Dichiarazioni Coimputati: Quando la Cassazione Conferma la Valutazione del Giudice
Nel processo penale, le dichiarazioni coimputati rappresentano uno strumento probatorio tanto potente quanto delicato. La loro valutazione richiede un’analisi scrupolosa da parte del giudice, che deve bilanciare l’esigenza di accertare la verità con la necessità di tutelare l’imputato da accuse potenzialmente non veritiere. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ribadisce i confini del sindacato di legittimità sulla valutazione di tali prove, chiarendo quando un ricorso basato sulla presunta inattendibilità dei dichiaranti è destinato all’insuccesso.
I Fatti del Caso
Un soggetto veniva condannato in Corte d’Appello per il reato continuato di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, commesso in concorso con altre persone. La condanna si fondava in larga parte sulle dichiarazioni accusatorie rese da due suoi coimputati. Ritenendo ingiusta la sentenza, l’imputato decideva di presentare ricorso in Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso e la Valutazione delle Dichiarazioni Coimputati
Il ricorrente lamentava, in primo luogo, la violazione delle norme sulla valutazione della prova (art. 192, commi 3 e 4, c.p.p.) e un vizio di motivazione. A suo dire, la Corte d’Appello aveva ritenuto credibili le dichiarazioni coimputati senza effettuare una corretta valutazione della loro attendibilità intrinseca. Sottolineava inoltre la presenza di incongruenze e contraddizioni nei loro racconti e l’assenza di validi riscontri esterni, sostenendo che le testimonianze richiamate in sentenza non fossero sufficienti a corroborare le accuse.
In secondo luogo, il ricorso criticava il trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivo. L’imputato sosteneva che i giudici di merito avrebbero dovuto concedergli le circostanze attenuanti generiche, anche in virtù della sua scelta di sottoporsi a esame durante il processo.
L’Analisi della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del proprio giudizio.
Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha osservato che la sentenza d’appello aveva offerto una motivazione “articolata e non illogica”. I giudici di merito avevano esaminato attentamente le dichiarazioni convergenti dei due coimputati, considerandole attendibili sia intrinsecamente che estrinsecamente. Le piccole discrepanze narrative erano state giudicate marginali e comprensibili, mentre i riscontri esterni, incluse le dichiarazioni testimoniali, erano stati ritenuti sufficienti a sostenere l’impianto accusatorio. La Cassazione ha quindi ribadito un principio fondamentale: il suo compito non è quello di effettuare una nuova valutazione dei fatti o della credibilità dei testimoni, ma solo di verificare che la motivazione del giudice di merito sia logica e giuridicamente corretta. Tentare di ottenere in sede di legittimità un nuovo giudizio sul merito della prova si traduce in un motivo di inammissibilità.
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ritenuto la motivazione sul diniego delle attenuanti generiche “sufficiente e non illogica”. La scelta dell’imputato di sottoporsi a esame, se dettata da mere esigenze difensive, non è di per sé sufficiente a giustificare una riduzione di pena, specialmente in presenza di elementi negativi prevalenti considerati dal giudice.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione si fonda sulla netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La valutazione delle prove, come l’analisi della credibilità delle dichiarazioni coimputati, rientra pienamente nelle prerogative del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione interviene solo se la motivazione della decisione è manifestamente illogica, contraddittoria o carente, ovvero se viola specifiche norme di legge. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva adempiuto al suo dovere, argomentando in modo esauriente le ragioni per cui riteneva provata la colpevolezza dell’imputato. Il ricorso, al contrario, si risolveva in una critica dei contenuti della prova, chiedendo di fatto alla Cassazione di sostituire la propria valutazione a quella, incensurabile, del giudice precedente.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma che un ricorso per cassazione non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio per ridiscutere i fatti. Per avere successo, l’appello deve concentrarsi su precise violazioni di legge o su vizi logici macroscopici nella motivazione della sentenza impugnata. Qualsiasi tentativo di contestare la valutazione della credibilità di un testimone o di un coimputato, quando questa è supportata da un ragionamento coerente e completo, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Quando le dichiarazioni dei coimputati sono una prova valida per la condanna?
Quando il giudice le ritiene attendibili sia intrinsecamente (per logica e coerenza) sia estrinsecamente (perché confermate da riscontri esterni), fornendo una motivazione articolata e non illogica a sostegno di tale valutazione.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare la credibilità di un testimone?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non di merito. Il suo compito è verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non riesaminare le prove o la credibilità dei dichiaranti.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo viene fissato dalla Corte stessa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 777 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 777 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 01/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il 24/07/1976
avverso la sentenza del 20/10/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che con il primo motivo di ricorso, NOME COGNOME condannato alle pene di legge per il reato continuato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 309/1990, commesso in concorso con altre persone, deduce violazione dell’art. 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen. e vizio del motivazione per essere stati ritenuti credibili i coimputati chiamanti in correità senza effet una valutazione di attendibilità intrinseca e trascurando le incongruenze e contraddizioni del lo narrato e l’assenza di riscontri esterni, tali non essendo le dichiarazioni rese dai due t richiamati in sentenza;
Considerato che il motivo è inammissibile, avendo la Corte territoriale reso articolata e non illogica motivazione nel ritenere intrinsecamente ed estrinsecamente attendibili l convergenti dichiarazioni dei due coimputati, argomentando sulla marginalità e comprensibilità delle piccole discrepanze riscontrabili tra le dichiarazioni rese nelle diverse occasioni e s sussistenza dei riscontri esterni rappresentanti anche – ma non solo – dalle dichiarazio testimoniali, con ciò rendendo una valutazione di merito che, in quanto corretta in diritto adeguatamente motivata, si sottrae a censure in questa sede di legittimità;
Rilevato che è parimenti inammissibile il secondo motivo di ricorso, trattandosi di critic afferente al trattamento punitivo a fronte di una sufficiente e non illogica motivazione e di adeguato esame delle deduzioni difensive, avendo la sentenza, anche qui con giudizio insindacabile, escluso che ricorressero ragioni per riconoscere le circostanze attenuant generiche, non potendosi le stesse ravvisarsi nel fatto che, per mere esigenze difensive, l’imputato abbia deciso di sottoporsi ad esame in giudizio, a fronte di elementi negativi osta ritenuti prevalenti;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevato che alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della ossa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della é4ssa delle ammende.
Così deciso il 1° dicembre 2023.