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Dichiarazioni autoindizianti: utilizzabilità contra alios

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato in custodia cautelare per rapina, confermando l’utilizzabilità delle dichiarazioni autoindizianti rese da un’altra persona. La sentenza chiarisce che le dichiarazioni fatte da un testimone prima che emergano indizi a suo carico sono valide contro terzi (contra alios), anche se diventano inutilizzabili contro il dichiarante stesso. La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale e sulla presenza di altre prove autonome, come le immagini di videosorveglianza.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dichiarazioni autoindizianti: quando sono utilizzabili contro i complici?

Le dichiarazioni autoindizianti rappresentano uno dei nodi più complessi della procedura penale. Cosa accade quando una persona, sentita come testimone, inizia a confessare il proprio coinvolgimento in un reato, accusando anche altre persone? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14515/2025, è tornata su questo tema delicato, tracciando una linea netta sulla loro utilizzabilità e fornendo chiarimenti essenziali per la difesa e l’accusa.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP nei confronti di due soggetti per il reato di rapina aggravata ai danni di un’agenzia di scommesse. Uno degli indagati ha presentato ricorso al Tribunale del Riesame, che ha confermato la misura restrittiva. Successivamente, la difesa ha adito la Corte di Cassazione, lamentando una violazione delle norme procedurali. Il fulcro della contestazione risiedeva nell’utilizzo, da parte dei giudici, delle dichiarazioni rese da un terzo soggetto, inizialmente sentito come persona informata sui fatti, il quale, nel corso dell’esame, aveva confessato il proprio ruolo di ‘basista’ nella rapina, accusando al contempo il ricorrente.

La Questione Giuridica: Inutilizzabilità Assoluta o Relativa?

La difesa sosteneva che, non appena il dichiarante aveva iniziato a fare ammissioni sul proprio conto, l’interrogatorio avrebbe dovuto essere immediatamente interrotto. Al dichiarante avrebbero dovuto essere forniti gli avvisi di legge previsti per l’indagato (come il diritto a un difensore e la facoltà di non rispondere), ai sensi degli articoli 63 e 64 del codice di procedura penale. La mancata osservanza di queste garanzie, secondo la tesi difensiva, avrebbe dovuto comportare l’inutilizzabilità totale (erga omnes) delle sue dichiarazioni, non solo contro di lui ma anche contro i terzi da lui accusati.

La Decisione della Corte sulle dichiarazioni autoindizianti

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo infondate le censure della difesa e confermando la correttezza dell’operato del Tribunale del Riesame. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato, basato sulle celebri sentenze delle Sezioni Unite ‘Fruci’ e ‘Mills’. La Corte ha operato una distinzione fondamentale:

1. Inutilizzabilità erga omnes: Questa forma di inutilizzabilità, che rende le dichiarazioni inutilizzabili contro chiunque, si applica solo quando la persona sentita avrebbe dovuto essere considerata indagata fin dall’inizio dell’atto. In tal caso, l’intero atto è viziato.
2. Inutilizzabilità relativa: Quando, invece, gli indizi a carico del dichiarante emergono solo nel corso della sua deposizione, la sanzione è diversa. Le dichiarazioni rese prima del momento in cui emergono gli indizi a suo carico restano pienamente utilizzabili contro terzi (contra alios). Le dichiarazioni successive, invece, sono inutilizzabili contro chiunque se non vengono rispettate le garanzie difensive.

Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che, all’inizio dell’esame, non vi erano elementi sufficienti per considerare il dichiarante come un indagato. Pertanto, le sue ammissioni e le accuse contro il ricorrente, rese prima che il suo status cambiasse, erano legittimamente utilizzabili come prova a carico di quest’ultimo.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che le garanzie previste dall’art. 63 c.p.p. sono poste principalmente a tutela del dichiarante che si auto-incrimina, e non per proteggere i terzi da lui accusati. Ne consegue che le dichiarazioni rese da una persona non ancora indagata, anche se auto-indizianti, sono pienamente valide contro altri soggetti. Inoltre, la Cassazione ha evidenziato che l’ordinanza impugnata non si basava esclusivamente su tali dichiarazioni. Il quadro indiziario a carico del ricorrente era ‘robusto’ e fondato anche su elementi di prova autonomi e oggettivi, come l’analisi delle immagini degli impianti di videosorveglianza, che avevano permesso di identificare i veicoli utilizzati per la rapina e di risalire ai responsabili.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida un importante principio di procedura penale: la regola della ‘segmentazione’ delle dichiarazioni rese da chi passa da testimone a indagato. Questo approccio bilancia la necessità di tutelare il diritto di difesa del dichiarante con l’esigenza di non disperdere elementi di prova cruciali per l’accertamento della verità. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’analisi dell’utilizzabilità di una prova dichiarativa richiede un’attenta valutazione del momento esatto in cui emerge l’indizio di reità a carico del dichiarante. La decisione conferma, infine, che la solidità di un quadro accusatorio si misura sulla base della pluralità e della convergenza delle fonti di prova, riducendo l’impatto di eventuali vizi procedurali relativi a un singolo elemento.

Quando una persona sentita come testimone si auto-accusa, le sue dichiarazioni sono utilizzabili?
Sì, ma con una distinzione cruciale. Secondo la sentenza, le dichiarazioni rese prima che emergano indizi di reità a carico del dichiarante sono utilizzabili contro le altre persone accusate (contra alios). Le dichiarazioni rese dopo quel momento, invece, sono inutilizzabili se l’esame non viene interrotto e non vengono fornite le garanzie previste per l’indagato.

Cosa significa inutilizzabilità ‘erga omnes’ delle dichiarazioni?
Significa che le dichiarazioni non possono essere utilizzate come prova nei confronti di nessuno, né contro chi le ha rese né contro terzi. La Corte ha chiarito che questa sanzione drastica si applica solo quando la persona avrebbe dovuto essere sentita come indagata sin dall’inizio, e non quando il suo status cambia nel corso della deposizione.

La decisione di applicare la custodia cautelare si basava solo sulle dichiarazioni contestate?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che la gravità del quadro indiziario a carico del ricorrente era supportata anche da altri elementi di prova autonomi e convergenti, come l’analisi delle immagini di videosorveglianza, che hanno permesso di identificare i veicoli usati per la rapina e di collegarli agli indagati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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