Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3122 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3122 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA in ROMANIA avverso la sentenza del 20/09/2022 della CORTE DI APPELLO DI PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME, per il tramite dei propri difensori, impugna la sentenza in data 20/09/2022 della Corte di appello di Palermo che, in riforma della sentenza di assoluzione pronunciata il 28/10/2021 dal Tribunale di Trapani, lo ha condannato per i reati di rapina e lesioni.
Deduce:
1.1. Violazione di legge in relazione all’art. 512 cod. proc. pen., all’art. 526, comma 1 -bis, cod. proc. pen., all’art. 111Cost. e all’art. 6 CEDU.
Secondo il ricorrente la Corte di appello non ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto fissati in relazione all’utilizzazione delle dichiarazioni rese ne fase delle indagini preliminari da NOME, fratello della persona offesa, successivamente divenuto irreperibile e le cui dichiarazioni sono state acquisiste ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen..
Vengono indicati gli elementi che, secondo il ricorrente, dovevano considerarsi significativi dell’allontanamento volontario e della conseguente irreperibilità dell’unico teste a carico dell’imputato, tali da far escludere che l’impossibilità di ripetizione dell’atto avesse natura oggettiva e assoluta.
Secondo il ricorrente la sentenza impugnata non ha reso una motivazione giuridicamente adeguata e convincente circa il fatto che l’irripetibilità sopravvenuta non fosse dipesa da una libera e volontaria scelta del dichiarante, avendo riguardo alla precarietà del domicilio del dichiarante, al notevole lasso temporale intercorso tra il momento dell’assunzione delle dichiarazioni in sede investigativa e la celebrazione del dibattimento, al legame famigliare intercorrente tra il dichiarante e la vittima, all’esistenza di ben due recapiti telefonici.
1.2. Violazione di legge in relazione all’art. 192 cod. proc. pen..
Con il secondo motivo d’impugnazione il ricorrente osserva che le dichiarazioni acquisite ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen. possono avere un valore probatorio secondario, non potendo costituire il fondamento della sentenza di condanna, in mancanza di altri elementi di prova, essendo necessario inquadrarle in ambito più ampio nel quale non assumano rilievo decisivo e preponderante.
«Al contrario -scrive la difesa- la Corte di appello, dopo aver correttamente ritenuto l’inutilizzabilità della unica fonte accusatoria principale e diretta (la vitti appunto) finiva per ritenere non solo utilizzabile, ma anche decisiva e preponderante, in assenza beninteso di altri elementi, delle dichiarazioni del COGNOME NOME».
Precisa altresì che le dichiarazioni rese da COGNOME, in relazione alla rapina, sono da considerarsi de relato, in quanto quegli assisteva soltanto alla violenza subita dalla sorella, ma apprendeva della sottrazione della somma di cento euro soltanto perché tanto gli veniva riferito dalla sorella stessa.
RITENUTO IN FATTO
Il ricorso è fondato, nei limiti di seguito precisati.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
La Corte di appello ha fatto corretta ricognizione e coerente applicazione dei principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di interpretazione della norma risultante dalla lettura combinata degli artt. 512 e 526, comma 1-bis, cod. proc. pen.., in punto di prevedibilità della impossibilità della ripetizione delle dichiarazioni raccolte nella fase delle indagini preliminari, con specifico riferimento ai connotati della impossibilità e della sottrazione volontaria.
In tal senso vale la pena ricordare che:
A) Sotto il profilo della prevedibilità, è stato affermato che «in tema di letture dibattimentali, la prevedibilità o meno della successiva irreperibilità del teste in fase
dibattimentale deve essere valutata dal giudice ex ante e, quindi, con riferimento alle conoscenze che la parte processuale interessata alla testimonianza aveva al momento in cui avrebbe potuto chiedere l’incidente probatorio», (Sez. 1 – , Sentenza n. 3135 del 14/12/2021 Ud., dep. il 2022, COGNOME, Rv. 282492 – 01).
Sotto tale profilo la Corte di appello ha osservato che al momento della raccolta delle dichiarazioni nella fase delle indagini preliminari il dichiarante aveva una residenza stabile, così che non vi erano ragioni per ritenere che in futuro non sarebbe stato possibile assumere le sue dichiarazioni in dibattimento, in tal senso rendendo una motivazione conforme al principio di diritto sopra enunciato.
B) Sotto il profilo della impossibilità, questa Corte ha chiarito che «in tema di letture di atti ex art. 512 cod. proc. pen., l’irreperibilità del testimone integra presupposto della sopravvenuta impossibilità di assunzione della prova in dibattimento solo nel caso di effettiva impossibilità di notificare la citazione a comparire in giudizio, ovvero quando risulti impossibile assicurare la presenza del teste in udienza, a seguito dell’infruttuoso esperimento di tutti gli adempimenti a tal fine imposti dalla legge», (Sez. 6 – , Sentenza n. 35579 del 29/04/2021, C., Rv. 282182 – 01).
Anche in questo caso la motivazione è conforme al principio di diritto ora enunciato, in quanto i giudici hanno rilevato che -nel momento in cui si era resa necessaria la citazione del testimone per sentirlo in dibattimento- non era stato possibile venire a conoscenza del luogo di residenza o di dimora del dichiarante, visto che quel luogo non era conosciuto neppure dei parenti prossimi, che pure avevano fornito agli agenti di pubblica sicurezza un numero di telefono che, tuttavia, era risultato assegnato a un diverso intestatario. Anche le ricerche presso la banca dati RAGIONE_SOCIALE aveva dato esito negativo.
Da tutto ciò il tribunale ha correttamente ricavato che era stato impossibile reperire NOME.
C) Con riguardo alla volontarietà della sottrazione, «l’acquisizione al fascicolo del dibattimento, ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen., delle dichiarazioni testimoniali rese in sede di indagini preliminari, è consentita a condizione che il teste abbia avuto effettiva contezza della citazione e la sua assenza non sia frutto di una libera scelta di sottrarsi all’esame. (Fattispecie nella quale la Corte ritenuto correttamente acquisite le dichiarazioni rese dal teste risultato irreperibile in dibattimento)», (Sez. 6, Sentenza n. 57243 del 15/11/2017, Afif, Rv. 271713 – 01).
Conformemente a tale principio di diritto, la Corte di appello ha puntualizzato che il teste non aveva ricevuto la citazione e non c’erano elementi per ritenere che si fosse sottratto volontariamente al contraddittorio.
A fronte di una motivazione conforme ai principi di diritto espressi in tema di acquisibilità delle dichiarazioni predibattimentali il ricorrente oppone
argomentazioni che risultano congetturali e indimostrate (con particolare riferimento alla possibilità che il testimone possa avere avuto contatti con la sorella), oltre che costituenti una valutazione delle emergenze procedimentali alternativa a quella dei giudici di merito.
Da ciò l’inammissibilità del primo motivo di ricorso.
Ai fini della delibazione del secondo motivo di ricorso occorre una precisazione preliminare.
L’accusa a carico dell’odierno imputato era originariamente fondata sulle dichiarazioni rese nella fase investigativa da NOME e da NOME COGNOME, con la precisazione che la prima era la persona offesa di entrambi i reati contestati a COGNOME.
NOME -però- si sottraeva volontariamente al dibattimento (contattata all’estero riferiva che non si sarebbe recata a rendere testimonianza), così che le sue dichiarazioni rese nella fase investigativa non sono entrate nella piattaforma probatoria, in quanto i giudici le ritenevano non utilizzabili.
Le uniche dichiarazioni utilizzate dai giudici di merito sono state, quindi, quelle di NOME COGNOME.
Va rilevato come tali dichiarazioni siano composite, in quanto per una parte il dichiarante riferisce di fatti caduti sotto la sua diretta percezione (la violenza esercitata da NOME su NOME) e per altra parte riferisce di fatti appresi dalla sorella, e quindi da considerarsi de relato, nella parte in cui dichiara che NOME gli aveva detto che nel mentre NOME la picchiava le sottraeva cento euro.
Tanto vale a dire che le dichiarazioni di NOME hanno portata diretta in relazione al reato di lesione personale, mentre sono rese de relato rispetto alla rapina.
2.1. Ciò premesso, le doglianze della difesa si rivolgono proprio alle dichiarazioni de relato rese in riferimento alla rapina, al cui riguardo va -dunquestabilito se vi sia stata violazione della normativa convenzionale in tema di rispetto del principio del contraddittorio, in relazione alla rapina.
In tal senso la Corte di appello ha richiamato il seguente principio di diritto: Le dichiarazioni predibattimentali acquisite ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen. possono costituire, conformemente all’interpretazione espressa dalla Grande Camera della Corte EDU con le sentenze 15 dicembre 2011, COGNOME e COGNOME c/ Regno Unito e 15 dicembre 2015, COGNOME c/ Germania, la base «esclusiva e determinante» dell’accertamento di responsabilità, purché rese in presenza di «adeguate garanzie procedurali», individuabili nell’accurato vaglio di credibilità dei contenuti accusatori, effettuato anche attraverso lo scrutinio delle modalità di raccolta, e nella compatibilità della dichiarazione con i dati di contesto, tra i quali possono rientrare anche le dichiarazioni dei testi indiretti, che hanno percepito in os, •..)– ,..3
ambiente extra-processuale le dichiarazioni accusatorie della fonte primaria, confermandone in dibattimento la portata. (In motivazione la Corte ha precisato che ciò che rafforza la credibilità della dichiarazione predibattimentale non è il contenuto omologo e derivato della dichiarazione “de relato”, quanto la circostanza che il dichiarante assente abbia riferito ad altri i contenuti accusatori introdotti nel fascicolo del dibattimento attraverso l’art. 512 cod. proc. pen.). (Sez. 2 -, Sentenza n. 15492 del 05/02/2020, C., Rv. 279148 – 01).
Va rilevato come tale principio di diritto sia stato pronunciato e come riguardi fattispecie affatto differente rispetto a quello in esame, in quanto provocato da un caso in cui erano state acquisite mediante lettura le dichiarazioni predibattimentali rese dalla fonte primaria e diretta e che erano state “validate” dai (plurimi) testi de relato escussi in dibattimento, nel contraddittorio delle parti.
Nel caso oggi in esame, invece, manca completamente la fonte primaria (atteso che le dichiarazioni della persona offesa sono state dichiarate inutilizzabili), mentre le dichiarazioni acquisite mediante lettura sono quelle della fonte secondaria che -in relazione alla rapina- riferisce de relato quanto appreso dalla persona offesa (la sorella).
Tanto risalta come il principio di diritto sopra richiamato non trovi applicazione nel caso in esame, dove le dichiarazioni che devono trovare conforto attraverso gli elementi raccolti in dibattimento non sono quelli della fonte primaria, bensì quelli della fonte secondaria.
Tanto più ove si rilevi, per un verso, che le dichiarazioni in esame -rese de relatonon sono state confermate dalla fonte diretta che -come visto- si è sottratta al contraddittorio dibattimentale; per altro verso, che, in relazione alla rapina, mancano elementi raccolti nel contraddittorio dibattimentale, utili a controbilanciare il difetto ontologico di credibilità che investe le dichiarazioni non assunte in contraddittorio.
Va rimarcato, infatti, come gli unici elementi valorizzati dalla Corte di appello siano esclusivamente riferibili alle lesioni, in quanto costituiti dai certificati medici (che confermano le lesioni) e dalle dichiarazioni degli operanti di polizia giudiziaria intervenuti nell’immediatezza dei fatti (che hanno riferito dei segni di violenza riscontrati sulla donna, ma non anche della sottrazione del denaro mediante quella violenza).
Tanto porta alla fondatezza del secondo motivo di ricorso, con il conseguente annullamento della sentenza innpugnatq 2 con rinvio per nuovo giudizio.
Va precisato che il motivo deve intendersi riferito alla sola rapina, in quanto solo per essa si pone il problema della validità probatoria delle dichiarazioni rese de relato, mentre le dichiarazioni relative alle lesioni hanno portata diretta, per come già sottolineato.
Quanto esposto conduce alla inammissibilità del ricorso in relazione alle lesioni e all’annullamento con rinvio in relazione alla rapina.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di rapina e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo. Dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità in relazione al reato di lesioni.
Così deciso il 03/11/2023