Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33207 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33207 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Napoli il 09/05/1972
avverso la sentenza del 26/11/2024 della Corte d’appello di Napoli
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
sentiti i difensori, Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che insistevano per raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli confermava la condanna di NOME COGNOME, appartenente all’Arma dei Carabinieri, per il reato di usura consumato ai danni di NOME COGNOME e dichiarava estinto per prescrizione il reat previsto dall’art. 319-quater cod. pen. (al COGNOME era stato contestato di aver indotto NOME COGNOME a corrispondergli la somma di quattromila euro, prospettandogli la possibilità di controlli e sequestri sul materiale pirotecnic questi detenuto).
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’Avv. NOME COGNOME che articolava otto motivi di ricorso e, segnatamente, deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 63 cod. proc. pen.) e vizio di motivazio essendo le dichiarazioni di NOME COGNOME inutilizzabili in ragione del fatto c lo stesso, sia durante l’escussione in fase investigativa che nel corso di qu dibattimentale, avvenuta il 29 maggio 2015, ammetteva di avere pagato delle somme al COGNOME, che lo aveva indotto alla dazione prospettandogli che, se non avesse pagato, avrebbe potuto subire dei controlli relativi al material pirotecnico da lui detenuto; invero, nonostante il Prezioso avesse reso quest dichiarazioni autoindizianti circa la consumazione del reato previsto dall’ar 319-quater cod. pen, il verbale non veniva interrotto e il dichiarante non veniva sentito nella veste di imputato di reato connesso; le sue dichiarazioni sono sta utilizzate nonostante il Tribunale, alle pagine 20 e 21 della sentenza di prim grado, avesse esplicitamente rilevato che a carico del Prezioso sussistevano gravi indizi per il reato previsto dall’art. 319-quater cod. pen.;
2.2. violazione di legge (art. 191 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione ordine all’acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni rese Prezioso nel corso delle indagini preliminari, che sarebbero confluite in que fascicolo senza il consenso esplicito del difensore del COGNOME;
2.3. violazione di legge (art. 192, comma 3, cod. pen.) e vizio d motivazione in ordine alla valutazione delle dichiarazioni di NOME COGNOME: nonostante lo stesso fosse qualificabile come “indagato di reato connesso”, lo stesso era stato escusso senza il rispetto delle regole prescritte dall’art. 192, comma 3, del codice di rito;
2.4. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla valutazione dell credibilità dei contenuti accusatori riversati nel processo dall’offeso, NOME COGNOME: si deduceva che non sarebbe stato valutato (a) il palese mendacio relativamente al pagamento della fornitura effettuata in favore del COGNOME da coniugi COGNOME, (b) la falsità delle sue dichiarazioni circa il suo ruolo di confide del COGNOME, (c) inoltre, sarebbe stato illegittimamente valorizzato il fatto che il COGNOME non avesse fornito una tesi alternativa per giustificare le ipoteti calunnie del Prezioso;
2.5. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla valutazione dell dichiarazioni di NOME COGNOME, che, invero, sarebbero state decisive per delineare la personalità del COGNOME e dimostrare il suo mendacio circa il su ruolo di informatore; si deduceva, che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello, il fatto che il COGNOME nutrisse del rancore nei confronti d COGNOME non sarebbe sufficiente a supportare la valutazione di inattendibili
delle sue dichiarazioni;
2.6. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla valutazione dell intercettazioni telefoniche: le dichiarazioni del COGNOME non risulterebbe confermate dai contenuti delle intercettazioni; invero, le conversazion intercettate dimostrerebbero solo che il COGNOME aveva insistito per indurre COGNOME a saldare il debito che aveva nei confronti dei coniugi COGNOME, mentre nessun riferimento veniva effettuato all’adempimento del debito usuraio;
2.7. violazione di legge (art. 644 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordin alla conferma della responsabilità: le dichiarazioni del Prezioso non sarebbero confermate da alcun documento, circostanza non coerente con il fatto che il Prezioso avrebbe conservato la documentazione relativa ad altri prestiti;
2.8. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata valutazione della motivazione della ordinanza del Tribunale per il riesame che aveva annullato l’ordinanza che applicava al COGNOME la misura cautelare della custodia cautelare in carcere rilevando la particolare attendibilità delle dichiarazioni, ritenute verosimili ed ampiamente idonee ad incrinare il quadro indiziario.
Ricorreva nell’interesse di NOME COGNOME anche l’Avv. NOME COGNOME che articolava i seguenti motivi di ricorso:
3.1. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla valutazione dell credibilità dei contenuti accusatori provenienti da NOME COGNOME: si deduceva che (a) non sarebbe stata allegata alcuna prova in ordine alla condizione d bisogno del COGNOME, (b) non sarebbero state valutate le dichiarazioni di NOME COGNOME, invero decisive per la valutazione della personalità del presunto offeso, (c) non sarebbe stata acquisita alcuna prova documentale del patto usuraio, né alcuna prova della natura usuraia degli interessi in ipotesi pattu (d) non sarebbe stato valutato che i contatti telefonici tra il COGNOME COGNOME sarebbero stati giustificati dalla mediazione agita dal COGNOME tra COGNOME ed i COGNOME; (d) non sarebbe stato valutato che, nonostante il presunto pactum sceleris, il COGNOME avrebbe continuato a subire controlli da parte delle forze dell’ordine; (e) non sarebbe stato valorizzato il mendacio del COGNOME i ordine al suo ruolo di confidente, invero decisivo per valutare la sua attendibil (tale ruolo emergerebbe con chiarezza dalla presenza in occasione di un sequestro, che sarebbe stata giustificata proprio dal fatto che egli era informatore del COGNOME);
3.2. violazione di legge (art. 644 cod. pen.) vizio di motivazione in ordin alla conferma della responsabilità: si deduceva che (a) non sarebbe stato dimostrato lo stato di bisogno dell’offeso, (b) sarebbe stato travisato il fatto
il COGNOME avrebbe svolto la funzione di mediatore tra il Prezioso ed i COGNOME, ( non sarebbero stati indicati i termini del rapporto usurario con particola riferimento sia al calcolo del tasso di interesse usuraio sia alle modalit restituzione in ipotesi pattuite.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo ed il terzo motivo proposti nell’interesse del COGNOME dall’Avv NOME COGNOME sono fondati. Gli altri motivi, compresi quelli dedotti da codifensore Avv. COGNOME sono invece assorbiti.
1.1. Il ricorrente deduce la violazione dello statuto che definisce formazione della prova dichiarativa di un dichiarante “tipico”, ovvero l’indagato d reato connesso o collegato.
Si tratta di eccezione fondata.
In via preliminare il Collegio ribadisce che non tutte le violazioni delle rego del codice in materia di raccolta e valutazione delle prove generano l’inutilizzabilità; la massima sanzione processuale è infatti riservata solo ai in cui si accerti la violazione dei divieti posti a presidio del rispetto dello s che definisce le prove tipiche: se si raccoglie una prova “tipica”, questa deve essere assunta nel rispetto delle regole che la definiscono e, se non vi so margini per l’inquadramento della stessa come “atipica”, deve essere dichiarata inutilizzabile.
La prova dichiarativa è tipizzata attraverso la identificazione di una serie dichiaranti (quello “neutro”, quello “qualificato” in quanto appartenente al polizia giudiziaria, quello “vulnerabile”, quello “coinvolto nel fatto”) corrispondono autonomi statuti, diversificati sulla base della estensione de diritto al silenzio e dell’obbligo di verità, oltre che sulla limitazione autosufficienza probatoria dei contenuti narrati.
Secondo la prevalente giurisprudenza della cassazione la prova dichiarativa è inutilizzabile solo quando è raccolta in violazione delle regole che definiscono lo statuto, mentre non sussiste quando ad essere violata è una regola non definitoria, ma accessoria.
Così, si è deciso che la violazione delle regole per l’esame dibattimentale de testimone e, in particolare, di quella secondo cui l’esame deve svolgers mediante domande su fatti specifici (art. 499, comma 1, cod. proc. pen.), non dà luogo né alla sanzione di inutilizzabilità, poiché si tratta di prova assunta no violazione di divieti posti dalla legge, ma con modalità diverse da quell prescritte, né ad una ipotesi di nullità, non essendo la fattispecie riconducibil alcuna delle previsioni delineate dall’art. 178 cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 52
del 03/10/2017, M., Rv. 271883-01; Sez. 6, n. 6231 del 15/01/2020, P., Rv. 278343-01; nello stesso senso, anche Sez. 3, n. 5234 del 03/03/2022, dep. 2023, S., Rv. 284277-02 con riguardo alla omessa autorizzazione di documenti in aiuto alla memoria).
Diversamente, quando si violano i divieti che “definiscono” la prova dichiarativa nella sua dimensione “tipica” si incorre nella massima sanzione.
Esemplare, in materia, la decisione delle Sezioni Unite che ha riconosciuto l’inutilizzabilità delle dichiarazioni raccolte in violazione delle regole definiscono lo statuto del dichiarante “coinvolto nel fatto”: è stato inf affermato che, quando le dichiarazioni del propalante provengono da imputato di reato connesso o collegato al fatto per cui si procede, le dichiarazioni in paro assunte senza la somministrazione degli avvisi e l’assistenza del difensore sono inutilizzabili (Sez. U, n. 33583 del 26/03/2015, COGNOME, Rv. 264479-01).
La stessa ratio informa la scelta legislativa di prevedere l’inutilizzabilità della dichiarazione del vulnerabile accolta senza il ricorso alla video registrazione (ar 357, comma 3-ter, 373, comma 2-quater, cod. proc. pen.).
In sintesi: la inutilizzabilità colpisce le informazioni probatorie assunte sen il rispetto delle regole che “definiscono” le prove tipiche, mentre è esclu quando è in predicato solo la violazione di regole accessorie, che prescrivono modalità di assunzione che non sono decisive per la definizione dello statuto della prova dichiarativa che si raccoglie.
1.2. Con specifico riguardo allo statuto del dichiarante di reato connesso o collegato, il Collegio rileva che lo stesso trova la sua ratio nella tutela di alcuni diritti fondamentali e, segnatamente: (a) nel diritto di chi dichiara a autoaccusarsi, (b) nel diritto delle persone accusate ad ottenere un rigoro vaglio delle dichiarazioni provenienti dalle persone “coinvolte nel fatto”, tenu conto che il coinvolgimento nella condotta delittuosa potrebbe generare dichiarazioni con finalità “difensiva”.
Per tutelare tali diritti, si è previsto (a) che i dichiaranti coinvolti ne godano del diritto al silenzio, (b) che non siano utilizzabili le dichiaraz autoaccusatorie, (c) che le dichiarazioni eteroaccusatorie non sian autosufficienti atteso che le stesse, per assumere piena capacità dimostrativa devono essere corroborate da precisi riscontri individualizzanti, come previsto dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen.
1.3. Traendo le conseguenze da tali premesse, il Collegio rileva che:
-non vi sono dubbi sulla integrale inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da chi doveva essere sentito ab origine con le garanzie, perché già indiziato aliunde (Sez. U, n. 33583/2015, cit.); invero il principio affermato dalle Sezioni Unite per quanto espresso con riferimento al dibattimento, è di portata generale
deve ritenersi esteso anche alla fase delle indagini, quando è in predica l’utilizzabilità delle dichiarazioni nei procedimenti cautelari o a prova contratta
– nel caso in cui gli indizi “sopravvengano” nel corso della testimonianza di chi viene inizialmente escusso come testimone neutro, le dichiarazioni autoaccusatorie non sono utilizzabili contro chi le ha rese, ma sono pienamente utilizzabili contro i terzi, in relazione ai quali non opera la sanzione processual cui all’art. 63, comma 1, cod proc. pen. (Sez. 2, n. 30965 del 14/07/2016, D Giacomo, Rv. 267571-01).
Tale ultima affermazione deve essere precisata: l’art. 63, comma 1, cod. proc. pen. stabilisce che, se si escute una persona non sottoposta ad indagini quando «emergono indizi di reità a suo carico, l’autorità procedente ne interrompe l’esame, avvertendola che a seguito di tali dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti e la invita a nominare un difensore. “precedenti” dichiarazioni non possono essere utilizzate nei confronti dell persona che le ha rese».
Dal tenore letterale della norma attraverso un’agile lettura a contrario, si evince che le dichiarazioni utilizzabili contro i terzi sono esclusivamente quel “precedenti” all’emersione degli indizi a carico del dichiarante, ma non quell “successive”.
Si tratta di una interpretazione (a) coerente con la lettera della legge att che, se si prescrive che le “precedenti” dichiarazioni non possono essere utilizzate nei confronti della persona che le ha rese, le dichiarazioni che posso essere utilizzate erga alios non possono che essere quelle che precedono le dichiarazioni autoindizianti; (b) rispettosa della regola del codice che prescr che all’emersione di indizi di reità segua l’interversione dello statuto d testimonianza atteso che il dichiarante da “neutro” assume la qualifica di persona “coinvolta nel fatto” (Sez. U, n. 33583/2015, cit.). Del resto, non sareb ragionevole una differenziazione della capacità degli indizi di conformare la prova dichiarativa a seconda che provengano da chi si accusa o aliunde (e questa sarebbe la conseguenza se si ritenesse che anche le dichiarazioni successive alle dichiarazioni autoindizianti possano essere utilizzate nei confronti dei terzi).
Deve essere, infine, ribadito che la capacità conformativa degli indizi sull statuto del dichiarante prescinde dalla iscrizione formale nel registro delle noti di reato, dal momento che deve essere valutata dal Giudice che procede sulla base di parametri sostanziali (Sez. 2, n. 8402 del 17/02/2016, COGNOME, Rv. 267729-01; Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246584-01).
1.4. In conclusione, il Collegio ritiene che alle dichiarazioni autoindizian rese da testimone “semplice” consegue l’interversione dello statuto della prova dichiarativa, sicché il verbale del dichiarante che si accusa deve esse
interrotto; devono essere somministrati gli avvisi e, se il dichiarante inten non avvalersi del diritto al silenzio, i contenuti dichiarativi devono essere valu nel rispetto delle regole codicistiche (inutilizzabilità delle dichiaraz autoindizianti e capacità dimostrativa attenuata delle dichiarazion eteroaccusatorie). Di contro, se il verbale non viene interrotto, le dichiarazi successive sono inutilizzabili erga omnes in applicazione non solo del disposto dell’art. 63 cod. proc. pen., ma anche dell’art. 64, comma 3-bis, cod. proc. pen., che definisce lo statuto del dichiarante coinvolto nel fatto, che è operativo og volta che a carico di chi dichiara emergano indizi di reità, a nulla rilevando che fonte degli indizi sia lo stesso dichiarante, ed essendo indifferente l’iscrizione registro delle notizie di reato, evento formale che non incide sulla qualifi “sostanziale” del dichiarante.
1.5. Nel caso in esame, tali principi di diritto non risultano rispettat quanto, nonostante il Tribunale abbia espressamente ritenuto che a carico del Prezioso fossero emersi indizi della consumazione del delitto previsto dall’art 619-quater cod. pen. Invero, le sue dichiarazioni sono state trattate come quelle di un semplice offeso, ovvero di un testimone neutro, senza alcuna valutazione del momento di emersione degli indizi e delle conseguenze che ne discendono.
Tale mancata valutazione non riguarda solo le dichiarazioni assunte nel corso del dibattimento, ma anche quelle raccolte nel corso delle indagini preliminari e poi acquisite al fascicolo del dibattimento. Sul tema dell legittimità della acquisizione delle dichiarazioni predibattimentali – oggetto contestazione con il secondo motivo di ricorso proposto dall’ Avv. COGNOME – si ribadisce che, in tema di formazione del fascicolo per il dibattimento, il consens all’acquisizione di atti di indagine contenuti nel fascicolo del pubblico ministe può essere espresso tacitamente attraverso l’assenza di opposizione, se i complessivo comportamento processuale della parte interessata è incompatibile con una volontà contraria (Sez. 6, n. 13752 del 25/02/2021, COGNOME, Rv. 281088-01; Sez. 4, n. 4635 del 15/01/2020, COGNOME, Rv. 278292-01; Sez. 2, n. 19679 del 06/05/2010, COGNOME, Rv. 247120-01).
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli che valuterà la consistenza de compendio probatorio, e la sua idoneità a confermare la responsabilità del COGNOME alla luce dei principi di diritto sopra richiamati.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio avanti ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
Così deciso, il giorno 11 settembre 2025.