operazione contestata nel suo nucleo essenziale.
Nel caso in esame, dunque, la condotta per la quale è intervenuta condanna non è una condotta distrattiva ‘diversa’ rispetto a quella contestata: in ragione della complessità della fattispecie in concreto realizzatasi, le sentenze impugnate hanno valorizzato anche ulteriori elementi fattuali riconducibili, comunque, alla medesima condotta distrattiva.
3.2. Il secondo motivo nell’interesse di COGNOME risulta manifestamente infondato non confrontandosi con le principali argomentazioni poste a fondamento della sentenza impugnata, sollecitando una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità, sulla base di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944).
Al riguardo la Corte territoriale, con motivazione non manifestamente illogica, né contraddittoria, ha sul punto (p.60/61):
-richiamato i plurimi contributi dichiarativi dei coimputati COGNOME e COGNOME unitamente alle dichiarazioni testimoniali di COGNOME e COGNOME valorizzando la circostanza che la COGNOME risultava avere una sede coincidente con quella della RAGIONE_SOCIALE presso lo studio di Campisi e con soci e amministratori a lui facenti capo;
-evidenziato che la ricognizione di debito non ha valore costitutivo del diritto che ne rappresenta l’oggetto assumendo piuttosto valenza processuale quanto alla ripartizione dell’onere della prova; la prova a discarico era limitata ad elementi estrinseci ma non decisivi;
-ribadito che il drenaggio di risorse in favore della società RAGIONE_SOCIALE non avvenne in maniera immediata e diretta, ma attraverso la società RAGIONE_SOCIALE e il contratto di fitto di ramo di azienda.
Al rigetto del ricorso presentato nell’interesse di COGNOME consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME COGNOME limitatamente alla distrazione delle risorse utilizzate in lavori di ristrutturazione con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.
Rigetta nel resto il ricorso della Landenna.
Rigetta il ricorso di COGNOME Luis che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 4 aprile 2025